Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando ( sentenza N. 04348/2014REG.PROV.COLL.) sugli appelli, li
riunisce e li respinge, confermando, per l’effetto, le sentenze
impugnate. Spese del giudizio compensate tra le parti. Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2014
con l'intervento dei magistrati: Stefano Baccarini, Presidente;
Maurizio Meschino, Consigliere; Claudio Contessa, Consigliere; Roberta
Vigotti, Consigliere, Estensore; Andrea Pannone, Consigliere ;
depositata in segreteria il 27/08/2014
FATTO
Con distinti ricorsi in appello i docenti in epigrafe indicati hanno
impugnato davanti al Tribunale amministrativo della Campania gli atti
del concorso per esami e titoli, indetto per il reclutamento di
dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado,
secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi, pubblicato
sulla Gazzetta ufficiale del 15 luglio 2011, al quale essi hanno
partecipato per la Regione Campania, con risultato non utile per il
mancato superamento della prova orale.
Le professoresse Annamaria Vadalà, Maria Cristina Tagliaferro e Daniela
Carullo, invece, non sono state ammesse alla prova orale, avendo
riportato un punteggio non utile nelle prove scritte (la Tagliaferro
solo nella seconda prova).
A) Hanno rappresentato i ricorrenti che il concorso prevedeva una prova
preselettiva, due prove scritte e una prova orale; che con decreto del
6 ottobre 2011 è stata nominata la commissione giudicatrice per la
Campania, successivamente integrata e modificata (anche con
provvedimenti successivi alla pubblicazione della sentenza impugnata) e
suddivisa in una commissione base e due sottocomissioni; che le prove
scritte si sono svolte il 14 e il 15 dicembre 2011; che il 20 gennaio
2012 la commissione ha elaborato i criteri per la valutazione delle
prove; che in data 30 ottobre 2012 l’Ufficio scolastico per la Campania
ha pubblicato l’elenco dei candidati ammessi alla prova orale; che il 7
gennaio 2013 sono iniziati gli esami orali, che peraltro non sono stati
condotti nel rispetto delle previsioni del bando, in particolare su
tutte le otto aree tematiche previste, ma solo su cinque.
Il Tribunale amministrativo della Campania ha respinto i ricorsi,
avendo rilevato che, per quanto riguarda le censure comuni a tutti i
gravami:
- la commissione non ha escluso alcuna materia tra quelle previste
dall’art. 8 del bando dalla rosa di quelle da sottoporre ai candidati e
ha correttamente condotto la valutazione delle prove orali anche con
riferimento alle varie aree tematiche;
- le griglie di valutazione delle prove orali sono state correttamente
stabilite, in modo tale che il giudizio finale attribuito al colloquio
fosse il risultato di una valutazione complessa, riguardante una
pluralità di elementi; la commissione ha adeguatamente motivato le
ragioni per cui ha attribuito un livello di eccellenza all’indicatore
“E” relativo all’”originalità e spessore culturale e professionale”;
- non sussiste la violazione dell’art. 35, comma 3, lettera e) del
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, poiché la dottoressa Giuseppina Bonaiuto,
membro della commissione ed esponente, secondo i ricorrenti, della
Federazione lavoratori della conoscenza - CGIL, non è stata designata
dai sindacato né risulta scelta in ragione dell’appartenenza ad una
organizzazione sindacale, ma è stata nominata per la sua qualificazione
professionale, e non può essere considerata rappresentante sindacale ai
sensi della predetta norma;
- neppure sussiste il vizio della composizione della commissione sotto
il profilo dell’esistenza di un vincolo personale di colleganza o di
collaborazione o di docenza in master universitario tra alcuni membri e
determinati candidati ammessi alla prova orale, né la violazione
dell’art. 35, comma 3, lettera a) del medesimo d.lgs. n. 165 del 2001
per la presenza, tra i membri, del componente supplente Angelo
Francesco Marcucci, marito della candidata Rosalia Manesseri;
- la scelta dei commissari rispetta il dettato dell’art. 35, comma 3,
lettera e) del d.lgs. citato, in quanto la qualifica rivestita dai
singoli denota l’idoneità a svolgere il compito assegnato, senza
necessità di specifica motivazione.
