A coronamento del lavoro iniziato lo scorso anno con la "Settimana della Cultura", una
delegazione di alunni e docenti dell'I.P.A.A. "Santo Asero" di Paternò, sez. assoc.
dell'I.I.S.S. "Francesco Redi" ha assistito a una sessione del Convegno
Nazionale "Storia
e gestione del paesaggio nelle aree rurali. I paesaggi della Riforma
agraria", svoltosi dal 26 al 30 settembre presso il Dipartimento
di Architettura di Siracusa. Organizzato dal Dipartimento di Ingegneria
Civile e Architettura dell'Università di Catania in collaborazione con
l'Ordine degli Architetti di Siracusa e con l'Istituto per la Storia
contemporanea, per la Storia dell'agricoltura e dei movimenti contadini
"Alcide Cervi" di Gattatico
(Reggio Emilia), il Convegno, che costituiva un'edizione speciale della
Summer School "Emilio Sereni",
si è svolto fra villa Reimann e la Struttura Didattica Speciale del
Dipartimento di Architettura, a Siracusa, mentre momenti di incontro,
ricognizione dei luoghi e proiezioni di documentari si sono tenuti fra
Borgo Cascino, in provincia di Enna, Sferro, in provincia di Catania e
Ferla, in provincia di Siracusa. Al Convegno, cui hanno preso parte
docenti provenienti da università italiane, dottorandi, studenti
universitari e di corsi di specializzazione e professionisti, hanno
partecipato, in qualità di "uditori speciali", gli alunni delle classi
II B e III B e i proff dell'I.P.A.A. Maria Lucia Cuscani, Angelo
Laferrera, Michelangelo Nicotra e Rocco Giudice.
La
trasferta
a Siracusa ha avuto un prologo mercoledì 28 settembre.
Accolti da Giuseppe Turrisi, che alla storia sociale e architettonica del
borgo, in cui risiede, ha dedicato la tesi di laurea, i proff. Nicotra
e Giudice si sono recati a Sferro per incontrare i partecipanti al
convegno, guidati dal prof. Fausto Carmelo Nigrelli, docente di Tecnica
e Pianificazione Urbanistica all'Università di Catania, promotore del
convegno e direttore della Summer School. Di ritorno da Borgo Cascino,
dove i convegnisti avevano assistito al documentario "Ci credevamo", di Angelo Barberi e
Sebastiano Pennisi, un'anteprima del quale era stata proiettata
nell'ambito de "I borghi della Riforma
agraria. Cronaca di una storia sconosciuta", a fare da
anfitrione a Sferro era il sindaco di Paternò, prof. Mauro Mangano. Il
Sindaco ha illustrato l'impegno del Comune per la promozione della
frazione di Sferro, le iniziative per la valorizzazione del territorio
con l'imminente avvio di un percorso turistico-culturale che sfrutta le
linee ferroviarie di collegamento fra i centri di produzione agricola
del comprensorio e si avvarrà di piste ciclabili che ricalcano i
tracciati della rete ferroviaria, del resto, dismessa e delle trazzere,
i sentieri percorsi fino a pochi decenni fa a dorso di mulo o dai
carrettieri, mentre il supporto alle imprese giovanili potrà valersi
dei progetti presentati dal Comune e finanziati dalla Regione e
dall'Ue, che hanno sbloccato i fondi. Il Sindaco, che ha ribadito ai
proff Nicotra e Giudice la disponibilità nei confronti delle iniziative
che l'I.P.A.A. intende proporre all'Amministrazione comunale, ha
citato, nell'indirizzo di saluto, l'I.P.A.A, che procederà alla
catalogazione dei libri dell'istituenda biblioteca "Salvatore Quasimodo" a Sferro, quale
esempio della interazione positiva fra enti locali e sistema scolastico
per la valorizzazione e la promozione del territorio.
