Le liste di attesa
devono essere cancellate soltanto dopo che saranno assunti tutti gli
inclusi, idonei e vincitori del concorso pubblico, supplenti delle
graduatorie ad esaurimento e d'istituto: docenti e personale Ata.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): se non ci saranno certezze in
questo senso nemmeno il 10 marzo, quando le linee guida di riforma
arriveranno in Consiglio dei Ministri, la settimana dopo, il 17 marzo,
assisteremo al più grande sciopero dei precari della scuola: previste
due manifestazioni, davanti al Parlamento e al Miur. E senza le dovute
risposte, la soluzione ritornerà nei tribunali della Repubblica.
Sono innumerevoli le indiscrezioni che si accavallano sui contenuti
della riforma della scuola: un sindacato serio non deve certamente
rincorrerle e alimentare tensioni tra i lavoratori. Di sicuro, però
deve mettere in guardia chi vuole continuare a privare i dipendenti dei
loro diritti: deve dire al Governo che cancellare le graduatorie – ad
esaurimento, d’istituto e di merito – senza prima averle svuotate,
sarebbe un autogol clamoroso. Prima di attuare un’operazione di questo
genere devono infatti obbligatoriamente essere assunti tutti gli
inclusi, idonei e vincitori del concorso pubblico, supplenti delle
graduatorie ad esaurimento e d'istituto. Sia appartenenti alla
categoria dei docenti sia a quelle del personale Ata.
La notizia della possibile soppressione delle graduatorie è riportata
oggi dalla stampa specializzata, secondo cui “attraverso un censimento
interno agli Uffici Scolastici, il Ministero ha capito che non ce
l'avrebbe fatta per alcune classi di concorso (non è stato chiarito
quali e in quali percentuali) e ha escogitato la soppressione sì delle
graduatorie ad esaurimento dal 1° settembre 2015, ma riservando nel
prossimo concorso una quota di posti a coloro che non potranno essere
assunti. Dunque, ci sarebbero docenti cancellati da una graduatoria,
quella ad esaurimento, che secondo l'attuale normativa concorre al 50%
delle immissioni in ruolo, che – conclude la rivista Orizzonte Scuola -
andrebbero a confluire in un concorso nel quale naturalmente non si ha
alcuna certezza di arrivare fino in fondo”.
Su questa possibilità, Marcello Pacifico, segretario organizzativo
Confedir, è categorico: “siamo convinti che si tratta di ipotesi
inapplicabili, ma qualora dovessero tradursi in normativa, con decine
di migliaia di supplenti, al palo da anni, privati di un loro diritto
inalienabile, quale è la possibilità di accedere al ruolo in presenza
di posti vacanti e disponibili, siamo pronti ad una vera battaglia: su
tuti i fronti”.
“Ammesso che anche stavolta il Governo non ci regali altre soprese, con
slittamenti enunciati all’ultimo secondo – continua il sindacalista –,
per capire la direzione che la riforma sta prendendo, a questo punto
c’è solo da aspettare il 10 marzo; quando le linee guida di riforma
arriveranno in Consiglio dei Ministri. Se il piano di cancellazione
delle graduatorie dovesse realizzarsi, è bene che il Governo sappia sin
d’ora che la settimana dopo, il 17 marzo, assisteremo al più grande
sciopero dei precari della scuola”.
“Per quel giorno – continua il rappresentante Anief-Confedir - abbiamo
già fissato due manifestazioni: una davanti al Parlamento e la seconda
presso il Miur. E deve essere altrettanto chiaro che senza le dovute
risposte, la soluzione ritornerà nei tribunali della Repubblica. Dove i
ricorrenti stanno ottenendo stabilizzazioni d’ufficio e indennizzi che
vanno dai 35mila ai 50mila euro. Invece di comprendere che più alto il
numero di mancate assunzioni, più l’amministrazione scolastica si
esporrà al pericolo di condanne, il Governo preferisce andare avanti
con la solita politica miope”.
“Dimenticando che in 15 anni sono stati sottoscritti un milione e mezzo
di supplenze e che solo una piccola parte di precari è stata assunta,
malgrado il recepimento della direttiva UE 70/1999 fosse stato assunto
anche in Italia con l'articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo
368/2001: l’assunzione dei precari va effettuata in tutti i casi in cui
si supera il tetto dei 36 mesi di supplenza. Come ribadito poi tre mesi
fa – conclude Pacifico – da una sentenza cristallina emessa dalla Corte
di Giustizia europea”.
Anief.org