B) Le sentenze rese sui ricorsi delle professoresse Vadalà, Tagliaferro
e Carullo hanno inoltre preso in considerazione le specifiche,
ulteriori censure, attinenti alla valutazione delle prove scritte,
rilevandone del pari l’infondatezza.
Con gli appelli in esame i ricorrenti hanno riproposto, in sostanza, i
motivi dei ricorsi di primo grado.
DIRITTO
Gli appelli possono essere riuniti per essere decisi con un’unica
sentenza, prospettando questioni parzialmente uguali ed essendo
proposti avverso gli atti della medesima procedura concorsuale.
Essi sono infondati, e può pertanto prescindersi dall’esaminarne
l’ammissibilità, contestata sotto diversi profili dai
controinteressati.
A) Le censure comuni a tutti gli appelli si appuntano sulla
composizione della commissione, per la postulata incompatibilità di
alcuni membri.
1) Le censure sono infondate, dato che:
- la dottoressa Giuseppina Bonaiuto, componente della terza
sottocommissione, è stata nominata in ragione delle sua qualifica di
dirigente scolastico in servizio, e non come rappresentante sindacale.
Tale ultima qualifica non le è, del resto, attribuibile, data la non
sufficienza della partecipazione, in rappresentanza della FLC CGIL,
all’osservatorio regionale di monitoraggio per la formazione e
l’aggiornamento del personale della scuola, evidenziata dagli
appellanti. Diverso è, infatti, il concetto di “rappresentante
sindacale”, del quale l’art. 35, comma 3, del d.lgs. 30 marzo 2001, n.
165 vieta la presenza nelle commissioni di concorso, e che sconta la
stabile partecipazione alle scelte del sindacato e l’appartenenza
all’apparato organizzativo, rispetto alla partecipazione ad un
organismo plurisoggettivo “in rappresentanza” del sindacato stesso,
cioè quale portavoce delle relative istanze. Né una tale appartenenza
può essere fatta derivare dalla partecipazione della dottoressa
Bonaiuto alla struttura di comparto dirigenti scolastici della
Campania, anche evidenziata con i ricorsi, dato che la competenza in
materia contrattuale propria di tale organizzazione si esplica
nell’ambito di scelte generali, e non attiene alla gestione e alle
scelte organizzative e di reale impulso all’attività che, secondo la
circolare n. 11 del 2010 del Dipartimento della funzione pubblica della
Presidenza del Consiglio dei ministri, condivisibilmente richiamata dal
primo giudice, comporta l’incompatibilità prevista dalla norma.
Poiché, comunque, all'accertamento dell'incompatibilità sarebbe
necessaria la dimostrazione della possibilità del soggetto di incidere
sul neutrale svolgimento del concorso per il solo effetto della
posizione di rappresentanza svolta per il sindacato (Consiglio di
Stato, sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5947) e poiché, infine, la nomina
in discorso è stata effettuata non dal sindacato e in ragione
dell’appartenenza al sindacato, ma dal direttore generale dell’ufficio
scolastico regionale in considerazione della qualifica professionale
posseduta dalla dottoressa Bonaiuto, non può ravvisarsi
l’illegittimità, sul punto, della composizione della commissione;
- i rapporti personali di colleganza e/o collaborazione tra alcuni
componenti della commissione e determinati candidati ammessi alla prova
orale non sono sufficienti a configurare un vizio della composizione
della commissione stessa. Come ha chiarito questo Consiglio di Stato
(sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1606, sez. VI 27 novembre 2012 n.4858 e 31
maggio 2012 n. 3276), e come ha rilevato la sentenza impugnata, nei
pubblici concorsi i componenti delle commissioni esaminatrici hanno
l'obbligo di astenersi solo ed esclusivamente se ricorre una delle
condizioni tassativamente previste dall'art. 51 del codice di procedura
civile, senza che le cause di incompatibilità previste dalla predetta
norma, tra le quali non rientra, di per sé (e cioè in assenza di
ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare
intensità e sistematicità, tale da dar luogo ad un vero e proprio
sodalizio), l'appartenenza allo stesso ufficio e il rapporto di