Successivamente, il prof. Vincenzo Sapienza, docente di Architettura
Tecnica all'Università di Catania e fra i relatori al convegno su "I
borghi della Riforma Agraria", si è soffermato sulla storia del borgo,
individuandone le specificità storiche e le caratteristiche
architettoniche all'interno dell'edilizia della Riforma. Al termine, i
proff Nicotra e Giudice sono stati presentati dal prof. Nigrelli alla
prof.ssa Gabriella Bonini, docente di Lettere alle Superiori e
responsabile scientifico della Biblioteca "Emilio Sereni" dell'Istituto "Alcide Cervi" di Gattatico (Reggio
nell'Emilia), cui hanno esposto quanto l'I.P.A.A. di Paternò ha
realizzato nella "Settimana della Cultura" affrontando questioni legate
ai problemi e alle prospettive della realtà territoriale: la legalità,
un caso di 'urbanizzazione selvaggia' quale Gela, l'incontro con
giovani autori, oltre al tema dei borghi della Riforma. I due docenti
dell'I.P.A.A. hanno richiamato l'impegno e la collaborazione di tutte
le componenti scolastiche, citando, per tutti, la prof.ssa Lucia
Caruso, cui, nell'ambito della "Settimana della cultura", si deve, fra
l'altro, l'incontro su "I benefici del
verde urbano e la tutela e promozione del paesaggio". È stata
anche l'occasione per menzionare il contributo personale alla riuscita
dell'incontro sui borghi promosso dall'I.P.A.A. offerto dall'avvocato
Pippo Virgillito, che, consigliere regionale di Sicilia Antica e figura
di primo piano nell'attività di promozione culturale nel contesto
paternese, della valorizzazione di Sferro ha fatto uno dei motivi forti
del suo impegno civile.
Il giorno seguente, giovedì 29, le classi II e III B,
accompagnate dai
predetti docenti, si sono recate a Siracusa per assistere alla sessione
mattutina dei lavori del convegno nazionale sulla Riforma agraria. A
causa di inconvenienti dell'ultima ora, non è stato possibile,
purtroppo, raggiungere la sede del Convegno all'apertura. Per non
disturbare i lavori interrompendo gli interventi, alunni e docenti
hanno fatto il loro ingresso al momento del coffee-break. È stato, così,
possibile assistere agli interventi del prof. Giuseppe Barbera, docente
di Colture Arboree presso l'Università di Palermo, "Paesaggio
dell'agricoltura tradizionale siciliana negli anni '50"; e del prof.
Vito Martelliano, dottore di ricerca in Progettazione e Recupero
Architettonico, Urbano e Ambientale, dell'Università di Catania, che è
intervenuto su "Ri-territorializzare la Riforma agraria."
Il prof. Barbera ha incentrato il proprio intervento sulla definizione
del concetto di "identificazione oggettiva del paesaggio": connotato
dall'azione della natura, il paesaggio non si presenta nella sua datità
o immediatezza 'naturale', ma è il risultato di modificazioni e
stratificazioni di carattere storico, architettonico, infrastrutturale,
economico che contribuiscono in modo più o meno accentuato e
consapevole a costituirlo nella sua fisionomia e nelle sue funzioni. A
questo si aggiungono, in modo determinante, le elaborazioni dovute
all'immaginario popolare, all'arte in tutte le sue espressioni, alla
letteratura, che plasmano la percezione e la visione del paesaggio,
fino alla fruizione, che ne metabolizza ulteriormente la struttura di
'prodotto culturale', a opera dei media che ne veicolano l'immagine: la
rappresentazione del paesaggio finisce anch'essa per dargli forma,
senza, pertanto, che essa debba sottostare alle finalità produttive. Il
processo colturale che lega
l'uomo e l'ambiente prosegue, dal rapporto che trasforma e adatta, in
quello che assimila e 'soggettivizza' la realtà che l'uomo ha
modellato, del paesaggio antropizzato.
Viene da pensare, riformulandolo al contesto di discorso proposto dal
prof. Barbera, al concetto di paysage
moralisé introdotto dal grande storico dell'arte Erwin Panofsky:
il paesaggio come 'proiezione' allegorica, nella rappresentazione
artistica, dei dilemmi etici che pongono l'uomo di fronte a
esigenze in conflitto: nel caso, la natura sub lege e sub gratia, come
avveniva nell'estetica di Panofsky, indica un movimento che, tuttavia,
adattandolo ai nostri tempi, potrebbe non essere irrevocabilmente
deciso. Il recupero dei luoghi, infatti, è sempre possibile: ma in che
senso essi dovrebbero evolversi è, appunto e drammaticamente, una
possibilità che rende sempre meno rinviabile la soluzione dei dilemmi
imposti dal degrado del territorio, dal depauperamento dei suoli e
dall'esaurirsi delle risorse. Il prof. Barbera ha indicato nella multifunzionalità un possibile
strumento di gestione e pianificazione degli interventi sul territorio:
concetto che consente la 'flessibilità' - parola magica in un tempo che
ha sempre più urgente bisogno di concretezza - di fattori che
concorrono a mettere in relazione esigenze in ordine alle motivazioni
di soggetti istituzionali, sociali, economici e visione d'insieme che
non perda di vista i limiti oggettivi entro cui procedere senza
alterare l'equilibrio (non solo) dell'ambiente. Quindi, ha proseguito
il prof. Barbera, le carte del suolo, offrendo l'opportunità di una
visione retrospettiva dell'agro-sistema, permettono di ricostruire
l'aspetto complessivo e gli assetti produttivi del territorio e in tal
modo, consentono di programmare interventi che salvaguardino dalla
predazione ambientale l'identità del paesaggio agricolo al di là della
semplice sopravvivenza di colture, insediamenti, forme di gestione
proprietaria, interventi dall'alto.
