Il Convegno che si
svolgerà a Perugia si articolerà attorno al concetto di frontiera, di
confine. Le idee di frontiera e di esilio rimandano ad esperienze
geograficamente e storicamente determinate: esistono luoghi in cui
culture diverse si fronteggiano lungo barriere territoriali concrete,
ed esistono momenti in cui si assiste all’attraversamento, da parte del
singolo o di un popolo, di quello stesso limite verso terre straniere.
Ciò determina l’esistenza di un al di qua e di un al di là, di un prima
e di un dopo, di un io/noi e di un altro/altri.
Le frontiere che vengono contese, di generazione in generazione, per motivi egemonici di supremazia religiosa, politica o economica. In questi casi l’immagine della frontiera è non solo una fabbrica narrativa, ma ancora di più una rappresentazione di quelle opposte sovranità territoriali, di quelle ideologie in contrasto che modellano un determinato spazio.
E’proprio la frontiera il luogo dove si gioca il futuro della patria-nazione. Il concetto di patria-nazione ci ricorda l’irredentismo italiano, che spinse molti italiani a combattere per inglobare le terre irredente di Trento e di Trieste. Ma è il caso anche dell’irredentismo francese per le terre dell’Alsazia e della Lorena, che animò i soldati francesi a fronteggiare l’esercito della Germania.
Se la letteratura della frontiera del periodo della “grande guerra” è ancorata alle trincee, come luogo in cui il soldato sperimenta la propria condizione di “docile fibra dell’universo”(G. Ungaretti) in un sottosuolo buio e fangoso, dove regna la regressione più brutale, un po' più tardi la letteratura della frontiera, nel secondo dopoguerra, diventa letteratura spettacolare tra opposte sovranità.
Il muro di Berlino, simbolo delle contrapposte ideologie tra Stati del Patto Atlantico e Stati del Patto di Varsavia, delimita con la”Cortina di ferro”(termine utilizzato in Occidente a partire dal 1946) il confine che separa l’Occidente dai Paesi del blocco comunista.
Oggi le guerre che si combattono in vari luoghi del pianeta spinge molti individui e popoli a lasciare il proprio territorio. In questi casi la situazione geografica liminale, la fuoriuscita dal sostrato nazionale e familiare o l’immersione nell’intreccio (dis)organico di due o più tradizioni diventa espressione di una condizione di incertezza, di disagio, di disperazione…
L'interesse critico dimostrato negli ultimi anni sul tema della frontiera o dell’extra-frontiera e le implicazioni che tale prospettiva di studio presenta con la produzione letteraria e il pensiero europeo moderno e contemporaneo, incoraggia a porre al centro di questi incontri la letteratura di confine e di esilio, intendendo tali concetti sia nel senso storico di limite e dramma imposti dall'esperienza biografica dell'autore, sia nel senso esistenziale e morale come espressione degli stati dell’interiorità umana di un popolo.
redazione
Le frontiere che vengono contese, di generazione in generazione, per motivi egemonici di supremazia religiosa, politica o economica. In questi casi l’immagine della frontiera è non solo una fabbrica narrativa, ma ancora di più una rappresentazione di quelle opposte sovranità territoriali, di quelle ideologie in contrasto che modellano un determinato spazio.
E’proprio la frontiera il luogo dove si gioca il futuro della patria-nazione. Il concetto di patria-nazione ci ricorda l’irredentismo italiano, che spinse molti italiani a combattere per inglobare le terre irredente di Trento e di Trieste. Ma è il caso anche dell’irredentismo francese per le terre dell’Alsazia e della Lorena, che animò i soldati francesi a fronteggiare l’esercito della Germania.
Se la letteratura della frontiera del periodo della “grande guerra” è ancorata alle trincee, come luogo in cui il soldato sperimenta la propria condizione di “docile fibra dell’universo”(G. Ungaretti) in un sottosuolo buio e fangoso, dove regna la regressione più brutale, un po' più tardi la letteratura della frontiera, nel secondo dopoguerra, diventa letteratura spettacolare tra opposte sovranità.
Il muro di Berlino, simbolo delle contrapposte ideologie tra Stati del Patto Atlantico e Stati del Patto di Varsavia, delimita con la”Cortina di ferro”(termine utilizzato in Occidente a partire dal 1946) il confine che separa l’Occidente dai Paesi del blocco comunista.
Oggi le guerre che si combattono in vari luoghi del pianeta spinge molti individui e popoli a lasciare il proprio territorio. In questi casi la situazione geografica liminale, la fuoriuscita dal sostrato nazionale e familiare o l’immersione nell’intreccio (dis)organico di due o più tradizioni diventa espressione di una condizione di incertezza, di disagio, di disperazione…
L'interesse critico dimostrato negli ultimi anni sul tema della frontiera o dell’extra-frontiera e le implicazioni che tale prospettiva di studio presenta con la produzione letteraria e il pensiero europeo moderno e contemporaneo, incoraggia a porre al centro di questi incontri la letteratura di confine e di esilio, intendendo tali concetti sia nel senso storico di limite e dramma imposti dall'esperienza biografica dell'autore, sia nel senso esistenziale e morale come espressione degli stati dell’interiorità umana di un popolo.
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