Notizie, commenti e indiscrezioni sul mondo della scuola.
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N. 68, 23 settembre 2002
SOMMARIO
1. Berlusconi: "Opposizione, lavoriamo insieme" (almeno sulla
scuola?)
2. Ma in Parlamento sulla scuola solo segnali di guerra
3. Francia: la scuola val bene un dibattito
4. Come cambia la sperimentazione
5. La Finanziaria che verra'/1: una cartina di tornasole della riforma
6. La Finanziaria che verra'/2: dove reperire risorse per la riforma
7. La Finanziaria che verra'/3: il Tesoro prepara forbici pesanti
8. La Finanziaria che verra'/4: meno docenti di sostegno
9. Letizia sulle orme di Margaret
10. Il crocifisso che divide
1. Berlusconi: "Opposizione, lavoriamo insieme" (almeno sulla
scuola?)
"Lavoriamo per quattro anni insieme per migliorare
la situazione,
cosi' come vogliono i cittadini. Le elezioni sono lontane. Diamoci una
mano". Sono parole pronunciate dal premier Silvio Berlusconi sabato
a
Palermo. Non sappiamo se rispondono a qualche logica opportunistica, o
se sono il segno di un improbabile "buonismo" senza
convinzione. Ma
certamente riteniamo - e vogliamo sottolinearlo - che se c'e' un campo
dove si puo' (e si dovrebbe) avviare una forma di
collaborazione e'
quello della scuola.
C'e' un progetto di riforma complessiva del sistema di istruzione
in
discussione in Parlamento. Vuole abrogarne un altro che
era stato
appena varato dalla precedente maggioranza. E' un vulnus - visto
con
gli occhi dell'Ulivo - difficilmente sanabile. Ma l'alternativa
quale
sarebbe, aspettare di vincere le prossime
elezioni, e smontare
l'eventuale nuova scuola della Moratti? Il tutto sulla pelle
di chi
vive la scuola? Non avrebbe senso - e
soprattutto non sarebbe
nell'interesse del Paese. I rappresentanti dei cittadini, su
entrambi
i fronti, ci dovrebbero pensare bene e cogliere il momento
propizio.
Almeno su un tema proprio di tutti come la scuola.
2. Ma in Parlamento sulla scuola solo segnali di guerra
La scorsa settimana sono ripresi i lavori della commissione Istruzione
del Senato. L'inizio della discussione in aula e' slittato a
giovedi'
26, con le relazioni della maggioranza e della minoranza.
Dal 1° ottobre partira' il confronto vero e proprio, e
non e' da
escludere che la minoranza ponga la pregiudiziale di costituzionalita'
del disegno di legge delega, anche se e' inverosimile che l'iniziativa
- a prescindere dalla fondatezza o meno della questione - possa
fare
breccia nel fronte della maggioranza.
L'atteso intervento del ministro Moratti - avvenuto dopo che per
mesi
l'opposizione ne aveva criticato l'assenza -
non ha creato le
condizioni per trovare un punto di equilibrio con gli
orientamenti
della minoranza. Insomma nulla cambia, si va in aula muro contro muro.
Facile prevedere, nonostante l'appello di Berlusconi, che ancora
una
volta le decisioni politiche saranno piu' il frutto della
forza dei
numeri che il risultato di un confronto aperto tra posizioni
diverse.
Un'altra testimonianza che il Parlamento si
limita a ratificare
decisioni assunte altrove, anche su un tema cosi' vitale per il
Paese
come la scuola.
3. Francia: la scuola val bene un dibattito
Anche in Francia la scuola e' al centro di un'accesa disputa politica.
Riecheggiando il celebre "Parigi val bene una messa" dell'ex
ugonotto
Enrico IV, l'editoriale dell'ultimo numero del mensile "Le
Monde de
l'e'ducation" ( www.lemonde.fr/mde ) si intitola "La scuola
val bene
un dibattito" (parlamentare). L'autorevole rivista critica
apertamente
il nuovo ministro dell'educazione nazionale, Luc
Ferry, che dopo
essersi presentato nelle vesti dimesse di un
moderato pragmatico
sembra aver messo in cantiere una radicale
revisione dell'ultima
grande legge quadro ("loi d'orientation")
approvata nel 1989 per
iniziativa dell'allora ministro Jospin.
La rivista non mette in discussione l'opportunita' di una nuova legge,
ma chiede che dei problemi di fondo e del destino
dell'educazione
nazionale si occupi il Parlamento. Il
ministro viene seccamente
invitato a porre in quella sede questioni come la ventilata
revisione
dell'obiettivo di elevare all'80% la percentuale
dei giovani che
conseguono la maturita' (bac), gli investimenti
per rinnovare il
personale docente, l'impatto effettivo della
decentralizzazione, le
ricadute della globalizzazione sui processi formativi.
