Dopo una lunga e penosa
malattia il preside Carmelo Bertino ha terminato la corsa la sera
dell’8 luglio.
Uomo di scuola, sognatore di progetti innovativi e idealistici, docente di Lettere alla scola Media di Motta S Anastasia, ha servito la scuola catanese dirigendo gli Istituti “Mazzini-Di Bartolo”, “Sammartino Pardo”, “Giovanni XXIII”, “Sante Giuffrida”.
Il suo zelo per una scuola di qualità lo proiettava nella dimensione di super eccellenze, a volte utopiche e poco attuabili nel concreto. Zelante, puntuale, impegnato, ha dedicato la sua vita alla scuola e alla famiglia, accompagnando il cammino formativo e sociale del figlio Stefano, superando le innumerevoli difficoltà di inserimento e di sviluppo dell’azienda turistica tanto sognata.
La sua signorilità, il suo garbo sempre gentile, il suo eloquio forbito, “da libro stampato”, lo rendeva affabile e caro amico a tutti.
Un doveroso e caro ricordo mi lega a Lui, che quando è tornato da Roma dopo il concorso per dirigente, mi dichiarò: “Nel tema sulla scuola innovativa ho raccontato quel che facciamo a Motta S. Anastasia, come hai scritto nella lettera di fine anno e quel che hai comunicato nel collegio dei docenti di settembre 1994”.
La lunga e dolorosa malattia l’ha provato come oro nel crogiuolo, mortificando il suo grande desiderio di fare, la sedia a rotelle è stata la sua cattedra e il suo altare, non facendo mai venir meno la speranza e l’arte del progettare.
Siamo vicini alla moglie Fina, al figlio Stefano, custodi di un’eredità di buona virtù e lodevole esemplarità di rettitudine, generosità, bontà ed onestà.
Giuseppe Adernò
Uomo di scuola, sognatore di progetti innovativi e idealistici, docente di Lettere alla scola Media di Motta S Anastasia, ha servito la scuola catanese dirigendo gli Istituti “Mazzini-Di Bartolo”, “Sammartino Pardo”, “Giovanni XXIII”, “Sante Giuffrida”.
Il suo zelo per una scuola di qualità lo proiettava nella dimensione di super eccellenze, a volte utopiche e poco attuabili nel concreto. Zelante, puntuale, impegnato, ha dedicato la sua vita alla scuola e alla famiglia, accompagnando il cammino formativo e sociale del figlio Stefano, superando le innumerevoli difficoltà di inserimento e di sviluppo dell’azienda turistica tanto sognata.
La sua signorilità, il suo garbo sempre gentile, il suo eloquio forbito, “da libro stampato”, lo rendeva affabile e caro amico a tutti.
Un doveroso e caro ricordo mi lega a Lui, che quando è tornato da Roma dopo il concorso per dirigente, mi dichiarò: “Nel tema sulla scuola innovativa ho raccontato quel che facciamo a Motta S. Anastasia, come hai scritto nella lettera di fine anno e quel che hai comunicato nel collegio dei docenti di settembre 1994”.
La lunga e dolorosa malattia l’ha provato come oro nel crogiuolo, mortificando il suo grande desiderio di fare, la sedia a rotelle è stata la sua cattedra e il suo altare, non facendo mai venir meno la speranza e l’arte del progettare.
Siamo vicini alla moglie Fina, al figlio Stefano, custodi di un’eredità di buona virtù e lodevole esemplarità di rettitudine, generosità, bontà ed onestà.
Giuseppe Adernò