Il Consiglio
di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando (sentenza depositata in segreteria Il 18/07/2014) rigetta
l’appello proposto con il ricorso contro Ministero dell’istruzione
dell'università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore,
Ufficio scolastico regionale per la Calabria - Direzione generale,
rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato,
domiciliati, presso gli uffici di quest’ultima, in Roma, via dei
Portoghesi, 12; e, per l’effetto, dichiara infondato il ricorso di
primo grado; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese
del giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014
con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Severini, Presidente Sergio
De Felice, Consigliere Gabriella De Michele, Consigliere Roberta
Vigotti, Consigliere Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
FATTO
1.– Con decreto del direttore generale per il personale scolastico del
13 luglio 2011, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della
ricerca ha bandito il «concorso per esami e titoli per il reclutamento
di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo
grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi».
La procedura concorsuale – che si è svolta, in tutte le sue fasi, a
livello regionale – si articolava, una volta superata una prova
preselettiva a carattere culturale e professionale, nella seguenti
fasi: i) due prove scritte e una prova orale; ii) valutazione dei
titoli; iii) periodo obbligatorio di formazione e tirocinio per i
candidati utilmente collocati nelle graduatorie generali di merito e
dichiarati vincitori nei limiti dei posti messi a concorso (artt. 2, 8
e 9 del bando).
Per la Ragione Calabria sono stati individuati, come disponibili, 108
posti.
I signori, indicati in epigrafe, hanno presentato domanda di
partecipazione.
L’ufficio scolastico regionale per la Calabria, con decreto del
direttore generale 28 settembre 2011, prot. n. 18004, svolte le prove
preselettive in sede nazionale, ha nominato la commissione
esaminatrice, composta dal prof. Antonio Viscomi, in qualità di
presidente, dalla dott.ssa Ferrigno Maria Carmela e dal dott. Multari
Vincenzo, in qualità di componenti, e dalla dott.ssa Musca Maria, in
qualità di segretario.
Gli indicati concorrenti hanno superato la prova preselettiva e le
prove scritte ma non la prova orale.
2.– Quest’ultimi, pertanto, hanno impugnato innanzi al Tribunale
amministrativo regionale della Calabria i seguenti atti: gli elenchi,
affissi e pubblicati, dopo l’espletamento della prova orale sulla porta
d’ingresso dell’immobile, sede del concorso, con i quali i ricorrenti
sono stati dichiarati inidonei; il decreto 10 luglio 2012, prot. n.
12362, del direttore generale dell’ufficio scolastico regionale, con
cui è stata approvata la graduatoria di merito del relativo concorso; i
verbali della commissione esaminatrice relativi alla prova orale; il
decreto 28 settembre 2011, prot. n. 18004, del direttore generale
dell’ufficio regionale della Calabria, con cui è stata nominata la
commissione esaminatrice; il verbale della commissione esaminatrice 19
gennaio 2012, n. 6.
I ricorrenti hanno prospettato le seguenti censure: i) illegittima
composizione della commissione esaminatrice in ragione della
incompatibilità del presidente, prof. Viscomi, nonché di uno dei
commissari, dott. Multari); ii) illegittima individuazione, da parte
della commissione, dei criteri previsti per la valutazione delle prove
concorsuali; iii) illegittima modalità di conduzione della procedura
concorsuale da parte della commissione nella parte relativa alla scelta
delle domande del colloquio orale e della lingua straniera; iv)
violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e difetto di
pubblicità e trasparenza da parte della commissione nella gestione
delle materiali operazioni concorsuali; v) violazione del principio
dell’anonimato, avendo l’Amministrazione utilizzato buste, contenenti
il cartoncino per l’indicazione dei dati anagrafici, inidonee, per la
loro consistenza, a garantire il rispetto del suddetto principio.
3.– Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente,
rilevando, in via preliminare: i) l’improcedibilità dei ricorsi
proposti per sopravvenuta carenza di interesse derivante dalla mancata
impugnazione dell’atto finale (d.d.g. dell’Ufficio scolastico regionale
per la Calabria del 27 luglio 2012); ii) l’improcedibilità dei ricorsi
proposti per mancata corretta integrazione del contraddittorio a mezzo
di pubblici proclami; iii) l’inammissibilità del ricorso collettivo per
conflitto d’interesse.
Nel merito l’amministrazione ha chiesto il rigetto delle domande
proposte.
4.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 11 aprile 2013, n. 421,
prescindendo dall’esame delle eccezioni preliminari, ha ritenuto
infondati tutti i motivi di ricorso
5.– I ricorrenti di primo grado hanno impugnato detta sentenza
riproponendo i motivi indicati nella parte in diritto.