(In questo caso, sovviene il Paysage
Moralisé di Wystan Hugh Auden: "...
quei campi come navi per i naufraghi delle isole (...) dove tutti i
verdi
alberi fiorivano sui monti,! Dove l'amore era innocente perché lontano
dalle città.// Ma l'alba ritornava ed erano ancora nelle città. (...)
l'acqua rinverdire quei monti e quelle valli/ e noi ricostruire le
nostre città, non sognare le isole", cfr in Poesie, Mondadori,
1974, trad. di Aurora Ciliberti, pagg. 55-56).
Il
prof. Vito Martelliano, in prima istanza, ha preso spunto da un
concetto sviluppato dal prof. Franco Amata, Ordinario di Storia
dell'Agricoltura alla Facoltà di Agraria dell'Università di Catania,
che, in un precedente intervento, "Appunti per una storia dei paesaggi
della Riforma agraria in Sicilia", aveva individuato il più imponente
fenomeno dell'agricoltura del XX secolo nello scollamento fra
territorio - cioè, una porzione dell'ambiente naturale sottoposto al
controllo sociale - e territorialità - che implica il senso di
appartenenza, di radicamento connesso al valore politico, sociale,
simbolico storicamente assunto dal territorio nel corso delle sue
trasformazioni. Prima che nell'abbandono della terra, questa scissione
ha la sua manifestazione macroscopica nel crescente scollamento fra uso
agricolo del suolo e residenza. Le ragioni del fenomeno, ovviamente,
variano, sia nelle dimensioni che nella portata, da una realtà
all'altra: e si connettono alla devoluzione della struttura fondiaria e
all'industrializzazione anche della produzione agricola, bensì
incidendo in modo differente da un'area all'altra del nostro Paese, per
limitarsi all'Italia, con tutto ciò che l'urbanizzazione ha comportato.
In questo quadro, in una regione come la Sicilia, in cui i contadini
hanno sempre evitato di risiedere in campagna anche laddove ne
avrebbero avuto la possibilità, il fenomeno è stato più vistoso: e ha
concorso e insieme, ha accentuato - nei tempi, se non altro - il
fallimento della Riforma agraria.Il prof. Martelliano ha attribuito
questo esito sociale e economico a un dato storico-politico, prima che
a dinamiche interne: vale a dire, il fatto che la Riforma è stata
introdotta fuori tempo massimo, come era evidente già nel primo e più
ancora, nel secondo Dopoguerra. Conseguenza anti-economica e
anti-storica della polverizzazione del latifondo è stata che
l'estensione dei campi si attestasse sulla media di due ettari e mezzo
per proprietà. Accanto a questo fattore di disintegrazione che
condannava l'agricoltura italiana e siciliana, nel caso, alla
marginalità anche senza gli effetti dissolutivi del Piano Marshall,
l'integrazione crescente di mercati e finanze, che ha portato negli
anni Novanta del XX secolo alla globalizzazione, ha avuto un ruolo
prioritario e decisivo nel determinare l'attuale stato della nostra
agricoltura, intanto che anche l'industria, obsoleta e non più
competitiva, dopo avere spopolato le campagne, ha abbandonato anch'essa
la scena che aveva occupato in modo preponderante. Anche il prof.
Martelliano ha convenuto sulla multifunzionalità come alternativa non
più derogabile dall'attuale configurazione di campagne e aree
industrializzate dismesse: l'obiettivo o meglio, lo strumento per
riqualificare il territorio passa, certamente pur se non
esclusivamente, attraverso una agricoltura non finalizzata alla sola
produzione, ma orientata alla ri-territorializzazione delle aree
abbandonate e presidiate da impianti inattivi e condannati alla
fatiscenza - il 'deserto' si prende la rivincita sulle cattedrali.
L'introduzione o la reintroduzione di coltivazioni specializzate,
insieme al rimboschimento, possono compensare o anche, sanare gli
squilibri ambientali, contrastando, per es., l'immissione di
idrocarburi, di cui potrebbero positivamente risentire anche aree
vicine e più massicciamente antropizzate.
