Sull'origine dell'omosessualità
Molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed
univoca.
Gli studi continuano perché nessuna delle teorie formulate finora ha raggiunto
la dignità della certa dimostrazione scientifica ed i risultati della ricerca
genetica (che intende dimostrare come l'omosessualità sia un carattere
ereditabile) non chiariscono né cosa venga ereditato né come questo possa
influire sull'orientamento sessuale.
Negli anni 60 molte sono state le ricerche sull’origine genetica, biologica e
ormonale dell'omosessualità, ma non hanno portato a risultati convincenti.
L’Omosessualità è una condizione di anormalità (rispetto alla definizione dei
sessi) e quindi di malattia genetica (mutazione nei geni nel DNA per mezzo di
malattie degli avi e/o vaccinazioni) od acquisita per i vari condizionamenti da
parte della famiglia, amicizie, gruppo, societa' - o per devianza.
Una delle caratteristiche denunciate e verificate nel mondo omosessuale e' che
la figura del padre nella famiglia dell'omosessuale, e' facilmente assente o
troppo presente come dittatore !, inoltre vi sono studi scientifici abbastanza
importanti, che dimostrano come in tutto il regno animale nasce una maggiore
percentuale di esseri omosessuali, quando ad esempio, in uno stesso luogo vi è
un sovraffollamento di animali della stessa specie, vi sono condizioni di
violenze sessuali, e/o ambientali disagiate con alimentazione non adatte e nel
caso dell'uomo anche le vaccinazioni, fra i plurivaccinati, figli di vaccinati
vi e' un forte aumento di omosessualità; anche il caso di ragazzini/e e
ragazzi/e che sono impediti al facile contatto con l'altro sesso, ma favoriti a
quelli dello stesso sesso, l'omosessualita' aumenta in modo vertiginoso.
Sull’uomo e lo abbiamo abbiamo gia’ affermato, anche le vaccinazioni producono
mutazioni genetiche che portano anche e non solo, facilmente all’omosessualità,
per il fatto che essendo praticate quando il soggetto e' ancora in fasce e/o
piccolo, con le tossine introdotte con quelle infauste profilassi insanitarie -
vedi Danni dei Vaccini - il cervello viene facilmente investito (specie il
liquor) da sovra eccitazioni e/o leggere infiammazioni - senza divenire
meningiti - di conseguenza vi sono alterazioni neuronali (quando addirittura,
con i vaccini, non vi sono lesioni neuroniche e/o aggressioni alla mielina),
alterazioni che comunque impediscono a certe parti di esso di funzionare
normalmente, rendendo instabile il carattere e quindi impedendo il normale
sviluppo della personalita' del bambino/a anche verso la sua giusta sessualita'.
Ciò significa che, solo in condizioni, di sovrappopolazione, disagiate e/o di
alterazione alimentare e le vaccinazioni, vi è un maggior aumento di nascite di
omosessuali; queste sono comunque condizioni innaturali, non normali, ma sono la
base di questo aumento anomalo di omosessualita' alla quale oggi assistiamo
sempre di piu'.
Ciò significa anche che le condizioni “normali e naturali” sono solo quelle
nelle quali non vi sono le condizioni sopra indicate e quindi non vi è un
aumento di omosessualità, quindi ciò significa che trattasi di anormalità, o
come è meglio precisare, di stati patologici (sociali e/o individuali), cioè
malattia, che può divenire genetica quando quelle condizioni si insediano per
più di due generazioni in uno stesso luogo e/o famiglia.
Un altro esempio chiarificatore, di ciò che può avvenire, è quello del carcere:
i maschi quando vengono rinchiusi in carcere e non vedono una femmina per anni,
siccome le esigenze sessuali rimangono, trovano comunque il loro sfogo avendo
rapporti con altri maschi. Non è possibile affermare che quelle condizioni sono
“normali”, anzi sono completamente anormali, derivanti dalla condizione di non
poter avere a disposizione le femmine.
Il fatto che una certa situazione si sviluppi grazie a certe anomale condizioni
NON implica che essa possa divenire la normalità; l' omosessualità è quindi da
considerarsi sempre e comunque una “devianza” (parola che non intende essere
denigratoria), anche se essa proviene, in certi casi, da una mutazione genetica
acquisita (cioe’ si nasce omosessuali).
Gli omosessuali hanno in genere gravi problematiche Spirituali/emotive proprie -
Conflitti Spirituali – cioe’ malattie psichiche - per riuscire ad accettare e/o
a far accettare ai famigliari e/o gruppo, societa’, la loro devianza dalla
naturalità, che essi stanno vivendo; di conseguenza ecco perché vi sono in
genere, grandi problemi in loro stessi ed anche fra le coppie omosessuali (che
in genere, salvo rari casi, sono instabili molto piu’ che quelle eterosesuali) e
queste inoltre sono mancanti di una fondamentale parte della famiglia, non hanno
i due sessi co-presenti ed essi NON possono avere figli nell’ambito di quel tipo
di coppia, in quanto sono simili (OMO) e non “diversi” come alle volte si sente
chiamare gli omosessuali; i veri "diversi” sono solo il maschio e la femmina e
non i simili.
Cio’ dimostra anche che le coppie Omosessuali, NON formano una famiglia, ma SOLO
una coppia (unione civile), anche se legati da forme di vero Amore.
Negli USA vi e’ un medico psicologo, che cura gli omosessuali che desiderano
uscire dalla loro problematica, con terapie psicologiche di supporto (senza
costrizioni, ne’ farmaci (ed alcuni riescono a guarire. Questo a riprova del
fatto che l’omosessualita’ e’ comunque una malattia attitudinale acquisita
dall’infanzia e/o genetica, dalla quale, in certi casi, si puo’ uscire, se lo si
vuole e non ci si siede nella propria malattia.
Occorre comunque ricordare che gli Omosessuali (maschi) hanno delle
caratteristiche caratteriali particolari: avendo una spiccata accentuazione
della loro parte femminile, rispetto a quella maschile, essi sono molto
sensibili, creativi, e quindi possono anch'essi essere di aiuto al proprio
prossimo ed alla nostra societa' “maschilista” che di sensibilità femminile ne
ha persa e tanta, per il fatto che il lato maschile si e' impadronito del potere
da millenni ed ha estromesso il lato femminile dalla nostra societa' e che
quindi di fatto e' solo maschilista, per il lungo periodo dominato dai maschi,
cioe' maschi con pochissima sensibilita', caratteristica del lato femminile
dell'Umanita', infatti in questa societa' non c'e' "Umanità" !
E’ evidente che anche un’omosessuale può figliare, se accoglie od immette seme
nella vagina dell’’altro sesso; ma nell’ambito della coppia formata da individui
dello stesso sesso, la natura rende impossibile la procreazione; l’unica via
potrebbe essere quella della adozione di figli di estranei oppure di figli fatti
da quella coppia con individui di sesso opposto e successivamente adottati
nell’ambito della coppia omosessuale formata e gestita.
Ricordiamo che comunque per poter far crescere dei figli con il massimo
equilibrio psichico, occorre che la famiglia sia impostata con maschio + femmina
e che in questa regni l’amore ed il rispetto.
Comunque indipendentemente a queste considerazioni sulla malattia dell'omosessualita',
occorre ASSOLUTAMENTE non discriminarli, ma accettarli ed aiutarli nei loro
malesseri e lo Stato DEVE riconoscere il loro "stato" permettendo ad essi di
poter formare coppie alle quali debbono essere GARANTITI tutti i Diritti ed i
Doveri di una normale coppia eterosessuale.
Occorre ottenere e mantenere per questi omosex il riconoscimento della loro
dignità anche se omosessuali.
Essi debbono poter convivere senza nessuna discriminazione, adottare dei
bambini, perche' e' molto meglio che i bambini senza genitori, che oggi vivono
negli orfanatrofi senza il calore di qualcuno che li ami, quindi senza amore,
possano comunque riceverlo anche se da coppie di omosessuali (coppie di maschi
e/o di femmine)
E' sempre meglio che vivere in un collegio senza il calore di persone che gli
vogliono bene !
Ma in quel caso occorre fare molta attenzione perche' in certi casi, vi sono
soggetti omosex ma pedofili, che potrebbero approfittare dei piccoli a loro
affidati e quindi i bambini ne soffrirebbero e non poco.
Comunque, le coppie di omosessuali devono anche ricevere le stesse
considerazioni e protezioni da parte della legge come le "coppie di fatto"
composte da maschio e femmina.
Ma queste coppie non possono essere considerate una "famiglia", in quanto per
definizione convenzionale la famiglia e' solo formata da coppie di maschi e
femmine, che possono procreare fra di loro, cioe' possono avere dei loro figli;
quindi queste coppie DEBBONO essere chiamate con un'altro nome, es. PACS.
I neofreudiani ridefiniscono l'omosessualità come malattia
Per gli psicoanalisti di quegli anni, limitarsi a definire gli omosessuali come
"cocchi di mamma" non era comunque sufficiente. Per dare valore scientifico a
una teoria è necessario un linguaggio tecnico e i neofreudiani, come del resto
Freud, scelsero il linguaggio della medicina e della malattia. Come ho
ricordato, lo stesso Freud non riteneva che l'omosessualità rappresentasse una
malattia ed era scettico sulla possibilità di mutare l'orientamento sessuale di
pazienti adulti. I neofreudiani, però, modificarono la loro posizione e
definirono <
La psicoanalisi si occupa delle cause o dei significati?
Con l'avvicinarsi del nuovo millennio, gli psicoanalisti sono sempre più
interessati a chiarire la natura della ricerca cui si rivolgono. La psicoanalisi
è una scienza o una disciplina ermeneutica? Tratta di fatti reali recuperabili o
riguarda la comprensione o l'interpretazione dei significati? Spence (1982), tra
gli altri, ha ipotizzato che il lavoro congiunto degli psicoanalisti e dei loro
pazienti crei racconti assimilabili a costruzioni narrative, piuttosto che a
ricostruzioni di dati reali. In altre parole, l'analista e il suo paziente
elaborano una storia che possiede un significato per loro due, più che scoprire
una storia oggettiva tramite il ricordo di eventi reali. Gli analisti,
influenzati dalle loro stesse teorie e convinzioni personali, sono in grado di
condizionare l'espressione di tali racconti attraverso domande mirate e
sottolineando determinate risposte del paziente. I pazienti, a loro volta, sono
esperti nell'apprendere la teoria clinica, gli atteggiamenti e il linguaggio dei
loro terapeuti. L'analisi "riuscita" è quella che, grazie a questa azione
congiunta, porta a un racconto condiviso che risulta convincente sia per il
paziente sia per il terapeuta. La storia degli atteggiamenti della psicoanalisi
nei confronti dei pazienti omosessuali sembra avallare questa visione. Più che
ricercare le "cause" dell'omosessualità, le due parti coinvolte nella seduta
psicoanalitica instaurano un dialogo che riguarda i significati che entrambi
attribuiscono all'attrazione e ai comportamenti relativi alle relazioni tra
persone dello stesso sesso. Le teorie psicoanalitiche di Bieber e Socarides sono
state le più seguite dagli anni '40 agli anni '60, periodo in cui la cultura
americana disapprovava con forza l'omosessualità. In quegli anni, il punto di
partenza di un trattamento era costituito dalla condivisione, tra terapeuta e
paziente, della convinzione che l'omosessualità rappresentasse un problema da
superare, e l'attenzione di entrambi si concentrava sulla ricerca dei motivi che
avevano provocato la deviazione del comportamento del paziente rispetto a un
normale atteggiamento eterosessuale. Quando l'atteggiamento culturale nei
confronti dell'(omo)sessua-lità diventò più tollerante, verso la fine degli anni
'60, anche l'atteggiamento degli psicoanalisti cambiò.
Se la ricerca scientifica non è ancora riuscita a scoprire le cause
dell'omosessualità, né dell'eterosessualità, è possibile che ci riescano "due
persone che parlano in una stanza"? Più che considerare l'analisi come una
ricerca delle cause dell'omosessualità, gli psicoanalisti contemporanei si
occupano della "teoria dell'omosessualità" del paziente (o del terapeuta) come
di una storia del significato dell'omosessualità composta da una visione
personale e da un condizionamento culturale. (Domenici and Lesser, 1995; Magee
and Miller, 1997; Drescher, 1998). Un paziente, quando riferisce al proprio
analista di ritenere che l'omosessualità sia una malattia che deve essere
trasformata in eterosessualità, compie un'azione di adeguamento a un preciso
contesto sociale. Una simile convinzione è il prodotto di un condizionamento
culturale che interagisce con il profilo psicologico e individuale del singolo
paziente. Il paziente convinto che l'omosessualità sia una malattia comunica al
proprio analista ciò che egli stesso (il paziente) pensa di sé, e cioè che è
"cattivo" e allo stesso tempo chiede al proprio analista, mettendolo nel ruolo
di guaritore, di renderlo "buono". In quella che assomiglia sempre più a una
"psicoanalisi postmoderna", i significati delle convinzioni personali sono
trattati come le comunicazioni significative del trattamento. Non è più
possibile sostenere che le cause risiedano necessariamente nei significati,
almeno non nell'accezione dell'isteria formulata per la prima volta da Freud. Ne
consegue che l'obiettivo centrale del trattamento, per gli psicoanalisti
contemporanei, si è allontanato dal motivo favorito di Freud della detective
story. Il trattamento non implica necessariamente una risposta alla ricerca
delle cause che hanno spinto il paziente a comportarsi in un determinato modo.
Piuttosto, può essere considerato una forma di espressione e di critica
letteraria in cui le fonti personali, familiari e culturali delle argomentazioni
e delle teorie del paziente su se stesso/a vengono decostruite e quindi
riconsegnate al paziente perché le analizzi. Quest'approccio narrativo al
trattamento psicoanalitico sposta inevitabilmente l'attenzione lontano dalla
discussione sulle teorie eziologiche. I racconti, in fondo, devono essere
convincenti, ma non necessariamente "basati su prove". La consapevolezza di
questo limite psicoanalitico solleva un'interessante domanda: "che cosa c'è di
terapeutico nel saper fare un buon racconto"? Forse, nel prossimo millennio, gli
psicoanalisti giungeranno a qualche conclusione in questo senso.
Sull'origine dell'omosessualità
Molte sono le teorie, ma non si è giunti ad una conclusione certa ed univoca.
Negli anni 60 la ricerca del gene dell'omosessualità, della sua determinazione
genetica hanno avuto molto vigore, ma non hanno portato a risultati che
avvalorassero l'ipotesi. Sono stati chiamati in causa anche fattori biologici,
soprattutto ormonali. Molto attiva è stata la ricerca sul livello di androgeni,
in particolare del testosterone. Anche in questo caso non si è approdati a
risultati convincenti.
Ricche di evidenze, anche se non del tutto esaustive, sono le ricerche del
background familiare e psicologico associato a questo orientamento sessuale.
Nelle famiglie, già nel 1962, Bieber aveva descritto il "Classical triangular
pattern" per lo sviluppo dell'omosessualità maschile. Il quadro era composto da
una madre iperprotettiva e dominante e da un padre debole od ostile, oppure
molto distante fisicamente o psicologicamente dalle questioni di casa. Il figlio
è invece un soggetto che predilige giochi tranquilli, non incline agli sport e
all'attività fisica e molto legato alla madre, con invece relazioni disturbate
con fratelli e sorelle.
Anche nello sviluppo dell'omosessualità femminile la famiglia è stata
considerata come fattore predisponente. E' di tipo conflittuale, ancora con
madri dominanti e padri in grado di giocare solo ruoli subalterni e secondari.
Al contrario dei maschi, il loro comportamento da bambine è stato descritto come
di "maschiacci".
In linea generale, tuttavia, va rilevato che se il comportamento sessuale è
molto più determinato dalle esperienze e dall'apprendimento che da questioni
biologiche, occorre forse rifarsi a un modello di multideterminazione. In esso,
si può vedere come l'identità sessuale discenda da questioni biologiche, dalla
percezione dell'immagine di sé, dall'organizzazione del rapporto con il proprio
sé psichico e corporeo, da vicende familiare e da modelli educativi ancora
familiari, ma anche sociali. Senza dimenticare tutto il bagaglio di esperienze
che viene accumulato nello scorrere dell'esistenza, soprattutto nel corso del
suoi anni "formativi".
Urss e omosessualità
Le politiche del periodo sovietico e le politiche sovietiche verso gli
omosessuali possono essere divise in cinque periodi chiave:
Prof. Igor Kon
traduzione a cura di Giovanni Dall'Orto
La posizione ufficiale della medicina e della legge sovietiche negli anni Venti,
come riflessi dall'articolo d'enciclopedia di Sereisky, era che l'omosessualità
era una malattia che era difficile, se non impossibile, curare. Perciò,
"riconoscendo la scorrettezza dello sviluppo omosessuale... la nostra società
combina misure profilattiche e terapeutiche a tutte le condizioni necessarie per
rendere il conflitto che colpisce gli omosessuali quanto meno doloroso
possibile, e per risolvere la loro tipica alienazione all'interno della
collettività”. (Sereisky, 1930, p. 593).
Anche se, durante gli anni Venti, alcuni intellettuali omosessuali svolsero
ancora ruoli importanti nella cultura sovietica, sparì l'opportunità di una
discussione sul tema aperta, filosofica ed artistica, quale quella iniziata
all'inizio del secolo.
Col decreto del 17 dicembre 1933 e con la legge del 7 marzo 1934,
l'omosessualità divenne di nuovo un reato penale.
I motivi esatti di questo cambiamento brusco sono ancora sconosciuti, ma esso
faceva chiaramente parte del "Termidoro [il periodo del "Terrore" della
Rivoluzione francese, NdR] sessuale" e di una tendenza repressiva generale.
Articoli di criminalizzazione furono inseriti nei codici di tutte le repubbliche
sovietiche.
Secondo l'articolo 121 del Codice penale della Repubblica Sovietica Russa,
l'omosessualità (muzhelozhstvo) era punibile con la privazione della libertà per
un periodo fino a 5 anni e, secondo l'articolo 121.2, nel caso di uso o minaccia
d'uso di violenza fisica, o di sfruttamento della posizione dipendente della
vittima, o di rapporti con minorenni, fino a 8 anni.
Nel gennaio del 1936 Nikolai Krylenko, Commissario del popolo per la giustizia,
annunciò che l'omosessualità è il prodotto della decadenza delle classi
sfruttatrici, che non hanno niente da fare, ma che in una società democratica,
fondata su sani principi, per tali persone non c'era posto (Kozlovsky, 1986).
L'omosessualità fu così legata alla controrivoluzione. In seguito, i giuristi e
i medici sovietici descrissero l'omosessualità come una manifestazione “della
decadenza morale della borghesia”, reiterando parola per parola gli argomenti
dei fascisti tedeschi.
Tipico di questa posizione fu un articolo anonimo sull'"omosessualismo" apparso
nella Grande Enciclopedia Sovietica del 1952. I riferimenti a possibili cause
biologiche dell'omosessualità, che fino ad ora erano stati usati per scopi
umanitari come ragione per decriminalizzare l'omosessualità, ora venivano
rifiutati:
"L'origine dell'omosessualismo è collegata alle circostanze sociali quotidiane;
per la stragrande maggioranza della gente che si dedica all'omosessualismo, tali
perversioni si arrestano non appena la persona si trovi in un ambiente sociale
favorevole.... Nella società sovietica con i suoi costumi sani, l'omosessualismo
è visto come una perversione sessuale ed è considerato vergognoso e criminale.
