La locuzione
latina errare humanum est, perseverare autem
diabolicum, tradotta letteralmente, significa "commettere
errori è umano, ma perseverare [nell'errore] è diabolico". La frase è
entrata nel linguaggio comune, come aforisma con il quale si cerca
d’attenuare una colpa, un errore, purché sporadico e non ripetuto.
Sostanzialmente essa si rifà (anche se non letteralmente) ad
un'espressione di sant'Agostino, anche se esistono diversi antecedenti
in latino precristiano. Quello che più si avvicina, a quanto si vuole
condividere con questo articolo, risale a Cicerone (Filippiche XII. 5):
Cuiusvis hominis est errare: nullius
nisi insipientis, in errore perseverare ("è cosa comune
l’errare; è solo dell’ignorante perseverare nell'errore"). Già solo una
persona ignorante persevera nell’errore, e solo persone ignoranti
caldeggiano il perseverare dell’errore. Sono mesi che mi sto sgolando
nel tentativo di evidenziare l’accozzaglia di errori che guarniscono
questo concorso, definito da molti esperti del settore, come
concorso-fantasma o concorso-farsa. Ieri, finalmente, il
riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio di Stato del primo
errore, che inficia di fatto tutta la procedura concorsuale, e che, a
mio avviso, sarà il primo riconoscimento di una lunga serie.
Ma veniamo al CdS che con le ordinanze nn. 5358/11, 5359/11 ha respinto
gli appelli del ministero dell'Istruzione tesi ad annullare le
ordinanze cautelari ottenute dai 500 docenti che avevano fatto ricorso
contro l'esclusione ed erano stati ammessi con riserva alla prova
preliminare del 12 ottobre scorso. Nelle ordinanze, in sintesi,
viene espresso un giudizio per cui, in base alla direttiva
1999/70/Ce i periodi di servizio svolti come insegnante a tempo
determinato hanno la stessa "valenza" di quelli svolti dopo
l'assunzione a titolo definitivo: pertanto non è corretto escludere un
candidato precario dal concorso per diventare dirigente scolastico.
L’errore è quello di aver concepito un bando concorsuale, dove al comma
1 dell’art 3 si dice “ Al concorso di cui all’art. 1 è ammesso a
partecipare il personale docente ed educativo in servizio nelle
istituzioni scolastiche statali che sia in possesso della laurea
magistrale o titolo equiparato ovvero di laurea conseguita in base al
precedente ordinamento e che abbia maturato, dopo la nomina in ruolo,
un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni in qualsiasi
ordine di scuola “, pur essendo a conoscenza del contrasto normativo
con la direttiva comunitaria 1999/70/Ce. La domanda nasce
spontanea, perché il MIUR dopo aver perso in primo grado al TAR del
Lazio sulla questione del contrasto tra normativa nazionale (DPR
140/2008) e la normativa comunitaria 1999/70/Ce, continuò
imperterrito le procedure concorsuali ? Questo perseverare nell’errore
ha creato tutto il disagio che oggi affligge migliaia di docenti onesti
ed operosi, costretti a sostenere spese ingenti ( libri, codici, corsi,
viaggi, pernottamenti, pranzi e cene fuori sede ) per partecipare ad un
concorso, che la ragione del buon senso lo vede già annullato.
Aldo Domenico
Ficara
aldodomenicoficara@alice.it