Al
termine del dibattito che ha fatto seguito agli interventi, i
docenti dell'I.PA.A. hanno concordato con la collega Luciana Amadasi,
docente di Storia dell'Arte presso l'I.I.S. "Bertrand Russell" di
Guastalla (RE), che ha seguito i lavori del Convegno, uno scambio di
materiali editoriali scaturiti dai progetti e dalle attività didattiche
svolte presso i rispettivi istituti, ripromettendosi di collaborare
nell'ambito di progetti che ne offrano la possibilità.Studenti e
docenti dell'I.P.A.A. erano, quindi, raggiunti dal Dirigente
Scolastico, prof. Silvio Galeano e dal Direttore Amministrativo, dott.
Domenico Mazzeo, trattenuti da impegni pregressi e indifferibili per
potersi unire tempestivamente al gruppo. Il Dirigente Scolastico si è
congratulato per il successo di una manifestazione innovativa quale la
giornata di studio sulla Riforma agraria, dalle ricadute didattiche di
'lungo periodo', in cui il Dirigente in prima persona ha creduto e che
ha sostenuto fin dall'inizio, mettendo in campo le risorse
dell'I.P.A.A. in tutte le sue componenti: e ha confermato l'impegno
della Dirigenza nel portare a effetto, col supporto tecnico della
segreteria amministrativa, tutte le iniziative in cantiere.
Dopo
la pausa-pranzo in un ristorante di Ortigia, mentre i convegnisti
si recavano a Ferla per assistere alla premiére di "I borghi della Riforma agraria. Cronaca di
una storia sconosciuta", al momento, per quanto consta, unico documentario
sui borghi della Riforma sorti in Sicilia, girato da Angelo Barberi e
Sebastiano Pennisi, alunni e docenti dell'I.P.A.A. visitavano il centro
storico di Siracusa, dal Castello Maniace alla fonte Aretusa, con i
papiri che vi crescono dall'età dei miti che essi stessi hanno finito
per rappresentare. Particolare interesse ha suscitato la chiesa di
Santa Lucia alla Badia, dove, dal 22 luglio al 9 ottobre, è allestita
la mostra "Con lo sguardo verso Caravaggio", in cui sono esposte opere
dell'artista calabrese del Seicento Mattia Preti. Su tutti, spiccano il
dipinto "San Girolamo penitente", un soggetto ricorrente nell'arte di
Preti, trattato con una drammaticità priva, però, dell'enfasi altre
volte rilevata nelle opere del 'cavaliere calabrese': e "Giaele che
uccide Sisara", che, pur nella efferatezza del soggetto, non ha nulla
della truculenza pulp che ha
suggerito a commentatori disposti all'ipnosi mediatica collettiva
l'accostamento a Quentin Tarantino. L'uccisione nel sonno mediante chiodo conficcato in fronte sembra assolta come un'operazione chirurgica, non indolore, ma incruenta e asettica, condotta con i mezzi reperibili all'epoca: al termine, l'assistente mostra al primario i ferri del mestiere così bene adoperati
Questa
misura di maggiore austerità faceva da cornice, come un omaggio
ideale dal discepolo rispettosamente reso al Maestro, al Seppellimento di Santa Lucia, in
cui Caravaggio esprime in modo potente il dramma che la violenza degli
uomini e le leggi del Creato non risparmiano neppure ai giusti e ai
santi. Lo vediamo nella contenutezza dell'insieme, a cominciare
dall'atteggiamento dei dolenti, umiliati e offesi dallo scandalo della
morte e della violenza scatenata contro l'innocente, raggruppati e
schierati - dalla vecchia inginocchiata con le mani al volto al
vescovo che sembra voler sciogliere o allentare con un gesto di
saluto il cappio di dolore che stringe tutti o scongiurare la Santa
trattenendone per un lembo l'anima esalata in cielo; fino al milite di
spalle, trincerato nella corazza come nell'esoscheletro un coleottero -
in una immobilità attonita, allineati in una processione che li
condurrà alla stessa soglia, morti in piedi come il corpo giace
abbandonato dall'anima. L'immobilità inerme ne mostra la metaforica
nudità rivestirne le mentite spoglie dei panni che indossano, rimarcata
dalla parziale nudità, massiccia e meccanica, da atleti della morte,
dei becchini, che sembrano sollecitare l'ordine di seppellire il corpo
profanandolo col farne pegno all'"esosa morte", scriveva J. L. Borges.
Distesa, santa Lucia sembra non pesare sulla terra da cui è stata
strappata.