La legislazione penale sovietica considera l'omosessualismo punibile con
l'eccezione di quei casi in cui lo stesso sia manifestazione di profondo
disordine psichico". (Gomoseksualizm, 1952, p. 35)
Il numero esatto di persone incriminate in base all'articolo 121 è sconosciuto
(le prime informazioni ufficiali sono state prodotte soltanto nel 1988), ma si
crede che possa trattarsi di circa mille all'anno. Dalla fine degli anni
Ottanta, secondo i dati ufficiali, il numero di uomini condannati in base
all'articolo 121 era stato in costante diminuzione. Nel 1987 furono condannati
831 uomini (questo dato si riferisce all'intera Unione Sovietica); nel 1989, 539
persone, nel 1990, 497, nel 1991, 462, nel primo semestre del 1992, 227, tutti
meno dieci condannati in base all'articolo 121.2 (le cifre si riferiscono alla
sola Russia) (Gessen, 1994).
Secondo avvocati russi, la maggior parte delle condanne è in effetti avvenuta in
base all'articolo 121.2, l'80 per cento dei casi vedendo il coinvolgimento di
minori fino a 18 anni (Ignatov, 1974).
In un'analisi di 130 condanne in base all'articolo 121, fra il 1985 e il 1992, è
stato trovato che 74 per cento degli accusati sono stati condannati in base
all'articolo 121.2, dei quali il 20 per cento per stupro con uso della forza
fisica, l' 8 per cento con uso di minacce, 52 per cento per contatti sessuali
con i minori e il 2 e il 18 per cento, rispettivamente, per sfruttamento dello
status dipendente o vulnerabile delle vittime (Dyachenko, 1995).
Queste statistiche dovrebbero comunque essere prese in considerazione con un
certo scetticismo, ricordando che molte di questi e di altri capi d'accusa
possono essere stati montate o falsificati e che molte confessioni sono state
forzate con le percosse alle persone accusate e ai testimoni.
L'articolo 121 non prendeva di mira solo gli omosessuali. Le autorità lo hanno
sfruttato frequentemente per trattare con i dissidenti e per accrescere le
sentenze al campo di lavoro. A volte il KGB è stato chiaramente coinvolto
nell'incriminazione, come, per esempio, nel caso del noto Lev Klein, archeologo
di Leningrado: il suo processo fu orchestrato dall'inizio alla fine dal KGB
locale in flagrante violazione di tutte le norme procedurali. (Samoilov, 1993).
Di solito, lo scopo di tali azioni fu di spaventare l'intellighenzia.
L'applicazione della legge fu selettiva. Se le figure culturali di spicco
avevano cura di non offendere le autorità, godevano di una sorta d'immunità e
veniva chiuso un occhio sulle loro tendenze omosessuali, ma non potevano
comunque accedere a cariche dell'alto ingranaggio ma bastava solo che
ostacolassero un personaggio influente perché la legge facesse sentire
pienamente il suo peso. Questo fu il copione che distrusse la vita del famoso
regista armeno Sergei Paradzhanov.
Ancora alla fine degli anni 80, il direttore del teatro Yuny Zritel di
Leningrado, Zinovy Korogodsky, comparve davanti ad una tribunale, fu licenziato
dal suo lavoro e privato di tutti i suoi titoli onorari. Gli esempi di questo
genere sono molti.
La campagna antiomosessuale introdotta all'inizio degli anni 30 fu di breve
durata. Entro la metà del decennio, sulla questione era disceso un assoluto
silenzio. L'omosessualità era diventata innominabile nel senso letterale del
termine. La congiura del silenzio arrivò a comprendere temi accademici come il
culto fallico, e la pederastia dell'antica Grecia.
Questo silenzio tenebroso ha intensificato ulteriormente la tragedia degli
omosessuali sovietici, che non soltanto temevano l'incriminazione e i ricatti,
ma non poterono nemmeno sviluppare autocoscienza e autoidentità adeguate.
Oltre alle incriminazioni, una discriminazione di tutti i tipi, illegale,
diffusa e senza limiti, prese edi mira non solo gli omosessuali, ma anche le
lesbiche.
I rapporti lesbici non rientravano in nessun caso di alcun codice penale, e i
legami stretti fra donne sono stati meno visibili e meno soggetti ad attacchi.
L'opinione pubblica è stata, verso le lesbiche, altrettanto inflessibile che
verso gli uomini gay. Le lesbiche venivano ridicolizzate, incriminate,
licenziate, espulse dalle università e minacciate di essere private della
custodia dei figli. (...)
La psichiatria punitiva sovietica fu una delle armi principali della repressione
sia legale che illegale. Psichiatri ignoranti di sessuologia erano sempre pronti
a trovare qualche grave che permettesse di sottoporre a vita le persone così
stigmatizzate ad osservazione medica e poliziesca, o rinchiuse in un ospedale
psichiatrico in condizioni spesso molto peggiori della prigione.
Perfino dopo l'emergere, alla fine degli anni 70, di una "patologia sessuale"
(il termine russo per definire la sessuologia clinica, che suggeriva che tutti i
termini sessuali siano patologici) più tollerante e meglio informata, la
medicina ha offerto ben poco aiuto. In tutti i libri sovietici di "patologia
sessuale", l'omosessualità era descritta come una "perversione sessuale"
perniciosa, una malattia da curare. (Vasilchenko, 1977, 1983).
All'inizio degli anni 80 fu lanciata nelle edizioni divulgative una campagna
anti-omosessuale.
Nel primo, e all'epoca unico in tutta la nazione, manuale per insegnanti
sull'educazione sessuale (di cui fu stampato e immediatamente esaurito un
milione di copie) l'omosessualità fu definita una come patologia pericolosa e
"una violazione dei principi normali dei rapporti sessuali.... L'omosessualità
sfida sia le relazioni eterosessuali normali sia le realizzazioni morali e
culturali della società. Quindi merita la condanna sia come fenomeno sociale che
come un comportamento specifico personale sia come atteggiamento mentale"
(Khripkova & Kolesov, 1982, pp. 96-100).
Così, gli insegnanti, come la polizia ed i medici, furono messi in guardia
contro l'omosessualità.
Ancora oggi, con rare eccezioni, gli psichiatri e i sessuologi clinici russi,
anche coloro che hanno sostenuto la decriminalizzazione dell'omosessualità, la
considerano una malattia e riproducono nei loro scritti le molte assurdità e gli
stereotipi prevalenti nell'opinione pubblica.
Il più recente manuale medico sulla sessuologia clinica, pubblicato nel 1990,
definisce l'omosessualità una "tendenza patologica".
Esso afferma che, oltre a cause biologiche, "un forte fattore patogenetico che
contribuisce alla formazione dell'attrazione omosessuale può essere
l'inculcamento dai genitori e dagli insegnanti di un atteggiamento ostile nei
confronti del sesso opposto" (Vasilchenko, 1990, p. 429-430).
In una tesi di laurea in psichiatria del 1994, preparata sotto la visione del
professor A. Tkachenko, il comportamento omosessuale non solo è descritto come
"anomalo", ma la maggior parte dei 117 uomini gay studiati dall'autore ricevono
diagnosi quali "infantilismo psichico, psicofisico e disarmonico...", "...segni
di difetti organici del sistema nervoso centrale," e "sopravvalutazione della
sfera sessuale" (Vvedensky, 1994, p. 8).
In Cina,
dove l'omosessualità era considerata una malattia mentale fino a cinque anni fa,
è stata aperta la prima clinica per omosessuali, dove è possibile fare degli
esami per AIDS e altre malattie sessualmente trasmesse. Chi vuole fare un check
up deve rivolgersi alla Beijing clinic, che ha anche un sito Internet, nel quale
si può riempire un modulo che permette di avere una consulenza gratuita.
Durante il periodo di Mao, gli omosessuali furono perseguiti duramente e perfino
condannati a morte. Ora la Cina sta diventando più tollerante, ma gli
omosessuali rimagono sotto pressione all'interno dei clan familiari più
tradizionali.
Il punto di vista cattolico
Domande e risposte sul problema dell’omosessualità
I. Elementi per una definizione
1. Che cos’è l’omosessualità?
Con il termine "omosessualità" s’indica la condizione di una persona, maschio o
femmina, che prova attrazione sessuale per persone del suo stesso sesso.
L’omosessualità femminile viene indicata anche con i termini "lesbismo" o
"saffismo", con riferimento agli amori omosessuali attribuiti alla poetessa
Saffo, vissuta nell’isola greca di Lesbo fra i secoli VII e VI a.C.
2. Che cosa non è l’omosessualità?
L’omosessualità non è dovuta a insufficienze ormonali o ad altri fattori
patologici organici, né va confusa con l’"ermafroditismo" vero — coesistenza dei
due sessi nella stessa persona — o con lo "pseudo-ermafroditismo", connotato
dalla malformazione dei soli organi genitali esterni, che presentano alcuni
caratteri dei due sessi.
Diverso dall’omosessualità è anche il "transessualismo", atteggiamento psichico
di non accettazione o, addirittura, di odio verso i caratteri sessuali del
proprio corpo.
3. Qual è l’incidenza dell’omosessualità?
L’entomologo e zoologo statunitense Alfred Charles Kinsey (1894-1956) — studioso
dei comportamenti sessuali umani, la cui agenda segreta si proponeva di
trasformare la società in senso omosessuale, anch’egli omosessuale e favorevole
alle relazioni intime fra adulti e bambini — sostiene la tesi secondo cui il 10%
dell’umanità sarebbe omosessuale o bisessuale, cioè sarebbe nella condizione di
chi prova attrazione sessuale per entrambi i sessi (1). Questa tesi, accettata
per lungo tempo in modo acritico, è stata ormai confutata sia da una serie di
studi internazionali sia, soprattutto, da censimenti effettuati negli Stati
Uniti d’America e in Gran Bretagna (2). Al massimo, si può sostenere che hanno
tendenze omosessuali di qualche tipo solo il 2% degli uomini e l’1% delle donne
(3).
II. Fra natura e vizio
4. Il comportamento omosessuale è un comportamento biologico innato?
L’esistenza d’individui con tendenze bisessuali e l’esistenza di persone che
hanno mutato la loro inclinazione omosessuale indica che il comportamento
omosessuale non è un comportamento biologico innato.
Inoltre, contro l’ipotesi dell’omosessualità come condizione biologica, è
interessante lo studio realizzato sul comportamento sessuale dei gemelli
omozigoti, cioè con tutti i caratteri ereditari uguali e con la stessa struttura
biologica. Tale studio, fatto per dimostrare questa incidenza genetica, ha
evidenziato che, fra i gemelli omozigoti, vi è una concordanza del 52% nei rari
casi in cui un gemello ha scelto un comportamento di tipo omosessuale. Tuttavia
il dato più importante emerso da questi studi è che il 48% dei gemelli
omozigoti, pur essendo stati allevati insieme, mostra orientamenti sessuali
opposti anche in quei casi rari. Perché circa la metà dei gemelli omozigoti
presenta una discordanza per quanto riguarda l’orientamento sessuale? Il dato
sottolinea l’insufficienza e i limiti delle teorie biologiche sull’omosessualità
(4).
5. L’omosessualità è un vizio o una malattia della psiche?
Il vizio è l’abitudine di comportarsi in modo disordinato e tale abitudine è la
conseguenza di una prolungata ripetizione di atti disordinati. Esiste spesso un
rapporto d’interdipendenza fra vizio e malattia. Si pensi al caso
dell’alcolismo. Alcune persone possono giungere all’alcolismo per libera scelta,
ma poi si crea uno stato di dipendenza psicologica, si hanno alterazioni
ingravescenti della personalità e nascono anche patologie di tipo organico
dovute all’abuso dell’alcol: dipendenza biologica, turbe neurologiche, turbe
dell’apparato digerente e di quello cardio-vascolare. Quindi molte scelte,
libere all’inizio, alla fine rendono schiavi.
Invece molte scelte apparentemente libere non lo sono totalmente, ma fortemente
condizionate da situazioni di "disordine" familiare e sociale, dalle quali la
persona è contagiata o che subisce senza sua colpa. Tali situazioni di disordine
nascono dall’accumulazione e dalla concentrazione degli effetti prodotti dal
cattivo uso della libertà da parte di tante persone, che interagiscono
negativamente con la libertà del singolo e che riducono notevolmente la sua
consapevolezza e la sua responsabilità spingendolo su strade sbagliate.
Infatti alcune persone giungono — per esempio — all’alcolismo in conseguenza di
ferite della psiche; in certi casi abusano dell’alcol nel tentativo illusorio di
vincere il senso di solitudine e d’isolamento, ma finiscono, senza volerlo, per
dare maggiore consistenza ai propri problemi e per aggiungere, alle vecchie
sofferenze della psiche, le nuove, che nascono dalla dipendenza e dalle
patologie determinate dall’abuso dell’alcol.
Dunque il vizio può portare alla malattia e la malattia al vizio: spesso essi si
fondono e si confondono fino a costituire un "circolo vizioso", una spirale
senz’apparente via d’uscita, in cui le diverse componenti si alimentano
reciprocamente.
Ricerche scientifiche dimostrano che esiste negli omosessuali:
a. un complesso d’inferiorità nei confronti del proprio sesso (5);
b. una mancata identificazione con il modello del genitore del medesimo sesso.
L’identificazione non avviene perché il genitore è "inadeguato", oppure perché
il soggetto — bambino o bambina —, per aspetti caratteriologici suoi,
indipendenti dal comportamento del genitore, non trova in lui quanto va cercando
(6);
c. un attaccamento infantile non consapevole al genitore complementare (7);
d. un precoce condizionamento dovuto ad atti sbagliati e ripetuti a un punto
tale da trasformarsi in abitudini (8).
6. L’omosessualità è un comportamento "naturale" perché si verifica anche fra
gli animali?
Un errore, nel quale s’incorre spesso, sta nel ritenere di poter confrontare il
comportamento umano con quello puramente animale, come se si trattasse di realtà
omogenee.
Per esempio, se fra gli animali si verificano atti d’inaudita ferocia, come
l’uccisione dei propri piccoli, degl’individui più deboli o del partner dopo
l’accoppiamento, ciò non significa che gli uomini debbano regolare la propria
vita con le stesse modalità degli esseri viventi non dotati di autocoscienza e
di ragione. Le leggi con cui vanno regolati i comportamenti umani sono di natura
diversa e vanno cercate là dove Dio le ha scritte, cioè nella natura umana.
Gli atti di tipo omosessuale che, in casi particolari, possono verificarsi fra
gli animali sono ancora di difficile interpretazione e gli studi in materia sono
soltanto agl’inizi.
Nelle specie che hanno uno scarso dimorfismo sessuale — cioè all’interno delle
quali esistono sì due tipi differenti per morfologia, fisiologia o
comportamento, ma questa differenza è ridotta — esiste l’incapacità di
riconoscere il sesso del partner e questo induce ad approcci e a corteggiamenti
di tipo omosessuale e porta i maschi a montare altri individui dello stesso
sesso con manifeste intenzioni copulatorie (9).
In molti uccelli e pesci, specie che non hanno grandi differenze fra i due
sessi, l’essere dominante — dice il medico austriaco Konrad Zacharias Lorenz
(1903-1989), fondatore dell’etologia, la disciplina biologica che studia le
abitudini e i costumi degli animali e l’adattamento delle piante all’ambiente —
reprime, fino al limite della soppressione, la sessualità femminile e l’essere
dominato reprime la sessualità maschile: non bisogna dimenticare che per gli
animali l’essenza della femminilità consiste nell’essere sottomesso, cioè "messo
sotto" in senso propriamente fisico (10).
Molti pesci — per esempio i labridi della specie Thalassoma bifasciatum —
iniziano la vita come femmine e costituiscono banchi di sole femmine, guidati da
un maschio. Se il maschio viene tolto dal gruppo, la femmina più robusta cambia
colore e si trasforma in un maschio, che domina il gruppo ed è capace di
fecondare. Fra i pesci pagliaccio — Amphiprion — una coppia dominante inibisce
la crescita degli altri membri. Se viene tolta la femmina, il maschio suo
compagno si trasforma in femmina e dal gruppo d’individui indifferenziati un
pesce si sviluppa in maschio (11).
Fra i piccioni possono formarsi coppie di tipo omosessuale: il piccione
dominante impersona la parte maschile e quello dominato la parte femminile (12).
Anche fra le oche i sessi non presentano grandi differenze esterne; così si può
dare un legame fra due maschi che si comportano come una coppia, ma con una
particolarità: a ogni primavera essi provano ad accoppiarsi, ma entrambi
rifiutano di essere montati. Una femmina può inserirsi fra loro e accoppiarsi
con uno o con entrambi: la coppia di maschi, che può avere una femmina in
comune, sarà superiore in combattimento alle coppie normali perché il potenziale
di combattimento di due maschi è superiore a quello di una coppia (13).
7. Qual è il significato degli atti di tipo omosessuale che si verificano nei
mammiferi?
L’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt spiega che nei mammiferi, animali
che presentano un elevato grado di specializzazione e di dimorfismo sessuale,
l’atto di montare un individuo dello stesso sesso ha il significato di una
minaccia d’aggressione o vuol essere un’affermazione di superiorità di rango.
Fra i macachi, per esempio, tale azione ha anche il significato di accettazione
di un ordine all’interno del gruppo, che serve a rafforzarne i vincoli. Il
macaco superiore di rango è in genere il primo a montare, ma spesso anche
gl’individui di rango inferiore lo montano a loro volta: lo zoologo statunitense
Carl Buckingham Koford (1915-1979) paragona queste manifestazioni al saluto
militare (14).
La zoologa Isabella Lattes Coifmann spiega che, quando due babbuini maschi
s’incontrano, si salutano voltando il posteriore al compagno: si tratta di
un’offerta sessuale di tipo femminile con funzione di acquietare l’altro,
d’ingraziarselo e di assicurarsi la sua protezione in caso di necessità (15).
La stessa zoologa riferisce che i bonobo — detti anche scimpanzé nani —
praticano accoppiamenti normali, incestuosi e omosessuali in tutte le
circostanze della vita. Queste manifestazioni sono continue, ma rappresentano
una strategia per bloccare l’aggressività altrui, per allentare le tensioni che
si producono nel gruppo e per mantenere la coesione: infatti, i maschi giungono
all’eiaculazione solo se hanno per partner una femmina sessualmente matura (16).
Il comportamento sessuale animale è determinato anche dalle fasi
dell’imprinting, cioè della formazione comportamentale, e le esperienze
dell’imprinting possono essere "errate": per esempio, alcuni uccelli, allevati
fin da piccoli da esseri umani, tentano l’accoppiamento con essi anche a
dispetto d’intervenute convivenze con congeneri (17).
Inoltre, non bisogna dimenticare che certi meccanismi comportamentali animali
non sono sempre finalizzati alla sopravvivenza dell’individuo o della specie, ma
possono manifestare patologie e devianze da eccesso o da carenza di funzione, le
quali portano anche a squilibri distruttivi (18).
8. Una lettura teologica delle analogie e delle differenze fra l’uomo e
l’animale relativamente a comportamenti devianti.
San Tommaso d’Aquino (1225 ca.-1274) spiega che il male non ha una propria
esistenza, ma è soltanto la privazione di un bene, che si può presentare in due
forme: come mancanza di qualche cosa oppure come mancato raggiungimento di un
fine.
Le creature inferiori e corruttibili come gli animali sono soggette alla lotta
fra loro e alla morte, e questo rientra nell’ordine universale delle cose, come
una parte in ordine al tutto.
L’ordine dell’universo comporta che alcuni esseri possano essere colpiti da
qualche male, ma da questi mali procedono, per la provvidenza divina, altri
beni, finendo per contribuire all’armonia dell’insieme: la disuguaglianza, che
conferisce all’universo maggiore ricchezza di contenuto, implica che vi siano
anche esseri corruttibili come gli animali (19).
