Ma Fb, cliccato in Italia da 18 milioni di persone, a scuola divide ancora. E non solo i professori. Sono gli studenti i più gelosi della - si fa per dire - privacy on line, i più convinti che varcare il confine dell’amicizia possa portare spiacevoli confusioni di ruoli.
«Io sono su Facebook - dice Tommaso De Luca, preside dell’Avogadro - e penso che la confusione dei ruoli sia facilmente evitabile. Il social network è utile per molte comunicazioni e in fatto di didattica sarebbe follia se le scuole dove si studia informatica non ne tenessero conto. Se uno studente ti scrive “Ha visto che brutta figura la Juve?”, puoi non rispondergli». Marina Francesa Gherra è alleata del suo dirigente. «Abbiamo parlato di Fb con i ragazzi e ho visto il loro entusiasmo. Sono stati loro a proporre di aprire un contatto della classe nel quale mettere tutto ciò che ci può servire per l’attività didattica. Siccome per una parte di programma mi baso sugli appunti, la soluzione si è rivelata ottima. Poi, vero che ho il mio profilo personale e loro mi hanno chiesto il contatto, ma l’autorevolezza non si conquista solo stando lontani da Facebook. Certo, mi limito un po’ quando mi viene da scrivere un pensiero schierato ideologicamente». Ancora: «I ragazzi ci vedono vecchi: non esserlo almeno mentalmente mi fa piacere».
Riccardo Gallarà, preside del liceo classico Alfieri - 800 amici -, non ha mai trovato su Fb studenti che perdessero di rispetto: «Ti dicono le stesse cose che ti direbbero in corridoio. Tipo “Per favore, non ci dia le pagelle venerdì, perché ci farebbe passare un brutto weekend”. Ma se mi chiedono qualcosa di personale, suggerisco di scriverci per mail. Se uno padroneggia la conversazione in classe, non c’è molta differenza. Bisogna fare delle scelte, questo sì: ho messo le mie foto alla manifestazione dell’altra domenica, non metterei quelle fatte del mare».
Giovanni Maurella, vice preside dell’Itis Grassi, ha un’idea diversa: «Tra le amicizie ho solo ex allievi. Mi pare più corretto. So invece di colleghi che danno l’amicizia per conoscere meglio gli studenti». Soprattutto, il professor Maurella ha rilevato un vero fenomeno di costume: «Quando ero ragazzo i litigi con i compagni di scuola si chiudevano in giornata. Ora proseguono su Fb, con i genitori che si mettono in mezzo e danno rilevanza a sciocchezze. Fb diventa il luogo della lite per eccellenza».
Facebook visto dai banchi? Per Martina Ongaro, una delle «Primule rosse», gruppo rock del liceo artistico Cottini, «Fb può esserci utile a livello scolastico per chiedere qualche spiegazione. Certo, l’autorevolezza del prof diminuisce un po’. Ci sono insegnanti che tendono a invadere il nostro privato, mentre il rapporto professore-studente deve rimanere quello che c’è in classe». Martina ha le idee chiare: «Gli insegnanti che raccontano i loro disastri amorosi in classe, su Fb fanno sicuramente danni».
Alla larga dai prof si tiene Simone Moricca, nell’esecutivo d’istituto dell’Avogadro. «Presa la maturità possiamo parlare di amicizia, prima preferisco di no. Se diventi amico dei docednti devi autocensurarti: a scuola i rapporti vanno salvaguardati». Di parere opposto è Alessandra Farkas, dell’Itis Grassi: «A me piace l’idea di essere amica dei professori. Certo, dopo non sei più tanto libero, ti blocchi un po’. Ma i rapporti non si modificano: i professori sono rispettati come prima».