(Perciò,
fosse solo perché la Santa sembra così lontana dalla terra in
cui sta per essere sepolta, non suonerà strano possa richiamare l'Ofelia di John Everett Millais che, martire dell'amour fou, sospesa nel suo sepolcro d'acque depurate per l'occasione, galleggia tra i fiori, essendo lei il più invincibilmente bello di
tutti nel paradiso fluido che prefigura il giardino dell'Eden celeste. Caravaggio, che ha dato le carni sconce di peccatori e
peccatrici al Figlio e alla Madre di Dio - sembrava una bestemmia
iconograficamente imbandita, una bestemmia in carne e ossa dipinte che
fa del Verbo un'eresia diabolica, con prostitute sifilitiche e bari da
trivio, ragazzi di vita, assassini da bettola e quindi, chissà dove
andremo a finire, volgari pittori, chiamati chi a prestare le sembianze
e chi a effigiarle, in cui Si manifesta il Salvatore e soccorre
l'Immacolata: qualche legittima obiezione potrà essere consentita anche
alle Loro Eminenze, avranno anche loro il sacrosanto diritto umano di
scandalizzarsi e di sbagliare: ma, con l'Incarnazione, sono i reprobi
l'immagine fedele di Chi è nato in una stalla - ha fatto santa Lucia
bella come la Laura dei Trionfi
di Petrarca).
La scena, cui, presumibilmente, fa da location
una latomia, è ambientata in una catacomba, da cui nessuno sembra dover
uscire più, neppure la luce, che, non più costretta a contendere, come
avviene in Caravaggio, con l'ombra, sembra incollata all'aria chiusa
come alle carni su cui è impressa a sigillarle, ardendo di una gloria
che, quasi più monito che promessa, vi si riverbera gelidamente nelle
declinazioni di dorature e sanguigne. La scena, così sospesa in un
fermo-immagine che blocca ogni seguito tanto da interdire l'attesa,
sembra collocarsi sull'"orizzonte degli eventi", quasi fosse dipinta
sull'orlo di un buco nero, sul limite esterno di questi maelström siderali in cui, secondo
i fisici teorici, l'ultima immagine del corpo che vi precipita
rimarrebbe fissata come su una sindone, prefigurato dalla buca che i
becchini stanno scavando. Quell'abisso, cui ogni mortale è destinato e
che sembra lontano anni-luce dal mondo umano, dalla vita di ogni
giorno, incombe a portata di mano: quella del vescovo, che la tende
dall'onda delle figure di notabili e popolo minuto fra cui annaspa;
quelle, inerti, che gli astanti, inconsolabili quanto pietosi, annodano
l'una all'altra; le mani così operose dei becchini, cui tocca avvilirle
con gli strumenti dell'offesa che anch'essi patiranno. Non così le mani
della vergine, uccisa dai serial-killer al potere: sono mani che ancora
vediamo pregare. Solo la Santa ha disperso quell'incantesimo cosmico
nella mano schiusa con cui porge il respiro che l'altra mano sembra
aver tratto dal petto.
Altrettanto
emozionante per alunni e docenti la visita al museo "Paolo Orsi", con la collezione di
fossili che pareva prefigurare le decorazioni della pittura vascolare,
laddove ricalcare - inconsapevolmente, forse - i segni con cui la
natura sembra adornarsi col ricordo delle trame recise di forme viventi
scomparse esalta il gusto per la bellezza che ha animato i nostri più
antichi progenitori prima dell'arrivo dei Greci, che hanno trovato qui
terreno in ogni senso fertile alla civiltà che vi è fiorita. (Per
limitarci alla resa dei suoli, il rapporto seminato:raccolto, che in
Grecia era di 1:1, in Sicilia saliva a 1:2-3 e non di rado, la
produttività superava di gran lunga questi valori, per arrivare, nelle
annate particolarmente propizie, a un rapporto pari a 1:7-8.) Dai kouros arcaici ai torsi d'età
ellenistica; dalla grottesche antefisse che precorrono i mascheroni
apotropaici di balconi e portoni delle case patrizie delle città e dei
nostri paesi; dalla Venere Landolina, che fece scrivere a Guy de
Maupassant, nel suo Viaggio in
Sicilia, pagine colme di gratitudine per un capolavoro che gli
aveva fatto rievocare "tutte le sorprese della bellezza", al sontuoso
sarcofago di Adelfia, una vera full
immersion - sebbene rimaneggiata per inderogabili ragioni orarie
- nella storia della nostra terra, di una vocazione originaria che si è
ripercossa in una ininterrotta tradizione storica votata a tutto ciò
che è Bello e che aiuta a apprezzare il Bello. Vocazione che vive nelle
emozioni che renderanno indimenticabile l'esperienza di questa visita
didattica a tutti coloro, studenti e docenti, che hanno avuto la
fortuna di parteciparvi.
prof. Rocco Giudice