Il mondo corporeo ha in sé un’armonia: dal punto di vista della natura
"universale" certi fenomeni sono naturali — come uccidere un animale per
procurarsi il cibo —, ma nello stesso tempo si oppongono a una natura
"particolare": nessun corpo, infatti, tende naturalmente alla propria
distruzione ma, al contrario, vi si oppone attivamente.
Certe devianze, poi, da cui sono colpiti gli animali all’interno della loro
natura particolare — che vanno distinte dai comportamenti propri delle varie
specie, finalizzati alla loro sopravvivenza —, non farebbero parte dell’ordine
della creazione, cioè dei "progetti" del Creatore, ma sarebbero il risultato,
come insegna la Rivelazione, di una misteriosa, ma non per questo meno reale,
ferita originale che ha sconvolto non solo l’uomo ma tutta la natura intesa in
senso biologico e materiale (20).
L’uomo, però, è sostanzialmente diverso dall’animale perché, a differenza di
esso, è capace di conoscere con la ragione le finalità della natura e può
guidare l’istinto con la volontà; solo lui è in grado di capire ciò che è male e
può intervenire per cercare di rimediare alla privazione di un bene. Solo
nell’uomo si manifesta la consapevolezza e l’angoscia per la malattia e per la
morte, solo in lui vi è l’esigenza di una felicità perfetta, che rivela la sua
insopprimibile tendenza verso l’assoluto e la sua nostalgia per il paradiso
perduto.
III. Condizione umana e omosessualità: il problema della felicità
9. L’omosessuale è felice?
L’attrazione omosessuale è "narcisistica", nel senso che è basata sul tentativo
illusorio e momentaneo di compensare le proprie carenze affettive, il proprio
senso d’inferiorità e d’insicurezza, di affermare sé stessi, di sentirsi più
completi, di colmare le carenze nella propria identità, cercando di appropriarsi
delle qualità dell’altro individuo dello stesso sesso, continuamente ricercato
come un mistero da comprendere e da assorbire.
Nell’omosessuale il bisogno sessuale si fa più intenso in presenza di delusioni,
di solitudine e in ogni situazione vissuta con un senso di debolezza interiore,
ma il comportamento omosessuale è una falsa soluzione che, invece di sanare la
ferita originaria, finisce per rafforzare un’immagine di sé negativa e
incompleta.
Vi sono psicoterapeuti secondo i quali anche molti eterosessuali possono avere
fantasie omosessuali nei momenti in cui sono sopraffatti dalle loro
responsabilità o sentono di aver perso il controllo della situazione (21).
Gli atti omosessuali possono rappresentare un’occasione di piacere sensibile,
momentaneo e disordinato, ma non risolvono i problemi più profondi della persona
e impediscono la sua vera realizzazione, cioè impediscono la felicità (22).
10. Che cos’è la felicità?
"Felice" deriva da "fertile". E una pianta per essere fertile, per dare frutto,
presuppone il compimento di un itinerario, lo svolgimento di un processo: la
semina, la coltivazione, lo sviluppo, la potatura e la raccolta. Per un uomo
essere fertile significa vivere in armonia con le leggi fondamentali della
realtà e con la propria natura, cioè in armonia con tutte le componenti della
propria personalità. Questo presuppone un cammino perfettibile e mai perfetto,
attraverso il quale l’uomo cerca di conoscere sempre meglio la verità e di
metterla in pratica. Presuppone un itinerario attraverso il quale la persona
cerca di riportare a unità e a disporre secondo un ordinamento gerarchico le
potenze dell’anima, entrate in conflitto a causa del peccato originale. In ogni
uomo vi è il bisogno d’integrare e di coordinare le passioni con la volontà, la
volontà con la ragione e la ragione con la verità. E da questo processo, che
intende ordinare tutte le potenze dell’anima fra di loro e nei confronti della
verità, nasce propriamente la condizione chiamata "felicità".
San Tommaso d’Aquino spiega che la felicità consiste primariamente nell’attività
intellettuale, propria dell’essere umano, e risulta soprattutto dalla
contemplazione della verità; secondariamente che la felicità ha carattere
affettivo, perché, rendendo l’uomo felice in quanto gli è essenziale, tutto
l’uomo diventa felice in ogni sua dimensione e attività (23).
La "felicità-fertilità" è dunque uno stato, una condizione incipiente e
perfettibile, fondata su un processo che si concluderà in Paradiso, con uno
stato di felicità perfetta.
Dal canto suo, il piacere è propriamente la quiete che si ha nel raggiungere e
nel possedere l’obiettivo del proprio desiderio, mentre il desiderio è il
movimento verso un obiettivo. I piaceri sono buoni solo quando sono il risultato
e la conseguenza della realizzazione di obiettivi giusti e adeguati. Il piacere
e il desiderio sono fattori da ordinare e da vivere all’interno del processo che
intende integrare e coordinare gerarchicamente le potenze dell’anima fra loro e
nei confronti della verità.
11. Che cos’è il piacere disordinato?
Il piacere disordinato è il piacere momentaneo di una facoltà che entra in
conflitto con le altre componenti della personalità, con i bisogni di natura
spirituale che, nell’uomo, si trovano sempre mescolati con forme inferiori e
biologiche di bisogni ed entra in conflitto con le leggi fondamentali della
natura, che l’uomo è in grado di conoscere mediante la ragione.
Vi è sempre la possibilità, per ciascuno, di usufruire di un piacere momentaneo
e disordinato, che contrasta con quanto è giusto, ma che, prima o poi, danneggia
e impedisce la realizzazione e la felicità.
Secondo Giuseppe Cesari, ordinario di Psicologia Clinica all’università di San
Diego in California, negli Stati Uniti d’America, l’aspetto specifico della
natura umana è il bisogno di significato, e così egli introduce in psicologia il
concetto di fecondità analogo a quello di felicità: "felice" è il termine
corradicale di "fecondo". Sempre secondo Cesari, per esempio, nel campo sessuale
la genitalità risulta pienamente soddisfacente solo se è vissuta all’interno di
un’autentica relazione d’amore perché, altrimenti, rimane inappagato il bisogno
fondamentale, vero basic need, "bisogno di base", consistente nell’essere in una
vera relazione con l’altro. Cesari, che si serve anche di analisi e di concetti
ricavati dall’opera del medico austriaco Sigmund Freud (1856-1939), fondatore
della psicoanalisi, afferma che l’affetto omosessuale non è vero amore, ma una
forma di regressione al narcisismo primario pre-edipico: "omofilia" vuol dire
essenzialmente "egofilia" (24).
L’omosessuale, sia maschio sia femmina, ha patito qualche mancanza nella
relazione con il genitore dello stesso sesso; ha un bisogno morboso di
attenzione e di affetto da parte delle persone dello stesso sesso rispetto alle
quali si è costruito un complesso d’inferiorità riguardante la propria identità
sessuale; ha mantenuto un attaccamento infantile verso il genitore
complementare, attaccamento quasi sempre abilmente e inconsciamente mascherato.
Quindi gli atti omosessuali non sono manifestazioni di un amore autentico, ma
manifestazioni di una strategia sbagliata e nevrotica, con cui la persona
omosessuale cerca di difendersi da problemi più o meno inconsci, che non è
riuscito a risolvere: incompletezza, solitudine, inferiorità e infantilismo
(25).
Gli atti omosessuali possono portare un sollievo momentaneo alla persona ma, a
lungo andare, non risolvono mai i suoi problemi più profondi. Gli atti sessuali
vengono ridotti a una prestazione, fruiti con modalità simili a quelle ossessive
e con comportamenti sostanzialmente masturbatori; manca una vera relazione
interpersonale e, pertanto, il breve piacere legato all’ordine fisico non è in
grado di coinvolgere e di appagare la persona nella sua totalità.
12. Perché molti psicologi contemporanei non considerano più l’omosessualità
come un comportamento sessualmente disordinato?
In campo psicologico, molti considerano l’omosessualità come un disordine
soltanto quando non è voluta dalla persona, cioè quando è ego-distonic: questo
è, per esempio, l’approccio del Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders (26), voluto dal consiglio direttivo dell’APA, l’Associazione
Psichiatrica Americana, anche quando un sondaggio indipendente, realizzato fra
gli psichiatri statunitensi — mentre il Manual era in preparazione —, mostrava
che la maggioranza di essi considerava l’omosessualità come un disordine del
comportamento sessuale (27).
La posizione accolta dal Manual non è di carattere scientifico, ma espressione
del relativismo nel campo della psicologia, dal momento che, nella sua
prospettiva, ogni considerazione sull’omosessualità — e non solo — dev’essere
non di tipo oggettivo, ma di tipo soggettivo. Se il soggetto, cioè, si sente
gratificato dagli atti omosessuali esso è da considerarsi normale: è come dire
che, se il tossicodipendente, l’alcolizzato, lo zoofilo, il voyeur, il sadico,
il masochista si sentono gratificati dalle loro azioni disordinate, sono da
considerarsi normali e vanno incoraggiati a proseguire nella loro scelta di
vita. Nel 1994 il consiglio direttivo dell’APA ha tolto dal settore delle
patologie del Manual anche la pedofilia, e con le stesse motivazioni: la
pedofilia sarebbe un disordine soltanto se il pedofilo soffre per la sua
pedofilia (28).
13. Perché vi sono omosessuali che desiderano rimanere nella loro condizione?
Anche molti tossicodipendenti e alcolizzati desiderano rimanere nella loro
condizione. Infatti, ogni abitudine sbagliata crea uno stato di schiavitù.
Già il filosofo e sociologo tedesco Herbert Marcuse (1898-1979), rilevava che lo
schiavo, nella misura in cui è stato condizionato a essere tale, desidera
rimanere nella sua condizione, ma si tratta di un’alienazione e lo schiavo, al
pari di ogni persona condizionata, dev’essere aiutato per poter ricuperare la
libertà (29).
Nel caso degli omosessuali, la mancata soluzione delle difficoltà psicologiche
iniziali, le abitudini sbagliate, i condizionamenti psichici, fisici e
comportamentali, l’ideologizzazione della deviazione consolidano il
comportamento sessuale disordinato rendendone sempre più arduo e difficile il
cambiamento.
Fra l’uomo e le passioni disordinate, fra l’uomo e le cattive abitudini si può
creare un rapporto e si può attivare un meccanismo analogo a quello che
s’instaura nel caso delle tossicodipendenze. Ogni abitudine sbagliata, anche se
impedisce la felicità dell’individuo, ne determina uno stato di schiavitù, un
circolo vizioso fatto di delusioni e di ricerca ossessiva di piaceri momentanei
e disordinati, ottenuti aumentando la "dose" o attraverso la ricerca di nuovi
oggetti di "perversione". Rollo May (1909-1994), padre della psicologia
esistenzialista statunitense, spiega che ogni atteggiamento sbagliato porta con
sé la sua sofferenza e la sua delusione ma, quando s’instaura una forma di
dipendenza, la persona non riesce più a utilizzare la sofferenza e la delusione
in modo costruttivo, e cioè mettendole in relazione con l’atteggiamento
sbagliato ma, a causa dell’abitudine e dell’illusione, finisce per trasformarle
negli elementi di un circolo vizioso (30).
Quando l’oggetto del proprio desiderio è inadeguato — in quanto non naturale e
non conforme alla giustizia —, il possesso è imperfetto rispetto alle
aspettative per colpa dell’inadeguatezza della cosa posseduta nei confronti
delle esigenze più profonde della persona. Il piacere momentaneo viene frustrato
perché l’uomo si sente insoddisfatto e diviso, contemporaneamente schiavo del
male fatto e deluso dal piacere ottenuto; il movimento del desiderio non cessa,
ma diventa ossessivo e non si ha il vero piacere, che è la quiete di tutte le
facoltà dell’uomo nel bene amato.
Dal movimento ossessivo del desiderio nasce il "culto" della novità e del
cambiamento perché quando la realtà, con il suo ordine e le sue finalità, viene
sostituita e deformata dall’immaginazione, l’intelligenza, privata dell’oggetto
suo proprio, non è mai sazia del nutrimento inconsistente che le viene offerto e
ne reclama subito un altro perché, quando ci s’indirizza verso un falso
obiettivo, si può continuare a sognare, ma quando ci si ferma per possederlo
esso delude le aspettative. Nel caso della genitalità, per esempio, quando il
sesso viene privato del suo ordine e della sua finalità, quando viene separato
dall’amore autentico e dalla tenerezza, gli atti sessuali — disordinati —
producono assuefazione, ma non attenuano il bisogno sessuale il quale, a ogni
ripetizione, viene esaltato. L’innalzamento della soglia del desiderio richiede
l’aumento continuo dello stimolo sessuale, la ricerca della novità e del
cambiamento, la ricerca di nuove perversioni per ottenere lo stesso effetto.
Una conferma emblematica si può trovare nell’opera dello psicoterapeuta
statunitense Jack Morin che, nella ricerca di nuove perversioni da giustificare
e da propagandare, introduce alla pratica del fisting. Per chi è ormai abituato
all’uso sessuale contro natura dell’ano e del retto, ora sta diventando oggetto
d’interesse particolare il colon. Infatti, la pratica del fisting consiste
nell’introdurre gradualmente — l’autore parla di molte ore di pratica — la mano
intera e lo stesso avambraccio attraverso l’ano per raggiungere il colon. Morin,
che segue i meccanismi di un desiderio ormai separato dalla ragione e dalla
realtà, afferma che chi mette in atto questa forma di perversione, resta
affascinato dalla sensazione data dall’esplorazione all’interno del corpo del
partner e afferma che alcuni descrivono questa esperienza come una forma di
meditazione (31).
IV. Omosessualità, alienazione e natura
14. La condizione omosessuale è una situazione di alienazione?
Molte deviazioni nascono dal conflitto fra il pensiero e la realtà: l’essere
umano va aiutato ad avere un giusto rapporto fra il pensiero e la realtà, perché
la liberazione da ogni disordine mentale ha luogo nella misura in cui la persona
non si pone più in contrasto con l’ordine fondamentale delle cose, giunge ad
accettare il mondo reale e le sue leggi e diventa capace di soddisfare le
proprie esigenze all’interno della medesima realtà.
La tendenza omosessuale è una tendenza ad agire in modo disordinato rispetto
alle finalità del proprio corpo: si tratta di un disordine evidente fra il
pensiero e la realtà. Chi ha un comportamento di tipo omosessuale è una persona
alienata dalla propria natura e dalla propria identità.
Per la loro intima struttura gli organi genitali servono a unire l’individuo
maschile con l’individuo femminile e questa unione li rende atti alla
generazione di nuove vite, perché è finalizzata all’incontro dello spermatozoo
con l’ovulo.
Secondo leggi inscritte nella natura stessa, l’atto sessuale presenta sempre due
significati fra loro connessi: il significato unitivo e quello procreativo.
Anche se nella donna esistono naturali periodi d’infecondità, la "disposizione"
procreativa resta intatta e presente nella sua natura. Questo rende lecito, e in
alcuni casi doveroso per i coniugi, quando le circostanze lo richiedono — salute
fisica e psicologica, condizioni socio-economiche ed educative —, l’uso della
sessualità senza scopi procreativi.
Per le leggi inscritte nella natura l’atto omosessuale sarà sempre e soltanto
una simulazione del rapporto sessuale naturale fra l’uomo e la donna, un
comportamento disordinato rispetto ai progetti e alle finalità del Creatore.
15. Perché l’uomo deve rispettare le leggi della natura?
La natura è tutto quanto esiste, la cui esistenza non dipende dalla volontà
degli uomini, e la sua essenza — che solo l’intelletto può penetrare, anche se
mai in modo esaustivo e completo — consiste nelle idee direttrici, nelle
finalità e nei progetti del Creatore.
Nella natura non vi è solo il dato materiale, ma in essa si nasconde anche
l’idea direttrice, la ragione ultima e profonda delle cose, della loro
"costruzione". I sensi hanno il compito di registrare come si presentano le
cose, ma l’intelletto ha la capacità di cercare e di comprendere il progetto che
ha creato e ha dato forma alla materia informe.
La natura è come l’opera di un artista: anche quando l’opera è stata
danneggiata, l’intelletto può rintracciare, conoscendo l’autore, la ragion
d’essere dell’opera e può intuirne le caratteristiche perdute o perturbate. È
quanto fa il medico quando distingue fra fisiologia e patologia e quanto fa
l’etologo quando distingue fra comportamento proprio di una specie, finalizzato
alla sua sopravvivenza, e comportamento deviante.
Se è vero che l’uomo è un essere capace di dominare la natura, è pur vero che la
natura si lascia dominare solo conoscendone le leggi e applicandole. Per
esempio, l’uomo può volare solo se conosce le leggi del volo e le rispetta,
altrimenti è destinato a un insuccesso violento; chi va contro la natura trova
la natura contro di sé. I sensi possono registrare le cose così come si
presentano, ma solo l’intelletto può estrarre queste leggi, che altrimenti
resterebbero invisibili e nascoste.
Il dominio dell’uomo sulla natura non è assoluto ma relativo, cioè non può
andare oltre il limite costituito dalle finalità stesse dell’ordine naturale:
gli equilibri ecologici, per esempio, rappresentano uno di questi limiti.
V. Fra morale e terapia
16. Che differenza vi è fra tendenza omosessuale e atto omosessuale?
Un uomo può sentire in sé la tendenza alla disonestà e all’omicidio, ma non per
questo è costretto a rubare o a uccidere.
La persona con tendenze omosessuali rimane sempre una persona e, pur essendo
condizionata da un punto di vista emotivo, ha in sé la libertà della volontà,
che gli consente di resistere all’inclinazione disordinata e di essere padrona
dei propri atti.
La tendenza omosessuale è espressione di un disordine emotivo e tradurre la
tendenza in atto omosessuale significa aggravare questa situazione di disordine
(32).
17. Si può guarire dalla tendenza omosessuale?
Dalla letteratura scientifica si ricava che circa un terzo dei pazienti
omosessuali, che si sottopongono a un’idonea terapia riparativa, guarisce; un
altro terzo cambia progressivamente, nel senso che questi soggetti possono
ancora avere, nel corso della vita, sporadiche fantasie omosessuali, ma
l’attrazione per l’altro sesso prevale e il modo di relazionarsi con gli
individui dello stesso sesso è corretto (33).
L’ultimo terzo non cambia perché è costituito da persone forzate a sottoporsi
alla terapia o non sufficientemente motivate (34). Fra i fattori che influenzano
positivamente la prognosi sono fondamentali motivazione al cambiamento, fede
religiosa vissuta in modo positivo, forti legami familiari, valori di base
tradizionali, pazienza con sé stessi e accettazione della natura continuativa
della lotta, chiarezza mentale sulle differenze fra quanto è femminile e quanto
è maschile (35). Esperti nella cura dell’omosessualità dimostrano che i
complessi omosessuali possono essere curati se la persona con tendenze
omosessuali vuole sottoporsi a opportune terapie psicologiche (36). Ma,
soprattutto, i complessi omosessuali possono essere prevenuti durante l’infanzia
con una giusta educazione.
Lo psicologo olandese Gerard J. M. van den Aardweg, uno dei massimi studiosi
della terapia dell’omosessualità, afferma che un’educazione dei giovani mirante
ad annullare le specificità maschili e femminili e la mancanza, in famiglia, dei
ruoli materno e paterno può aver effetti disastrosi sulla psiche infantile,
provocando l’insorgere dei complessi nevrotici omosessuali (37).
Tuttavia terapie psicologiche idonee e prolungate possono guarire le
inclinazioni emotive disordinate, che inducono a un comportamento sessuale
deviato. Infatti, una rilevante scoperta scientifica per certo è quella del
cosiddetto "encefalo plastico": nel cervello umano vi sono aree che rispondono
unicamente al codice genetico, ma vi sono "zone plastiche", che possono
modificarsi.
