Il Direttore mi ha chiesto di scrivere con
un po’ di speranza. Certo, capisco: da molto tempo ormai i miei
pezzi sembrano bollettini di guerra più che commenti sulla scuola.
Eppure chiunque si occupi – come me, come tanti – di politiche
scolastiche da anni; chi si tenga informato sulle sorti del nostro
sistema di istruzione senza subire passivamente la (dis)informazione di
governo; chi, infine, soltanto lavori a scuola sa che non si tratta di
pessimismo cosmico, ma della consapevolezza che abbiamo toccato il
fondo, in una parabola discendente iniziata ormai più di 10 anni fa.
Basta guardare qualsiasi rassegna stampa specializzata.
La buona
notizia è che siamo ancora tutti qui, con voglia di esserci e di fare,
chi più chi meno. La buona notizia è che molti di noi
continuano a considerare questo lavoro non una sinecura, cui destinare
il minimo sforzo di una professionalità ormai acquisita, che potrebbe
agire “con la mano sinistra”, ma impegno di vita, cui profondere
energie, studio, capacità relazionale; la buona notizia, infine, è che
continuano ad esserci i ragazzi, che – al di là di mistificazioni
romantiche e giovanilistiche – riescono talvolta a spiazzare anche il
più ostinato disfattismo e a restituire qualcosa di buono, qualcosa di
bello.
Tre buone notizie, dunque: un fatto straordinario, considerate le
condizioni in cui si apre l’anno scolastico. Nonostante la fase che
stiamo vivendo e la propaganda, che ci vorrebbe pacificati e
soddisfatti davanti al costernante progetto di impoverimento della
scuola, dialoganti e propositivi davanti alla più esplicita chiusura al
dialogo e al confronto, esiste ancora motivazione. La scorsa settimana l’immeritevole Gelmini
ha inaugurato in conferenza stampa l’anno scolastico (che parte, nelle
prime regioni, il 12 settembre): per i 7.830.650 studenti iscritti sarà
“regolare”.
Come nelle migliori tradizioni della manipolazione linguistica cui
siamo assuefatti, numeri in libertà, per illustrare “le magnifiche
sorti e progressive” della scuola italica. Tutti con il segno più, a
rimarcare strategie vincenti, a dimostrare che tutto è stato fatto come
si doveva, a cominciare dai primi passi nel 2008, quando – senza saper
né leggere né scrivere (è quasi il caso di prendere l’affermazione alla
lettera) – il neoministro accolse la richiesta di Tremonti di
“razionalizzare e semplificare”: ovvero, meno 140 mila posti di lavoro.
Sono però parole volatili, a iniziare dalla sbandierata immissione in
ruolo di 30 mila insegnanti (una di 63 anni, a cui “per fortuna” è
stata alzata di recente l’età pensionabile) e 36 mila Ata, senza dire
che anche quest’anno saranno 19.700 i docenti e 14.500 gli Ata in meno.
E soprattutto che le immissioni sono solo intenzioni, perché saranno
vagliate da Tremonti, notoriamente disponibile alle esigenze della
scuola. Non una parola sulla manovra
aggiuntiva che – nel gioco delle 3 carte delle ultime settimane –
mantiene inalterati i tagli agli Enti Locali: mancate risorse per
edilizia scolastica, diminuzione di servizi, danni soprattutto a scuola
dell’infanzia e primaria.
L’improbabile realtà da Mulino Bianco, costruita su affermazioni
implausibili, rimuove le piogge di ricorsi, le scuole di Cosenza
impossibilitate ad aprire per mancanza di personale Ata, le reti di
solidarietà e di mobilitazione che si vanno creando contro la “cura da
cavallo” somministrata alla scuola italiana: disagio a valanghe. A Palermo è riuscito perfino il miracolo di
unire nel comitato Insieme per la scuola appartenenze politiche e
sindacali trasversali: Pd, Sel, Pdci, Cgil, Cobas.
L’anno inizia con una serie di date drammatiche: oggi sciopero generale
della Cgil, contro la manovra che condanna il Paese alla recessione e
alla disgregazione sociale, depressiva e iniqua; 7 ottobre sciopero
Unicobas; 15 ottobre “giornata dell’indignazione” dei Cobas. Gelmini
continua a far finta di nulla e a raccontarci la migliore delle scuole
possibili: a colpi di accorpamenti, contrazioni, tagli, negazione di
diritti. Perseverano con le fandonie,
non paghi della “favola bella” che hanno tentato di propinarci fino a
poco tempo fa. E che ci ha portato sull’orlo del baratro.
Ecco, caro Direttore: il nostro anno
scolastico si apre così. Per me, in particolare, con un nuovo
inizio: la scuola presso cui ho chiesto trasferimento, considerando che
nel liceo dove ho insegnato per anni avrei rischiato di perdere posto.
All’età di quasi 49 anni. Si dice che rimettersi in gioco, fare nuovi
progetti aiuti a vivere meglio. Lo credo anch’io. Ed è per questo che –
assieme a molti che condividono il mio attaccamento civico, etico e
culturale alla scuola pubblica – non ho proprio intenzione di mollare:
insegnamento serio, instradamento alla cittadinanza consapevole,
militanza. Anche quest’anno
cercheremo di non perdere un colpo. Ecco la buona notizia. E grazie per
avermici fatto riflettere.
Marina Boscaino
Il Fatto Quotidiano, 6 settembre 2011
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