Diecimila
ricorsi in cinque anni contro i concorsi della pubblica
amministrazione. Le selezioni per l’assunzione dei dipendenti della Pa
spesso e volentieri prendono la strada dei Tar e del Consiglio di
Stato, organi competenti a intervenire sulle procedure concorsuali. Un
numero di impugnazioni che si può considerare significativo, tanto più
in anni in cui il reclutamento nella pubblica amministrazione è
vincolato dai blocchi del turn over per esigenze di risparmio, e
finisce per paralizzare o, nel migliore dei casi, rallentare l’attività
degli uffici pubblici coinvolti. Ricorsi che, almeno davanti ai Tar,
vedono la pubblica amministrazione vincere la maggior parte delle volte.
La galassia senza confini
Nessuno sa quanti siano i concorsi pubblici che finiscono in un
ricorso, come è accaduto da ultimo – per rimanere ai casi più eclatanti
– al contenzioso che ha investito le nomine dei dirigenti dell’agenzia
delle Entrate. Si tratta di un monitoraggio complicato, se non
impossibile, anche a voler restare solo sul piano dei concorsi banditi
a livello nazionale da parte delle amministrazioni centrali. Non c’è,
infatti, un ufficio che tenga il conto di quante selezioni pubbliche
finiscono davanti ai giudici nella fase del reclutamento, cioè quella
del bando e dell’espletamento del concorso, fasi che sono di competenza
dei giudici amministrativi (dopo l’assunzione la questione passa nelle
mani del giudice civile).
La stima
Per avere un’idea del problema si deve cercare di mettere insieme più
pezzi. Intanto, il numero di concorsi banditi in questi ultimi anni.
Rimanendo a livello di amministrazioni centrali, un tale quadro lo si
può ottenere attraverso i bandi autorizzati dal dipartimento della
Funzione pubblica. Dal 2012 a oggi risultano 39 concorsi, soprattutto
nella scuola, nelle Forze di polizia e nei Vigili del fuoco. Si tratta
di bandi, in particolare nella scuola, per migliaia di posti.
Per capire l’ordine di grandezza del contenzioso che si origina dal
numero tutto sommato ristretto dei bandi – e che riguardano solo alcuni
settori della Pa, dove il blocco del turn over si allenta o non è
previsto – si deve guardare all’andamento delle cause pubbliche presso
i Tar e il Consiglio di Stato. Le elaborazioni messe a punto dal
segretariato della giustizia amministrativa parlano di quasi 10mila
ricorsi che in vari settori – dalle Forze di polizia all’istruzione,
dal pubblico impiego ai notai – sono stati presentati presso i
tribunali amministrativi.
Si tratta, comunque, di dati che possono dare l’idea – e confermare la
sensazione diffusa – di un intervento massiccio dei giudici
amministrativi nella corretta applicazione delle procedure concorsuali.
Ci sono, però, almeno due elementi di cui tener conto: spesso un
ricorso è presentato da più persone; di contro, una stessa selezione
può essere oggetto di più cause. Dunque, i 10mila ricorsi presentati ai
Tar non corrispondono al numero di ricorrenti, né, tanto meno, dicono
quanti siano i concorsi impugnati. Si tratta, tuttavia, di un ordine di
grandezza che dimostra come il contenzioso sia pesante.
Dal primo grado all’appello
Se si analizzano i dati della giustizia amministrativa, ci si rende
conto che la parte più consistente di contenzioso è imputabile ai
ricorsi in materia di pubblico impiego: i ricorsi presentati nei cinque
anni presi in considerazione sono quasi 5mila, seguiti dai 2mila
nell’Università e dai mille nelle Forze armate.
I Tar hanno definito poco più della metà dei ricorsi presentati e tale
proporzione viene rispettata in tutte le materie monitorate: nel
pubblico impiego, per esempio, sono quasi 2.500 le cause arrivate a
sentenza, nell’Università oltre mille.
In primo grado, la pubblica amministrazione riesce spesso ad avere
ragione: oltre 3mila i ricorsi respinti contro i 1.800 accolti. E anche
qui c’è da fare una precisazione: la mancata corrispondenza tra numero
di cause definite e la somma di quelle accolte e respinte è imputabile
al fatto che uno stesso verdetto può riferirsi a ricorsi su un’identica
questione.
Diverso il quadro in appello: davanti al Consiglio di Stato o al
Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, infatti, si
registra una sostanziale parità di verdetti: 786 a favore dei
ricorrenti e 835 della pubblica amministrazione. In appello, però,
arriva una solo una parte delle cause definite in primo grado: il 40%
circa si perde per strada perché non c’è interesse a proseguire nel
contenzioso.
Antonello Cherchi
Il Sole 24 Ore