La rivista su questi punti nodali auspica un
dibattito aperto in
Parlamento, e si augura che in tale sede possa determinarsi una
ampia
convergenza parlamentare, a sostegno
di un rinnovato "patto
repubblicano" per la scuola. Chissa' se il vento di Francia -
ammesso
che l'appello della rivista venga accolto in quel Paese - prendera'
a
spirare anche in Italia.
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4. Come cambia la sperimentazione
Il ministro ha varato il
decreto, dando formalmente il via
all'avventura della sperimentazione, e
accogliendo in parte le
richieste avanzate dal Cnpi e dall'Anci.
Parteciperanno circa 200 istituzioni
scolastiche su 6.000 tra
direzioni didattiche e istituti comprensivi statali: poco piu' del 3%,
un limite minimo per rendere
credibili i risultati di una
sperimentazione nazionale.
Ecco le principali novita' del decreto n. 100 del 18 settembre, da noi
gia' anticipate (e reperibili nella "Guida
alla sperimentazione"
interamente aggiornata sul nostro sito www.tuttoscuola.com ).
Oltre alle direzioni didattiche, possono
sperimentare anche gli
istituti comprensivi. Fermo restando il numero medio di due
istituti
sperimentali per provincia (236 istituti in tutto comprese le
scuole
paritarie), vi potra' essere compensazione all'interno della
stessa
regione e in ambito nazionale. La compensazione puo' avvenire
anche
tra scuole statali e scuole paritarie.
Tutte le scuole sperimentali potranno attuare l'ammissione
anticipata
senza procedere alla riapertura delle iscrizioni. Ma i posti
saranno
pochissimi, perche' non vengono aperte nuove classi e perche',
nella
scuola dell'infanzia, viene abbassato il limite massimo di bambini
di
sezione per ogni ammesso sotto i tre anni di eta'. Viene
data alle
scuole sperimentali ampia liberta'
organizzativa, didattica e
metodologica, secondo le norme dell'autonomia, ma obbligo di
attuare
tutti gli elementi del progetto sperimentale
(nuovi obiettivi di
apprendimento, docente tutor, laboratori, portfolio, team, ecc.), come
si precisa nella circolare di
accompagnamento del decreto (CM
n.101/2002).
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5. La Finanziaria che verra'/1: una cartina di tornasole della riforma
Si avvicina il momento del "redde rationem"
per i programmi di
rinnovamento della scuola annunciati dalla Casa delle liberta'.
Il 30 settembre verra' presentata la legge finanziaria 2003 e da
li'
si capira' subito se il Governo punta realmente sulla scuola o
se i
sogni di gloria sono quanto meno rimandati. Il
perche' e' presto
detto.
La prima bozza del disegno di legge di riforma predisposta nel gennaio
scorso fu pesantemente criticata perche' non prevedeva
impegni di
spesa (se non quelli, sottostimati, legati all'anticipo): come per una
riforma a costo zero. Nel testo definitivo approvato
a marzo dal
consiglio dei ministri, la lacuna fu colmata, prevedendo che
"per la
realizzazione delle finalita' della presente
legge, il Ministro
predispone, entro 90 giorni dall'entrata in
vigore della legge
medesima, un piano programmatico di interventi finanziari"
(art. 1,
comma 3).
Basta scorrere l'elenco degli interventi da finanziare (formazione del
personale, edilizia scolastica, sistema di valutazione, piano
contro
la dispersione, ecc.) per capire che ci vorranno milioni e milioni
di
euro per questa riforma.
Se la riforma sara' approvata verso la fine
dell'anno, il piano
finanziario dovra' essere varato in primavera (entro 90
giorni). Se
non sara' aprile, sara' maggio, ma sempre nel prossimo anno.
I soldi per la riforma (almeno quelli per il 2003)
debbono essere
dunque individuati puntualmente ora, nella Finanziaria
che si sta
approntando e che si annuncia di contenimento della spesa. Se si vuole
investire nel sistema d'istruzione per investire nello
sviluppo del
Paese, questo e' il momento di farlo. Se no, vorrebbe dire
che non
sara' il 2003 l'anno della riforma, e se ne parlera' nel 2004.
A meno che non si pensi di finanziare le costose innovazioni solo
con
drastici risparmi (tagli del personale,
riduzioni di curricolo,
accorpamenti di scuole, etc). Le anticipazioni di
questi giorni,
fondate o meno, se non sono certo una
prova, costituiscono un
(preoccupante) indizio.
6. La Finanziaria che verra'/2: dove reperire risorse per la riforma
La prossima legge finanziaria dira' dunque cosa fare
della riforma
della scuola: finanziare o rinviare (o tagliare).