colleganza, possano essere oggetto di estensione analogica. Per
analoghe ragioni non può ritenersi sussistere il vizio dedotto con
riferimento al ruolo di docente rivestito dalla dottoressa Alessandra
Monda in un corso tenutosi presso l’università degli studi di Salerno
(corso non preordinato alla preparazione al concorso per dirigenti
scolastici, ma teso a fornire le competenze di gestione strategica e le
conoscenze di base per la funzione dirigenziale della scuola), al quale
hanno partecipato alcuni candidati ammessi alle prove orali, né con
riferimento alla partecipazione della dottoressa Antonietta Tartaglia
quale semplice docente al corso di preparazione al concorso per
dirigente scolastico organizzato dall’ENADIL, alla luce della non
contestata, da parte degli appellanti, mancata dimostrazione della
partecipazione al corso di candidati ammessi agli orali, rilevata dal
Tribunale amministrativo;
- la presenza del dottor Angelo Francesco Marcucci tra i componenti
supplenti non inficia la legittimità della composizione della
commissione, dato che tale soggetto non ha mai partecipato ai lavori e
si è dimesso prima dell’espletamento delle prove orali: il motivo è
anche privo di rilevanza per i ricorsi attinenti al mancato superamento
delle prove orali, fase alla quale il dottor Marcucci è comunque
rimasto estraneo.
2) Come ha ritenuto il Tribunale amministrativo, non sussiste un
obbligo di particolare motivazione in ordine alla scelta dei
commissari, giustificandosi la scelta stessa in ragione della qualifica
rivestita; né la censura svolta, in merito, dai ricorrenti deduce una
concreta violazione dei criteri indicati dall’art. 10 del d.p.r. 140
del 2008, per la concreta e specifica carenza della necessaria
competenza in capo ad alcuni dei commissari.
3) La ripetuta sostituzione di alcuni commissari è stata dettata dalla
necessità di porre rimedio alle dimissioni che si sono via via
verificate nella compagine iniziale: del resto, i ricorrenti non
dimostrano, né deducono, un concreto effetto causale che tali
sostituzioni avrebbero avuto sul mancato superamento della loro prova.
4) I docenti che non hanno superato la prova orale sostengono che il
colloquio avrebbe dovuto essere esteso a tutte le otto materie indicate
dal bando.
La censura non ha pregio.
L’art. 10 comma 2 del bando (in consonanza con l’art. 6 del d.p.r. n.
140 del 2008) stabilisce che la prova orale sarebbe consistita in un
colloquio interdisciplinare sulle materie indicate nel bando stesso in
relazione alle tematiche di cui all’art. 8: in nessuna parte di tale
prescrizione è indicato, contrariamente a quanto pretendono gli
appellanti, che tutte le aree tematiche avrebbero dovuto costituire
distinto e particolare oggetto del colloquio.
Né può ritenersi che la violazione di un tale obbligo sia riferibile
all’art. 12 del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487, il quale prevede che le
commissioni esaminatrici, immediatamente prima dell'inizio di ciascuna
prova orale, determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per
ciascuna delle materie di esame. Tali quesiti sono proposti a ciascun
candidato previa estrazione a sorte. Il senso di tale prescrizione è
quello di predeterminare, per tutte le materie d’esame, le domande
sottoponibili ai candidati, e di garantire perciò la par condicio tra
gli stessi: tale precetto risulta sostanzialmente rispettato dalla
commissione, dato che l’interdisciplinarietà postulata dal bando di per
sé costituisce garanzia dell’estensione dell’esame, indipendentemente
dalla specifica riconduzione delle domande ad una, piuttosto che
all’altra, area tematica. La preparazione richiesta al fine del
superamento del concorso di cui trattasi, che non attiene all’ambito
specifico di particolari competenze tecniche delle quali sia necessario
testare il particolare e analitico possesso da parte del candidato (a
differenza di quanto avviene per altri tipi di selezione), garantisce,
in conclusione, la logicità del metodo scelto dalla commissione e la
sua conformità ai parametri normativi.
