Bari - «Vivere da
precaria della scuola da 24 anni, essere vedova da oltre dieci anni e
con due figli a carico e sapere che questa estate e il prossimo autunno
non avrò il sostegno di un’indennità di disoccupazione è davvero una
un’impresa eroica». Sono queste le parole di Sara Cossu, docente di
scuola primaria di 49 anni anche lei appartenete a quell’esercito di
1650 «precari più precari » della scuola. Loro sono quei lavoratori,
che a seguito della riforma Fornero, non hanno neppure il diritto alle
indennità di disoccupazione per un cavillo burocratico che li esclude
perché dipendenti della pubblica amministrazione con contratti da
parasubordinati. Già dall’anno scorso questi professori e Ata non hanno
potuto più godere di u n’indennità detta «una tantum», di circa 4 mila
euro, come da circolare 16961 del 2013.
«L’anno scorso – continua la docente - sono stata fortunata perché da
ottobre a giugno ho lavorato tramite graduatoria d’istituto e in estate
ho potuto contare sulla Mini Aspi, cioè la nuova indennità di
disoccupazione con requisiti ridotti. Quest’anno invece che ho svolto i
“diritti a scuola” da gennaio a luglio – dice Sara – mi trovo
nell’assurda posizione di avere versato i contributi, come tutti, e di
non avere diritto ad un assegno di disoccupazione. Ho fatto domanda per
l’una tantum, ma mi è stata immediatamente rigettata per mancanza di
requisiti. Ho provato a inviare la domanda per la Mini Aspi, come per
l’anno scorso, e mi è stata negata per lo stesso motivo poiché i
contributi dei lavoratori dei “diritti a scuola” finiscono nella
gestione separata dell’Inps. E se in tutto questo ci mettiamo che
percepisco un misero assegno mensile di 320 euro, quale reversibilità
di mio marito, e ho ancora a carico i miei due figli di 17 e 28 anni
disoccupati, allora la vita è davvero impossibile».
«Essere precaria – asserisce Sara - vuol dire avere a portata di mano
costantemente una calcolatrice per tenere sotto mano la tua situazione
economica: una vacanza non so cosa sia e non posso neppure permettermi
delle cure mediche. Un vero e proprio incubo. Se poi – aggiunge – a
questa situazione paradossale si associa quella ancora più grave di
aver 170 punti in graduatoria e sapere già che non ci sarà posto tra i
ruoli perché di anno in anno le nomine diminuiscono. E quelle poche
nomine sono pure da ripartire tra gli iscritti alle graduatorie ad
esaurimento (in cui mi trovo io), graduatorie del concorso e i
riservisti, che chissà com’è – sottolinea – spuntano sempre
all’improvviso per i ruoli. Vanificando i decenni di servizio nella
scuola, il merito e l’infinita gavetta».
Con l’aggiornamento delle graduatorie di istituto, dice Sara,
«quest’anno ho scelto di inserire negli elenchi solo sette scuole, le
più vicine a casa mia, perché non ho più le energie per correre da una
scuola all’altra in paesi distanti. Non mi posso permettere
l’automobile e comincio ad aver problemi fisici. E poi - conclude la
Cossu - al governo dovrebbero smetterla di parlare per slogan, la
scuola è fatta di persone e non di numeri. Abbiamo diritto ad essere
rispettati anche noi».
Francesca Marsico -
Lagazzettadelmezzogiorno.it