Le aree che vengono modificate dalle abitudini, dall’apprendimento, sono quelle
frontali e le zone anteriori dell’area temporo-parietale.
Se oggi Freud chiedesse qual è la sede dell’inconscio, potremmo rispondere che
si trova nei lobi frontali collegati con il sistema limbico. Essi sono la sede
della cognitività e dell’apprendimento, come pure della creatività e dei sogni.
Ma i lobi frontali sono modificabili dall’esperienza, così come può subire
l’influenza dell’ambiente e modificarsi anche il sistema limbico — cioè gran
parte di quello che, un tempo, veniva indicato come "rinencefalo" —, il
complesso di strutture encefaliche che occupano la parte mediale e ventrale
degli emisferi, del quale l’ipotalamo è uno degli elementi centrali e che è
implicato nel comportamento sessuale e in varie emozioni. Ogni esperienza nuova,
a lungo ripetuta, ogni attività cognitiva e ogni apprendimento svolge una vera e
propria azione biochimica sull’encefalo plastico e modifica le strutture
biologiche cerebrali (38).
18. Perché sono frequenti i casi di omosessualità fra gli adolescenti?
L’uomo è un essere eterosessuale, ma non bisogna mai dimenticare che tutto
quanto si deve sviluppare e formare è sempre soggetto al rischio di deformazioni
e di alterazioni.
Ogni sviluppo armonico non è automatico, ma sottoposto a innumerevoli tensioni e
aggressioni che, se non sono adeguatamente controbilanciate, corrette,
indirizzate e combattute, possono dar luogo a deformazioni. Questo vale sia per
la psiche sia per il corpo.
Si consideri, per esempio, il caso della colonna vertebrale, che, durante lo
sviluppo, può deformarsi dando origine alla condizione patologica della
scoliosi.
L’adolescenza è una fase delicata dello sviluppo della persona, che deve
raggiungere l’indipendenza su tutti i piani; soprattutto deve realizzare il
distacco psicologico dai propri genitori, deve liquidare l’egocentrismo
infantile, deve cominciare ad agire autonomamente sul mondo circostante e a
scegliere la parte che deve svolgervi. La crisi d’identità nell’adolescente
riguarda non solo i ruoli all’interno della società, ma anche il ruolo legato al
sesso.
L’adolescente deve accettare coscientemente la sessualità e deve imparare ad
acquisire progressivamente un controllo sul proprio istinto sessuale — ancora
rivolto soprattutto al proprio corpo e alla propria persona — per indirizzarlo
verso la persona di sesso complementare e per unirlo alla tenerezza e
all’affetto.
Ugualmente, deve imparare a controllare sempre meglio il proprio istinto di
aggressività, che non è fondamentale solo per difendersi, ma anche per
"aggredire", nel senso più vasto, un compito o un problema. Deve imparare ad
adattarlo alle circostanze, deve metterlo al servizio della giustizia e dei
diritti degli altri, deve orientarlo verso la realizzazione di un progetto.
Tutti sanno, per esempio, quanto siano impazienti i giovani e come sia
difficile, per loro, rimandare a più tardi un obiettivo, anche quando lo esige
la situazione.
Durante lo sviluppo verso la maturità biologica e psicologica l’adolescente può
avere sensazioni erotiche indefinite, che possono essere associate
nell’immaginazione con molteplici oggetti e situazioni, anche i più stravaganti.
In questo stadio, che alcuni definiscono "multisessuale" (39), può esistere
anche una tendenza omosessuale transitoria, da non confondersi con
l’omosessualità, e questa tendenza può portare alcuni adolescenti ad avere
esperienze sessuali con giovani del proprio sesso: si tratta di situazioni in
cui il partner può funzionare come sostituto di quello eterosessuale o può
essere usato come uno specchio per avere conferma di sé stesso e per superare la
paura dell’altro sesso.
Spesso, in questo periodo, la scelta dell’amico segue un modello narcisistico
con una idealizzazione dell’altro, il quale avrebbe le qualità che si vorrebbero
avere personalmente e che quindi si possiedono per procura.
L’attività omosessuale transitoria può essere usata come prova generale e come
preparazione della normale attività sessuale: una sorta di gioco che anticipa la
realtà. Ma in certi casi, in presenza di una particolare situazione psicologica,
per esempio un’accentuata insicurezza o una mancata identificazione con il
modello del genitore dello stesso sesso, vi è il pericolo che l’adolescente
resti legato a questo tipo di soddisfacimento sessuale.
Il periodo dell’adolescenza, appunto perché delicato e difficile, richiede la
presenza di educatori capaci di tranquillizzare l’adolescente e, nello stesso
tempo, in grado di fornire spiegazioni adeguate e d’indicare gli obiettivi
giusti verso cui deve imparare a orientarsi.
Le cattive compagnie e la mancanza di educatori possono indirizzare
l’adolescente verso la fissazione di comportamenti e d’idee sbagliate, che
possono generare, successivamente, le premesse per un comportamento di tipo
omosessuale o per comportamenti condizionati da altre perversioni (40).
19. È possibile cambiar sesso?
La volontà di cambiare le caratteristiche sessuali del proprio corpo nasce da un
grave disturbo dell’identità sessuale, indicato con il nome di "transessualità".
Gl’interventi chirurgici, a cui i soggetti si sottopongono, non portano a un
vero cambiamento di sesso, ma conferiscono solo l’apparenza del sesso
desiderato.
Gl’individui vengono castrati e mutilati dei loro organi genitali normali e gli
organi finti "costruiti" sono privi della capacità di procreare, incapaci di dar
loro il piacere sessuale e gli stessi rapporti sessuali sono spesso dolorosi o
impossibili.
VI. Implicazioni sociali
20. Quale atteggiamento deve avere la società verso gli omosessuali?
La società deve avere rispetto, compassione e delicatezza verso le persone con
tendenza omosessuale. Ma l’abitudine omosessuale non deve essere né tutelata né
equiparata al comportamento sessuale naturale, che porta a costituire una
famiglia e ad adottare figli. Quindi la società deve fornire ogni sostegno per
aiutare le persone omosessuali che vogliono compiere un cammino di liberazione
dal vizio.
Il cammino di liberazione dal vizio trova conferma in fenomeni sociali come la
crescita del movimento internazionale "ex gay": si tratta di veri movimenti di
base, come Courage (41) ed Exodus International (42), dove omosessuali ed ex
omosessuali si aiutano per promuovere un cambiamento di vita in modo da
liberarsi dal vizio dell’omosessualità.
I comportamenti sessuali disordinati possono e devono essere tollerati se
attuati in privato — purché non costituiscano forme di violenza sulle persone —,
ma è giusta la pubblica apologia del vizio, qualsiasi esso sia?
Oggi vengono organizzate, incoraggiate e promosse pubbliche manifestazioni di
omosessuali favorevoli al comportamento omosessuale.
Sarebbe giusta, per esempio, la pubblica apologia dell’alcolismo, della
zoofilia, dello "sballo" del sabato sera? La pubblica apologia del vizio lede la
libertà dei più "piccoli" e dei più "deboli", in special modo quella degli
adolescenti, che attraversano una fase delicata di sviluppo relativa a tutti gli
aspetti della personalità, con crisi d’identità, compresa quella sessuale.
La pubblica apologia del vizio ha un effetto contagioso e dannoso su quanti
hanno ferite psicologiche, che possono predisporre al comportamento disordinato;
ha un effetto negativo su chi cerca di guarire dal vizio e non aiuta a motivare
quanti del vizio sono divenuti schiavi.
Sul problema dell’omosessualità viene esercitata da più parti una notevole
pressione ideologica, favorevole ai comportamenti omosessuali, che finisce per
confondere la capacità di giudizio.
Non va dimenticato che una menzogna, se continuamente ripetuta, finisce per
venire confusa con la verità e diventa un’idea-forza che "imbottisce" le menti
(43).
21. Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali è una discriminazione?
Non riconoscere legalmente l’unione fra omosessuali non è una discriminazione.
Un comportamento disordinato e sbagliato non può avere l’approvazione e l’aiuto
della legge. Il malato che vuole guarire dev’essere aiutato a curarsi, ma la
malattia non può essere aiutata.
La persona malata possiede gli stessi diritti di ogni altra persona, compreso il
diritto di esser curata; la malattia, invece, non ha diritti.
Se ogni comportamento disordinato dovesse avere l’approvazione e l’aiuto della
legge, come impedire, per esempio, il "matrimonio" fra uomini e animali nei casi
di grave disordine del comportamento, per cui l’uomo ha rapporti sessuali con
gli animali, perversione indicata con il termine di "zoofilia" o di
"bestialità"?
Questa possibilità non è lontana dalla realtà, sia considerando l’esistenza di
queste forme di deviazione, sia considerando il fatto che alcuni gruppi di
animalisti sostengono la necessità dell’uguaglianza giuridica fra l’uomo e
l’animale.
Nelle sale cinematografiche, per esempio, nella seconda metà degli anni 1980 è
stato messo in circolazione un film che narra, in maniera del tutto seria, la
storia di una donna che abbandona il marito perché innamorata di uno scimpanzé
(44).
Ogni disordine morale, quando è accettato e tutelato, non solo tende a
perpetuare e a diffondere sé stesso, ma apre la porta ad altri comportamenti
distorti e irrazionali (45).
Per poter arrivare al "matrimonio" omosessuale, i movimenti gay cercano
d’introdurre nella legislazione un primo ponte verso tale "matrimonio" e cioè i
cosiddetti PACS, "patti civili di solidarietà", ma nel caso la solidarietà ha
una chiara funzione strumentale destinata a equiparare la coppia gay alla
famiglia. Se, per esempio, voglio che il mio convivente diventi comproprietario
della mia casa, cosa c’entra lo Stato? Si tratta di azioni che riguardano la
contrattualità civile. Il PACS invece implica l’intervento dello Stato che
estende benefici sociali e fiscali, di cui godono le coppie sposate, ai
conviventi omosessuali. Questa è un’evidente contraddizione: il PACS non è
civile ma statale.
Una considerazione anche per quanto riguarda i conviventi eterosessuali: come
non è giusto concedere a nessuno di fare l’imprenditore se non rispetta le
regole che lo Stato ha previsto a tutela degl’interessi di quanti sono coinvolti
nel lavoro dell’impresa, così non è conveniente estendere i benefici del
matrimonio a chi non intende o non può assumere tutte le responsabilità del
matrimonio stesso.
22. I bambini adottati da una coppia omosessuale possono essere educati in modo
naturale?
Anzitutto occorre aprire una breve parentesi sul problema delle cosiddette
coppie omosessuali. Il censimento della popolazione americana del 1990 rivela
che tali coppie omosessuali — 88.200 coppie di uomini omosessuali e 69.200 di
donne — costituiscono meno di 1/20 delle coppie di fatto eterosessuali, pari a
3,1 milioni, e meno dello 0,0016% dei matrimoni (46).
Questi soggetti non vanno considerati e trattati diversamente dai pazienti che
soffrono di anoressia nervosa, di nevrosi ossessiva o di una qualsiasi forma di
dipendenza. Hanno diritto alla compassione e a essere incoraggiati a lottare
contro le loro tendenze disordinate. Inoltre l’instabilità e la promiscuità sono
la caratteristica delle coppie omosessuali: il 28% dei maschi omosessuali aveva
avuto più di 1000 partner, il 10% delle femmine omosessuali aveva avuto 24
partner e la metà degli omosessuali parlava d’infedeltà solo oltre i 20 partner
(47).
La percentuale dei suicidi di gay e di lesbiche è superiore alla media ed essi
risultano causati soprattutto da frustrazioni nella vita di coppia (48).
I bambini adottati da coppie omosessuali sono privi dell’esempio di relazioni
normali uomo-donna e mancano di un’importante premessa per lo sviluppo di legami
eterosessuali. I primi dati del 1996 sono allarmanti e le statistiche,
effettuate su campioni della popolazione urbana degli Stati Uniti d’America,
dicono che più della metà di quanti dichiarano di essere stati educati da un
genitore omosessuale, sono omosessuali pure loro (49).
Non va, poi, sottovalutato il fatto che i figli adottati da omosessuali
potrebbero subire attenzioni di tipo sessuale da parte dei loro genitori
adottivi, perché le statistiche dicono che il 23% dei maschi omosessuali e il 6%
delle lesbiche avevano avuto qualche contatto sessuale con minorenni; e questo
secondo il Gay Report del 1979, che sicuramente non nutre prevenzioni contro gli
omosessuali, e secondo altre fonti (50). Inoltre l’internazionale gay non può
negare gli stretti rapporti con le associazioni dei pedofili, dal momento che
l’associazione americana di pedofili NAMBLA, North American Man-Boy Lovers
Association, fa parte della ILGA, International Lesbian and Gay Association, e
nei Paesi Bassi le associazioni omosessuali COC hanno voluto e ottenuto, nel
1990, la depenalizzazione dei rapporti sessuali con minorenni al di sopra dei 12
anni (51).
Nel 1993 l’ILGA è stata riconosciuta come organo consultivo dall’ECSOC, Economic
and Social Council, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: l’emancipazione
dell’omosessualità e della stessa pedofilia, dunque, sembra avere notevoli
gruppi di pressione alle proprie spalle (52).
Per esempio, la rete d’associazioni che si occupa di pianificazione familiare
IPPF, International Planned Parenthood Federation, nel 1969, nella presentazione
di un piano strategico all’organizzazione non governativa Population Council,
che pure si occupa di pianificazione della popolazione, raccomandava
d’incoraggiare la diffusione dell’omosessualità (53). Queste organizzazioni
agiscono a livello di base, ma sono molto influenti anche a livello di quanti
hanno potere decisionale e operano per divulgare tutti i metodi disponibili che
permettono d’impedire la trasmissione della vita umana (54). Fa parte di questa
strategia contraria alla procreazione anche l’introduzione di "nuovi diritti",
fra cui il diritto all’aborto e il riconoscimento delle unioni omosessuali (55).
Il SIECUS, Sex Information and Educational Council of the U.S., la
holding-servizio informazioni di Planned Parenthood, si è impegnato già negli
anni 1970 a proporre come naturali sia i contatti sessuali fra bambini, sia la
"sessualità intergenerazionale" (56).
Tornando alla domanda iniziale, una coppia omosessuale prevedibilmente educherà
— anche con il comportamento palesemente omosessuale — il bambino adottato a
considerare normali gli atteggiamenti e lo stile di vita omosessuali
impedendogli, in questo modo, di poter realizzare i naturali processi
d’identificazione psicologica riguardanti la differenza sessuale e la
complementarietà fra i sessi, e questo non potrà che determinare, nel bambino
stesso, le premesse del comportamento omosessuale (57).
23. Gli omosessuali sono soggetti a contrarre l’AIDS?
L’AIDS, la Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, è una malattia infettiva che
si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali: la promiscuità sessuale
— rapporti con più partner — favorisce la diffusione della malattia (58).
Luc Montagnier, lo scienziato che ha scoperto e studiato il virus che provoca
l’AIDS, afferma che i rapporti omosessuali sono più efficaci per la trasmissione
del virus: infatti i rapporti ano-genitali costituiscono il fattore di rischio
più importante (59).
Il genetista francese Jérôme Lejeune (1926-1994) — scopritore della trisomia 21,
il difetto cromosomico responsabile della sindrome di Down — spiega che la
mucosa intestinale non ha difese contro i virus trasmessi tramite rapporti
sessuali. Se un uomo non usa adeguatamente il proprio corpo, la natura punisce
il trasgressore (60).
L’uomo è costruito in un certo modo, come un’automobile — per usare una metafora
di tipo meccanico —, e, se non segue le regole fissate dal costruttore, si
producono guasti.
L’uso del preservativo riduce il rischio di contrarre la malattia, ma non lo
elimina.
Alcuni ricercatori inglesi hanno reso noti i risultati di una loro indagine
condotta sull’uso del preservativo fra gli omosessuali (61). Anzitutto il
preservativo risulta inefficace nel 7% dei casi, anche quando è stato escluso un
suo uso non appropriato. Inoltre, il 30% degli omosessuali ha constatato la
rottura del preservativo nel corso del rapporto: questo vuol dire che il 30%
degli omosessuali, che utilizza il preservativo, è esposto alla possibilità del
contagio (62).
24. I bambini che hanno un insegnante "dichiaratamente" omosessuale possono
essere educati in modo naturale?
Se essere omosessuale "dichiarato" significa fare pubblica ostentazione e
pubblica apologia dell’omosessualità, se significa fare dell’omosessualità una
proposta educativa e presentarla come un bene, in questo caso il diritto del
minore — a essere educato secondo i valori dei genitori — e il diritto dei
genitori — a orientare il figlio verso i propri valori educativi — vengono prima
del diritto della persona a manifestare pubblicamente le proprie scelte
sessuali.
I genitori devono essere liberi di poter scegliere i valori educativi che
vogliono trasmettere ai propri figli. Se la "tolleranza" è il rispetto di tutte
le diversità, bisogna rispettare anche il diritto dei genitori che vogliono per
i propri figli un’educazione sessuale rispettosa dell’ordine e delle finalità
della natura e conforme ai propri modelli familiari.
Se la scuola pubblica, in una situazione di diffuso relativismo, vuole proporre,
in tema di educazione sessuale, un comportamento moralmente disordinato com’è
quello omosessuale, i genitori hanno il diritto di richiedere, per rispetto di
un pluralismo educativo che non può essere negato, un’informazione sessuale
rispettosa della natura e delle finalità dell’amore umano e conforme ai propri
modelli familiari, un’informazione che spieghi ai figli che l’omosessualità è un
comportamento sessuale disordinato, frutto di abitudini sbagliate e di problemi
psicologici irrisolti.
Considerazioni analoghe possono esser svolte per il mondo dello sport e per
quello militare, dove vige un rapporto gerarchico fra chi istruisce e chi è
istruito (63).
VI. Chiesa cattolica e omosessuali
25. Secondo la Chiesa cattolica che cosa dovrebbe fare un omosessuale?
La Chiesa cattolica insegna che qualsiasi persona vivente sulla faccia della
terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita.
Anche nelle persone omosessuali dev’essere riconosciuta la libertà fondamentale
che caratterizza la persona umana. Grazie a questa libertà lo sforzo umano,
illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire a queste persone di
liberarsi progressivamente dal comportamento omosessuale, anche con l’aiuto di
uno psicoterapeuta.
Van den Aardweg ha potuto constatare il caso di alcune persone — delle quali ha
accuratamente analizzato le sensazioni e gli atteggiamenti —, la cui guarigione
si è progressivamente realizzata senza psicoterapia, ma mediante una profonda
conversione religiosa attraverso la quale il soggetto, sottomettendo la propria
volontà alla legge di Dio, è stato liberato dal suo egocentrismo, è stato
ri-orientato e liberato da sé stesso, dal suo "io" infantile, emotivamente
indirizzato in senso omosessuale (64).
Per la dottrina della Chiesa cattolica le persone omosessuali sono chiamate,
come quanti hanno problemi e difficoltà, a offrire e a unire ogni difficoltà e
sofferenza al sacrificio della Croce del Signore Gesù. Ogni rinnegamento di sé,
vissuto nell’abbandono alla volontà di Dio, costituisce una fonte di
autodonazione e di pace.
Il cristiano, che vive con vera pazienza la fede e si lascia plasmare da essa,
conserva la consapevolezza del progetto di Dio, mantiene vivo l’amore per le
verità indicate nei comandamenti, persevera nello sforzo di combattere contro le
illusioni del peccato — il verbo greco amartanô, usato per "peccare", significa
"sbagliare strada", "mancare il bersaglio" — e, attraverso molte sconfitte e
debolezze, viene purificato e diventa migliore.
