Al Ministro
dell’Istruzione Università e Ricerca
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Alle forze politiche e sindacali
Siamo lavoratori e lavoratrici precari della scuola, insegnanti e
personale ATA, da anni impegnati nelle lotte in difesa della scuola
pubblica, a danno della quale il precedente governo ha operato un
pesantissimo piano di tagli e una serie di riforme che hanno
determinato un impoverimento generalizzato dell’offerta formativa del
nostro sistema di istruzione, dalla scuola dell’infanzia all’università.
La scuola pubblica oggi, a causa di queste miopi politiche scolastiche,
dettate da criteri economici, è stata gettata in una condizione di
permanente ingestibilità, arginata esclusivamente dall’impegno e dalla
dedizione di chi in essa opera. Ecco la situazione di degrado causata
dai provvedimenti del governo Berlusconi: diminuzione indiscriminata
del tempo scuola, sacrificando la didattica modulare alla primaria e
realizzando accorpamenti disciplinari antididattici nella secondaria;
smembramenti di classi intermedie e aule sovraffollate a scapito della
sicurezza e dell’efficacia degli interventi didattici; riconduzione
forzata di tutte le cattedre a 18 ore, con conseguente impossibilità di
garantire la continuità didattica e la copertura delle assenze
improvvise dei docenti; difficoltà nell’assicurare la
sorveglianza nei plessi scolastici e nell’espletare le ordinarie
mansioni amministrative a causa della carenza di personale ATA.
La conseguenza più drammatica dei tagli è stata la progressiva
estromissione dalla scuola di circa 130.000 unità, tra docenti e ATA.
Teniamo a sottolineare che gli insegnanti precari sono stati
selezionati attraverso prove concorsuali e la frequenza di Scuole di
Specializzazione biennali a numero chiuso e hanno per anni garantito,
grazie alla loro professionalità, il funzionamento del nostro sistema
di istruzione, accumulando in tal modo un bagaglio di esperienza che
non deve essere disperso.
Non possiamo accettare che gli anni di studio, i sacrifici sostenuti e
le scelte di vita effettuate anche in termini di perdita di chance
lavorative vengano vanificati in ossequio a scelte politiche i cui
risultati sono l’impoverimento culturale delle future generazioni e la
mortificazione della professionalità dei lavoratori del settore
scolastico.
In questi ultimi anni di lotte e mobilitazioni abbiamo ricevuto la
dichiarazione di impegno di alcune forze sindacali e politiche di
opposizione al governo Berlusconi. A queste forze chiediamo una presa
di posizione rispetto alle manovre già presentate.
Al Governo esprimiamo la nostra preoccupazione circa i provvedimenti
presi a dispetto dei principi proclamati. Riteniamo che equità non sia
finanziare le spese militari e non colpire l'evasione fiscale, ma
investire su scuola, università e ricerca. Se l'obiettivo è la
crescita, perché la percentuale di PIL destinato all'istruzione e
ricerca passerà dal 4,2 % del 2010 al 3,7 entro il 2015, a fronte di
una media europea superiore al 6? Se si vuole ridurre la spesa, perché
non intervenire sul precariato che costituisce per l'amministrazione
pubblica un onere maggiore rispetto al lavoro a tempo indeterminato? Ci
si lamenta dell'età elevata dei docenti e si dice di voler valorizzare
i giovani: non ci sembra che l'innalzamento dell'età pensionabile e
dell'aumento dell'età contributiva favorisca l'ingresso di nuovi
insegnanti e che avvicini l'età degli studenti a quella dei docenti.
Chiediamo che finalmente si operi un’inversione di rotta e venga
intrapresa una attività di riqualificazione di tutto il nostro sistema
di istruzione partendo dalle seguenti priorità:
1) Individuazione di un piano
straordinario di finanziamenti alla scuola pubblica statale che
risponda esclusivamente alle esigenze didattiche delle scuole e che
consenta a tutto il personale e agli studenti di operare in un ambiente
funzionale e sicuro.
2) Stabilizzazione in tempi brevi del
personale precario della scuola nel rispetto delle norme europee che
prevedono la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo
indeterminato dopo tre anni di servizio. È evidente che la precarietà
degli insegnanti è la causa principale dell'assenza della continuità
didattica, condizione imprescindibile per la qualità dell'apprendimento.
3) L’inserimento dei neo-abilitati,
attraverso i nuovi percorsi abilitanti (TFA) o il possesso dei
requisiti di servizio necessari, deve avvenire all’interno delle
graduatorie ad esaurimento attualmente vigenti, in modo da rispondere
alle legittime aspirazioni delle nuove generazioni di insegnanti senza
al contempo creare un doppio canale di reclutamento.
4) Netto rifiuto della proposta
recentemente avanzata dal Ministro di bandire un concorso a cattedre,
in quanto: l’eventuale numero di posti è irrisorio se paragonato a
quello degli aspiranti considerando l’aumento dell’età pensionabile e
l’effetto dei tagli e della “riforma” Gelmini; in secondo luogo il
concorso, date le attuali condizioni, mette in discussione le
abilitazioni variamente conseguite con prove selettive, che devono già
di per sé dare accesso all’immissione in ruolo; casi emblematici sono
quello degli abilitati SSIS, che hanno sostenuto prove di accesso a
numero chiuso e programmato, frequentato corsi biennali con esami in
itinere e un esame di stato finale, e quello dei vincitori di concorso
che sarebbero sottoposti ad un’ennesima prova concorsuale.
5) Abolizione della norma che riconduce
obbligatoriamente tutte le cattedre nella scuola secondaria a 18 ore
settimanali e determinazione dell'orario nello scrupoloso rispetto di
quanto previsto dal contratto nazionale. Riordino delle classi di
concorso nel rispetto delle specificità professionali dei docenti e non
come strumento per ricollocare il personale in esubero.
5) Rifiuto di uno strumento di
valutazione di insegnanti e scuole come i test INVALSI che, non tenendo
conto dell'impoverimento complessivo della scuola prodotto dalle
manovre degli ultimi anni, hanno in realtà il fine di mascherare i
tagli come finanziamenti a chi è apparentemente meritevole, mentre sono
un ulteriore strumento di riduzione delle risorse e metodologicamente
restringono la complessità del sapere a veri e propri quiz. Siamo
dell’opinione che gli istituti i cui studenti mostrano difficoltà
nell’apprendimento non vadano impoveriti, ma al contrario debbano
essere sostenuti con risorse economiche ed umane.
6) Rifiuto del piano di dimensionamento
delle scuole che, accorpando diversi plessi scolastici, riduce il
numero del personale ATA, limita fortemente la presenza dei dirigenti
nei diversi istituti, sminuisce il ruolo degli organi collegiali,
creando in tal modo una situazione di caos gestionale che
inevitabilmente ricade anche su studenti e famiglie.
Invitiamo tutte le componenti della scuola a sostenerne con forza la
difesa.
Alle forze politiche e al Ministro ribadiamo che continueremo a
rivendicare con la massima determinazione una lotta che riteniamo
imprescindibile, consapevoli del fatto che senza l'attuazione di un
profondo piano di finanziamento dell'istruzione pubblica statale, non
c'è alcuna possibilità di rimediare al degrado in cui versa attualmente
la scuola.