Si potrebbe vivere
meglio, se dalla circolazione sparissero non pochi
predicatori di pubblica moralità, sempre pronti a ricordare agli altri
gli adempimenti dei loro doveri, e spesso inclini a sorvolare sulle
proprie inadempienze. Non tutti sono così e nessuno nega l'importanza
di
buoni testimoni e di buoni esempi, ma credo che anche senza
sollecitazioni esterne ogni persona, che abbia un minimo di coscienza e
senta di avere delle responsabilità nei confronti degli altri, ogni
volta in cui si debba prendere una decisione non possa fare a meno di
chiedersi quali siano i suoi doveri e come li debba osservare.
E allora quali sono i nostri doveri?
La risposta non è facile, perchè
altro sono gli adempimenti ai quali siamo richiamati dai rapporti che
volenti o no si vengono a costituire nelle molteplici relazioni
all'interno di una comunità, altro sono gli adempimenti ai quali puo'
richiamarci la coscienza e che potrebbero portarci in rotta di
collisione con i primi. Non tutti i doveri sono doveri morali, a meno
che non abbiano come contenuto il rispetto delle altre persone e dei
loro diritti umani e sociali. "L'altro è un centro di obblighi per me e
l'obbligo è una sintesi astratta di comportamenti possibili nei
confronti dell'altro"(P. Ricoeur). E quando si parla di rispetto si
ricordi che"la reciprocità del rispetto non è una relazione
indifferente, come una contemplazione serena, e che essa non è il
compimento, ma la condizione dell'etica"(E. Levinas).
Dei doveri morali si parla come se fossero scolpiti nel bronzo e come
se tutti tutti, dal Manzannarre al Reno, avessimo lo stesso decalogo
dei
valori. Il dovere morale, il dovere essere e il dover fare di ognuno di
noi non ha, purtroppo, una verità inconfutabile a suo
sostegno; dall'essere non si passa al dovere essere, perché il dovere
essere e il dovere fare sono una nostra libera scelta. Nella libertà si
compie e si realizza la moralità delle nostre scelte, ma sta scritta
anche la possibilità di un conflitto insanabile tra le opzioni che
possono essere esercitate dai componenti di una data comunità. Se alla
base della moralità deve trovarsi la nostra libertà, non tutte le
scelte
sono componibili in un quadro di convivenza tra le persone. Ci soccorre, ancora insuperata, a risolvere la questione la massima kantiana "
agisci in modo da trattare l'umanità sia nella tua persona, sia in
quella di ogni altro, sempre come un fine e mai semplicemente come
mezzo". Altrimenti detto:tutto ciò che mai vorremmo essere fatto contro
di noi, tutto ciò non deve essere fatto agli altri; ma soprattutto "ama
il prossimo tuo come te stesso". E' nella comune accettazione di una
norma e nella condivisa reversibilità delle scelte che si puo'
trovare la l'origine delle nostre obbligazioni . Doveri a cui ci
si piega liberamente.
Desideri, bisogni, esigenze e interessi orientano i nostri
comportamenti e ci spingono ad agire; sono i nostri desideri, i nostri
bisogni, le nostre esigenze, i nostri interessi e tutti quanti possono
confliggere con quelli che gli altri nutrono e intendono
realizzare. Nessuno vorrebbe avere dei limiti e incontrare ostacoli; ma
questi ci sono e sono quelli delle convenzioni morali, della nostra
condizione sociale, delle regole di pubblica utilità. Accettarli? Mi
pare
ovvio, se si vuole garantire una decente convivenza tra le
persone; chiaramente limiti che valgono per tutti.
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Apparteniamo ad una famiglia e ad una società. Volenti o no si è membri
di una nazione, cittadini di uno Stato e Lo Stato è una forma di
comunità che non ammette nè l'estraneità, nè la disubbidienza alle
regole date da parte dei suoi componenti di diritto o di fatto. E' in
qualche modo una comunità chiusa e si regge su queste fondamenta . Più
è
invasiva ed efficiente la sua presenza nelle articolazioni della
società, più è vasta l'estensione delle sue competenze, più è difficile
comporre in un quadro equilibrato le ragioni dello Stato e la rilevanza
di ogni singola persona. Lo Stato, cionondimeno, è l'organizzazione
comunitaria che genera la nostra sopravvivenza; è impossibile proprio
per questo farne a meno. Come debba essere regolata questa
organizzazione, dipende dai rapporti di forza che la sostengono.
Dipende
dalle forme di governo, dal peso esercitato dai cittadini attraverso
partiti, sindacati e associazioni e attraverso la partecipazione alla
vita politica.
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Nei discorsi sullo Stato scompaiono le figure inquietanti di quelli che
detengono il potere. Vanno fuori dalla scena, ma si sa che ci sono e
sono
quelli che allo Stato daranno la sua specifica esistenza e
fisionomia. Non si obbedisce alle leggi, ma agli uomini che fanno le
leggi. Purtroppo.
Gli uomini di potere non amano solo la sottomissione delle
persone; vogliono anche il loro amore e in mancanza di questo si
accontentano dell'adulazione. Campo in cui mai sono mancati quelli che
l'esercitano con mestiere e fantasia ...
Raimondo Giunta