Ora che sono in
pensione, e nel giardino dell’esistenza cominciano a fiorire le piante
dei ricordi, mi piace ripercorrere alcuni tratti del tempo che mi è
stato concesso di attraversare.
Per questo ho sintetizzato, in questo breve racconto dal titolo: “Geometria descrittiva dinamica: nascita di
una ricerca” come, dove, quando e perché nacque questa ricerca
che ha attraversato, facendomi compagnia e dando sapore alla mia
funzione docente, il tempo della mia attività didattica dal 1983 al
2010.
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Era una splendida e tiepida giornata di prima primavera del 1983.
Ero seduto in cattedra nell’attesa che gli studenti consegnassero le
tavole di “geometrico” che avevo assegnato e stavano completando.
Anche se avevo fatto, in precedenza, delle supplenze annuali ed ero
stato assunto come assistente alla cattedra di Disegno geometrico,
architettonico e prospettiva presso il Liceo artistico di Porto San
Giorgio, questo era il primo anno - avendo superato a Firenze l’esame
di abilitazione - che mi erano affidate, in modo esclusivo, delle
classi. Per questo motivo volevo fare bella figura sia nei confronti
delle famiglie sia del preside sia dei colleghi.
Per questo motivo mi ero impegnato moltissimo nel lavoro scolastico
ripetendo procedure didattiche e metodi di lavoro che erano stati
utilizzati con me per farmi acquisire le nozioni e le conoscenze di
questa disciplina ritenuta, da tutti, essenzialmente e fondamentalmente
di tipo grafico. Sulla base del concetto che il disegno, essendo una
disciplina pratica, si apprende praticandolo e in continuazione con il
metodo tipico da “bottega”, che sostenendo che “il disegno s’impara
disegnando” avevo assegnato, come esercitazione, la rielaborazione
grafica di un disegno, riguardante la proiezione ortogonale di solidi
presente sul libro di testo, ingrandendolo di un certo rapporto.
Mentre ero attento a scrutare gli studenti che, chini sui tavoli,
facevano scorrere righe, squadre e matite sul foglio da disegno, un
ragazzo che era stato fino allora piegato sul banco intento a
riprodurre il disegno assegnato, con grande cura, attenzione e impegno
nel controllare il dato e il risultato con continue rotazioni della
testa e misurazioni tra il disegno dato e quello riprodotto; si alza,
allontana la sedia, prende il foglio tra le mani e tenendolo teso viene
verso la cattedra.
Arrivato poggia il foglio sulla cattedra mentre, con la mano destra a
mò di scopa, facendo scorrere il mignolo sul foglio allontana l’ultima
traccia di gomma della cancellatura. Nel consegnare il foglio, con fare
timoroso ma deciso mi guarda e mi chiede:
“Professore io il disegno l’ho fatto, ma ora mi spiega cosa ho fatto,
cosa ho disegnato ?”
Risposi:
“Come! non riesci a leggere quello che hai graficizzato, quello che hai
disegnato ?”
Lo studente, acennando un leggero sorriso mi scruta e dopo un attimo di
silenzio, con uno sguardo turbato mi risponde:
“Perché il disegno si legge ?”
“Si”
Rispondo io:
” Non solo si legge, ma si studia anche come le altre materie:
italiano, matematica, storia ecc.”
Dallo sguardo stupito dell’alunno intuii che questa mia risposta non
era stata né capita né accettata.
Allora allargai l’indagine anche ad altri alunni. Ebbi, purtroppo, la
conferma che tutti pensavano al disegno come una semplice riproduzione
dove l’importante era la somiglianza con il disegno del libro, la
pulizia del foglio, una certa precisione ma non la decodifica del
soggetto e il significato della rappresentazione.
In quel momento, ricordo, mi crollarono tutte le certezze e le
sicurezze circa il lavoro didattico che stavo facendo e capii
l’inutilità di quella metodologia didattica.