Lo stesso Van den Aardweg ha notato che, durante il trattamento psicoterapico, i
pazienti omosessuali, che vivono la loro fede religiosa in modo positivo, hanno
maggiori possibilità di un cambiamento radicale perché la pratica dei sacramenti
— in particolare della confessione —, la speranza, l’umiltà e l’amore del
prossimo hanno un effetto antinevrotico.
La psicoterapia è per la psiche ciò che la fisioterapia è per l’apparato
locomotore. Per guarire da un handicap fisico, però, non basta la fisioterapia,
ma occorre la volontà di guarire. Infatti questa volontà è un elemento
determinante per il buon esito della cura, ma per voler guarire è indispensabile
sentirsi amati e, fra l’altro, amare la guarigione.
Secondo lo psichiatra statunitense William Glasser — iniziatore di un indirizzo
psicoterapeutico definito "terapia della realtà" — uno dei bisogni fondamentali
dell’essere umano è quello di sentirsi amato. Glasser dice che un uomo,
abbandonato su un’isola deserta o in una cella solitaria di una prigione, un
uomo privato del bene della salute e degli affetti dei suoi cari è destinato a
perdere il contatto con la realtà e può anche diventare pazzo, a meno che non
riesca a mantenere la convinzione che qualcuno ancora lo ama (65). Le persone
che hanno fede, attraverso la preghiera — la vita di preghiera è la ricerca
dell’unione con Dio nei pensieri e nelle azioni —, e il cattolico anche
attraverso l’aiuto particolare dei sacramenti, sentono nella loro vita l’amore
di Dio che li sostiene, li illumina e li incoraggia anche nelle difficoltà più
gravi.
Le terapie psicologiche, da sole, spesso non sono sufficienti per guarire un
individuo da una nevrosi. Secondo lo psicologo tedesco Albert Görres (1918-1996)
uno dei principali ostacoli al superamento del male sta nella mancanza di una
motivazione che illumini e che incoraggi (66).
Quale motivazione può essere così forte da poter superare le stesse forze umane,
da poter superare l’angoscia della perdita che nasce da profondi condizionamenti
nei confronti di cose, persone e idee a cui l’individuo si è fisicamente e
psicologicamente attaccato? Certamente l’amore di Dio rappresenta la più grande
forza in grado di motivare la persona.
La tendenza a difendere gli orientamenti e gli atti omosessuali, che trova echi
anche nel mondo scientifico, deriva da un atteggiamento culturale che privilegia
l’importanza della gratificazione sessuale momentanea e la libertà
dell’individuo, intesa in senso soggettivo e relativistico. Questo cambiamento
culturale coinvolge anche altre questioni come l’aborto, la castità
prematrimoniale, il divorzio e la fedeltà coniugale: su tutti questi punti la
dottrina tradizionale della Chiesa cattolica è contestata.
In questo clima culturale di diffuso relativismo difendere la dottrina
tradizionale della Chiesa cattolica significa difendere le famiglie del futuro e
quanti non vogliono arrendersi alle loro tendenze disordinate (67).
VII. L’omosessualità nell’antichità classica
26. Come sostengono alcuni intellettuali, favorevoli al vizio omosessuale, il
comportamento omosessuale nell’antichità classica era considerato normale e solo
il cristianesimo ha introdotto il concetto di comportamento sessualmente
disordinato per l’omosessualità?
La storia dei costumi sessuali, in realtà, non è così semplice. Nella Grecia
antica, per esempio, non era ammessa l’omosessualità fra adulti, ma solo la
"pederastia", cioè il rapporto fra l’adulto e l’adolescente, il ragazzo dai 12
ai 16 anni.
Non erano ammesse relazioni con i più piccoli o con gli adulti. Il legislatore
ateniese Solone (640-560 a.C.) aveva imposto la pena di morte da applicare a
qualsiasi maschio adulto sorpreso, senza autorizzazione, nei locali di una
scuola dove i ragazzi erano al di sotto dell’età pubere.
L’omosessualità fra adulti era considerata depravazione e comportamento
depravato era giudicato l’atteggiamento sessualmente "passivo" dell’adulto.
Quindi il ruolo "passivo" era considerato normale solo per le donne e per gli
adolescenti.
La pederastia era tollerata solo se non si protraeva oltre i limiti di età
previsti: il giovane poi, una volta superata l’adolescenza, doveva assumere un
atteggiamento sessualmente "attivo"; inoltre — come si deduce dal dialogo
Simposio di Platone (427-347 a.C.) —, tale giudizio positivo sulla pederastia
non era condiviso da tutta la società ateniese; una parte di essa, anzi, la
considerava una manifestazione di "spudoratezza". Probabilmente la pederastia
era circoscritta ad ambienti intellettuali (68).
Alla base del giudizio favorevole sulla pederastia, vi era l’idea che tale
relazione preparasse l’adolescente alla maturità intellettuale e psicologica: la
si potrebbe qualificare come una "pederastia pedagogica" (69).
Una tale convinzione si trova anche presso alcune popolazioni selvagge,
convinzione dovuta, probabilmente, a un pensiero di tipo magico, nato da
meccanismi mentali di pura e semplice associazione di idee.
Come nella magia detta "contagiosa" — in quanto l’atto compiuto su una parte
diffonde il suo effetto sul tutto — si finisce per credere che è possibile
uccidere il nemico compiendo atti ostili sulla sua immagine o su ciocche dei
suoi capelli, così, per contatto sessuale con l’adulto, si pensa che il giovane
possa assorbire la virilità dell’adulto stesso. Inoltre, i tratti delicati e non
ancora virili dell’adolescente facilitano questa associazione e facilitano pure
l’instaurarsi verso di lui di meccanismi attrattivi.
Presso molte tribù la "pederastia pedagogica" viene praticata nei rituali
d’iniziazione, mentre è vietata nella vita di tutti i giorni: così in Australia,
nella Polinesia, nelle isole Ebridi, nelle tribù dei Marind-Anim e dei Keraki in
Nuova Guinea. Casi analoghi sono registrati in Marocco, in Siberia e in America
Settentrionale. Sempre da un pensiero di tipo magico nasce, per esempio, in
alcune società il "sulamitismo", ovvero la credenza che attraverso il
congiungimento con un fanciullo si possa allungare la propria vita, assorbendo
l’essenza vitale del giovane (70). In Marocco, per esempio, è stata registrata
l’esistenza di una credenza secondo cui le relazioni omosessuali con un uomo
conosciuto per la sua baraka — "fortuna", "potere" —, permettono al soggetto
sessualmente passivo di ricevere la sua fortuna (71).
Nella Grecia antica, dunque, l’omosessualità fra adulti e il ruolo sessualmente
passivo del maschio erano proibiti; ugualmente proibito era il cosiddetto
"matrimonio" omosessuale.
Nel mondo romano classico il padrone poteva abusare sessualmente dello schiavo o
della schiava, ma fra uomini liberi la legge proibiva la pederastia, anche se
gli adolescenti erano consenzienti: si parlava di "stuprum cum puero".
Fra gli uomini liberi, inoltre, la legge puniva anche la passività sessuale del
maschio: così la lex Scatinia (72).
VIII. Appendice sul problema degl’istinti e dei bisogni umani
Gl’istinti dell’uomo non sono, in sé stessi, né buoni né cattivi: sono
componenti naturali dello psichismo umano, che devono essere integrati e
coordinati con la volontà e la ragione e posti al servizio di quanto è buono.
In ogni esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale, accanto a
forme "inferiori" e biologiche di bisogni, coesistono sempre forme "superiori"
di bisogni e l’essere umano può spostare, mediante l’intervento della volontà e
della ragione, la spinta ad agire, l’energia, determinata da un bisogno, verso
altre forme di bisogno. Questo lavoro della volontà e della ragione, quando è
coscientemente finalizzato, provoca, nel tempo, una progressiva integrazione e
sottomissione delle forme inferiori di bisogno a quelle superiori e può anche
determinare la volontaria diminuzione di alcune forme d’interesse verso realtà
ritenute d’importanza secondaria.
Questa diminuzione lascia via libera all’azione di altri "dinamismi", quali la
grazia e l’ispirazione divina e promuove la crescita dell’interesse verso
attività superiori e più nobili, verso cui diventa progressivamente più facile
spostare l’energia determinata dai bisogni "inferiori": questa è la nozione
corretta della "mortificazione" nell’ascetismo cristiano. Non si tratta, come
sostiene la psicoanalisi freudiana, della "sublimazione", cioè del processo che
attua la trasformazione dell’energia sessuale, o libido, in attività superiori,
spirituali o culturali, ma della sottomissione dell’"inferiore" al "superiore",
dello spostamento volontario dell’energia dall’"inferiore" al "superiore", della
liberazione e dello sviluppo d’interessi più alti, di disposizioni interiori
superiori. Lo sviluppo di motivazioni superiori determina l’"atrofia"
degl’interessi verso realtà considerate d’importanza secondaria. Ho parlato di
lavoro della volontà e della ragione, che devono intervenire nella gestione
degl’istinti, degl’interessi e dei bisogni "umani".
Infatti, la pura e semplice "repressione" di un istinto, di un’idea o di un
interesse finisce per ossessionare e per tormentare chi li reprime. La
repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che porta l’uomo a
costruire e a sviluppare la sua personalità, altrimenti non si ha una vera
"mortificazione" nel senso cristiano, ma una pseudo-mortificazione, che è un
surrogato, una contraffazione di quella vera. Per distinguere una mortificazione
vera da una pseudo-mortificazione un buon metro di misura è la pace del cuore e
l’umiltà, con l’assenza delle manie di perfezionismo.
Il perfezionismo nasce dalla confusione fra il modello ideale verso cui
camminare e l’impeccabilità, cioè il proprio "io" idealizzato. Nel perfezionismo
vi è la continua preoccupazione che nasce dal pensiero dei propri difetti, vi è
il rifiuto di sé stessi e il desiderio di essere un altro. Il perfezionista non
sa accettare la crescita progressiva che, in quanto progressiva, non sarà mai
perfettamente compiuta in questo mondo; per questo il perfezionista si rattrista
spesso, ma la tristezza non nasce mai dall’amore di Dio ma dall’amor proprio che
agisce camuffandosi dietro le apparenze dell’umiltà. Un maestro di spiritualità
come sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) ricorda che, nella via dello spirito, la
tristezza, i tormenti di coscienza, i dubbi, lo scoraggiamento e ogni
atteggiamento che toglie la pace non provengono mai da Dio, che è pace, gioia,
certezza, serenità, ma provengono dall’amor proprio o dall’azione demoniaca.
Ho detto che la repressione può essere solo la fase iniziale di un processo, che
porta l’uomo a costruire e a sviluppare la sua personalità.
Quando si guida un’automobile, per esempio, non basta non andare in una certa
direzione, ma occorre imboccare un’altra strada e bisogna amare la meta da
raggiungere. Non fare qualcosa di negativo è soltanto la condizione
indispensabile e iniziale per poter fare qualcosa di positivo.
Così, non si può soltanto rinunciare a un piacere ritenuto sbagliato, perché il
desiderio per questo piacere aumenterebbe e finirebbe per ossessionarci.
Dopo aver detto no, bisogna cercare di diventare sempre più consapevoli dei
motivi per cui l’oggetto del desiderio al quale abbiamo rinunciato è sbagliato,
sempre più consapevoli della sua illusorietà, del fatto che rappresenta soltanto
un soddisfacimento momentaneo, che non risolve i problemi più profondi della
persona e che, alla lunga, impedisce la propria realizzazione e felicità, in
modo analogo a quanto succede nel caso del fenomeno della tossicodipendenza.
Questo itinerario di progressiva consapevolezza presuppone — con l’aiuto della
grazia divina, che, ordinariamente, svolge un’azione sussidiaria illuminante e
incoraggiante, facendoci amare la strada da percorrere, ma senza sostituirsi
all’impegno che dobbiamo profondere — non solo il fuggire le cattive occasioni,
non solo il non fare il male, ma richiede di fare il bene prima di tutto
all’interno del proprio cuore. Queste opere buone, da svolgere all’interno del
proprio cuore, consistono nel ragionamento, nell’osservazione oggettiva, nella
contemplazione del reale e nel dissolvimento critico delle illusioni.
Nostro Signore Gesù Cristo afferma che la sorgente del male che affligge l’uomo
sta dentro la sua personalità: "Dal cuore, infatti, provengono i propositi
malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false
testimonianze, le bestemmie" (Mt. 15, 19).
La cultura ebraica concepisce il cuore come l’interno dell’uomo in un senso
molto ampio. Oltre ai sentimenti il cuore comprende anche i ricordi, le idee, i
progetti e le decisioni: il cuore è il centro dell’essere, dove l’uomo dialoga
con sé stesso e assume le proprie responsabilità (73).
All’interno dell’uomo avviene il conflitto fra le passioni, la volontà e la
ragione; all’interno nascono i tentativi di riportare ordine fra queste potenze
dell’anima e sempre dal cuore hanno origine i dialoghi che l’uomo intraprende
con sé stesso, dialoghi interiori che lo portano prima a interpretare i
"messaggi" interni ed esterni, poi a decidere e ad agire.
Solo dopo un corretto lavoro svolto nel proprio cuore — cioè dopo un continuo e
perseverante dialogo interiore, finalizzato a dissolvere in maniera critica le
illusioni e a diventare consapevoli della realtà — la rinuncia a un piacere
disordinato si trasforma nella "preferenza" verso un altro piacere, un piacere
ordinato che non contrasta con la verità e con la giustizia. Solo allora la
rinuncia si trasforma nella scelta di un altro obiettivo e di un’altra direzione
di marcia.
In questo modo la persona progredisce dirigendo, regolando, mettendo in
equilibrio e utilizzando costruttivamente tutte le proprie energie. Si tratta di
un’opera simile a quella che l’essere umano svolge nei confronti delle forze
della natura, come quando incanala verso una centrale di energia le acque
torrenziali.
Nessuno può progredire senza conservare l’indicazione di una direzione valida in
cui muoversi. La ragione, dopo il peccato originale, può sbagliare nei suoi
giudizi sia per difetto di conoscenza sia perché il conflitto fra le passioni e
la volontà può ostacolare e confondere l’itinerario della ragione, con il
rischio continuo e reale che le nostre debolezze diventino la misura del bene e
del male in modo da farci ritenere falso quanto non vorremmo fosse vero.
Il cattolico, attraverso la guida e il sostegno della fede, può conservare
l’indicazione valida delle strade in cui inserire la ricerca razionale. Il
razionalismo — la ragione senza la fede —, che non riconosce l’importanza della
fede come guida e sostegno, finisce per dimenticare che la ragione non è una
facoltà dotata d’infallibilità ma che, al pari delle altre facoltà umane, è
soggetta all’imperfezione e al limite; pertanto, nella sua ricerca, non riesce a
rimanere per molto tempo nella giusta direzione senza incontrare ostacoli che
possono, gradualmente, portarla fuori strada.
Non è forse vero che tanti sistemi di pensiero, nati con l’intenzione di aiutare
l’uomo, hanno finito per costruire strutture oppressive per l’uomo stesso e
tanti itinerari della ragione sono giunti a negare valore alla ragione stessa?
(74).
Non basta conservare la fede, che dev’essere pienamente vissuta, deve
svilupparsi insieme a tutte le facoltà dell’uomo, deve accompagnare tutte le
fasi e le vicende della sua vita.
Se la fede viene separata dalla vita e dalla cultura dell’uomo, diventa inutile
e viene persa. Per sviluppare il dono della fede il credente deve meditare sulla
Sacra Scrittura e sul Magistero della Chiesa e deve inserire costantemente la
ricerca della ragione nell’orizzonte fornito dalla fede, in modo da amare Dio
con l’intelletto, con la volontà e con le opere. Questo lavoro ha bisogno di
essere sostenuto dal continuo dialogo con Dio, che il cattolico incontra
attraverso la preghiera e, in modo speciale, attraverso i sacramenti, forze vive
che escono dal corpo di Cristo per nutrire l’anima e per curarla. Tornando al
problema degl’istinti, giova ripetere che la loro corretta gestione è
fondamentale per la costruzione della personalità.
L’istinto di aggressività, per esempio, non solo è fondamentale per difendersi,
ma l’energia, da esso prodotta, può venire utilizzata, grazie al controllo e
all’orientamento della volontà e della ragione, per "aggredire", nel senso più
lato, un compito o un problema e può essere messa al servizio della giustizia e
dei diritti degli altri. Il bisogno sociale e il bisogno di giustizia sono forme
superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo l’istinto puramente
biologico di aggressività. L’istinto sessuale non solo è fondamentale per unire
l’uomo e la donna fisicamente, ma l’energia da esso determinata può essere
utilizzata, grazie al controllo, all’orientamento e alla consapevolezza della
volontà e della ragione per integrare l’impulso copulativo con il bisogno di
tenerezza e di affetto, in modo che l’unione genitale diventi segno e strumento
di reciproca donazione fra due persone di sesso complementare e possa soddisfare
il bisogno d’amore.
L’energia generata dall’istinto copulativo può anche essere messa a servizio
d’amore verso i fratelli e verso la verità. Lo sviluppo di una forma superiore e
spirituale di bisogno, come quella che spinge verso i significati più alti della
stessa sessualità umana — l’amore per gli altri e la donazione di sé stessi agli
altri — fa diminuire l’interesse verso la relazione coniugale e in questo caso è
più facile spostare l’energia determinata dall’istinto copulativo su di un piano
più alto.
Insegna Papa Giovanni Paolo II che "nella verginità e nel celibato la castità
mantiene il suo significato originario, quello cioè di una sessualità umana
vissuta come autentica manifestazione e prezioso servizio all’amore di comunione
e di donazione interpersonale" (75). Il bisogno di affetto, di amore e di
donazione sono forme superiori di bisogni, che sempre accompagnano nell’uomo
l’istinto puramente biologico della sessualità.
Significative del bisogno di amore sono le parole di un poeta, che ha fatto
della lussuria una ragione di vita. Scrive Gabriele D’Annunzio (1863-1938):
"Tristezza atroce de la carne immonda
"quando la fiamma del desìo nel gelo
"del disgusto si spegne e nessun velo
"d’amor l’inerte nudità circonda!
"(E tu sorgi ne l’anima profonda,
"pura Imagine. Come su lo stelo
"èsile piega un funebre asfodelo,
"su’l collo inclini la tua testa bionda).
"Tristezza immensa de la carne bruta
"quando nel petto il cor fievole batte
"lontano e solo come in una tomba!
"(E tu guardi, tu sempre guardi, o muta
"Imagine, tu pura come il latte,
"con i tuoi teneri occhi di colomba)" (76).
Lo psicologo belga don Joseph Nuttin (1909-1988) afferma che ogni bisogno dà
origine a un’energia di tipo generico, a uno stato di generica tensione
energetica dell’organismo, che può essere momentaneamente dissolta attraverso
una qualsiasi soddisfazione o attività organica, e ciò anche nei confronti di
bisogni vitali.
Certo, esistono meccanismi riflessi automatici, per esempio l’istinto di
evacuare e di respirare, che non possono essere repressi oltre una certa soglia
critica. Ma l’uomo mostra una grande possibilità di scelta anche nei confronti
degl’istinti di necessità vitale individuale, come la fame e la sete. L’essere
umano può esercitare verso questi istinti anche una repressione totale, fino a
giungere alla morte e senza bisogno di ricorrere all’uso di mezzi coercitivi
esterni alla sua persona.
Nell’uomo, a differenza dell’animale, attraverso il controllo della volontà e
della ragione, l’energia originata da un bisogno inferiore può anche essere
messa a disposizione di una finalità superiore. Tale finalità nasce da
motivazioni intellettuali e spirituali che, nell’essere umano, si trovano sempre
mescolate con bisogni di natura inferiore.