Se si vorra' finanziare la riforma vi sono due strade
possibili da
seguire: risorse nuove per la scuola (tante) e risparmi di sistema. Su
quest'ultimi - che significano tagli e razionalizzazione delle attuali
spese dell'istruzione - nei mesi scorsi sono corse molte
voci. Le
riassumiamo.
Vi potrebbe essere un intervento - peraltro di difficile realizzazione
- nei confronti dei 18.500 insegnanti che non insegnano
(comandati,
distaccati, soprannumerari, utilizzati su
progetti, sindacalisti,
ecc.): un ritorno a scuola del 40% di
loro equivarrebbe ad un
risparmio annuo di circa 300 milioni di
euro. In proposito il
decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri venerdi'
scorso,
che obbliga i docenti
in soprannumero alla riconversione
professionale, pena il licenziamento, ne e' una prova eloquente.
Le 2000 istituzioni scolastiche con rapporto
alunni/docenti al di
sotto del 9,5 potrebbero essere accorpate ad altre,
risparmiando i
costi dei dirigenti e dei direttori amministrativi: si possono stimare
altri 170 milioni di euro all'anno. Vi potrebbe
essere anche il
contenimento dei posti di sostegno in deroga ritenuti dal
ministero
fuori controllo (v. TuttoscuolaNEWS n. 59 e 60): 15 mila posti pari ad
un risparmio di 400 milioni circa di euro.
Ci sono infine i tagli di organico annunciati
l'anno scorso: gli
ulteriori 27 mila posti previsti dalla Finanziaria 2002 per un
costo
annuo di 800 milioni di euro.
I risparmi di sistema frutterebbero 1,6-1,7 miliardi di
euro. Sono
tanti, dolorosi, ma comunque pochi per la riforma.
7. La Finanziaria che verra'/3: il Tesoro prepara forbici pesanti
Se le possibili stime di risparmio che circolavano al MIUR come voci
in liberta' prima dell'estate erano quelle sopra richiamate,
ve ne
sono altre che circolano ora al dicastero
diretto dal ministro
Tremonti per il varo della Finanziaria 2003.
Ne abbiamo raccolte alcune che potrebbero
anche alla fine non
comparire, rimanendo solamente il risultato di studi e ipotesi, ma val
la pena conoscerle per avere il senso del taglio che potrebbe essere
operato sulla scuola.
Si ipotizza l'innalzamento di un punto della media di
alunni/classe
(attualmente di 20,5 sul totale di tutti i settori passerebbe a
21,5)
che, fermo il numero degli studenti (7.650.000), porterebbe
ad una
riduzione di circa 17.500 classi.
La chiusura di un numero cosi' consistente di classi
determinerebbe
degli effetti a catena: un minor fabbisogno
di insegnanti, di
personale ausiliario e amministrativo, e di aule.
Per quanto riguarda il minor fabbisogno di personale docente si
puo'
stimare, con riguardo a ciascun settore di scuola, che il risparmio di
risorse umane potrebbe essere complessivamente dell'ordine di
40-42
mila unita', compresi gli specialisti di sostegno e
i docenti di
religione, variamente distribuito
nei diversi settori (
http://www.tuttoscuola.com/ts_news_68-1.doc
).
Non vi sarebbero quindi nuove assunzioni in ruolo
(gia' bloccate
quest'estate) perche' scomparirebbero molti
posti vacanti; vi
sarebbero inoltre meno supplenti annuali anche a causa
dell'utilizzo
dei docenti di ruolo in soprannumero. Una doppia brutta notizia per
i
docenti in lista d'attesa, vincitori di concorso, "sissini" o
precari
che siano.
Neanche gli alunni portatori di handicap verrebbero risparmiati,
come
si spiega nella news successiva.
Il personale ausiliario - tra cui quello "acquistato" a
migliaia dai
Comuni - verrebbe inoltre ridotto del 20%.
Una serie di ipotesi che, se confermate, sembrerebbero puntare
quasi
all'autofinanziamento della riforma. Dal ministero
dell'Istruzione
pero' smentiscono con decisione. Il 30 settembre si vedra'.
8. La Finanziaria che verra'/4: meno docenti di sostegno
Tra le ipotesi allo studio per la prossima finanziaria
c'e' dunque
anche la questione dei sostegni agli alunni portatori di handicap.
Vediamo di riepilogare la situazione e di capire gli
effetti della
modifica annunciata da indiscrezioni di stampa
(innalzamento del
rapporto insegnante di sostegno/alunni a 1 ogni 145 alunni).
