La scuola
pubblica vacilla sotto le bastonate del governo, sotto le radiazioni
mortali delle televisioni e dei nuovi valori dominanti, disprezzata e
vilipesa dal primo che passa e dal primo ministro. I professori sono
piuttosto vecchi e giovani non ne arrivano, graverebbero troppo sul
deficit; anche gli edifici spesso sono malridotti, sistemarli sarebbe
un altro costo impossibile; i programmi spesso sono astrusi, frutto di
tanti anni di astrattismi furibondi; i ragazzi sono confusi, a volte
addirittura maleducati, imparano poco, pensano ad altro o a niente.
Eppure se vogliamo che l´Italia abbia un futuro, dobbiamo tenerci
stretta questa scuola così malridotta e cominciare ad amarla di nuovo e
di più, dobbiamo investire denaro e energie nell´unico laboratorio
culturale che il paese possiede. Certo, ci sono le scuole private, e
sono tante: ma vogliamo vederle un po´ più da vicino, vogliamo
entrarci? Appena laureato ho lavorato alcuni anni in diplomifici
preoccupati di una sola cosa: la retta
mensile.
Non c´era problema didattico o disciplinare che non potesse venir
spianato da un assegno. Ricordo anche il volto attonito del gestore
della mia prima scuola quando si rese conto che avevo rimandato in
storia il rampollo di una nobile famiglia: «Ma quelli pagano, pagano!
Lo capisci o no? Quelli ci mantengono a tutti quanti, anche a te che
vuoi fare l´eroe! I soldi nella tua busta paga ce li mettono loro, è
chiaro?». E gli studenti questo lo sanno benissimo, questi principi
vengono loro inculcati – per usare un verbo alla moda – concordemente
dai genitori e dalla scuola. Sanno di andare avanti spinti dal soffio
di una mazzetta frusciante di banconote: do ut des, pagare moneta
vedere cammello, tanto dal ministero non arriva nessuno a controllare.
L´educazione si snoda attorno a un solo comandamento: i ricchi se la
cavano sempre, anche quelli decerebrati. Poi ci sono le scuole private
d´elite, e anche queste stanno aumentando perché fanno promesse
importanti. Qui non si tratta più di salvare i mentecatti, qui si
tratta di preparare il club dei migliori. "Non conta la conoscenza,
contano le conoscenze" questo è lo slogan implicito delle nuove scuole
private, quelle con gli stemmi, i nomi inglesi, le divise stirate e
inamidate. Qui ci si iscrive in una loggia che durerà nel tempo: ci si
scambiano indirizzi, visite, week-end, sorelle e fratelli, qui si
cementa la nuova classe dirigente. A volte c´è una spolveratina di
cattolicesimo, zucchero a velo, ma di sicuro in nessun luogo al mondo
le parole di Gesù valgono meno che qui: amore, fratellanza, carità sono
solo carta da parati. Qui i cammelli passano in fila e al trotto nella
cruna dell´ago. Le rette si aggirano attorno ai mille euro al mese
proprio per fare selezione, per tenere fuori i miserabili. Quali valori
sociali vengono inculcati nelle tenere menti dei vari Jacopo e Coralla?
Non perdete tempo nella commiserazione, fate finta che tutto vada bene
e andate avanti, il mondo vi aspetta!
Per tenere insieme la società c´è solo la scuola pubblica. È commovente
vedere come i ragazzi italiani e i ragazzi che in Italia sono arrivati
da lontano riescono a stare bene insieme, a capirsi, a spiegarsi,
quanta solidarietà c´è tra tutti quanti, quanti discorsi crescono
insieme e si intrecciano al futuro. Bisogna solo rendere la nostra
scuola più bella, perché sia il fondamento di una società giusta:
bisogna credere in questi ragazzi, proteggerli, farli crescere bene,
anche se non hanno mille euro al mese da spendere. (da Marco
Lodoli da La Repubblica)