Partirà davvero dal 2013
il nuovo tributo sui rifiuti e servizi, chiamato a sostituire Tarsu e
Tia per l'igiene urbana e a finanziare i «servizi indivisibili»
(illuminazione pubblica, manutenzione strade e così via). E chiamerà i
cittadini alla cassa per la prima rata già dal prossimo gennaio (le
altre rate sono previste ad aprile, luglio e ottobre). Il tributo,
battezzato Tares, è previsto fin dal decreto salva-Italia dello scorso
dicembre, ma i correttivi indispensabili ad avviare la macchina
dovrebbero arrivare in extremis con gli emendamenti al Ddl di stabilità
che ieri erano in corso di elaborazione per essere presentati da parte
dei relatori al provvedimento. Con le modifiche dovrebbe venire rivista
la base imponibile, rimandando il calcolo basato sull'80% della
superficie catastale per utilizzare in prima applicazione i parametri
utilizzati oggi dai Comuni per le attuali tasse e tariffe e viene
recuperata la possibilità di gestire la riscossione delle entrate da
parte delle società che oggi raccolgono la tariffa, anche se il conto
corrente in cui verranno depositate le somme dovrà essere intestato
direttamente al Comune. Morale della favola: il nuovo prelievo partirà
da subito, vedrà la scadenza della prima rata già alla fine di gennaio
e, soprattutto, chiederà ai cittadini più di quanto pagano oggi. A
gonfiare i conti saranno due elementi. Con la Tares, le bollette pagate
dai cittadini dovranno per legge coprire integralmente i costi del
servizio, per cui i Comuni che ancora non sono arrivati a questo
obiettivo nonostante gli aumenti degli ultimi anni dovranno ritoccare
ancora le richieste. Il problema è più diffuso nei Comuni che ancora
oggi applicano la vecchia Tarsu, e che sono 6.700, cioè quasi l'83% del
totale. A Milano, per esempio, il servizio rifiuti costa 271,4 milioni
all'anno: nel 2011 la Tarsu ha raccolto in città solo 209 milioni, con
gli aggiustamenti del 2012 si è saliti a 257,6 milioni, ma per
raggiungere l'obiettivo della copertura totale occorrerà far crescere
il gettito di un altro 5,4%. La distribuzione del carico, naturalmente,
sarà decisa in base al metodo tariffario, che i Comuni ancora legati
alla Tarsu sono chiamati a introdurre nelle prossime settimane
utilizzando il «metodo normalizzato» impiegato già dalle attuali
tariffe e che sarà definitivamente applicato anche alla Tares, visto
che è stata soppressa la norma che prevedeva l'emanazione di un nuovo
regolamento ministeriale. Più semplice la partita nei circa 1.300
Comuni che oggi applicano la tariffa rifiuti (nelle forme della Tia 1
prevista dal decreto Ronchi del 1997 o, più raramente, della Tia 2
disegnata dal Codice ambiente del 2006): in pratica, per il momento,
potranno continuare a seguire le vecchie regole. Ma c'è anche un altro
elemento che entrerà in campo a gennaio e produrrà aumenti per tutti a
prescindere dal sistema utilizzato oggi dal Comune per far pagare il
servizio rifiuti. La Tares porta infatti con sé una maggiorazione
chiamata a finanziare i «servizi indivisibili comunali», come
l'illuminazione pubblica o la manutenzione delle strade. Il valore di
base è già fissato dalla legge, è collegato anch'esso agli immobili
utilizzati a qualsiasi titolo e prevede 30 centesimi al metro quadrato,
che il Comune può portare a 40 centesimi se la situazione delle casse
lo impone. Solo questa partita vale un miliardo, che lo Stato sottrae
al calcolo degli ex trasferimenti (travolti anche dalle novità
sull'Imu; si veda l'articolo qui a fianco), e che rappresenta la prima
ragione per la quale tutte le richieste di rimandare al 2014 il debutto
del nuovo prelievo sono cadute nel vuoto. In prima applicazione,
comunque, tutti i calcoli saranno fatti in base alla Tarsu o Tia
attuali e sulla "tariffa" dei 30 centesimi al metro quadrato,
rimandando i conguagli con gli aumenti locali all'ultima rata.
Esattamente come avviene quest'anno con l'Imu.
gianni.trovati@ilsole24ore.com