Tre presidenti per tre diverse opinioni. L’argomento in
questione è la “tanto sudata” manovra, loro tre sono l’attuale
presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il suo predecessore Luca
Cordero di Montezemolo, e Antonio D’Amato, anch’esso ex numero uno di
Confindustria. I tra hanno parlato lo stesso giorno, concedendo
interviste per commentare gli effetti della “manovra bis” sugli
italiani e sull’economia del paese, e ognuno ha detto una cosa diversa.
Cominciamo con la
Marcegaglia,
che dopo attacchi e prediche contro il governo Berlusconi, stavolta
sembrerebbe aver cambiato sponda, elogiando l’operato di Tremonti.
Forse impaurita da un altro dossier su di lei nelle mani de Il
Giornale. Ad ogni modo intervistata dal Sole 24 Ore la Marcegaglia
dice: “Da Iva e pensioni di anzianità si possano trovare le risorse per
la crescita, nonostante i tanti errori siamo un grande Paese e con
questo provvedimento abbiamo saltato un burrone”.
La numero uno di Confindustria – per la quale ”il problema di oggi non
è cambiare il governo, ma fare le cose che servono” – lancia subito un
appello a maggioranza e opposizione: ”Si sfrutti il passaggio
parlamentare – auspica – per recuperare rigore e sviluppo insieme: si
riformino le pensioni di anzianità” per recuperare fino ”a 7 miliardi”
e ridurre il carico sui ceti medi, e spingere verso lo sviluppo
partendo dalle ”infrastrutture”. Altri 7 miliardi potrebbero arrivare,
per esempio, con un piccolo aumento dell’Iva anche di ”un solo punto”.
La manovra, spiega Marcegaglia, ”andava fatta. Berlusconi e il governo
se ne sono resi conto in ritardo. Le risposte bisognava darle prima è
vero, ma la reazione c’è stata”. Un decreto in cui comunque si vedono
”le mille divisioni” della maggioranza.
Di
gran lunga diversa l’opinione di Montezemolo. Sarebbe stato
”meglio varare un’imposta una tantum sui patrimoni superiori ai 5 o ai
10 milioni di euro, andando a colpire in questo modo anche gli
evasori”, spiega in un’intervista al Corriere della Sera in cui viene
sollecitato sulla possibilità di una sua prossima entrata in politica,
della nuova manovra varata dal Cdm ed in particolare del prelievo sui
redditi oltre i 90 mila euro ritenuto ”uno scandalo puro e semplice”
anche perchè colpisce ”chi vive di stipendio e paga quasi il 50% di
tasse” vedendo persone ”intorno a sè che guadagnano molto di più
pagando poco o nulla”.
Secondo Montezemolo, che parla di ”scelte
deboli” e del fatto che arrivato ”il momento di ricostruire il Paese”
anche dal punto di vista etico il governo avrebbe potuto ”vendere o
dismettere e, se non fosse stato sufficiente, un vero contributo di
solidarietà da chi se lo può permettere”. “Una cosa – prosegue il
presidente della Ferrari – è chiedere un contributo di
solidarietà a me o a Berlusconi, una cosa è colpire un dirigente con
famiglia a carico”. Per Montezemolo ”stanno asserragliati” rinchiusi
”nei Palazzi della politica” e ”non si rendono conto di quello che il
Paese reale sta attraversando”.
”Il ministro dell’Economia – aggiunge l’ex presidente della Fiat
parlando delle rassicurazioni che arrivavano dal governo sull’ombra
della crisi – ha dispensato lezioni a tutti, econimisti, imprenditori,
sindacati e persino alla Banca d’Italia. Ed ecco dove siamo”. E non
risparmia l’opposizione: l’ho sentita ”teorizzare la propria
superiorita’ morale e poi ho letto fatti di cronaca e tangenti. Ho
sentito spiegare che i problemi dell’Italia inziano e finiscono con
Berlusconi, ma ”dimenticano anche loro gli anni non certo felici del
centrosinistra”. Montezemolo ritiene che la gestione della crisi da
parte del governo sia stata ”confusa e pasticciata” paragonando la
”maggioranza” al ”Circo Barnum”.
Infine
un altro ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato. ”Nei
momenti difficili bisogna dare fiducia ma nei momenti drammatici
bisogna avere il coraggio di dire la verità: questa manovra non
affronta le vere priorità, è più dannosa che utile. Così l’Italia
rischia di affondare”. spiega in un’intervista a Il Mattino.
Per l’imprenditore la manovra ”rischia non solo di essere insufficiente
ma anche inutilmente recessiva”. Quanto al contributo di solidarietà,
”rischia di essere solo depressivo perchè non accompagnato da riforme
strutturali che rilancino la competitività” oltre a colpire
”prevalentemente il ceto medio”.
14 agosto 2011
(Blitz Quotidiano)
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