Questo esile testo
è il mio primo approccio con Scholem; ne sono rimasto stupito per
la profondità e l’originalità delle riflessioni.Credo che debba essere
una lettura necessaria per chi vuole comprendere che cosa sia oggi
l’ebraismo ,come religione,come cultura e quali siano le questioni vive
che l’attraversano. Popolo ebraico e religione ebraica sono sempre la
stessa cosa? Che significato puo’ avere l’ebraismo senza la religione
ebraica? L’ebraismo ora che ha trovato la sua terra originaria è sempre
lo stesso? Quali sono i tratti distintivi di questa religione?
Dei ragionamenti di Scholem porterò in sintesi molto succinta
quelli che di più sono riuscito a connettere con le mie esperienze e
conoscenze;quello che dirò non è quindi una presentazione fedele di
tutto quello che vi è scritto. Al centro delle riflessioni del
pensatore ebraico si impongono le questioni che riguardano la sua
religione, che ha come fondamenta la rivelazione sinaitica e la
tradizione ininterrotta di interpretazioni che hanno cercato di
attualizzarla, di renderla disponibile nel tempo e nelle situazioni.
Per cogliere i tratti della religione ebraica, pertanto, ci si
deve chiedere innanzitutto cosa ha significato e
significhi per l’ebreo credente la rivelazione divina, in
che cosa consista e in che modo si dispieghi nel tempo. La rivelazione
è l’irruzione di Dio nella storia attraverso la Sua Parola. Una parola
percepibile dai sensi? Puo’ una parola umana mantenere inalterata
quella Divina?
Puo’ la Parola Divina trasmettersi entro i confini limitati della
parola umana?
Non sono domande innocue, perchè mettono a soqquadro
qualsiasi forma di fondamentalismo e alla radice scuotono il dogmatismo
religioso. Uno spazio limitato di affermazioni non puo’ darsi come
spazio intangibile di verità,perchè è una pretesa inaccettabile
cancellare la distanza tra la Parola Divina e quella umana. Dice
Scholem che la parola divina si dispiega in un’infinita quantità di
contesti. ”Il segno distintivo della Rivelazione non sta più
nell’importanza delle proposizioni che in essa arrivano a farsi
comuncazione, bensì nella loro infinita interpretabilità. Il carattere
di assoluto si riconosce dalla sua qualità infinitamente
interpretabile”; e ancora ”in ogni parola risplende un numero infinito
di luci. Ogni parola della Torà ha settanta o seicentomila
sfaccettature”. Quindi tante le interpretazioni ,anche se non possono
essere arbitrarie, e quelle date e quelle possibili tutte insieme
costituiscono la tradizione.
Il significato infinito della Rivelazione, che non puo’ essere
afferrato nel momento unico della sua immediata accoglienza, si
dischiude quindi nel RAPPORTO CONTINUATIVO col tempo e con
la tradizione, che è appunto tradizione sulla Parola di Dio e sta alla
base di ogni azione religiosamente importante. La tradizione rende
applicabile nel tempo la Parola di Dio. La pratica religiosa ha dovuto,
cioè, prendere in carico il compito di coniugare il momento unico
(storico?) della Rivelazione con la rivelazione che perdura e si
rinnova. Nel Cristianesimo che si pone gli stessi problemi si fa
ricorso al soffio dello Spirito Santo...
La Rivelazione è uno dei legami con cui Dio costruisce il suo rapporto
col mondo e con gli uomini;gli altri due sono la creazione e la
redenzione. Secondo Scholem la teologia non puo’ rinunciare all’idea
del mondo come creazione; non puo’ darsi teologia senza creazione. Non
si dà un’essenza casuale che si auto-origina. La fede in Dio è
correlata strettamente con l’idea del mondo come creazione. E il Dio
che crea il mondo è unico e solo. L’unicità di Dio ne esigeva
l’invisibilità, l’impossibilità di raffigurarlo, di nominarlo e
soprattutto di definirlo nei suoi attributi. Per Scholem questi
principi teologici rappresentano uno dei momenti più rivoluzionari
della storia umana.
L’idea di redenzione ,accolta tra i contenuti della Rivelazione, si è
dimostrata dirompente come la concezione del mondo creato ex-nihilo.
Nella storia del popolo ebraico la redenzione si è legata profondamente
con le aspirazioni messianiche, un aspetto questo forse tra i più
duraturi dell’ebraismo, emergente in diverse forme anche secolarizzate
in non pochi personaggi storici, di estrazione ebraica, oltreche nei
movimenti politici nati e sviluppatisi con l’aspirazione a un mondo
migliore,alla terra promessa della giustizia, dell’uguaglianza e della
libertà. Una redenzione non interiorizzata, ”un’interiorità che non si
manifestasse anche all’esterno, anzi che non vi fosse collegata non
aveva alcun valore”. Il messianismo non ha mai rinunciato all’idea di
un’umanità rinnovata, liberata e pacificata,anche se sempre collegata a
quella del Regno di Dio. L’autentico regno di Dio è la realzzazione
dell’autentico umanesimo, perchè la vera umanità è ancora l’immagine di
Dio nell’uomo.
Raimondo Giunta