Tutti, infatti, avevano riprodotto i disegni del libro, ma era stata
eseguita una semplice copiatura priva di ogni concetto geometrico e
descrittivo: stavo preparando degli amanuensi o, peggio ancora, dei
copisti o fotocopiatori. Mi resi conto che questo metodo “riproduttivo”
desunto dall’esperienza della bottega non era più né adatto né idoneo
per far acquisire allo studente l’aspetto “descrittivo” della
rappresentazione geometrica. Il lavoro scolastico si era sostanziato,
infatti, in una semplice copiatura di un’immagine senza capirne leggi,
regole, procedure e sequenze operative, senza riuscire a interiorizzare
lo spazio piano o tridimensionale e quanto in esso contenuto. Era
necessario, pertanto, pensare ad un modo diverso di affrontare
l’insegnamento/apprendimento delle discipline artistiche ed in
particolare, per quanto di mia competenza, l’insegnamento delle
“Discipline geometriche” e quindi della Geometria descrittiva.
Maturai, allora, la convinzione che essendo cambiati i tempi era
necessario cercare altre strade per adeguare la didattica, anche
mediante nuove metodologie, ad una platea di soggetti scolastici che si
stavano incamminando verso una società diversa: la società della
comunicazione.
Da questo convincimento iniziò a prendere forma la ricerca di un nuovo
metodo d’insegnamento-apprendimento che considerava il disegno non come
una esercitazione grafica ma come un “linguaggio”, cioè come un
“sistema di segni per mezzo dei quali gli uomini comunicano fra di
loro” (Nicola Zingarelli; Vocabolario della lingua italiana,
Zanichelli, Milano, 1970). Prese allora consistenza la determinazione
che se il disegno è un sistema di segni per comunicare è necessario che
esso sia trattato come tale e come tale è necessario definirne i
morfemi fondamentali, le regole e le leggi del loro comporsi, delle
loro integrazioni ed interazioni che si concluderanno, al termine del
processo grafico-espositivo nella rappresentazione descrittiva di un
messaggio grafico chiaro quale inequivocabile e rigorosa simulazione
del pensiero creativo.
Così come si riesce a leggere un qualsiasi linguaggio iconico
(scrittura, matematica, musica, ecc.) solo se si è in grado di
decifrarne l’insieme del sistema dei simboli grafici, allo stesso modo
si riesce a leggere un’immagine solo se si è in grado di decodificarne
gli elementi componenti sia nel loro insieme che nelle
singolarità e la connessa sintassi grafica. E’ implicito, quindi, che
se il disegno assume la veste di linguaggio di un pensiero descrittivo
di forme e figurazioni geometriche, la didattica deve adeguarsi a
questa funzione e, di conseguenza, dal punto di vista metodologico è
fondamentale che anche l’insegnante di disegno (in modo particolare se
trattasi di disegno tecnico perché esso implica una stretta relazione
tra operatori diversi, tra chi pensa e progetta e chi realizza) prima
di insegnare a fare educhi a pensare.
La ricerca ebbe inizio così, timidamente, mettendo assieme concetti di
geometria, di insiemistica, di logica e di programmazione. In quegli
anni, infatti, cominciava a diffondersi sempre più l’informatica ed io,
in quel 1983, acquistai il mio primo computer Apple IIE e iniziai a
studiare i flussi di programmazione in BASIC per il sistema MS DOS. Il
concetto di programmazione mi ha guidato, poi, nella ricerca degli
algoritmi grafici della Geometria descrittiva dinamica con l’insegnante
che ha assunto la veste di “programmatore” per indirizzare gli studenti
su come sviluppare e risolvere un dato tema rappresentativo mediante la
conoscenza degli enti geometrici primitivi, le relative leggi e
operazioni.