Questo provoca la graduale integrazione e sottomissione dei bisogni inferiori a
quelli superiori e anche, se necessario, l’atrofia di certe forme d’interesse
verso realtà secondarie, che provoca la liberazione e lo sviluppo di altre
disposizioni interiori più elevate e più nobili. Il concetto di sublimazione,
nel senso della psicoanalisi freudiana, è erroneo perché non esiste un’energia
specifica di tipo sessuale che si converte in attività di altro genere, ma
esiste il fenomeno della trasposizione, cioè dello spostamento dell’energia
insita in un bisogno, la sottomissione dei bisogni inferiori ai superiori e
anche l’atrofia d’interessi secondari e la conseguente liberazione e crescita di
forme superiori d’interesse e di motivazione (77).
Don Nuttin sostiene che in una stessa attività umana forme "inferiori" di
bisogni si trovano sempre mescolate a forme "superiori": si tratta di
manifestazioni di uno stesso dinamismo trapassante i diversi piani della vita
psichica. Gli elementi spirituali costituiscono vere "componenti" di
un’esperienza specificamente umana dell’istinto in quanto tale. A questo
proposito scrive: "[...] uno psicologo ci ha detto, descrivendo la sua
esperienza personale: "Ho costatato spesso che la soddisfazione e il piacere,
provati nel corso delle relazioni coniugali, sono infinitamente più intensi e
più ‘ricchi’ ogni volta che realizzo i legami umani e spirituali che mi uniscono
alla moglie, e cioè quando mi rendo conto di ciò che ‘significa’ per me la
‘persona’ con cui mi unisco.
"Tutte le volte, invece, che tali relazioni si svolgono su un piano più
esclusivamente sessuale e istintivo, il piacere è meno intenso e duraturo""
(78).
Lo psichiatra monsignor Joan Baptista Torelló afferma che lo studio del
comportamento umano "[...] ha permesso alla psicologia più recente di
riconoscere, nella repressione e nella soddisfazione dei cosiddetti istinti,
fenomeni ugualmente propri e confacenti alla natura dell’essere umano, che solo
in rapporto ad un’altra serie di valori umani sono in grado di causare salute o
malattia, serenità o tensione, piacere o disagio. Ciò che decide la loro
positività o negatività, la loro sanità o azione patogena è il quadro d’insieme
in cui s’inseriscono, l’atteggiamento fondamentale dell’esistente, le
motivazioni libere dello spirito.
"Per quanto si riferisce concretamente al cosiddetto "istinto" sessuale,
decisivo sarà il ruolo dell’"amore": continenza per amore è rasserenante e
soddisfacente, così come rasserenante e soddisfacente è il rapporto sessuale per
amore" (79).
Bruto Maria Bruti
La terapia riparativa dell’omosessualità
Colloquio con Gerard J. M. van den Aardweg
Studi Cattolici 535 Settembre 2005, pp. 616 – 622
Edizioni Ares
Nel n. 71, datato maggio 2005, la rivista gay Pride ha pubblicato un lungo
articolo con il quale attaccava la terapia riparativa dell’omosessualità come
antiscientifica e dannosa; l’articolo era immediatamente ripreso da la
Repubblica, a firma di Natalia Aspesi (3 maggio). In seguito ai due articoli su
Pride e la Repubblica, l’onorevole Franco Grillini, presidente onorario
dell’Arcigay, ha presentato un’interrogazione parlamentare per bloccare, tramite
gli ordini professionali, la terapia riparativa. Il dott. J.M. van den Aardweg,
che per le Edizioni Ares ha pubblicato il saggio Omosessualità & speranza, ha
cortesemente accettato di rispondere ad alcune domande sulla scientificità della
terapia riparativa (o terapia dell’omosessualità) e sulla posizione
dell’American Psychiatric Association, citata dall’onorevole Grillini.
La rivista gay Pride asserisce che l’associazione americana di psicologi APA dal
1973 non diagnostica più l’omosessualità come una malattia, e che anzi ne
condanna la terapia “riparativa” in quanto sarebbe antiscientifica e pericolosa.
È all’incirca quello che afferma l’Onorevole Grillini, Presidente Onorario
dell’Arcigay, in un’interpellanza al Ministro della Sanità, intesa a che
l’Ordine dei Medici e l’Ordine Nazionale degli Psicologi proibiscano ai loro
membri di trattare l’omosessualità, perché ciò sarebbe antiscientifico e
comporterebbe, inoltre, discriminazione di un cosiddetto “orientamento
sessuale”.
Ho letto con attenzione gli articoli di Pride e de la Repubblica, e
l’interpellanza dell’Onorevole Grillini. Tanto per cominciare, l’APA in
questione è quella degli psichiatri, non quella degli psicologi. Pride e
Grillini cercano di spacciare la dichiarazione dell’APA del 2000 come l’oracolo
intangibile della scienza; ma che cos’è, veramente, l’APA? L’associazione che,
nel 1973, senza la minima motivazione scientifica, si è arresa all’assalto di
un’aggressiva lobby gay, sostituendo la descrizione classica, scientificamente
fondata, di omosessualità come “disturbo” con quella di “condizione”. E questo
nonostante che la schiacciante maggioranza degli psichiatri americani pensasse
il contrario. Nel corso degli anni successivi questa associazione ha concretato
sempre di più questo termine, di “condizione”, che di per sé non significa
nulla, dandogli un contenuto sempre più conforme all’ideologia gay, facendone
una situazione “normale”. Ci pensi un po’ su: un’associazione di psichiatri
proclama che una “condizione” come l’omosessualità maschile, che comporta per
una quantità enorme di omosessuali praticanti una promiscuità sfrenata
(centinaia di partner nel corso di una vita!), sarebbe normale e naturale! E
negli ultimi anni tende addirittura a proclamare la normalità della pedofilia, e
magari anche quella di disturbi come il sadomasochismo. Che razza di
associazione è questa? Chiaramente una suddita del movimento gay, che intende
realizzare riforme radicali della società; un’associazione che si comporta così
è ormai un gruppo di interesse politico, non è più un’associazione di scienziati
e professionisti indipendenti. Di fatto, la situazione presenta analogie con
quella della Germania degli anni Trenta del secolo scorso, quando praticamente
tutte le organizzazioni mediche e scientifiche abbracciavano ufficialmente le
teorie razziste; il che, naturalmente, di scientifico non aveva niente, ma era
solo espressione della più miserabile vigliaccheria e correttezza politica. Che
questa APA, o meglio il gruppo dei gay che ne fanno parte, e che vi detta legge
in fatto di omosessualità, presuma di dare lezioni su ciò che è o non è
scientifico, è il colmo dell’arroganza! È chiaro che per loro è scientifico solo
ciò che si aggiusta alla loro ideologia.
Corresponsabilità dell’APA
Quali sono le manipolazioni contenute negli articoli e nell’interpellanza?
L’APA non ha “proibito” niente, e d’altra parte non ha nemmeno il potere di
farlo, ma non fa altro che “raccomandare” di astenersi “per il momento” da
“tentativi di cambiare l’orientamento sessuale di individui”. Motiva la
raccomandazione con due ragioni: “… non esistono ancora studi rigorosamente
scientifici che consentano di stabilire se i trattamenti ‘riparativi’ siano
benefici o dannosi”. Vale a dire che non sapremmo ancora niente sui risultati di
terapie “riparative”, e queste potrebbero presentare rischi per il cliente o
paziente. L’APA asserisce che i resoconti disponibili di risultati del
trattamento avrebbero carattere “aneddotico”, mentre non mancherebbero indizi di
conseguenze sfavorevoli. Ma attenzione alla furbata! In realtà, di resoconti su
risultati del trattamento ce ne sono, e versano su un numero molto ampio di
casi, mentre è proprio su effetti sfavorevoli – psichici o di altro tipo – della
terapia che non abbiamo nemmeno l’ombra di un resoconto! Soltanto affermazioni e
allarmi infondati… emanati proprio da fonti gay. Insomma, qui si pretende di
mettere sullo stesso livello affermazioni infondate e resoconti scientifici di
ricerca. Consideri anche la sfacciataggine dell’APA: insinua che chi cerca di
aiutare le persone a controllare o a superare le loro tendenze omosessuali
esercita un influsso dannoso. E loro stessi, che fanno? Sconsigliano la terapia
e, propugnando da anni la normalità del comportamento omosessuale, legittimano
l’ondata di promiscuità omosessuale che si diffonde in tutto il mondo,
provocando un danno enorme alla salute mentale e fisica degli omosessuali da
loro fuorviati, che incorrono in malattie veneree, assuefazioni, AIDS, suicidi e
via dicendo. Sull’APA pesa dal 1973 un’enorme corresponsabilità in tutto questo.
Una responsabilità che ricade anche sulle organizzazioni gay, sull’Arcigay in
Italia e sull’Onorevole Grillini. È ridicola la presunzione con cui si azzardano
a denunciare come dannosi trattamenti e altre forme di orientamento, che invece
sono intesi proprio a mitigare il danno che loro hanno contribuito ad arrecare,
con il loro proselitismo gay. L’APA, comunque, non ha affermato, ma solo
insinuato, che la terapia possa presentare problemi.
L’APA non afferma nemmeno che le “terapie riparative” (che io preferisco
chiamare semplicemente “terapie”) siano di per sé antiscientifiche. Al
contrario, l’APA “incoraggia e appoggia la ricerca … per confrontare meglio i
rischi della … terapia con i risultati positivi”. Se una terapia fosse
“antiscientifica”, nessuno si prenderebbe la briga di farci ricerche. Lascio per
il momento da parte la questione di che intendano dire con terapia
“antiscientifica”. Se prende, però, il testo dell’APA alla lettera, la
conclusione logica è che, per saperne di più, quello che ci vuole è proprio fare
molta più terapia. D’altra parte in tutto il mondo si fa ancora troppo poco in
fatto di terapia o di orientamento, e il clima suscitato dal movimento gay e da
suoi “compagni di strada” come l’APA non è sicuramente favorevole ad un
trattamento sistematico dell’omosessualità. Per questo, le parole con cui l’APA
dice di “incoraggiare ed appoggiare” la ricerca sulla terapia puzzano di
ipocrisia. Di una cosa possiamo essere sicuri: nessuna ricerca o resoconto di
trattamento, passato al vaglio dei pregiudizi dell’APA, ne uscirà con il marchio
di “rigorosamente scientifico”. L’ideologia gay detta il dogma che lo
“orientamento” omosessuale è naturale e sano; il corollario è che qualsiasi
cambiamento è impossibile e “contro natura”.
Allora non ha ragione l’APA, quando afferma che non esistono “studi scientifici
rigorosi sui risultati”?
Dipende da che cosa si intende per “rigoroso” e “scientifico”. Se lo si intende
pensando alle scienze naturali, nessuno studio di cui disponiamo soddisfa ai
requisiti: non esistono, per esempio, strumenti obiettivi e di uso sicuro per
“misurare” l’omosessualità. Lascio qui da parte il metodo fisiologico proposto
da alcuni, che peraltro non è esente da complicazioni. Non si può fare una
campionatura rappresentativa; e, soprattutto, una ricerca che coinvolga i
diversi metodi di trattamento che si praticano, richiederebbe una quantità
enorme di ricercatori, tempo e denaro, oltre ad un buon numero di terapeuti che
(almeno per il momento) non abbiamo. Non si può contare sull’apparizione a breve
termine di studi del genere; ci dobbiamo accontentare di quello che in pratica
possiamo conseguire. Se siamo realisti e onesti, però, vedremo che non è di
questo che, adesso, abbiamo più bisogno. Di fatto, l’argomento dell’assenza di
“studi scientifici” è una manovra intesa a scoraggiare la terapia. Per giunta è
un argomento sbagliato. Il fatto che non sia possibile realizzare studi di
rigore sugli effetti della terapia del tipo di quello delle scienze naturali,
non significa che i resoconti presenti nella bibliografia specializzata siano
antiscientifici. “Scientifico” significa il più possibile aperto alla realtà,
utilizzando i metodi di cui si dispone nelle circostanze concrete. Prima che si
costruissero i moderni telescopi, le osservazioni astronomiche avevano una
portata minore, ma questo non vuol dire che con telescopi più rudimentali non si
fosse in grado di studiare in certa misura la realtà. Se l’APA imponesse gli
stessi requisiti “rigorosamente scientifici” agli studi sui risultati di tutte
le psicoterapie di nevrosi, depressioni, psicosi, disturbi emotivi o del
comportamento, oppure a qualsiasi metodo farmacologico, si dovrebbe porre fine a
tutte le forme di trattamento. Di studi del genere, infatti, non se ne trovano
in nessun campo della psicoterapia e della psichiatria. A questo punto l’APA
farebbe meglio a consigliare ai suoi membri di cambiare mestiere. Ce ne sono,
invece, di studi scientificamente accettabili sugli effetti: studi che non sono
più imperfetti della stragrande maggioranza di quelli sugli effetti dei
trattamenti nel campo della psicologia, della psichiatria e della medicina.
Antiscientifico, anzi, è proprio l’atteggiamento di chi le terapie le
sconsiglia. Sarebbe la fine del progresso scientifico, dato che quasi tutte le
conoscenze e le ipotesi attendibili sull’omosessualità di cui disponiamo
derivano proprio dalla pratica psicoterapeutica.
Una nevrosi sessuale
Dobbiamo concludere che quegli studi scientificamente accettabili l’APA non li
conosceva?
Nella loro dichiarazione del 2000 riportano in bibliografia soltanto una o due
pubblicazioni con dati pertinenti a risultati terapeutici, basati su gruppi
abbastanza ampi. Poi, però, non ne tengono conto. Per il resto la loro
bibliografia contiene resoconti personali – questi sì “aneddotici”! – di persone
che hanno fatto qualche tentativo per cambiare, ma poi hanno rinunciato; ed è
proprio a questi che il documento dell’APA presta la maggiore attenzione. È un
atteggiamento parziale, ad uso dell’ideologia gay.
Può raccontare qualcosa di concreto sulle conclusioni di studi sui risultati?
Che percentuali abbiamo di cambiamento?
Lei parla opportunamente di “cambiamento”; preferisco questo termine a
“guarigione”, perché parole come “guarire” e “malattia” suscitano spesso
l’impressione che le persone con sentimenti omosessuali siano fisicamente
malate; il che non è vero.
Ciò non toglie che alcuni di loro presentino seri disturbi mentali, o abbiano
sviluppato un comportamento omosessuale di proporzioni tali che non sarebbe
tanto sbagliato chiamarli “malati”. Se parliamo di cambiamento, dobbiamo tenere
d’occhio, naturalmente, il comportamento sessuale e le fantasie sessuali, ma
senza dimenticare quei sentimenti e caratteristiche di personalità nevrotici che
a tali comportamenti e fantasie sono collegati. I desideri omosessuali non sono
impulsi isolati, ma sorgono da un complesso di inferiorità rispetto al proprio
essere-uomo o essere-donna. L’omosessualità è una nevrosi sessuale. Suoi
caratteri frequenti sono una puerilità emotiva, per esempio nelle relazioni
interpersonali, o nei confronti dei genitori, una certa inconscia
drammatizzazione di sé stessi, egocentrismo infantile, sintomi nevrotici e
psicosomatici, depressioni. C’è molto di più che la semplice attrazione erotica
per il proprio sesso. Un autentico cambiamento si deve riflettere anche in una
più forte identificazione con la propria virilità o femminilità, cioè nel
ristabilimento della fiducia in sé stessi come uomo o come donna, in una vita
emotiva più stabile ed adulta, con una riduzione dell’egocentrismo infantile e
della tendenza ad autocommiserarsi. Se l’interessato non si libera in misura
sufficiente dal suo complesso di inferiorità e dalla sua emotività nevrotica,
non cambierà gran che nei suoi sentimenti sessuali.
Premesso questo, farò menzione di alcune percentuali ricavate da due studi su
risultati. In primo luogo i risultati che io stesso ho raccolto, intervistando
100 clienti trattati da me, alcuni anni dopo che avevano seguito un trattamento
di una certa durata; sono dati che ho pubblicato già nel 1986. Parlo, quindi, in
base alla mia esperienza, e parlo di persone che ho conosciuto bene. Tra quelli
che non avevano smesso dopo pochi mesi di seguire il metodo, il 19% ha
registrato un “cambiamento radicale” di sentimenti sessuali: con interessi
eterosessuali dominanti e al massimo pochi impulsi o associazioni di idee
omosessuali sporadici, leggeri e transitori. Alcuni di loro non avevano più
provato sentimenti omosessuali negli ultimi due anni. Ho avuto notizie di alcuni
che appartengono a questo 19%, e posso dire che, a vent’anni di distanza, la
loro situazione è rimasta costante. Il 46% aveva fantasie e comportamenti
prevalentemente eterosessuali, ma sperimentava ancora saltuariamente sentimenti
chiaramente omosessuali. Il 19% constatava un più leggero “miglioramento”,
mentre per un 16% la situazione emotiva era “immutata”. Il miglioramento dei
caratteri comportamentali ed emotivi nevrotici procedeva più o meno di pari
passo con il cambiamento sessuale. Con il diminuire della nevrosi, infatti, la
persona è più libera e allegra. Questi cambiamenti si verificavano di regola,
gradualmente, dopo un certo periodo di autotrattamento. Magari qualcuno potrà
considerare deludenti questi risultati. Ma una deformazione nevrotica della
personalità non è un fatto superficiale. Da nessun trattamento delle nevrosi
possiamo aspettarci risultati facili o rapidi; lo stesso vale per i risultati
dei trattamenti di fobie, depressioni, o altre nevrosi sessuali. Voglio
aggiungere che per molti omosessuali, anche se non sono tra quelli che
registrano un cambiamento “radicale”, si può già parlare di un miglioramento
notevole se solo hanno abbandonato la loro dipendenza dal sesso. Per arrivare a
questa prima meta nel cambiamento o nella guarigione ci è voluta, spesso,
un’autentica lotta.
Come secondo studio non posso fare a meno di menzionare quello, famoso e
violentemente attaccato dall’establishment gay, del Prof. Spitzer, del 2003. In
base ai suoi criteri più restrittivi, l’11% degli uomini omosessuali e il 37%
delle donne omosessuali esaminati era cambiato completamente sul piano sessuale,
e, secondo i suoi criteri meno restrittivi, le percentuali erano rispettivamente
del 29% e del 63%. Com’è noto, proprio Spitzer ha avuto, nel 1973, un ruolo di
protagonista nel cambiamento di definizione operato dall’APA. Adesso, invece,
sostiene che bisogna ammettere la possibilità del cambiamento. Com’era
prevedibile, l’establishment gay l’ha presa molto male!
A ben vedere, i suoi risultati non differiscono molto dai miei. Spitzer ha
notato, inoltre, un fenomeno interessante: la maggior parte dei cambiamenti più
notevoli si manifestavano nelle persone con una profonda motivazione religiosa,
sorta, in certi casi, da una conversione. È un dato di fatto sicuro; e si
trattava di conversione definitiva, dei cui benefici aveva risentito tutta la
persona, non di un entusiasmo religioso passeggero. Un’altra conclusione di
Spitzer è stata il non aver trovato il minimo indizio di danni psichici causati
da trattamenti e metodi di orientamento. Quest’accusa, infatti, è pura fantasia.
È frutto del tipico vittimismo gay, con il suo procedimento di
autodrammatizzazione: dicono che la terapia è una “mutilazione spirituale”, e
altre cose del genere, e che per questo va proibita! Purtroppo questo
procedimento ha una gran efficacia propagandistica.
La sofferenza degli omosessuali non è conseguenza della discriminazione sociale?
