Di appartenere alla
categoria dei “nemici” di Berlusconi, noi, insegnanti della scuola
pubblica, ce ne eravamo accorti da tempo: almeno da quando, nel 2005,
scoprimmo che la scuola era stata inserita dal premier, ispirato dagli
irrinunciabili sondaggi, tra i luoghi del potere occulto organizzato
contro di lui. Ci trovammo dalla sera alla mattina in nobile compagnia,
insieme alla magistratura, le televisioni, l’università, i giornalisti.
Non sembra trascorso tanto tempo: anche senza andare tanto indietro,
chiunque abbia osservato, negli ultimi anni, pur con occhio distratto,
i provvedimenti adottati dall’attuale compagine governativa, le mosse
del magico trio Gelmini- Tremonti-Brunetta, nonpuò che concludere che
la scuola pubblica italiana, a Berlusconi e ai suoi fedelissimi, sta
decisamente
antipatica.
Un covo eversivo, abitato da una manica di fannulloni e
disfattisti, privi di autorevolezza e preoccupati solo di difendere se
stessi; contro questa scuola è stata imbastita una “riforma epocale”,
infarcita di parole d’ordine, come voti in condotta, essenzializzazione
dei tempi, privatizzazione, tagli allo spreco, saperi ridotti al minimo
sindacale, meritocrazia. Ma spicca nell’ultimo atto d’accusa una nota
di originalità: per una volta tanto, la scuola pubblica non è imputata
per quello che non fa, ma per ciò che fa! Gli insegnanti della scuola
pubblica – ha esternato il premier, davanti ad un’osannante platea di
cattolici riformisti (o forse contro-riformisti) - «inculcano valori
opposti a quelli della famiglia». Lo confesso…quando l’ho sentita,
questa cosa qui, mi sono inorgoglita. Perché mi piacerebbe - davvero-
essere in grado di contrastare l’idea della famiglia posseduta da
Berlusconi, mi farebbe sentire utile. E se io poi fossi in grado di
contrastare i (dis)valori di una famiglia cinica e individualista,
quella auspicata dai neoliberisti, che reagisce ridanciana al bunga
bunga,non condanna lo svilimento delle istituzioni e pensa che il
successo dei propri figli passi per il denaro e per l’esclusione dei
meno fortunati, mi sentirei un eroe! Sì, lo confesso, mi piacerebbe
molto. Peccato che non posso. E non posso…perché non ne ho il
tempo. E non ne ho il tempo perché mi hanno tagliato le ore. Perché mi
hanno riempito le classi con 30-35 alunni. Perché all’allievo disabile
hanno tolto l’insegnante di sostegno. Perché nelle ore a disposizione
sto a coprire le supplenze dei precari che sono stati sbattuti fuori. E
non ne ho il tempo perché appena finisce l’orario, fuggo a scuola del
mio bimbo, dove, tagliato il prolungamento orario, non c’è uno straccio
di maestro che possa inculcargli qualche valore contrario a me! non
dico che sarebbe cosa gradita, ma… Perciò, dico solo una cosa: grazie,
Presidente. Perché per qualche minuto, prima di intristirmi, sull’onda
della fantasia mi sono sentita di nuovo protagonista; di nuovo
depositaria di un’ idea della scuola che educa, non certo “inculca”, e
che non si vergogna di insegnare a ragionare.
Annamaria Palmieri
- CIDI Napoli
redazione@aetnanet.org