In questo lavoro di ricerca, sperimentazione ed affinamento
metodologico, che si è concretizzato in una continua attività
laboratoriale di carattere grafico, sono stato sempre sorretto, in modo
particolare, dalla disponibilità degli studenti che hanno condiviso con
me, giorno per giorno, anno per anno e classe per classe, le fatiche,
le incertezze e le insicurezze del nuovo di una ricerca contro le
certezze e le sicurezze dell’assodato e verificato. L’affinamento di
questa metodologia, che pone al centro della didattica non tanto il
“disegno come strumento grafico” quanto “il disegno come pensiero”,
ebbe un particolare impulso dalla seconda metà degli anni ’90 quando
cominciarono a diffondersi, in modo considerevole, i personal computer
con i relativi programmi grafici e di grafica. L’uso di questi
strumenti trasformò, sempre più, il “disegno disegnato” inteso come
prodotto ottenuto direttamente tracciando segni su una superficie
(foglio da disegno) in un “disegno elaborato” inteso come prodotto
iconico mediato dallo strumento elettronico che, elaborando dati
inseriti mediante tastiera, mouse, penna ottica o altro, restituisce
(sullo schermo) un’immagine grafica elaborata che può essere
ulteriormente arricchita e manipolata o cristallizzata mediante un
processo di stampa. In questi anni, riscontrati i primi risultati
positivi -presso l’Istituto Statale d’Arte G. Mazara di Sulmona, dove
ero stato trasferito nel 1987- cominciai ad organizzare la ricerca con
lezioni raccolte in fascicoli e dispense, anche su sollecitazione di
molti studenti che sentivano la mancanza di un testo d’appoggio da
poter consultare in qualsiasi momento, anche nel corso delle
elaborazioni domestiche. In questo periodo, con il supporto dello
sviluppo dell’informatica, abbandonai completamente la pratica
didattica del “disegno disegnato” per dedicarmi all’affinamento della
metodologia didattica del “disegno elaborato” adottando, nel corso
della ricerca, una notazione insiemistica per la geometria descrittiva
che, per questo, si completa con l’aggettivo “dinamica”. La ricerca
sviluppata ulteriormente presso l’Istituto Statale d’Arte M. dei
Fiori di Penne, continuerà, dal 2003, presso il Liceo Artistico Statale
G. Misticoni di Pescara. Queste conoscenze, che si considerano
propedeutiche per le elaborazioni grafiche assistite da strumentazioni
informatiche, costituiscono le basi teoriche nuove e fondamentali per
uno studio, attualizzato al tempo che stiamo vivendo, delle Discipline
Geometriche.
Così, dopo una lunga ricerca e verifiche sul campo in scuole, classi e
con alunni diversi, nel 2004 decisi di far stampare i primi due volumi
che prendevano il titolo di “Geometria descrittiva dinamica” con
sottotitolo “Indagine insiemistica sulla doppia proiezione ortogonale
di Monge”.
Nel 2008, poi, partecipai al Premio nazionale “Didattica della scienza”
indetto dal MIUR e dalla Confindustria di Genova. Tra i 13
progetti scelti dalla commissione, presieduta dal prof. Luigi
Berlinguer, per la sezione Licei, la ricerca presentata si
collocò al 6° posto e come unico Liceo artistico, come evidenzia
la seguente pagina del MIUR: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/f75e6635-7954-430f-a6e4-ec0014414a25/all2_prot11663.pdf
In seguito anche l’Università “La Sapienza” di Roma, nell’ambito di una
ricerca relativa al rinnovamento della Geometria descrittiva, ha
riservato nel sito DGLab (Descriptive Geometry Laboratory):
http://dglab.arc.uniroma1.it/cms/index.php
nella sezione “Saggi sul rinnovamento” una pagina specifica dal titolo
“Studi di Elio Fragassi sulla notazione insiemistica per la geometria
descrittiva” al seguente URL:
http://dglab.arc.uniroma1.it/cms/index.php?option=com_weblinks&view=category&id=13%3Anotazione-insiemistica&Itemid=9
Il 31 agosto 2010, con la messa a riposo, ho concluso il mio impegno
con la ditattica ma . . . non con la ricerca che continua tuttora.
Ecco perché i miei ricordi si fissano, in modo particolare, sia al
Liceo Artistico di Porto San Giorgio sia all’Istituto Statale d’Arte
“U. Preziotti” di Fermo ed a quegli anni perché lì, in quel tempo, in
quelle scuole e con quei ragazzi di allora, cominciò a prendere forma
questa ricerca che mi ha dato qualche problema ma anche grandi
soddisfazioni e i cui contenuti ho riversato, e sto ancora riversando,
sul sito personale residente al seguente URL: http://www.webalice.it/eliofragassi/
I testi scritti e le relative trasposizioni grafiche con i nomi degli
studenti si possono consultare al seguente indirizzo: http://www.webalice.it/eliofragassi/private/didattica/elaborati/testi_esercitazioni.htm
Questa breve sintesi della ricerca e dell’esperienza didattica vuole
essere un ringraziamento ai colleghi e agli alunni –oggi parte viva e
operosa di questo tempo e di questa società- che ho avuto il piacere di
avere come compagni di viaggio, per le differenti strade del sapere,
lungo i percorsi della conoscenza e dell’arte.
Elio Fragassi
Webalice.it/eliofragassi