Con una mano dare,
con l’altra togliere: il governo non è nuovo a comportarsi così con la
scuola di Stato. Al peggio non c’è mai fine: mentre il ministro
dell’Istruzione Maria Stella Gelmini annuncia per settembre nuove
assunzioni di docenti a tempo indeterminato, la legge finanziaria
appena approvata decreta ulteriori tagli agli organici. Una norma
prevede che i vicepresidi degli istituti con meno di 55 classi non
potranno più avere, come avveniva fino a oggi, il distacco
dall’insegnamento, ma dovranno tornare in cattedra. Ciò significa, per
loro, un doppio carico di lavoro (insegnante e vicepreside) e il taglio
– si prevede – di un migliaio di docenti precari che in questi anni li
avevano
suppliti.
È l’ennesima spallata al funzionamento e all’efficienza della
scuola. Il vicepreside ha un ruolo fondamentale nell’organizzazione del
lavoro scolastico. Per una cifra irrisoria, qualcosa come 1000 euro
lordi all’anno (si badi, non al mese!) in più rispetto al suo stipendio
di insegnante, lavora per un numero di ore settimanali sostanzialmente
maggiore rispetto alle18 di una normale cattedra. Nella maggior parte
delle scuole, il vicepreside ha diverse deleghe: si occupa dell’orario,
della sostituzione dei docenti assenti, spesso anche di gestire i
rapporti con le famiglie, di collaborare con la segreteria, di seguire
i progetti. Insomma, è un lavoro a tempo pieno, decisamente
impegnativo. Che cosa succederà ora che i vicepresidi dovranno tornare
in classe? I vice sollevano i dirigenti scolastici di molte incombenze
pratiche e amministrative, consentendo loro di dedicarsi alla gestione
didattica, all’organizzazione scientifica, alla ricerca
dell’innovazione. Senza l’aiuto fondamentale del suo vice, un dirigente
non sarebbe in grado di svolgere al meglio il proprio lavoro. In questi
giorni ho parlato con diversi dirigenti scolastici. E sono tutti
sconfortati. Come un preside di lungo corso, Valeriano Dell’Era
(attualmente dirige il Liceo scientifico statale “Antonelli” di
Novara): «Di fronte a notizie di questo tipo, provo grande delusione. È
da tempo che aspettiamo da chi ci governa investimenti qualificanti
sulla scuola, invece arrivano continuamente segnali che vanno nella
direzione opposta. Se è comprensibile la necessità di contenere la
spesa pubblica, è assurdo che si riducano le risorse a un settore
strategico come quello dell’istruzione. Strategico proprio per il
rilancio del nostro Paese ». Nella quotidianità della vita scolastica
sono anche altri i disagi che si continuano a sperimentare. La
riduzione degli organici, decisa sempre per risparmiare, ha determinato
un innalzamento del numero di alunni per classe, con conseguenze
negative per la didattica e il profitto dei ragazzi. Mancano poi i
fondi per pagare supplenze e corsi di recupero. Sarebbe bello che per
denunciare questo stato di cose le famiglie degli studenti scendessero
in piazza con gli insegnanti. ( l'Unità Roberto Carnero -
Insegnante e scrittore)
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