La
notizia ci è giunta qualche tempo fa dal dirigente regionale
all’istruzione: è una regione virtuosa e non ha bisogno di
razionalizzazione della rete scolastica, però gli istituti comprensivi
si fanno lo stesso. Che scelte farà adesso che delle Regioni si è
espressa a sfavore, i genitori scendono in piazza, lo stesso Ministero
ha posticipato la scadenza di un mese e i sindacati si dichiarano
contrari?
Avremmo un paio di cose da dire come genitori, se non disturba: a noi
genitori i comprensivi non piacciono per niente, perché riducono la
nostra possibilità di scegliere la scuola più adatta per nostro figlio
e per la nostra famiglia. Si commentano da sole certe proposte di
razionalizzazione della rete che tolgono qui, aggiungono di là,
dividono in due un edificio scolastico, in una mera ottica di numeri
che non si preoccupa per nulla se i ragazzi in uscita dalle elementari
troveranno o no una classe ad accoglierli alle medie, senza essere
penalizzati da priorità, bacini d’utenza e altri ammennicoli
burocratici che spediscono gli alunni a destra e a manca e altro non
fanno se non rendere invivibile il quotidiano delle famiglie.
Non a caso a Grosseto i genitori, che hanno raccolto oltre 3.500 firme
per protestare contro il taglio di cinque istituti scolastici nel solo
territorio maremmano, oggi alle 17 scenderanno in piazza per una
manifestazione alla presenza del sindaco.
Nato da un’utopia, quella del ministro Berlinguer, e sopravvissuto
all’onda anomala e al concorsone, l’istituto comprensivo rappresenta
una ferita grande per un territorio. Se gli studenti sono tanti (si
parla addirittura di un comprensivo in provincia di Firenze che
supererebbe i 2000 alunni) la qualità dell’offerta formativa è
destinata a perdersi: l’esperienza insegna che il dirigente e la
segreteria non ce la fanno a dare risposte adeguate e che gli
insegnanti restano comunque separati in due ordini scolastici
radicalmente diversi -per legge- e non dialogano più di quanto non lo
facciano fra scuole vicine. La continuità è un’illusione, alimentata
dal fatto di iscrivere il figlio nella stessa segreteria per 8 o 11
anni.
Adesso il Ministero ha fatto un passo indietro, rinviando “a seguito
delle numerose richieste pervenute” la scadenza per la definizione
della rete al 31 gennaio 2012 e soprattutto accogliendo un criterio di
gradualità nell'attuazione e la tesi delle Regioni che sia
sufficiente una media di 1.000 alunni a livello regionale (con deroghe
fino a 600) invece di mille alunni per scuola. Copia di questa nota,
rivolta in origine ai soli Direttori scolastici regionali, è stata
inviata ai comuni e alle scuole soggette a dimensionamento a cura della
nostra Associazione, insieme a un appello a mantenere l'attuale assetto
della rete scolastica.
ha 356 scuole dell’obbligo contro i 348 istituti comprensivi auspicati
dalla Gelmini, con uno scostamento del 2%: la migliore, in un panorama
che vede una media nazionale di +18%, con regioni come Calabria,
Sicilia e Puglia che superano di più del 30% il numero di scuole
consentito. Basterebbe insomma razionalizzare alcune scuole più
piccole, come certe del capoluogo toscano che sono sotto la soglia dei
1000, per fare il nostro dovere.
La Conferenza delle Regioni ha motivato l’opportunità di non procedere
all’imposizione degli istituti comprensivi là dove esistono motivate
esigenze territoriali; alcuni comuni e province hanno scelto di
soprassedere all’applicazione della legge finanziaria n. 111 del luglio
2011, che ha reso obbligatoria la verticalizzazione. Ci sono
evidentemente ottimi motivi per non creare istituti comprensivi là dove
finora non è stato fatto, e allora perché andare avanti a tutti i costi?
agetoscana@age.it