Non è solo il
commissario Cottarelli a dire no alla deroga per il pensionamento
anticipato dei 4.000 prof approvata la settimana scorsa dalla Camera
all’interno del decreto di riforma della pubblica amministrazione.
C’è una bocciatura ancora più rilevante, che porta il timbro della
Ragioneria generale dello Stato: coperture insufficienti, perché così
come è formulata la norma non è in grado di «assicurare il rispetto dei
4.000 soggetti». Stop della Ragioneria anche per l’altra deroga alla
riforma Fornero: l’eliminazione delle penalizzazioni per l’accesso alla
pensione anticipata per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre
2017.
La relazione, datata primo agosto e indirizzata alla presidenza del
Consiglio dei ministri e alla Commissione Bilancio del Senato (dove il
provvedimento è approdato), non fornisce scampo alle due norme (mentre
promuove tutto il resto). E rischia di innescare un nuovo caso
politico, visto che alla Camera il decreto è passato con la fiducia.
«Bisogna assolutamente attivare tutti i colleghi e spiegare loro la
situazione» allertano i deputati Pd della commissione Lavoro della
Camera (sostanzialmente i firmatari dell’emendamento incriminato). In
una nota circolata all’interno del gruppo, polemicamente osservano:
«Quando le relazioni tecniche dell’Inps prevedono quantificazioni
enormi e irragionevoli, alla Ragioneria vanno bene; questa volta si
mettono in discussione i numeri dei possibili pensionamenti, dati
dall’Inps, e si modifica la previsione degli oneri secondo calcoli
autonomi». Se al Senato la norma dovesse essere modificata, servirà una
terza lettura della Camera, cosa che potrebbe mettere a rischio i tempi
di conversione.
Non è una deroga alla legge Fornero, insistono i sostenitori della
norma: «È una correzione di un errore contenuto in quella legge». Si
tratta degli insegnanti che, in base alle regole pre-Fornero della
vecchia «quota 96», avrebbero maturato il diritto alla pensione tra il
1 gennaio e il 31 agosto del 2012, nel corso dell’anno scolastico
2011/2012. Una ricognizione del Miur basata su un questionario inviato
al corpo docente quantifica i soggetti coinvolti in 4.000 unità. Ed è
su questo numero che si basa la norma approvata alla Camera. Ma la
Ragioneria sostiene che «di fatto la disposizione prefigura per il
settore della scuola una salvaguardia aperta, non in grado di
assicurare il rispetto del limite dei 4.000 soggetti, con effetti in
termini di maggiori oneri per i quali non è individuata adeguata
copertura finanziaria».
L’altra norma bocciata riguarda l’eliminazione delle penalizzazioni per
chi sceglie di andare in pensione prima dei 62 anni di età. La legge
Fornero lo consente agli uomini che hanno 42 anni e 6 mesi di
contributi, e alle donne che ne hanno 41 anni e 6 mesi. I contributi
però devono essere da effettiva prestazione lavorativa, sono esclusi
quindi quelli figurativi (ad eccezione della maternità obbligatoria, la
leva militare, cig ordinaria, malattia infortunio, donazioni di sangue,
congedi parentali, permessi per assistenza disabili). Di fatto sono
fuori il riscatto della laurea e i contributi volontari. Prevista anche
una decurtazione economica tra l’1 eil 4% dell’assegno. La nuova norma
votata alla Camera elimina entrambe le penalizzazioni (contributi e
assegno) per chi matura i requisiti entro dicembre 2017. Ma la
Ragioneria contesta: la copertura indicata «è sottostimata», anziché 1
milione nel 2014 ne servono 5, al posto dei 3 individuati per il 2015
ne occorrono 15 milioni, e non basteranno di certo i due milioni
indicati per ciascuno degli anni a venire, ma le cifre sono molto più
alte, ovvero 35 milioni nel 2016, 50 nel 2017 e 60 a decorrere dal 2018.
Giusy Franzese - Ilmattino.it