Erich Fromm nel suo “L’arte di mare” sostiene che i rapporti di coppia spesso degenerano perché si memorizzano più le cattiverie che le benignità; in politica invece si è capito che il qualunquismo alla Beppe Grillo favorisce i populisti di professione e non chi cerca la ragione e il rigore. I fascismi a loro volta si imposero anche per la loro elementare demagogia per cui i nemici erano gli ebrei e i comunisti e facile venne nel medioevo bruciare le streghe come causa delle grandi epidemie.
Il più grave danno che si può fare alla nostra scuola è quello di rintuzzare i denigratori, come Marcello Veneziani, con i luoghi comuni e le argomentazioni raccattate un po’ dovunque.
Credo che l’idea principale, se si vuole che l’istruzione possa avere tutta la deferenza e il prestigio che merita, stia in un principio fondamentale: che il maestro si riappropri del suo ruolo storico nella società, cioè quello dell’intellettuale, del Principe gramsciano che sappia cogliere e interpretare i mutamenti e, se non ha strumenti per dirigerli, che li spieghi agli allievi o dia loro gli strumenti per la loro comprensione.
La femminilizzazione della scuola non è il problema, ma solo uno dei tanti problemi che non ho sollevato io ma la Uil scuola già nel 2004. Se si legge bene lo studio allegato, si capisce fra le righe quanto è sostenuto altrove, anche perché la scuola è l’unico luogo in cui le donne hanno soppiantato gli uomini e la Uil cerca di darne una spiegazione.
Questo semplice dato del sindacato è ciò che mi premeva commentare e su quella riflessione concordo.
In uno studio che ho fatto di recente ho notato che subito dopo la seconda guerra la maggior parte delle donne sceglieva le magistrali proprio perché riteneva l’insegnamento la professione più adatta a loro, sia per il tempo a disposizione e sia per il tipo di lavoro, compreso l’avanzamento sociale.
Ma non è questo il problema.
Ciò che disarma, in un momento come quello che stiamo attraversando, è l’estremo spirito attendista degli insegnanti; è notare la loro mancanza di proposte concrete che non siano i soliti qualunquismi di maniera e la difesa, sempre qualunquista, a oltranza di posizioni oggettivamente esposte alla critica.
Nel secolo scorso i maestri avevano prestigio perché erano tra i pochi a sapere di lettere e qualcuno che comprava il giornale lo leggeva agli altri, magari in piazza.
Oggi il maestro è un ignorante di ritorno per due motivi: primo perché non si aggiorna, legge poco e perfino il giornale non compra (se non lo fa lui chi dovrebbe farlo?) e il secondo perché è convinto di avere privilegi che altri lavoratori non hanno.
E non solo, ma sa poco perfino di diritti sindacali e di legislazione scolastica, si fa spiegare dai ragazzi come si maneggiano i nuovi mezzi multimediali, è esposto alla sapienza altrui e ai rimbrotti altrui senza reazioni di spessore scientifico o argomentazioni documentate.
Si è trovato una nicchia che gli consente una vita poco più che dignitosa, sa che incolpando i ragazzi di ignavia protegge se stesso e con il dirigente è sottomesso come vorrebbe che i suoi alunni fossero con lui.
Si è smarrito dietro la cattedra e nei collegi più che portare proposte o dibattere sui grandi temi che il nostro tempo pone, guarda l’orologio per fuggire: si è appiattito sui comportamenti dei suoi allievi, gli viene più facile adeguarsi verso il basso più che volare al di là. Si dice, e anch’io lo sostengo, che il maestro sia lasciato solo: ma cosa fa per evitarlo?
Si parla di bullismo e di educazione alla legalità, ma in quante scuole ci si attrezza, mettendo in mora la presidenza, implementando la cultura che è l’unico vero antidodo alla rozzezza di questi tempi: la musica, la lettura, l’arte?
Oggi si scopre pure che il maestro froda 10 minuti a ogni ora di orologio: bastano le difese di ufficio?
Non è più sapiente vedere cosa succede altrove e perché quei dieci minuti siano essenziali e da dove nascono?
