C’è chi arretra e c’è chi avanza. C’è chi taglia e c’è chi investe. C’è chi si chiama Italia e chi India. Mentre da noi il terno terribile Berlusconi-Gelmini-Tremonti ha smantellato, nel giro di tre anni scarsi, la scuola pubblica, in India i dati relativi alla scuola sono : il 96,5% dei bambini indiani fra i 6 e i 14 anni va a scuola. Per un un paese che ha un miliardo e 200 milioni di abitanti, il dato è impressionante. In Italia i numeri della dispersione scolastica sono allarmanti. Nel 2009 la quota di giovani che ha interrotto precocemente gli studi è stata del 19,2% e ha collocato il nostro Paese in una delle posizioni peggiori nella graduatoria dei 27 Stati dell’Unione Europea (media 14,4% nel 2009). Le incidenze dell’abbandono scolastico raggiungono percentuali drammatiche in Campania Puglia, Sicilia e Sardegna dove quasi un giovane su quattro non porta a termine un percorso scolastico/formativo dopo la licenza media.
In India -rileva un articolo di Giampaolo Cerri su Italia Oggi di martedì 25 gennaio- la dispersione nel periodo della scuola dell’obbligo riguarda il 4,5% e dal 2009 al 2010 è scesa di mezzo punto. Sono dati contenuti nell’Annual Survey of Education Report 2010, e stanno lì a dimostrare che i paesi emergenti sono, in realtà, già emersi; che India, Cina e Brasile, nonostante possano contare su una sterminata forza lavoro a poco prezzo e con diritti sindacali pressoché inesistenti, puntano a sostituire il ruolo guida a livello mondiale dell’Europa e degli Stati Uniti proprio attraverso la scolarizzazione di massa, l’istruzione diffusa e di qualità crescente, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Scolarizzare vuol dire automaticamente aumentare le opportunità e rendere più mobile la società. Far sì che anche un bambino della regione del Bundelkhand possa avere accesso e successo negli studi, significa dare valore concreto ai principi della democrazia. L’India lo ha capito, e non da oggi. Il ministro Gelmini, invece, pensa che la scuola del futuro sia, pressappoco, quella della società che s’affacciava all’era industriale descritta da Charles Dickens. L’India si affaccia al mondo globalizzato del terzo millennio, l’Italia aziona la macchina del tempo per finire in pieno Ottocento (ma qualcuno ha avvisato Berlusconi che nell’età vittoriana i festini in topless e i bunga bunga non erano ben visti?).
di Giovanni Belfiori dal sito www.partitodemocratico.it