6.– Si costituiva in giudizio l’Amministrazione resistente, chiedendo
il rigetto dell’appello.
7.– La causa è stata decisa all’esito della udienza pubblica di
trattazione del 25 marzo 2014.
DIRITTO
1.– La questione posta all’esame del Collegio attiene alla legittimità
della procedura concorsuale, indetta con decreto del Direttore generale
per il personale scolastico del 13 luglio 2011 e descritta nella parte
in fatto (punto 1), per il reclutamento di dirigenti scolastici nella
Regione Calabria.
2.– L’appello, a prescindere dalle questioni preliminari sollevate
dalle parti resistenti, non è fondato.
3.– Gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza nella parte in
cui non ha ritenuto sussistente l’incompatibilità:
- del prof. Viscomi, per avere lo stesso rivestito il ruolo di
Direttore Scientifico di un corso di perfezionamento per dirigenti
scolastici, indetto dall’Università degli studi «Magna Graecia» di
Catanzaro, ed aperto anche a soggetti vicari privi di qualifica
dirigenziale, in ragione del fatto che alcuni frequentanti hanno poi
partecipato con esito positivo alla procedura concorsuale;
- del professor Viscomi, in quanto, in pendenza della pubblicazione
degli elenchi ammessi alle prove orali nel concorso, avvenuta il 30
marzo 2012, lo stesso è stato relatore in un altro corso di formazione,
bandito dall’ufficio scolastico regionale con nota del 5 marzo 2012, n.
3244, per la cui partecipazione occorreva inviare le schede di adesione
alle professoresse Maria Antonietta Crea e Maria Natalia Iriti,
collaboratrici del predetto professore; in particolare, si rileva che
queste hanno partecipato al concorso e una di esse è risultata idonea;
- del dott. Multari, il quale non si sarebbe astenuto dall’esaminare un
concorrente (professore Antonio Carioti) che svolgeva le funzioni di
vicario presso un istituto scolastico dove il Multari aveva in passato
svolto le funzioni di membro del collegio dei revisori dei conti.
I motivi sono infondati.
L’art. 51, primo comma, Cod. proc. civ., prevede che il giudice ha il
dovere di astenersi nei seguenti casi: 1) se ha interesse nella causa o
in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o
la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di
affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o
di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa
pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una
delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o
prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone,
oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o
come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se
è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o
datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o
gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un
comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
Il secondo comma dello stesso art. 51 dispone, infine, che il giudice
ha la facoltà di richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad
astenersi in ogni altro caso in cui ravvisi gravi ragioni di
convenienza.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che
«le cause d'incompatibilità sancite dall'art. 51, c.p.c., estensibili,
in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi
dell'azione amministrativa (…) rivestono carattere tassativo e, come
tali, sfuggono ad ogni tentativo di estensione analogica, stante
l’esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa» (Cons.
Stato, VI, 30 luglio 2013, n. 4015, e le altre sentenze ivi citate).
Chiarito ciò, la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato ha poi
provveduto, avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 51, ad
identificare - perché gli atti non siano illegittimi - alcune regole di
condotta in capo all’amministrazione in specifici settori e, in
particolare, in quello dei concorsi pubblici. In particolare, si è
affermato che:
- «la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra
commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle
cause d’incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la
spontanea astensione di cui al capoverso dell'art. 51, c.p.c. »;
- «la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi
ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i
rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità
tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in
base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze
personali»;
- «perché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di
rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra
maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio»,
essendo «rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra
commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle
relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio
professionale connotato dai caratteri della stabilità e della
reciprocità d'interessi di carattere economico» (Cons. Stato, VI, n.
4015 del 2013, cit.)
In definitiva, affinché sussista un vero e proprio obbligo di
astensione deve essere dimostrata la sussistenza concreta di un
rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi
economici ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare
sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al
rispetto del principio di imparzialità.
Nella fattispecie in esame non ricorrono tali condizioni.
