Circa 4mila
lavoratori della scuola, nati nel 1951 e 1952,
furono esclusi dal diritto maturato di andare in pensione, nonostante
nel dicembre 2012 ne avessero i requisiti: o 61 anni di età e 35 di
contributi; o 60 anni e 36 di contributi. Sono i Quota 96, gli “esodati
della scuola”, tra le principali vittime della riforma delle pensioni
targata Elsa Fornero (quella che – interrotta dalle lacrime – non
riuscì a pronunciare la parola “sacrifici”. E poi si è visto come è
andata).
La riforma Fornero, scattata l’1 gennaio 2012 (in estate Profumo
avrebbe bandito il concorso “storico”, quello che avrebbe “svecchiato”
la scuola italiana), ha tenuto fuori quei lavoratori per un errore. In
conseguenza della specificità della scuola, infatti, che distingue
l’anno scolastico dall’anno solare, è possibile andare in pensione
esclusivamente nel giorno del 1 settembre, pur avendo maturato i
requisiti in precedenza. La conseguenza di questo svista da dilettanti
allo sbaraglio sta costando e costerà alle vittime dai 2 ai 7 anni di
permanenza ulteriore.
Facciamo un salto in avanti. Il 26 luglio scorso, tra i primi, il
parlamentare Marco Di Maio (Pd), commissione Affari Costituzionali
della Camera, annuncia che il Decreto Madia sulla riforma della
Pubblica Amministrazione contiene: “Un risultato che fino ad oggi era
solo stato promesso, ma che oggi diventa realtà. Con l’approvazione in
Commissione Affari Costituzionali dell’emendamento Ghizzoni e sostenuto
da tutti i componenti della commissione, abbiamo dato risposta a 4mila
insegnanti ‘esodati’ i cosiddetti ‘quota 96’”. All’articolo 1 del
decreto promosso dal ministro Marianna Madia viene infatti approvato un
emendamento che consente di sbloccare 4 mila pensionamenti nella
scuola, già da settembre, aprendo così anche alla possibilità di nuove
assunzioni. Seguono dichiarazioni trionfalistiche.
Alla fine di luglio, però, Carlo Cottarelli svela l’imbroglio delle
coperture di Renzi, la Ragioneria dello Stato rileva a sua volta
difetti di copertura, il governo presenta emendamenti soppressivi alla
riforma Madia, proprio in tema di pensionamento, che bloccano
nuovamente l’uscita dalla scuola dei Quota 96.
Ci si sarebbe attesi quanto meno delle scuse. E, invece: “State
sereni!”, al solito. Il nuovo premier – che ha avuto, quanto a faccia
tosta e mistificazione, un ben illustre predecessore -, continua ad
insistere sulla sorridente sottovalutazione delle reali condizioni del
Paese. Avremo modo in futuro di commentare la “sorpresa di fine agosto”
che è stata preannunciata alla scuola: manca poco. Per il momento
possiamo limitarci a sottolineare l’impudicizia con cui Renzi ha
chiosato sul problema dei Quota ’96.
“Ci sono quattromila persone che vorrebbero andare in pensione, che ne
hanno legittima aspettativa, non direi un diritto, ma il problema non
sono quei quattromila, che un lavoro ce l’hanno, bensì i milioni di
persone che non ce l’hanno”, ha affermato. È quindi Renzi a decidere
oggi cosa sia un diritto e cosa non lo è. L’autoproclamato decisore
delle sorti italiane, come è evidente, nella consueta attitudine alla
manipolazione di concetti e parole, occhieggia a problemi gravissimi
(quello della disoccupazione) per stornare l’attenzione dall’ennesima
promessa che si è tradotta in un nulla di fatto; promessa vana, dunque.
Avevano detto: abbiamo eliminato il problema dei Quota 96; poi la
Ragioneria dello Stato gli ha ricordato che la questione non si risolve
con gli annunci e con la volontà, ma con gli euro. E gli euro non ci
sono. Davanti a questa limpida ed inconfutabile verità, invece di
chiedere scusa ai 4mila docenti ultrasessantenni che, per un errore del
“governo tecnico”, dovevano andare in pensione l’anno scorso e invece
si trovano costretti a rimanere a scuola per ancora molti anni; invece
di chiedere scusa per la svista di allora, dunque, ma anche per la
grossolana faciloneria che ha condotto l’attuale governo ad annunciare
trionfalmente la soluzione dell’imbarazzante situazione, si passa al
contrattacco: il diritto maturato diventa semplicemente “legittima
aspettativa”. Quindi qualcosa di meno grave ed urgente, di meno
inviolabile. Senza pensare, peraltro, che i 4mila posti lasciati da
questi sessantenni piagnucolosi (certamente fannulloni!) che continuano
a chiedere di andare in pensione sarebbero destinati ad
altrettanti docenti che aspettano la stabilizzazione. E, di
conseguenza, si avvantaggerebbero altrettanti, ancora, che aspettano di
poter ricoprire posti con le supplenzeannuali.
Il Pd in campagna elettorale, tra le tante promesse, aveva garantito la
soluzione di Quota 96. Bisogna avere fiducia che per la fine naturale
della legislatura riescano a dar concretezza alle loro affermazioni.
Diversamente, rischiamo di dover prevedere una doppia partita
stipendiale da destinare ai Quota 96: la loro e quella della badante.
Scherzi a parte, il prossimo 29 agosto alle 11, al Pantheon a Roma, in
piazza della Rotonda, si svolgerà una manifestazione dei docenti che si
trovano in questa paradossale situazione. Non è escluso che a dar loro
manforte ci saranno anche i precari. Perché i due fenomeni, come invece
Renzi finge di credere, non sono svincolati.
A nessuno dei due, per il momento, è stata fornita una risposta
credibile.
Marina Boscaino
Ilfattoquotidiano.it