Oggi il mio
pensiero va a quei giovani che 100 anni fa furono strappati alle loro
famiglie e ai loro campi o alle loro povere botteghe per morire nel
fango di una trincea, uccisi da altri giovani simili a loro in tutto
fuorché nel colore della divisa o dai loro stessi ufficiali che così
intendevano punire la loro presunta codardia e dare un feroce
ammonimento ai loro commilitoni. Morirono e la sola "menzione d'onore"
che ebbero li chiamava vili e codardi.
Quanti di essi furono presi prigionieri, furono considerati disertori
dal comando supremo che, in piena sintonia con il governo, non volle
alleviare la durezza della loro condizione con l'invio di generi di
conforto che altri governi fecero avere ai loro soldati prigionieri per
il tramite della Croce Rossa.
"I soldati devono temere lo stato di prigionieri più delle trincee", fu
la logica perversa di chi li comandava. A questi ultimi, a chi ordinò
la fucilazione per i codardi e addirittura la decimazione "per
sorteggio" dei reparti poco propensi al combattimento sono dedicate vie
e piazze.
A quei poveri fanti improvvisati, che morirono senza capire perché
dovessero uccidere per non essere uccisi, quelli stessi che li
mandarono al massacro innalzarono monumenti ai caduti, che sarebbe
meglio definire monumenti all'ipocrisia.
Maurizio Ternullo