È quello che gli ideologi gay non fanno che ripetere, ma è un’assurdità. In
Paesi come l’Olanda e la Germania, dove ormai, da anni, possono vivere come
vogliono, gli omosessuali non hanno smesso di manifestare sintomi
psicopatologici di ogni genere, come risulta anche da una ricerca piuttosto
recente dell’Università di Utrecht (Olanda). Chi esamina l’interiorità e i
precedenti di queste persone non ha dubbi sul fatto che le cause della nevrosi
risiedono nel fondo della loro personalità, non nel mondo esterno.
Ci sono ricadute?
Sicuro! A volte di breve, a volte di lunga durata. Ecco perché non mi pare bene
che persone che hanno beneficiato da poco di un cambiamento si mettano subito ad
aiutare altre persone afflitte da problemi di omosessualità; come si fa –
certamente con le migliori intenzioni – in certi ambienti di ex-gay cristiani.
Tutti i cambiamenti nelle strutture emotive e comportamentali procedono per alti
e bassi. Per questo i gay hanno buon gioco a citare casi di ricaduta per
dimostrare che “il cambiamento è impossibile”. Chi dà rilievo a questi casi,
senza tenere conto di quello che ci insegnano i resoconti e le autobiografie di
persone che hanno conosciuto un cambiamento radicale, è che non si vuol togliere
i paraocchi.
Come viene seguita la raccomandazione dell’APA del 2000, che sconsiglia la
terapia?
Gli psicologi che l’omosessualità la trattano fanno spallucce: vedono
chiaramente che qui la posizione dell’APA non è scientifica, ma politica. Tanto
più che negli ultimi anni si comincia a sentire anche altra musica. Poco fa l’ex
Presidente dell’APA degli psicologi (American Psychological Association), ha
espresso la sua convinzione che agli omosessuali deve essere riconosciuta la
libertà di accedere alla terapia. Pure l’American Counselling Association (per
psicologi che praticano l’orientamento) si è fatta sostenitrice del principio
che alle persone con tendenze omosessuali va lasciata la libertà di scegliere se
farsi trattare o no. Tali prese di posizione sarebbero impensabili, se
l’esperienza insegnasse che tali trattamenti sono dannosi. Articoli in cui si
fanno presenti risultati positivi di trattamenti sono già apparsi in riviste
specializzate di psicologia (p.e. in un numero di Professional Psychology:
Research and Practice, 2002).
Che pensa dell’affermazione secondo la quale i trattamenti dell’omosessualità
sarebbero una forma di discriminazione?
L’ideologia gay non fa che capovolgere la realtà. Non sono i terapeuti a
discriminare, ma proprio questi omosessuali accecati. Moltissime persone con
tendenze omosessuali, che non hanno intenzione di aderire al movimento gay e
alle sue follie, non hanno a chi affidarsi per affrontare i loro problemi. Molti
vorrebbero cambiare, ma non sanno come fare. Lo insegna l’esperienza: ogni volta
che si rende noto al pubblico il nome di un terapeuta che tratta
l’omosessualità, questo si vede sommerso da una valanga di richieste di
orientamento e aiuto. Queste persone, che o non hanno simpatia per l’ideologia e
lo stile di vita gay, o ne sono rimaste deluse, vengono zittite
dall’establishment gay, vengono schernite se esprimono i loro desideri, e messe
alla gogna se, poi, si azzardano a rendere nota la storia del loro cambiamento.
Proprio perché l’offerta di aiuto costruttivo da parte della psichiatria e della
psicologia è scarsa o nulla, è sorto – come una necessità – il movimento degli
ex-gay. «Se tutto quello che ci sanno dire è che dobbiamo metterci a vivere da
omosessuali, dobbiamo cercare di risolvere il problema da soli». È evidente che,
chi più chi meno, i gruppi di auto-aiuto hanno un che di dilettantistico, ma in
generale il movimento ex-gay è un fenomeno molto positivo, che dà speranza. Una
spina nel fianco per il movimento gay, ma un grande sostegno per le persone
coinvolte da questa problematica. Presenta molte analogie con l’AA,
l’associazione degli alcolisti anonimi.
La dimensione morale della psiche
Quasi tutte le organizzazioni ex-gay hanno un fondamento cristiano. Secondo il
movimento gay, esse insegnano alle persone a reprimere i propri sentimenti
sovrapponendovi le norme morali cristiane.
Anche qui devo osservare che i gay capovolgono la realtà. Proprio loro insegnano
a reprimere: a reprimere gli aspetti sani e normali che sono sempre presenti in
persone con sentimenti omosessuali, come, per esempio, sentimenti eterosessuali
che spesso si manifestano in forma attenuata, e a reprimere, in ogni caso, il
buon senso, e la voce della coscienza. D’altra parte, alcuni gruppi di ex-gay o
loro capi peccano, a mio avviso, di eccessivo carismatismo, e dovrebbero essere
più realistici, perché, in fin dei conti, il processo di cambiamento è in gran
parte un training da affrontare realisticamente, giorno per giorno; lo stesso
vale, d’altra parte, per qualsiasi vittoria su deviazioni evolutive e nevrosi.
Questo non basta, però, per affermare che tutto quello che fanno questi gruppi,
ciascuno con il suo stile, sia inutile. Ci sono, peraltro, altri gruppi, nei
confronti dei quali questa mia critica non è pertinente, o lo è di meno. Anche
loro si servono delle conoscenze psicologiche sviluppate e approfondite negli
ultimi decenni, proprio – si noti! – nel periodo in cui l’ambiente ufficiale si
è reso sempre più repressivo nei confronti dei tentativi di cambiamento.
Tanto più che una profonda fede personale è già un fattore che dà orientamento
alla vita interiore, aiuta a risanare i propri sentimenti e conferisce speranza,
allegria e pace; tutte cose che spesso rendono molto più efficaci gli sforzi di
autotrattamento. Questo spiega perché Spitzer ha potuto osservare che il fattore
“religione” ha in sé evidenti virtù terapeutiche. Noti che Spitzer non è
credente: è un ebreo libero pensatore ed ateo. Ma è un fatto che la psiche ha
una dimensione spirituale e morale, che non può essere trascurata da una
psicoterapia che voglia andare a fondo: si tratti di deviazioni sessuali,
nevrosi, delinquenza o addirittura psicosi. L’odio nutrito dai gay ideologizzati
contro l’autentico spirito cristiano è, in fin dei conti, un’avversione alla
coscienza; nel fondo del loro animo si sentono accusati, perché – lo vogliano o
no – la vita da omosessuale è un peso per la loro coscienza. Ecco il perché
della veemenza con cui sentono il bisogno di giustificarsi, sia nei confronti
del mondo esterno sia nei confronti di loro stessi.
Quanto alla repressione o alla cosiddetta “rimozione” di sentimenti omosessuali,
bisogna fare una distinzione. “Rimuovere” significa negare di avere determinati
sentimenti o motivazioni; cosa che, naturalmente, non è positiva. Ma imparare a
controllare e (come io preferisco dire) contenere coscientemente tendenze e
passioni immature, egocentriche e autodistruttive, è indispensabile per
raggiungere la salute psichica e l’equilibrio emotivo. Per molti omosessuali il
sesso è un’ossessione, e sono totalmente in balìa dei loro impulsi. Soffrono la
massima privazione di libertà. È come per l’alcolismo: quanto più si impara a
contenere gli impulsi non desiderati, tanto più libertà si conquista. Chi impara
a contenersi conquista la vittoria. I cambiamenti comportamentali ed emotivi
sono il risultato di un apprendimento. Apprendere qualcosa vuol dire smettere
qualcos’altro. Ma anche qui l’obiezione dell’ideologia gay è scontata: figurati!
Dire “No” alla propria venerata omosessualità? Non sia mai!
Il movimento gay presenta spesso la terapia come coercizione morale.
Come ho già detto, proprio i gay negano la libertà di scelta a chi non vuole
pensare ed agire come loro. È come nel caso dell’aborto. Il movimento abortista
nega – nonostante le sue dichiarazioni in contrario – libertà alla donna, con
vari mezzi, tra i quali la privazione di informazioni veritiere. Il movimento
omosessuale non rispetta il principio della libera scelta: agli enti pubblici
della Sanità e ai professionisti abilitati deve essere interdetto, secondo loro,
qualsiasi “trattamento” che non sia mirato alla “accettazione”, il che significa
perversione in salsa sanitaria o psicologica. È vero che, ogni tanto, si sente
dire da omosessuali militanti che loro il principio di libera scelta lo
rispettano. Un esempio è Le Vay, il ricercatore che tempo fa riteneva di avere
riscontrato nel cervello di alcuni uomini omosessuali una caratteristica
distintiva. Quelli che la libertà di scelta in ogni caso la rispettano sono
proprio il movimento ex-gay e gli orientatori e terapeuti. Chi tratta
l’omosessualità sa che non si ottiene niente se il cliente non si rivolge a lui
per sincera convinzione, e che un elemento essenziale di qualsiasi cambiamento
decisivo è la libera volontà.
La terapia ha come scopo un cambiamento completo e radicale?
Questo è l’ideale, naturalmente! Ma, in pratica, no. Lo scopo immediato è lo
“smontaggio” dell’emotività nevrotica ed omosessuale, con le abitudini annesse e
connesse; insegnare al cliente come deve lottare con sé stesso e vivere in
maniera più costruttiva. Una persona che sia anche solo “migliorata”, pure nei
suoi interessi erotici, ha già conseguito una grande vittoria, perché non è
sempre necessario, per parlare di “successo”, che il risultato sia perfetto.
L’uno avanza più dell’altro. Bisogna, d’altra parte, tenere conto del fatto che
anche il punto di partenza differisce da persona a persona, quanto a intensità
della nevrosi o resistenza delle abitudini ad essa connesse, in fatto di
comportamento, pensieri e sentimenti. È un po’ come per le affezioni reumatiche.
Pure queste si presentano in forme più o meno gravi, ma tutti gli interventi,
gli strumenti e le medicine che favoriscono il miglioramento del paziente sono
benvenuti. Dire che “se non si può garantire un cambiamento perfetto, la
terapia, l’orientamento o la formazione non servono a niente” è da miopi; è
un’idiozia che, se consideriamo quant’è forte il bisogno che persone con
sentimenti omosessuali hanno di un sano aiuto psichico e morale, e spesso di un
duraturo sostegno, dobbiamo rigettare con decisione.
Come gruppo sociale di pressione, l’ideologia gay è potente. Riuscirà ad imporre
la propria volontà, e a proibire i trattamenti?
Secondo questa ideologia bisogna arrivare ad una profonda “omosessualizzazione”
della società, vale a dire a che si consideri normale il comportamento
omosessuale e lo si promuova fin dall’infanzia. Ci sono già riusciti più di
quanto la maggior parte della gente trent’anni fa avrebbe potuto immaginare. La
maggioranza della popolazione non riesce ancora a comprendere quanto sia
pericolosa l’ideologia gay. Molti pensano che, in fondo, non sarà questo gran
disastro. È un’ingenuità paragonabile a chi negli anni Trenta del secolo scorso
non si preoccupava delle teorie razziste che dominavano in Germania: “prima o
poi – si pensava – le cose si sistemeranno”. L’ideologia gay è cieca e tiranna.
Per di più viene portata avanti con estrema energia dalla “chiesa” laicista, e
viene considerata come un ariete per aprire una breccia nel muro delle norme
cosiddette tradizionali in materia di sessualità, di “ruoli” uomo-donna, e
soprattutto di matrimonio e famiglia normale. È per questo che l’ideologia gay
suona come un primo violino nell’orchestra dell’Organizzazione mondiale della
sanità (WHO) e nei diversi organismi dell’ONU e dell’UE. Questo consapevole
accoppiamento di controllo demografico e promozione dell’omosessualità nei
programmi dell’ONU e dell’UE presenta analogie ed affinità con analoghi
programmi ideati dai nazisti. Questi studiavano come ridurre drasticamente la
popolazione degli Slavi in Europa orientale, e vedevano nella normalizzazione
dell’omosessualità un’arma psicologica atta a scalzare la morale sessuale
tradizionale, portando così ad una riduzione delle nascite. Quanto più si
normalizza l’omosessualità nella vita pubblica, tanto più si relativizza la
morale sessuale. Pertanto, adesso non facciamoci illusioni: non è un fenomeno
che sparirà presto da sé, ma una strategia mondiale, ben studiata e
abbondantemente finanziata, attuata con forme più o meno sottili di coercizione.
Esiste un pericolo reale che questa ideologia, dopo aver seminato incertezza e
dubbio tra le masse, le indottrinerà e tirannizzerà sempre di più, a meno che
non ci decidiamo a lanciare una reale controffensiva. Per fare questo bisogna
abbandonare l’idea falsamente ottimista che il problema si limiti a quella
minima percentuale di persone con sentimenti omosessuali, che bisogna lasciare
che decidano per conto loro come si devono comportare nelle loro faccende
private.
Un’avversione naturale
Riuscirà l’indottrinamento gay a cambiare il pensiero della gente su sessualità
normale ed anormale?
È l’utopia che accarezzano i gay e l’élite intellettuale e politica prigioniera
della stessa ideologia. Ma si illudono. Penso che vedremo svilupparsi due ordini
di fenomeni – sempre che non ci decidiamo a svegliarci e a reagire
energicamente. Da una parte l’ideologia gay estenderà e rafforzerà la sua
tirannia su tutti i settori della vita sociale. Sarà l’omosessualizzazione della
società. Per fare qualche esempio, sarà sempre più limitata la libertà di
scrivere e parlare di omosessualità in un certo modo; sarà interdetta qualsiasi
ricerca scientifica che non sia stata approvata da una qualche commissione gay;
pubblicazioni e film saranno soggetti ad una censura gay; le chiese si
guarderanno dal pronunciare parole di “disapprovazione” sul comportamento
omosessuale; tutte le professioni e funzioni sociali saranno soggette al
rilascio di un certificato di “buona” condotta, vale a dire di condotta pro-gay,
o di una dichiarazione di adesione alla “ortodossia” gay; omosessuali praticanti
verranno privilegiati in tutte le maniere possibili, molto al di là del livello
della “pari opportunità”; sarà obbligatorio fare sì che i bambini già in tenera
età abbiano familiarità con il comportamento omosessuale. Tutto ciò sotto il
controllo inquisitorio di un’Autorità Giudiziaria “illuminata” e pro-gay. Sono
tutte cose che già adesso si verificano: basta avere occhi per vedere. Possiamo
stare sicuri che anche la pedofilia, alla fine, sarà “normalizzata” e propagata;
in maniera ipocrita, con il bambino “consenziente” – naturalmente dopo che gli
sarà stato lavato abbondantemente il cervello. I pedofili sono sempre stati
un’ala influente e attiva del movimento gay, e, una volta che l’omosessualità,
con la sfrenatezza e la promiscuità che le sono insiti, avrà raggiunto il giusto
grado di istituzionalizzazione, non ci sarà più ragione di continuare a
praticare la pedofilia in forma “clandestina” e di negarle la “parità di
diritti”. Un piano folle? Certo! Ma chi può contare su potere, denaro,
coercizione politica, indottrinamento e media servili, può arrivare molto
lontano. Questa è una faccia della medaglia.
Dall’altro lato le masse non assimileranno mai completamente la concezione
antinaturale che viene loro imposta. Andrà come con il comunismo. Molti,
probabilmente i più, presteranno all’innaturale “religione” omosessuale un culto
formale, dettatogli dalla paura, ma si finirà col crederci sempre di meno.
Allora il comportamento sociale si farà sempre più schizofrenico: da una parte
le persone si comporteranno e parleranno come il potere si aspetta da loro,
dall’altra l’avversione naturale per l’omosessualità non farà che aumentare.
Sono fenomeni che già adesso vediamo verificarsi sotto i nostri occhi, per
esempio in Olanda e in Germania, dove, secondo le illusioni di “accettazione
sociale” nutrite dai gay, dovresti aspettarti che l’indottrinamento – qui già in
corso da decenni – abbia dato ormai i suoi “frutti”. Al contrario: adesso la
stessa parola homo (“omosessuale”) è diventata un insulto tra i giovani
olandesi. Non hanno più bisogno di ricorrere ai coloriti sinonimi tradizionali,
equivalenti dell’italiano “checca” e “finocchio”. Quanto più lo Stato protegge
il lifestyle gay, tanto più isolato si trova ad essere l’omosessuale nei suoi
rapporti personali. Senza contare, poi, che la comunità islamica che cresce in
Europa non accetterà mai l’indottrinamento gay, e lo considererà sempre un segno
di decadenza dell’Occidente o del Cristianesimo. Se ne sono già accorti gli
omosessuali attivi di Amsterdam, che pensavano di aver fatto di questa città la
loro Mecca. Un’inchiesta piuttosto recente tra i giovani di Monaco di Baviera e
dintorni ha dimostrato che il 70% di loro vede l’omosessualità come una cosa
“non buona”. Non mancano, peraltro, inchieste manipolate, che possono dare
l’impressione erronea che una gran parte del pubblico abbia già assunto un
atteggiamento di accettazione nei confronti dell’omosessualità, ma, se le
domande si pongono correttamente, si scopre che la maggioranza continua a
considerarla anormale, e che, in realtà, quella che sembra accettazione è,
invece, indifferenza o correttezza politica. I gruppi omosessuali che hanno
ottenuto il permesso di propagare l’idea della loro normalità nelle scuole
medie, hanno adottato negli ultimi tempi la tattica di mandare come loro
rappresentanti giovani uomini omosessuali dall’aspetto virile e lesbiche
dall’aspetto femminile, figure certamente non rappresentative della media degli
omosessuali e delle lesbiche; hanno capito, infatti, che “checche” e “virago”
ottengono soltanto l’effetto contrario a quello desiderato.
Non mi azzardo a dire in che modo raggiungerà il suo apogeo questa tirannia
omosessuale che vediamo avanzare a grandi passi, ma sono sicuro che, prima o
poi, finirà. Per la semplice ragione che è troppo anormale. È meglio, però, non
aspettare con le mani in mano che si sgonfi da sé, perché, nel frattempo, il
fanatismo degli ideologi avrà provocato tanta miseria psichica e un tale caos da
farci sprofondare in uno stato di anarchia sessuale e sociale.
A cura di Roberto Marchesini
Qual’e’ la visione dell’Islam sull’omosessualità’?
SITO WWW.ISLAMIC.ORG: VISIONE DELL'OMOSESSUALITA'
Non c’è dubbio che in Islam l’omosessualità e’ considerata peccato.
L’omosessualità così per quanto concerne l’Islam è un profondo errore (è così
come tutti i peccati se non sono fatti con l’ intenzione di fare del male). Gli
esseri umani non sono omosessuali per natura. La gente diventa omosessuale a
causa del loro ambiente, particolarmente critico è l’ambiente durante la
pubertà. Suggerimenti e strani sogni sono sintomi o tentativi confusi di capire
nuovi e chiari desideri sessuali, e sono interpretati avventatamente e presi
come definizione da qualcuno per identificarlo/a di una sessualità o un’altra.
Se queste conclusioni sono accompagnate da atti omosessuali esse sono fortemente
rinforzate.
Gli istinti umani possono essere soggetti ad atti di volontà. La sessualita’ e’
una scelta dalla quale seguono scelte di azioni alle quali seguono scelte su che
tipo di fantasie sessuali scegli di avere. Gli esseri umani specialmente, sono
capaci di controllare i loro pensieri, intrattenerne alcuni e di eliminarne
altri.