In relazione alla prima causa di incompatibilità del professor Viscomi,
non risulta una connessione tra il corso di perfezionamento e il
concorso in esame tale da fare presumere l’esistenza di una relazione
professionale di rilevanza economica. Ciò in quanto: i) il corso in
contestazione è un corso non di formazione per la partecipazione al
concorso in esame ma è un corso di perfezionamento di trentasei ore
(non sufficienti ai fini concorsuali) istituito con accordo tra
l’Università degli studi della Calabria e l’Ufficio scolastico
regionale nel rispetto delle modalità prefigurate dal decreto del
Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162 (Riordinamento delle
scuole dirette a fini speciali, delle scuole di specializzazione e dei
corsi di perfezionamento); ii) il corso di perfezionamento è stato
indetto con bando del 5 gennaio 2011 mentre il concorso è stato indetto
con bando del 13 luglio 2011. In questa prospettiva, il pagamento della
quota di iscrizione non assume rilevanza; iii) non risulta che le
tracce oggetto del concorso siano state oggetto di trattazione del
corso, non essendo sufficiente affermare che la prima prova scritta ha
avuto ad oggetto «l’argomento della governance», attesa l’ampiezza
dell’argomento inserito, tra l’altro, in una traccia di più ampia
formulazione.
Nemmeno il corso si è svolto in modo tale da poter creare un rapporto
personale così intenso da indurre il commissario a violare le regole di
imparzialità nello svolgimento della prova orale. In mancanza di
elementi probatori concreti, assume rilievo la circostanza che il
professor Viscomi ha svolto il ruolo di direttore, coadiuvato da un
comitato scientifico, ma non ha svolto alcune delle dodici lezioni in
programma.
In relazione alla seconda causa di incompatibilità indicata, non pare
sufficiente, alla luce della giurisprudenza sopra rammentata, la mera
circostanza che due partecipanti al concorso abbiano svolto funzioni di
segreteria nell’organizzazione di corsi di formazione riservati ai soli
dirigenti, tenuti dal professor Viscomi, indirizzati ai soli dirigenti
di ruolo. Non risulta, dunque, neanche in questo caso dimostrata la
sussistenza di un rapporto personale di intensità tale da integrare una
vera e propria causa di astensione.
In relazione alla causa di incompatibilità del dott. Multari, è
sufficiente rilevare che per la legge non basta una mera ed ipotetica
conoscenza personale conseguente al fatto di prestare attività
lavorativa – con mansioni, peraltro, diverse – nell’ambito della stessa
istituzione scolastica. In assenza, pertanto, di più concreti elementi
di valutazione neanche questa parte della censura appare dotata di
fondamento..
4.– Con un terzo motivo gli appellanti rilevano l’illegittimità del
modus operandi della Commissione che avrebbe fissato i criteri di
valutazione delle prove concorsuali ben oltre la prima riunione.
Il motivo non è fondato.
L’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n.
487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi,
dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici
impieghi) prevede che «le commissioni esaminatrici, alla prima
riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle
prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di
assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove».
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha già rilevato che il
principio di preventiva fissazione dei criteri e delle modalità di
valutazione delle prove concorsuali «deve essere inquadrato nell’ottica
della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal
legislatore, che pone l’accento sulla necessità della determinazione e
verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa
sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o
sfavorire alcuni concorrenti, con la conseguenza che è legittima la
determinazione dei predetti criteri di valutazione delle prove
concorsuali, anche dopo la loro effettuazione, purché prima della loro
concreta valutazione» (Cons. Stato, V, 25 maggio 2012, n. 3062).
Nella fattispecie qui in esame, come risulta dai verbali, tale limite
appare osservato. Nemmeno varrebbe rilevare che non risulterebbe il
momento temporale in cui sono stati elaborati i criteri di valutazione
delle prove scritte, in quanto gli appellanti hanno superato tali prove.
5.– Con altri motivi, connessi, le appellanti deducono una non corretta
modalità di conduzione e gestione dell’esame orale da parte della
commissione esaminatrice, con particolare riferimento alla scelta delle
domande del colloquio orale e alle modalità di conduzione della prova
relativa alla lingua straniera. In particolare si rileva che:
a) con riferimento alla prova orale sulle aree tematiche l’estrazione
di cinque domande, non includenti tutte le aree, avrebbe impedito ai
candidati di potere argomentare in modo ampio e sistematico in
conseguenza della restrizioni degli oggetti delle domande stesse;
b) con riferimento alla lingua straniera, si deduce che la commissione
non si sarebbe attenuta al bando, in quanto, pur essendo previsto che
il livello richiesto è B1, le domande non avrebbero riguardato
«argomenti familiari e semplici» (nell’atto di appello sono riportate
una serie di esemplificazioni).
I motivi non sono fondati.
