Se fossi
un genitore mi preoccuperei molto dell’inizio di questo anno
scolastico. Non mi curerei troppo di quale diario o astuccio comprare o
di sapere con quali compagni mio figlio vivrà i prossimi anni alle
medie ma sarei ansioso di sapere che insegnanti avrà, se saranno in
classe al suono della campanella, se sarà per l’ennesima volta il
solito maestro giostra che arriva e cambia di anno in anno senza mai
assicurare continuità didattica.
Se fossi un genitore mi fermerei a riflettere sulla storia di Virginia
Taranto, la 55enne precaria della scuola che nei giorni scorsi ha
tentato di darsi fuoco davanti a Montecitorio perché dopo 15 anni di
attesa e speranza ancora non sa se il 31 agosto, alla scadenza del suo
contratto, avrà un lavoro. Quante Virginia siamo in Italia?
Mamme e papà forse non sanno che molti dei loro maestri tra il 29 e il
30 agosto, abbandoneranno le loro famiglie, i loro figli, i loro paesi
per migrare al Nord alla ricerca di una cattedra in un paesino
qualunque del Piemonte, del Veneto o della Lombardia.
Mamme e papà forse non sanno che nessuno ci chiederà al primo giorno di
scuola un curriculum per sapere cosa abbiamo fatto, che esperienza
abbiamo ma ci diranno: “C’è un buco in seconda, sei ore di sostegno e
un’ora di alternativa alla religione. Lei andrà lì”.
E i bambini? Nessuno ci dirà chi sono, che difficoltà hanno, che
famiglia hanno alle spalle: ci butteranno in classe come se fosse una
catena di montaggio e via. L’importante è far ripartire l’industria
dell’obbligo con tanto di passerella annuale del Ministro, foto del
provveditore scolastico e benedizione del Presidente della Repubblica
che i ragazzi non sanno nemmeno chi sia.
Se fossi un genitore di un ragazzo diversamente abile andrei a leggermi
sui siti degli uffici scolastici provinciali le disponibilità di posti
messe a disposizione per il sostegno: in provincia di Cremona, per
esempio, ci sono 42 cattedre per i posti cosiddetti comuni (le materie
curriculari) e 136 per il sostegno, messe a disposizione dei precari.
Questo significa che molti, che non hanno la specializzazione, che
magari non hanno alcun desiderio di insegnare ad un bambino con
difficoltà, che non hanno mai avuto a che fare con l’autismo o altro,
per la pagnotta, prenderanno quel posto. Alla faccia dei vostri figli!
Se fossi un padre o una madre proverei a pensare al fatto che in Svezia
e in molti altri Paesi d’Europa gli insegnanti vengono reclutati dalle
municipalità e dalle scuole mentre in Italia i risultati di un
concorsone che ha illuso migliaia di persone (a proposito: ma che
dicono Francesco Profumo e Marco Rossi Doria?), saranno disattesi
perché la macchina burocratica del Ministero non ha provveduto in tempo
a elaborare le graduatorie per le classi di concorso (gruppi di
materie, per i non addetti ai lavori). E via con l’ennesimo ricorso.
Qualcuno (giustamente) lo vincerà e l’insegnante in cattedra sarà
costretto a cedere il posto e i bambini a cambiare docente.
E poi ci sono quelli neo laureati in scienze della formazione primaria
costretti a fare un corso di otto mesi (da pagare) per avere
l’abilitazione come se una laurea non fosse già abbastanza.
Se fossi un genitore in questi giorni prenderei carta e penna per
scrivere al Ministero, scenderei in piazza, andrei in uno dei tanti
uffici scolastici provinciali a vedere ciò che accade perché ciò che
conta in una scuola non è solo avere la sezione con i banchi sistemati
e le classi ridipinte ma un maestro che abbia la passione, che desideri
ritornare tra i suoi ragazzi, che stia bene nel posto dove insegna.
La nostra era la scuola della Montessori e di Mario Lodi, della maestra
Teresa che ogni anno ritrovavamo ad aspettarci. Oggi è la scuola del
precario numero 99, senza volto, senza storia. E’ un Titanic che parte
anche quest’anno ma continuerà ad affondare.
Alex
Corlazzoli - Ilfattoquotidiano.it