Si parla di riforma: non sarebbe opportuno che questi uomini e queste donne di cultura diano un contributo per erigere una scuola diversa e più adeguata alle nuove sfide? Come? Ci sono tante associazioni di categoria costrette a chiudere per mancanza di collaborazione (vedi la storica e nobilissima Fnism), mentre il sindacato vive solo per le consulenze, i ricorsi per i punteggi e le graduatorie e non mi si dica che le riunioni sindacali in orario scolastico siano frequentati da tutti coloro che si assentano dal servizio.
Il merito?
Oggettivamente mi sono seccato di avere uno stipendio simile al collega che fa solo materie orali. E non perché sia più bravo ma più semplicemente perché, oltre a preparare i compiti e a vigilare come un poliziotto, me li devo correggere e devo dare più spiegazioni alle famiglie e ai ragazzi.
Ma il merito deve scaturire pure dalle Università e dai concorsi e non solo quelli per insegnare ma anche e soprattutto quelli per dirigere avendo notato che l’ultima sfornata di presidi è assolutamente disarmante e per certi versi pure umiliante. Ritornando a Erich Fromm: a conclusione di una riflessione l’unico dato che viene ripreso è quello sulla femminilizzazione della scuola: mi sembra riduttivo e puerile oltre che elementare, molto elementare.
PASQUALE ALMIRANTE
Il maestro elementare... in via d'estinzione
Dovrà intervenire il WWF per proteggere questa "specie" d'insegnante?
Dalla “Carta d’identità della Scuola Italiana” pubblicata nel sito della UIL SCUOLA si rileva ancora una volta il processo di “femminilizzazione” della scuola italiana, particolarmente tra gli insegnanti dei primi cicli d’istruzione.
Le donne sono il 99,57 % nella scuola dell’infanzia, il 95,38% nella scuola elementare, il 75,48% nella scuola media. Alle superiori sono “solo” il 59,18%. (Tutti questi dati si riferiscono all’anno scolastico 2003/2004, quindi sono molto recenti).
Leggendo questi dati alla… rovescia, significa che gli uomini insegnanti sono soltanto:
lo 0,4 per cento nella scuola dell’infanzia
il 4,6 per cento nella scuola elementare
il 24,5 per cento nella scuola media.
E’ abbastanza facile capire alcune delle motivazioni che possono aver determinato un progressivo abbandono della scuola da parte delle recenti generazioni di ragazzi e di uomini: primo fra tutti, sicuramente, il fattore economico.
Basti dire che molti giovani diplomati o laureati al primo impiego nel settore terziario hanno stipendi corrispondenti o, spesso, superiori a quelli di un insegnante con 30 anni di servizio.
Infatti chi fa il maestro elementare, se ha famiglia, deve avere una moglie che lavori, altrimenti non arriva a fine mese…
Poi, sicuramente, c’è il fattore sociale (che, comunque, ovviamente, pesa allo stesso modo sia sugli uomini che sulle donne): quello dell’insegnante è ancora ritenuto un “mestiere” non ben qualificato, tant’è vero che tutti (dal ministro di turno, al tuo dirigente, ai genitori dei tuoi alunni) si sentono sempre in grado e in dovere d’ insegnarti come farlo, di darti direttive nuove ogni anno, d’intervenire su ciò che progetti e su come lo programmi, sui contenuti e le attività che intendi proporre, sui tuoi metodi d’insegnamento e di gestione delle classi, sui sistemi di valutazione…
Infine, nella scuola, non si fa carriera: resti sempre allo stesso punto come ruolo e come mansioni. Lo stipendio ti aumenta (poco) solo per anzianità.
Eppure la figura maschile nel rapporto educativo scolastico è sempre stata (a parole) riconosciuta come valida e complementare a quella femminile: lo dicono anche i trattati di pedagogia e di psicologia.
Ma allora? Che fare?
Il problema vero, a ben guardare, non è la “femminilizzazione” della scuola: il problema reale sarà, fra non molti anni, quello di non avere più nessuno (nè maschio nè femmina) che farà l’insegnante…
Anche questa tendenza emerge dalla ricerca della Uil Scuola (si vedano i relativi allegati nel sito indicato).
Quella scritta sopra (relativa al WWF) non è solo una facile battuta: occorre davvero che il sistema scuola si rinnovi mediante interventi concreti che rivalutino la professione docente e invoglino le nuove generazioni ad intraprendere un lavoro che può e deve essere ricco anche di soddisfazioni personali. “Professionisti dell’educazione” si dice da tempo.
Bene, è l’ora di farlo, prima che sia troppo tardi.