Il bando di concorso prescrive:
a) all’art. 10, comma 2, che «la prova orale consiste in un colloquio
interdisciplinare» sulle sei aree tematiche indicate nell’art. 8, comma
9, alle lettere a (Unione europea) - b (Gestione dell’istituzione
scolastica) - c (Area giuridico-amministrativa finanziaria) - d (Area
socio psicopedagogia) - e (Area organizzativa) -f (Modalità di
conduzione delle organizzazioni complesse e gestione dell’istituzione
scolastica); detta prova è finalizzata ad accertare «la preparazione
professionale del candidato anche con eventuali riferimenti ai
contenuti degli elaborati scritti»;
b) agli articoli 8, comma 9, lettera h) l’art. 10, comma 2, che «la
prova orale accerta, altresì, la capacità di conversazione su tematiche
educative nella lingua straniera prescelta dal candidato» e che la
soglia richiesta è pari «a livello B1 del quadro comune europeo».
La commissione nella riunione dell’11 maggio 2012, come risulta dal
relativo verbale n. 44, ha così stabilito:
a) per le aree tematiche indicate all’art. 8, comma 9, del bando,
suddivise in tre gruppi, prima dell’esame di ciascun candidato, sono
predisposti dieci quesiti per ogni gruppo, con assegnazione
complessiva, per questa parte dell’orale, del punteggio massimo di 24;
b) per l’area tematica di cui alla lettera h) dell’art. 8, comma 9, del
bando, relativa alla lingua straniera, prima dell’esame di ciascun
candidato, sono predisposti venti quesiti, con assegnazione del
punteggio massimo di 3;
c) ha inoltre definito i criteri di valutazione di ciascuna prova, ha
stabilito per ciascun criterio il punteggio massimo attribuibile e ha,
per ciascun criterio, definito puntuali «descrittori» con assegnazione,
per ciascuno di essi, del relativo punteggio.
Chiarito ciò, in relazione al punto a) delle censure, appare che i
giudizi della commissione circa la valutazione delle prove orali dei
singoli candidati sono corretta e lineare espressione della sua
discrezionalità tecnica. Essi invero, rientrano nell’esercizio della
competenza propria dell’amministrazione e come tali possono essere
sindacati dal giudice sole se si dimostri – il che qui non è – la
violazione di legge o la sussistenza di un eccesso di potere. Nella
specie il contenuto puntuale dell’attività posta in essere dalla
commissione dimostra anzi che questa si è attenuta alle prescrizioni
del bando.
Nemmeno vale rilevare che il disposto accorpamento abbia inciso
negativamente sulla capacità di valutare l’effettiva preparazione del
candidato su tutte gli ambiti oggetto della prova, in quanto
l’accorpamento è avvenuto secondo aree omogenee, vale a dire secondo un
criterio logico e coerente con le finalità del giudizio da espletare.
In relazione al punto b) della censura, l’ampiezza della dizione
impiegata nel bando impedisce a questo Collegio, in assenza di segni
manifesti di un eccesso di potere, di sindacare i contenuti delle
domande che sono state rivolte ai candidati, al fine di poter stimare
che le stesse, per la loro complessità, avrebbero superato la soglia
indicata. Non sarebbe, pertanto, rilevante la richiesta consulenza
tecnica d’ufficio.
In relazione ai punti indicati deve, inoltre, rilevarsi che gli
appellanti non hanno indicato come le asserite illegittimità abbiano in
concreto recato loro uno svantaggio, rispetto agli altri concorrenti,
nello svolgimento delle prove.
In definitiva, ferme restando l’insussistenza delle violazioni
prospettate, in ogni caso non è stato dimostrato che avrebbero recato
un vulnus alle loro posizioni giuridiche.
6.– Con ultimo motivo di appello, vengono contestate le modalità di
gestione, da parte della commissione, delle operazioni materiali della
procedura concorsuale. In particolare, gli appellanti contestano il
comportamento dei commissari per avere, in violazione delle regole
della trasparenza, portato con sé, al termine di ogni colloquio orale,
le tre scatole contenenti le domande da estrarre a cura dei candidati.
Il motivo non è fondato.
Gli appellanti non hanno indicato alcun elemento concreto per
dimostrare che i commissari abbiano, con la loro condotta, violato le
regole dell’imparzialità e della trasparenza. Quelli prospettati sono
solo sospetti, non suffragati da alcun riscontro fattuale.
Si tenga conto che, nella prospettiva degli appellanti, il
comportamento alternativo lecito avrebbe dovuto consistere nel lasciare
gli scatoli incustoditi con maggiori rischi di quelli prospettati.
7.– In definitiva, il Collegio ritiene che gli appellanti non hanno
dimostrato, avuto riguardo ai limiti del sindacato giurisdizionale in
presenza di ambiti di valutazione riservati all’amministrazione, che la
prova orale si è svolta in modo non conforme alle regole legali e che è
dunque vi è un’intrinseca illegittimità degli atti impugnati.
8.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione
tra le parti delle spese del presente grado giudizio.