“Abbi dubbi”
è il titolo di un album del 1989 di un noto cantautore napoletano, ma
anche il titolo che avevo dato a un quadernetto che raccoglieva le
domande che mi ponevo durante gli studi universitari. In queste due parole può riassumersi una
filosofia di vita, e quindi anche di lavoro, che mi accompagna
da sempre. Rossella Parente (da Educazionepuntozero)
Perché insegnare scienze? Come insegnarle? Come interessare i giovani
allo studio delle scienze? Da più di dieci anni lavorando nella sezione
didattica di Fondazione IDIS-Città della Scienza di Napoli mi pongo, ci
poniamo, queste e altre domande. Tante volte. Risposte? Forse poche,
sicuramente parziali. Delle piccole tessere che sembrano essere quelle
significative, ma che poi non aiutano a completare il puzzle.
Perché insegnare scienze? In questo ultimo decennio lo scontro
esasperato (politico, religioso, di costume) inquina le nostre
esistenze. Stragi, morti, vite sprecate, odi insanabili sono stati
alimentati anche da queste contrapposizioni eccessive, maleducate che,
a livello mondiale, stanno caratterizzando questi nostri anni. Eppure
questi scontri potrebbero essere ridotti, ridimensionati attraverso
un’educazione scientifica che sia non dogmatica, un’educazione che
porti al confronto con l’altro, con il diverso portatore di un altro
sapere, in uno scambio costruttivo di idee e opinioni. La ricerca
scientifica procede per teorie che sono accettate fino a quando non
vengono confutate. Alcune, negli anni, vengono anche in parte
modificate, altre completate. Nello studio delle scienze i sostenitori
di teorie diverse non arrivano allo scontro fisico, ma a un confronto
dialettico di ipotesi utilizzando dimostrazioni, analisi di dati,
sostenendo così il loro modello perché possa essere vincente.
La teoria di Darwin è un ottimo esempio per capire come procede la
scienza. Quante teorie di Darwin esistono oggi? È vera o falsa la
teoria dell’evoluzione? La teoria di Darwin non va interpretata in modo
ortodosso, ma come ha detto Stephen Gould, va in alcune parti rivista e
in altre ampliata. Telmo Pievani aggiunge che la teoria dell’evoluzione
va schematizzata come un programma di ricerca che ha un nucleo centrale
forte, intoccabile, e una corona circolare fatta di asserzioni
discutibili, in parte ritenute vere e in parte no.
Un’educazione scientifica non dogmatica dovrebbe prevedere attività di
tipo laboratoriale votate all’esplorazione dei fenomeni e non intese
come attività di tipo addestrativo, di conferma di teorie o di tipo
esecutivo, di uso di un protocollo chiuso. Le aule delle nostre scuole
sono però concepite per un insegnamento ex-cathedra. Infatti hanno,
lungo uno dei due lati corti, la cattedra, spesso innalzata su una
pedana, da dove il docente può parlare ai suoi discenti. Non cambia di
molto la scenografia della maggior parte dei laboratori. Fatta
eccezione per gli istituti tecnici (nei quali però spesso le attività
laboratoriali sono di tipo addestrativo), la maggior parte delle altre
scuole hanno un laboratorio con un grosso bancone concepito per essere
utilizzato da una, due persone, solitamente il docente poche volte
coadiuvato da un tecnico, che mostrano agli astanti l’esperimento. Ma,
per dirla come Vincenzo Terreni, “In sostanza il modo di far scuola nel
nostro paese è la negazione del metodo scientifico” (V. Terreni, 2007,
“Scienza e tecnologia – scuola e divulgazione”, dalla rivista on line
D.A. Dinamics Air).
È utile a questo punto tracciare un parallelo tra l’insegnamento delle
scienze e quello delle lettere. Lo studio della letteratura nelle
nostre scuole consiste sia nell’analisi delle vita e delle opere degli
scrittori sia nella lettura di stralci, parti significative o intere
opere degli autori. La lettura di un’opera può essere paragonata
all’esplorazione di un fenomeno in un’attività laboratoriale; così come
la lettura della vita, delle opere e della loro analisi critica sono
confrontabili allo studio del manuale di scienze. Perché, quindi, non
affrontare lo studio delle scienze in laboratorio così come nelle
lettere le opere più significative vengono, anche se solo in parte,
lette?
E chiuderei con una massima scritta circa duemila anni fa dallo
scrittore e filosofo greco Plutarco: “Solo persone interiormente
pacificate e capaci di autonomia possono far maturare, nel luogo
adatto, i semi per una comunità capace di armonia e reciprocità”.
Rossella Parente