Attualmente vi sono due norme (art. 40, legge 449/1997) che
regolano
la dotazione di posti di sostegno: la prima
prevede che ad ogni
provincia siano assegnati docenti di sostegno in misura di uno
ogni
138 alunni iscritti alle scuole statali dei vari ordini (e' l'organico
di diritto); l'altra consente una deroga per i casi di handicap
gravi
con nomina di docenti a tempo determinato.
Considerato che tutti gli alunni sono 7.643.000, in base al
rapporto
1:138 i posti dovrebbero essere 55.389, ma di fatto, con
la deroga
sono quest'anno oltre 69 mila (numero in difetto da
confermare). Se
poi si considera che il ministero ha finora autorizzato (e calcolato
nelle spese a bilancio) meno posti d'organico, cioe'
a parte lla
deroga (49.285 contro i dovuti 55.389), lo sbilanciamento per i
posti
in deroga e' di circa 20 mila unita' di docenti di sostegno
(per un
costo di oltre 600 milioni di euro).
Il giro di vite comincerebbe intanto con l'innalzare il rapporto 1
a
138 portandolo a 1 a 145. Cio' significa portare l'organico legale
a
52.715, ma resta sostanzialmente immutato il problema della
deroga,
che "vale" oggi circa 20 mila docenti di sostegno. Da come
verra' ora
gestita la deroga (di sicuro ci sara' un rigido controllo) dipende la
conferma o la drastica riduzione del servizio di sostegno
attualmente
erogato.
9. Letizia sulle orme di Margaret
Ormai i segnali sono molti, e vanno tutti in una
sola direzione:
Letizia Moratti sembra voler dare ragione, coi fatti, a coloro che -
forse un po' prematuramente - ne avevano parlato gia' al momento della
nomina come di una Margaret Thatcher in versione italiana.
L'aspetto
per il quale la similitudine appare azzeccata e' quello del
rapporto
tra risorse e riforme. Si ricordera' che la Thatcher
introdusse in
Gran Bretagna nel 1988 il "National
Curriculum" (un'operazione
paragonabile, per ampiezza, alla riforma Moratti), anche per
ragioni
di contenimento e razionalizzazione della spesa,
fino ad allora
gonfiata dalla miriade di materie (con pochi allievi) nelle quali
si
frammentavano i molto flessibili curricoli locali. Le resistenze
dei
sindacati furono durissime e prolungate, ma alla
fine decine di
migliaia di insegnanti si rassegnarono ad andare in
pensione o a
riconvertirsi.
La stessa sorte sembra ora attendere, in Italia, i maestri che saranno
resi sovrabbondanti dal ritorno al maestro "prevalente" e dall'aumento
del numero di allievi medio per classe, nonche' i
professori che
saranno "risparmiati" a seguito della
riduzione degli orari di
insegnamento in tutti quei corsi che attualmente superano le
30 ore
settimanali. Per non parlare del "rientro" in aula di
"comandati" a
vario titolo.
Il nesso riforme/risorse, come lo fu
per la Thatcher, appare
strettissimo anche nelle piu' recenti mosse della Moratti: le
riforme
si devono fare, ma la spesa va contenuta e riqualificata.
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10. Il crocifisso che divide
Almeno una volta nel corso del suo mandato il
ministro di turno
dell'istruzione deve fare i conti con la questione
del Crocifisso
esposto nelle aule. E' toccato questa volta
al ministro Moratti
ribadire con convinzione la legittimita' di quella presenza nelle aule
delle scuole, impegnandosi a garantirne la
ricollocazione dove la
desuetudine lo ha da tempo fatto sparire. Ne e' scaturito,
come di
consueto, un fuoco di polemiche destinate forse a spegnersi nel giro
di una settimana, ma che questa volta destano preoccupazione
per i
toni aspri e "ideologici" che esse hanno assunto.
La norma in questione e' del 1924, quando il regio
decreto n. 965
dispose all'art. 118 che "ogni istituto ha la bandiera nazionale;
ogni
aula, l'immagine del Crocifisso e il ritratto del Re."
Sulla validita' attuale di quelle norme si e' pronunciato il 27 aprile
1988, con sentenza n. 63, il Consiglio di Stato che ha affermato:
"Le
norme dell'art. 118 r.d. 30 aprile 1924 n. 965 e l'all. C al r.d. 26
aprile 1928 n. 1297 che prevedono l'esposizione del Crocifisso
nelle
aule scolastiche non possono essere
considerate implicitamente
abrogate dalla nuova regolamentazione concordataria
sull'insegnamento
della religione cattolica". Presenza del Crocifisso legale e
dovuta,
dunque.
Ma e' triste che una questione cosi' delicata venga
affrontata in
chiave giuridico-formale, ricorrendo ad una vecchia norma,
anziche'
con quello spirito di dialogo, di tolleranza e di rispetto
per le
diverse individualita' e culture di cui pure il Crocifisso e' simbolo.
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