Manovra, l’accademia della Crusca tra gli “enti inutili”? E’ polemica:
“Paradossale”
Il provvedimento di Tremonti e Berlusconi prevede la cancellazione
degli “enti inutili”, così come sono definiti quelli con meno di 70
dipendenti. Tra questi rientrerebbe l’Accademia fiorentina, dal 1583
vigile custode della nostra lingua. La docente Nicoletta Maraschio:
"Sono certa che questa ipotesi non avrà seguito"
La storia si ripete. Anche qualche anno fa
l’Accademia della Crusca rischiava di entrare tra gli enti inutili e
quindi di essere cancellata: “Non credo che possa accadere. La Crusca è
insieme ai Lincei l’unica Accademia pubblica italiana, che ha un ruolo
fondamentale nel nostro Paese, quello dello studio, della tutela e la
valorizzazione dell’italiano in Italia e nel mondo. Oggi vengo a sapere
della lista, ma sono sicura che la cosa non avrà seguito”, commenta con
calma apparente Nicoletta Maraschio, docente di storia della lingua
italiana a Firenze e presidente della Crusca dal 2008.
La manovra economica decisa da Tremonti e Berlusconi, che prevede la
cancellazione degli “enti inutili”, così come sono definiti quelli con
meno di 70 dipendenti tra cui rientrerebbe l’Accademia fiorentina, dal
1583 vigile custode della nostra lingua. (Nei 30 a rischio ci sarebbero
anche l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, l’Agenzia per il
Terzo Settore, il Museo Storico della Fisica il Comitato Olimpico
Nazionale Italiano, il Coni, quel che è rimasto dopo la privatizzazione
dell’ente).
“È un paradosso: noi abbiamo solo 6 dipendenti, 3 in biblioteca e 3 in
segreteria, solo perché non ci possiamo permettere di assumere più
persone. Ci sono anche dai 20 ai 30 collaboratori con contratti a
progetto, a seconda dei finanziamenti che riceviamo, precari in
posizione chiave: chi mantiene il sito, chi digitalizza le opere della
biblioteca, chi cura l’archivio, chi si occupa delle pubblicazioni. In
più ci sono circa 60 accademici, illustri studiosi di tutto il mondo
che come me lavorano per l’Accademia senza percepire alcun compenso”.
Tutto ciò risulta ancora meno giustificabile se si fa il confronto con
l’ente che in Germania svolge lo stesso lavoro, l’Istituto per la
lingua tedesca di Manneheim che conta su circa 80 dipendenti e su una
dotazione ordinaria di circa 8 milioni di euro. La dichiarazione degli
enti inutili è un gatto che si morde la coda. Inoltre l’Accademia costa
allo Stato meno di 200.000 euro, tale è il contributo tabellare del
Ministero per i Beni e le attività culturali da cui dipende.
La comparsa nella famigerata lista è una cattiva sorpresa per la
presidente, perché aveva dei buoni motivi per essere fiduciosa in un
prossimo provvedimento legislativo, capace di dare finalmente alla
Crusca, la più antica accademia linguistica del mondo tuttora molto
attiva, quella stabilità finanziaria che sta chiedendo da tempo.
“La richiesta che portiamo avanti da tre anni”, spiega Nicoletta
Maraschio, “è di avere una legge che ci riconosca esplicitamente come
ente pubblico, secondo il parere espresso recentemente dal Consiglio di
Stato e ci garantisca una dotazione ordinaria, cioè dei fondi
strutturali sui quali contare per il funzionamento, indipendentemente
dai finanziamenti a progetto”. Quest’anno come fondo ordinario
l’Accademia ha ricevuto dal ministero dei Beni culturali circa 190mila
euro. Non bastano, visto che per pagare i sei dipendenti e mantenere la
sede (una villa medicea), occorrono intorno ai 400 mila euro. E poi
bisogna mantenere la biblioteca, il sito, formare giovani ricercatori,
pubblicare libri e riviste, organizzare incontri, convegni seminari.
“Nel 2011 siamo arrivati alla cifra di oltre un milione di euro grazie
a contributi ottenuti da enti diversi e da privati, a cominciare
dall’associazione degli Amici della Crusca. Ma sono intervenuti ad
esempio anche alcune banche, il Cnr, la Regione Toscana con 200mila
euro. Ma questa cifra l’avremmo bisogno come dotazione ordinaria. Non è
una richiesta eccessiva se la si paragona agli 8 milioni di euro con
cui viene finanziato l’Istituto per la lingua tedesca”, precisa la
Maraschio. Un’ipotesi, quella della dotazione strutturale, che sembrava
potesse avere un seguito, dopo che in Commissione cultura del senato
prima della Finanziaria 2010 era stato approvato alla presenza del
ministro Bondi un ordine del giorno che prevedeva uno stanziamento del
genere. In più questo macabro coup de theatre messo in scena della
manovra economica agostana arriva ancor più inaspettato perché nel
parere del Consiglio di stato sull’Accademia, definendola ente
pubblico, si poteva leggere finalmente il riconoscimento da parte dello
Stato della sua funzione e del suo ruolo specifico all’interno degli
istituti di ricerca italiani.
“Un esempio? In Italia non esiste un corpus, cioè una grande banca dati
dell’italiano contemporaneo. E neppure un grande vocabolario storico
dell’italiano postunitario. Un lavoro che sarebbe urgente iniziare”,
spiega la Maraschio. Staremo a vedere.
Bianca Bemori (La Repubblica)
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