Per quanto riguarda l’informatica (area “g”) la prova orale richiedeva
la verifica della conoscenza dei concetti base dell’informatica e
dell’uso delle relative applicazioni nella gestione amministrativa,
contabile e didattica. L’art. 10 del bando non prevede, peraltro, che
la verifica dell’uso delle applicazioni informatiche mediante l’ausilio
di un computer: come ha ritenuto il Tribunale amministrativo, quindi,
la presenza nella commissione e in ciascuna delle sottocommissioni di
un esperto informatico ha reso sufficiente il colloquio anche per la
verifica della competenza pratica nel campo considerato, tenuto
presente che l’art. 5 del d.p.r. 24 settembre 2004, n. 272 (Regolamento
di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente, ai
sensi dell'articolo 28, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, che ha sostituito il d.p.r. 8 settembre 2000, n. 324, invocato
dai ricorrenti), nel prescrivere la verifica pratica della conoscenza a
livello avanzato dell'utilizzo del personal computer e dei software
applicativi più diffusi, non necessariamente prescrive l’utilizzo del
computer.
Anche questo motivo degli appelli è, in conclusione, infondato.
5) Sempre con attinenza allo svolgimento della prova orale, sostengono
gli appellanti l’illegittimità della procedura per essere state
nuovamente inserite nelle urne le domande già estratte a sorte,
consentendo così la conoscenza delle risposte da parte dei candidati
presenti al colloquio. La censura non coglie nel segno, poiché tale
alea è insita nel sistema stesso dell’esame orale, soprattutto attesi
l’interdisciplinarietà delle prove e l’alto numero dei partecipanti.
6) Del pari non fondato è il motivo che si appunta sull’assegnazione
del punteggio al termine di ogni seduta d’esame, e non al termine di
ogni colloquio. Tale modalità non configura un’infrazione alle regole
del concorso, e corrisponde a criteri di merito distributivo, dato che
la preparazione del singolo candidato ben può essere meglio valutata
alla luce di quella propria del gruppo esaminato.
7) Non illogico, né altrimenti viziato, appare il criterio adottato
dalla commissione che, nel richiedere il punteggio minimo di 21
trentesimi per il superamento della prova orale, ha fissato una soglia
più alta di quella raggiungibile con la somma delle sufficienze in
tutte le aree tematiche.
B.1) La professoressa Vadalà, che non ha superato le prove scritte,
propone inoltre censure attinenti alla correzione di tali prove.
Anche tali censure sono infondate, poiché:
- non sussiste l’inadeguatezza della motivazione del punteggio
assegnato dalla commissione agli elaborati. Come ha ricordato il
Tribunale amministrativo, sulla scorta di consolidata e condivisa
giurisprudenza, il voto numerico costituisce in sé adeguata e
sufficiente motivazione del giudizio, espresso in base al un codice
diverso da quello letterale in maniera sintetica e specifica, alla luce
dei criteri e della relativa griglia di valutazione elaborati dalla
commissione nella seduta del 20 gennaio 2012;
- anche infondata è la censura che si appunta sulla presunta
disomogeneità tra i giudizi sintetici attribuiti agli scritti nella
griglia di valutazione e il giudizio finale. Decisiva è l’osservazione
del Tribunale amministrativo, secondo la quale la prova di resistenza
non risulterebbe superata anche a voler attribuire il punteggio preteso
dalla ricorrente: ne consegue che le pretese discrasie non hanno
comunque avuto un’efficacia causale nella determinazione della
contestata esclusione;
- quanto al punteggio di 15/30 e di 18/30 riportato nelle prove
scritte, il parere pro veritate depositato in primo grado, secondo il
quale la ricorrente sarebbe meritevole di un punteggio almeno pari a
21/30, è del tutto inidoneo a smentirne la correttezza, dato che nei
giudizi di valore sulle prove non è consentito, come ha rilevato la
sentenza in esame, la sostituzione delle valutazioni di merito espresse
dalla competente commissione;
- la circostanza che nel giudizio afferente alla prima prova scritta si
affermi l’incompletezza delle analisi e delle sintesi svolte dalla
candidata non significa affatto, e non dimostra, che la brutta copia
dell’elaborato non sia stata valutata, dato che il giudizio sopra
riferito ben si attaglia anche allo svolgimento del compito nella sua
interezza; inoltre la mancata trasposizione dell’elaborato in bella
copia è comunque indicativa della insufficienza della prova, parametro
di valutazione della quale è anche la capacità di completo svolgimento
nel tempo prestabilito;
- la traccia delle prima prova scritta, relativa alla elaborazione di
un’idea di scuola dell’infanzia e/o di uno dei due cicli
dell’istruzione in relazione anche alla predisposizione di un piano di
offerta formativa adeguato ai bisogni degli alunni e del territorio non
appare né illogica né generica, ed è congruente con l’area tematica
individuata dall’art. 8 del bando sub b), inerente alla gestione
dell’istituzione scolastica e del piano dell’offerta formativa anche in
rapporto al territorio;
- la valutazione minima sufficiente di 21 trentesimi necessaria,
secondo il bando, all’ammissione agli orali corrisponde ad una
valutazione superiore alla sufficienza in ciascuno degli elaborati:
tale criterio corrisponde a quello stabilito dall’art. 6 del d.p.r. n.
140 del 2008, che specifica anche per i dirigenti scolastici il
principio per cui nelle procedure concorsuali per l’accesso all’impiego
pubblico la soglia di idoneità per l’ammissione alla prova orale deve
superare la semplice sufficienza. Anche sul punto va, pertanto,
condiviso quanto ha ritenuto il primo giudice;
- la circostanza che nel verbale n. 12 non sia riportata la firma di
tutti i 13 commissari, invece completa nell’ultima pagina, è del tutto
irrilevante al fine della legittimità degli atti di gara;
- il tempo dedicato dalla commissione alla valutazione di ciascun
elaborato non è sindacabile, dato che l’indicatore medio sconta la
disomogeneità dell’oggetto del giudizio, nell’ambito del quale
l’evidenza di assolute insufficienze ben può emergere anche in tempi
brevissimi; inoltre, la dedotta insufficienza è stata riferita in modo
del tutto generico, e non con attinenza agli specifici elaborati della
ricorrente.
B.2) Per i medesimi motivi sopra rilevati sono infondate le censure
svolte dall’appellante Tagliaferro che ha raggiunto il punteggio di 21
trentesimi nella prima prova scritta, ma che, anche a voler aggiungere
l’ulteriore punteggio rivendicato per la seconda prova, nella quale ha
ottenuto 17 trentesimi, non supererebbe la soglia richiesta per
l’ammissione agli orali. Quanto alla valutazione della seconda prova,
premesso che nessuna rilevanza può avere la consulenza tecnica di parte
depositata in atti, come sopra si è detto, vale ricordare che il
giudizio espresso dalla commissione non è censurabile nel merito, e che
non sussistono, nella fattispecie in esame, i vizi logici o di
travisamento estrinseco che ne rendono possibile il sindacato di
legittimità.
B.3) Anche le censure svolte dalla professoressa Carullo sono
infondate, alla luce delle considerazioni sopra svolte, alle quali si
aggiunge la considerazione della congruenza tra i giudizi sintetici
espressi sugli scritti nella griglia di valutazione e il giudizio
analitico descrittivo conclusivo, dato che il divario tra le locuzioni
“pertinente in pochissime situazioni” e “quasi sempre pertinente” non è
significativa di una contraddizione rilevante ai fini
dell’illegittimità pretesa dall’appellante. Quanto alla affermata non
integrità dei plichi contenenti gli elaborati, trattasi di circostanza
non dimostrata e, anzi, smentita dalle modalità di conservazione di cui
è traccia nel verbale n. 50, come ha rilevato il Tribunale
amministrativo. Infine, la numerazione assegnata agli elaborati della
ricorrente, e la circostanza che essi siano stati corretti dalla stessa
sottocommissione che ha esaminato quelli della sorella Assunta non
hanno, di per sé, alcuna valenza dimostrativa di una qualche
illegittimità nella conduzione del procedimento, né della pretesa
violazione dell’anonimato.
In conclusione, gli appelli sono tutti infondati e vanno respinti.
Le spese del giudizio possono, peraltro, essere compensate tra le parti
anche per questo secondo grado.