Comunque se questo ‘libero arbitrio’ non è riconosciuto è facile poi entrare in
un ciclo di pensiero che comincia dall’accettare un’ipotesi di se stesso come
vera piuttosto che come una possibile scelta ( anche se le opzioni sono a volte
difficili). Per esempio "io sono pigro" potrebbe essere vero per qualcuno;
quando la persona che pensa questo giace a letto al mattino e osserva la sua
mancanza di azioni come evidenza della dichiarazione "io sono pigro". Così
facendo ripetutamente l’evidenza cresce e l’idea diventa fissa nella sua
identità. Può anche avere una manifestazione fisica e cambiare la sua fisiologia
e psicologia. Questo processo può svilupparsi facilmente e in qualsiasi idea,
buona o cattiva che sia, riguardo se stessi ed è basata largamente sull’evidenza
che risulta dalle azioni di una persona. L’idea può essere sono gay o sono
contento, sono soddisfatto oppure mi piace mangiare molto. La verità è che se tu
sei quello che scegli di essere tu fai quello che scegli di fare; tu pensi cosa
tu scegli di pensare. Ci può essere un’intervallo tra le cause delle scelte e
gli effetti ma ognuno può cambiare se stesso. Ci sono ex-tossicodipendenti
recuperati, o ex- compulsavi giocatori d’azzardo riformati, e ex-omosessuali. In
tutti questi peccati la prevenzione è mille volte migliore della cura ed e’
molto più semplice.
E’ stato suggerito che l’omosessualità sia stata geneticamente ereditata, e che
quelli che hanno questa predisposizione siano, più di qualsiasi altra cosa,
vittime di questa eredità . Comunque ci sono altre cose che possono
probabilmente essere geneticamente influenzate a dare predisposizioni, per
esempio il giocare d’azzardo o l’alcolismo. Potrebbe anche essere messo in
discussione (ed e’ stato fatto) che sia stato programmato nella genetica degli
uomini l’essere infedeli ai loro partner. Tutto ciò non significa che uno abbia
il diritto di farlo e comunque non previene il fatto che queste cose siano
peccati. Bere l’alcool può essere visto come un peccato in Islam anche se hai la
predisposizione ad essere un alcolizzato. Il trucco come qualsiasi
post-alcolizzato potrebbe dire, è non toccare una goccia d’alcool una volta che
si ha smesso - una lunga strada piena di difficolta’ - la tua vita è migliore
senza l’alcohol. Una volta che il desiderio è connesso con la tua identità e tu
in qualche modo ne rimani attaccato sarà sempre facile ritornare a questo
desiderio. Sarai incapace di dimenticare la soddisfazione. Il compito difficile
è ricordare la parte negativa di questo desiderio, come il sentire i postumi
della sbornia, il perdere soldi, la ripugnanza di se stessi. Semplicemente un
senso di perdita per quello che si ha perso. Ma se si vuol cambiare per il
meglio ci si deve ricordare che questo a cui si e’ vincolati con la propria
identità possono diventare sconnessi da quello che si decide di diventare.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Omosessualità (cause)
Uno degli aspetti più interessanti del dibattito relativo all'omosessualità è la
cosiddetta questione delle "cause".
Nel corso dei secoli, innumerevoli teorie sono state presentate per spiegare la
ragione del comportamento omosessuale nell'essere umano. Dall'influsso astrale
alla punizione divina, dalla depravazione morale alla decadenza sociale,
dall'influsso diabolico alla malattia psichica, da difetti di tipo ormonale o
cromosomico a difetti della crescita della personalità, non esiste praticamente
aspetto della vita umana che non sia stato usato per "spiegare" l'omosessualità.
Indice
[nascondi]
• 1 Il dibattito sulle cause del comportamento omosessuale
o 1.1 Teorie genetiche e biologiche
1.1.1 Bibliografia
o 1.2 Teorie comportamentali
1.2.1 Bibliografia
• 2 Altri progetti
• 3 Collegamenti esterni
o 3.1 Teorie di altro tipo
3.1.1 Nel pensiero religioso
3.1.2 Nel pensiero postmoderno
3.1.3 Bibliografia
3.1.4 Collegamenti esterni
• 4 Problemi di metodo di ricerca
o 4.1 Bibliografia
o 4.2 Collegamenti esterni
• 5 La cancellazione dell'omosessualità dagli elenchi di malattie mentali
dell'APA e dell'OMS
o 5.1 La revisione del 1973
o 5.2 L'opposizione alla revisione
o 5.3 L'ulteriore revisione del 1987: omosessualità "ego-sintonica" ed
"ego-distonica"
o 5.4 I motivi scientifici della cancellazione
o 5.5 Il DSM dell'OMS e le revisioni del 1974 e 1994
o 5.6 Situazione attuale
o 5.7 Collegamenti esterni
o 5.8 Bibliografia
• 6 Bibliografia generale della voce: Omosessualità (cause)
o 6.1 Voci correlate
o 6.2 Altri progetti
o 6.3 Collegamenti esterni
[modifica] Il dibattito sulle cause del comportamento omosessuale
Un elenco delle teorie fino ad oggi proposte non è inutile, perché fa parte
della storia della cultura, e contribuisce a spiegare il motivo della difficoltà
di accettazione sociale della persona omosessuale nell'ambito sociale.
Ma al tempo stesso non è inutile notare come la domanda delle "cause delle
tendenze omosessuali" sia una domanda mal posta. La domanda corretta, infatti,
riguarda le "cause delle tendenze sessuali" in genere. E non solo per quanto
riguarda la razza umana, ma anche per quanto riguarda gli animali in genere,
dato che occorre spiegare come un simile comportamento, non utile per la
propagazione dei geni, abbia resistito alla selezione naturale e si riscontri
presso tutti gli ordini animali che usano la sessualità per la riproduzione. Ma
di questo diremo dopo avere esaminato le teorie correnti.
Tendenzialmente possiamo suddividere le teorie esistenti in due categorie, a
seconda del tipo di fattore che si ritiene determini (o predisponga)
l'orientamento sessuale.
1. Alcune teorie fanno riferimento al cosiddetto determinismo biologico, secondo
il quale sarebbero fattori biologici (ad esempio genetici o ormonali) a
determinare o predisporre l'orientamento sessuale.
2. Le altre teorie (ad esempio la psicoanalisi), sono riconducibili al dominio
della psicologia e analizzano il comportamento e l'orientamento sessuale in
termini di mente o di esperienze.
Alcune teorie non ricadono però fra quelle sopra elencate perché rifiutano il
concetto stesso di "tendenza omosessuale", e quindi la ricerca delle sue
"cause".
• Da un punto di vista religioso, esistono teorie che spiegano il comportamento
omosessuale in termini di "vizio".
• Da un punto di vista filosofico/antropologico, alcuni studiosi analizzano la
genealogia dell'orientamento sessuale, formulando ipotesi sull'origine di tutte
categorie che descrivono la sessualità e criticandone l'espressività. Da queste
considerazioni e da analoghe considerazioni sulla natura del corpo e della sua
rappresentazione si sviluppa la cosiddetta "teoria queer".
Vediamo qui di seguito questi tre diversi approcci.
[modifica] Teorie genetiche e biologiche
Alcuni studi hanno avanzato l'ipotesi che nella genesi dell'omosessualità
possano essere coinvolti fattori genetici o biologici. In alcune vecchie
ricerche sarebbero stati rinvenuti in omosessuali maschi livelli di androgeni
più bassi del normale. Ma l'indirizzo recente delle più accreditate scuole di
endocrinologia dimostra invece il contrario: non sussiste alcuna differenza di
profilo e qualità ormonale tra i maschi omosessuali e quelli eterosessuali. In
altri lavori è stata anche descritta una risposta anomala all'inoculazione di
estrogeni con aumento della concentrazione di ormone luteinizzante.
Da ciò si è ipotizzato che gli estrogeni, qualora presenti in concentrazione
normale durante lo sviluppo prenatale, siano capaci di determinare un
orientamento sessuale caratterizzato da interesse nei confronti delle donne
mentre una diminuzione di tali ormoni (od una insensibilità tissutale alla loro
azione) determinerebbe la comparsa di un orientamento sessuale verso i maschi. È
da riferire comunque che i dati ottenuti da questi studi non sono stati
confermati da lavori successivi.
A sostegno dell'ipotesi descritta, comunque, vi è anche la constatazione che
bambine sottoposte a livelli eccessivi di ormoni maschili durante la gestazione
tendono ad essere più aggressive e meno femminili. Si è anche visto che in
gruppi di donne con elevati livelli di ormoni surrenalici la quota di omo- o
bi-sessualità tende ad essere maggiore rispetto al resto della popolazione.
Si è anche notato lo sviluppo di un carattere meno aggressivo in maschi che
durante lo sviluppo hanno avuto livelli più elevati di ormoni femminili.
Studi sui gemelli hanno rilevato una maggiore concordanza di omosessualità tra
gemelli omozigoti rispetto a quelli dizigoti. Pare, inoltre, che maschi
omosessuali tendano ad avere un maggior numero di fratelli anch'essi omosessuali
rispetto agli eterosessuali.
Sono stati pubblicati anche lavori che hanno ricevuto una forte attenzione dagli
scienziati e dai mezzi d'informazione:
• nel 1991, sulla rivista Science, apparve un articolo che riferiva che le
cellule di una specifica regione dell'ipotalamo anteriore erano più piccole in
maschi omosessuali e nelle donne rispetto ai maschi eterosessuali,
• nel 1993, sempre sulla rivista Science, apparve un articolo che indicava come
in un gruppo di 40 famiglie con due fratelli omosessuali venisse condivisa una
regione subtelomerica del braccio lungo del cromosoma X,
Tutti questi lavori, comunque, non sono assolutamente conclusivi per stabilire
se effettivamente l'omosessualità abbia o meno una base genetica e pertanto sono
necessarie ricerche più approfondite.
[modifica] Bibliografia
• S. LeVay, A difference in hypothalamic structure between heterosexual and
homosexual men., Science, 30 agosto 1991, 253(5023):1034-7.
• D.H. Hamer, S. Hu, V.L. Magnuson, N. Hu, A.M. Pattatucci, A linkage between
DNA markers on the X chromosome and male sexual orientation, Science, 16 luglio
1993, 261(5119):321-7.
[modifica] Teorie comportamentali
Nell'ambito delle scienze del comportamento alcuni studiosi ritengono che
l'orientamento omosessuale possa essere dovuto a problemi nella fase di
riconoscimento-identificazione con il genitore del medesimo sesso. In
quest'ottica l'omosessualità apparirebbe quindi come una alterazione del
comportamento, che potrebbe essere modificata con una terapia mirata.
[modifica] Bibliografia
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci adesso ad ampliarla.
[modifica] Altri progetti
• Commons contiene file multimediali su Omosessualità (cause)
• Wikiquote contiene citazioni di o su Omosessualità (cause)
[modifica] Collegamenti esterni
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci adesso ad ampliarla.
[modifica] Teorie di altro tipo
[modifica] Nel pensiero religioso
Il pensiero di tipo religioso in genere non riconosce la questione delle "cause"
dell'omosessualità se non in quanto problema morale.
In altre parole, il pensiero religioso tende a non riconoscere (la parola
"tende" è dovuta al fatto che all'interno delle singole chiese si riscontrano
tesi spesso molto diversificate in proposito) l'omosessualità come una
condizione in qualche modo "innata", e quindi rifiuta di riconoscere il
comportamento omosessuale esclusivo come il frutto di una tendenza individuale,
pari (se non addirittura di pari dignità) a quella che dà vita al comportamento
eterosessuale esclusivo. Al contrario, il pensiero religioso tende a postulare
una natura umana universale, unica e uguale per tutti gli esseri umani; a causa
di tale postulato, quindi, chi abbia comportamenti contrari a quelli richiesti
dalla "natura", lo farà per vizio o per scelta morale "contronatura".
Da questo punto di vista, per semplificare con un esempio, il comportamento
omosessuale può essere paragonato non a quello di un mancino, che ha preferenze
diverse in base a una "natura" diversa, bensì a quello del tossicomane che, è
vero, è fortemente legato al bisogno di ripetere i gesti che gli procurano
piacere, ma al tempo stesso non è legato alla sua condizione di
tossicodipendenza da altro che non sia una mancanza di volontà morale di
rinunciare a questo comportamento. Il suo non è certo un bisogno "naturale", o
anche solo "connaturato" al suo essere, ma è un bisogno "esterno", che può
essere combattuto e sconfitto, se ne ha la volontà. Nello stesso modo,
l'omosesusalità risponde forse ad un bisogno, ma è un bisogno falso, estraneo
alla natura dell'essere umano. Al contrario, per continuare con questo esempio,
l'eterosessualità risponde al bisogno di mangiare o bere o dormire, che sono
bisogni "naturali" e innati.
In base a questo ragionamento, l'omosessualità viene definita "contro natura".
A titolo di esempio di questo punto si vista si citerà qui il dottore della
chiesa san Tommaso d'Aquino che affrontò il problema posto dai Problemata
attribuiti ad Aristotele, che postulavano che il comportamento omosessuale
potesse essere "connaturale secundum quid", cioè connaturato a una natura
speciale di un individuo, ad esempio per una conformazione fisica diversa:
"Contingit enim in aliquo individuo corrumpi aliquod principiorum naturalium
speciei; et sic id quod est contra naturam speciei, fieri per accidens naturale
huic individuo", cioè "Può accadere che in qualche individuo possa corrompersi
qualcosa dei principii naturali della specie, e così ciò che è contro la natura
della specie, diventi per accidente connaturale a tale individuo" (Summa
theologica, I ii, 31, 7 co.). L'Aquinate risolve il dubbio affermando che ciò è
comunque possibile solo nel caso di una natura corrotta. Prendiamo per esempio
il caso di un malato di rabbia che provi disgusto per l'acqua, per quanta sete
possa avere: il suo caso non implica affatto che sia "naturale" provare disgusto
per l'acqua. Dunque, il comportamento omosessuale può essere "connaturato" solo
secondo una natura malata, mai secondo la retta natura umana. L'atteggiamento di
molte chiese cristiane, convinte del fatto che con la volontà e la preghiera sia
possibile "guarire" dall'omosessualità (una convinzione espressa in associazioni
che sono la loro emanazione, come Exodus International, Courage, e Living
Waters, quest'ultima operante anche in Italia), presuppone alla sua base una
spiegazione eziologica di questo tipo.
[modifica] Nel pensiero postmoderno
Su un altro versante, frutto dell'approccio filosofico legato al postmodernismo
(ad esempio nel decostruttivismo e nella sua specifica espressione legata al
mondo omosessuale, la teoria queer), le categorie di omosessuale ed
eterosessuale vengono postulate come mere "costruzioni sociali", frutto dei
"discorsi del potere". Per questo motivo anche la teoria queer, come il pensiero
religioso, ma per tutt'altri motivi, postula l'inesistenza della "tendenza
sessuale", ritenendo tutti gli esseri umani egualmente predisposti a tutti i
comportamenti sessuali. Solo l'educazione e la "educastrazione" modellano,
secondo le esigenze del Potere, la sessualità umana, che per natura è liquida e
cangiante, riducendone l'espressione ad una sola espressione, etero od
omosessuale.
In questa ottica la questione delle "cause" dell'omosessualità non si pone, in
quanto l'omosessualità non esiste, se non in quanto costruzione sociale e
culturale, destinata però a scomparire dopo che la Rivoluzione avrà abbattuto le
limitazioni, le definizioni e i limiti che sono stato creati artificialmente dal
Potere.
[modifica] Bibliografia
• Bruto Maria Bruti, Omosessualità: vizio o programmazione biologica?,
"Cristianità" n. 243-244, 1995, pp. 5-12. Propende per la tesi del vizio.
[modifica] Collegamenti esterni
• (EN) Exodus. Gruppo fondamentalista cristiano, sostenitore della cura delle
persone omosessuali.
• Narth: Omosessualità, si può uscirne. Scritto del più attivo gruppo religioso
anti-gay, che sostiene la possibilità di guarire dall'omosessualità.
• (EN) Ex-gay leader confronted in gay bar 23/9/2000. "Southern Voice" Il caso
di John Paulk, leader del movimento degli Ex-gays cristiani, autore di un libro
sulla guarigione dall'omosessualità, scoperto e fotografato da Wayne Besen
mentre "socializzava" in un bar gay di Washington. Alla sua guarigione era stata
dedicata una copertina di "Newsweek".
[modifica] Problemi di metodo di ricerca
Esaminando le teorie proposte per spiegare le cause dell'omosessualità, è
evidente l'assenza di un nucleo minimo di dati che riesca ad ottenere il
consenso di una maggioranza dei ricercatori. Da questo punto di vista, quindi, è
lecito affermare che al momento attuale la "causa" dell'omosessualità non è
nota, e che a proposito abbiamo, per ora, unicamente ipotesi.
Questo non vuol dire che sia filosoficamente impossibile arrivare a dare una
risposta a questa domanda. Significa solo che, al momento attuale, nessuna
teoria eziologica è riuscita a raggiungere il livello minimo di verificabilità
richiesto dalla scienza per definire "vera" una teoria.
Il limite di queste ricerche è stato, finora, la ricerca di una spiegazione
della genesi dell'omosessualità che prescinde dalla domanda sulla genesi
dell'eterosessualità. Una parte eccessiva di tali ricerche postula infatti
l'eterosessualità come un dato che esiste in sé e per sé, che non ha bisogno di
spiegazioni, che non ha uno sviluppo, che non ha una storia diacronica ma è un
dato fisso, eterno, uguale a sé stesso da tutti i secoli e nella vita di ogni
singolo individuo. Il che equivale, dal punto di vista metodologico, a voler
spiegare cosa sia il ghiaccio rifiutando di sapere cosa siano l'acqua o il
vapore: un approccio scientifico che postulasse, a priori, che acqua e ghiaccio
sono realtà diverse, non studiabili contemporaneamente, non otterrebbe in
effetti "spiegazioni" più di quante ne abbia ottenute la ricerca sulle cause
dell'omosessualità.
Una ricerca sulle cosiddette "cause" dell'omosessualità potrà quindi ambire ad
uno status scientifico soltanto se:
• riesce a spiegare lo sviluppo della intera sessualità umana, e non solo della
piccola frazione che si esprime in modo omosessuale. Da questo punto di vista,
quindi, gli studi dovrebbero essere indirizzati in primo luogo a capire la
genesi dell'eterosessualità, che è il comportamento sessuale prevalente nella
società. Viceversa, la ricerca su questo tema non suscita alcun entusiasmo. In
questa anomalia si riscontra un bias (distorsione) da parte dei ricercatori, che
evitano di studiare ciò che la società giudica in-discutibile, concentrando la
ricerca su ciò che invece è giudicato "controverso". In tal modo però si
pretende di comprendere l'eccezione senza avere una chiara idea di quale sia la
regola. Questo non è un metodo scientifico valido, e non a caso dopo un secolo e
mezzo di studi non si è ancora avuto alcun risultato indiscutibile.
• riesce a spiegare la presenza della tendenza omosessuale all'interno del mondo
animale. Qualunque spiegazione eziologica che si limiti al solo dato culturale
ignora il fatto che l'omosessualità esclusiva è stata osservata in moltissime
specie animali. Qualunque spiegazione che si limiti al solo dato biologico,
invece, ignora il fatto che la sessualità è, per la razza umana, un dato niente
affatto "puramente biologico", ma è fortemente plasmato dalla cultura. Dunque,
una spiegazione eziologica deve essere in grado, per essere soddisfacente, di
tenere presenti entrambi questi aspetti. Cosa che nessuna delle proposte
presentate fino ad oggi è stata in grado di fare.
• riesce a spiegare quale sia il vantaggio riproduttivo che consente al
comportamento omosessuale di non essere eliminato dalla selezione naturale.
Infatti, se non esistesse un elemento vantaggioso nel fattore, qualunque esso
sia, che causa l'omosessualità esclusiva, allora non si spiegherebbe la sua
perpetuazione, nonostante essa incida sull'aspetto su cui la selezione naturale
è massimamente sensibile: la riproduzione. Da questo punto di vista, il modello
teorico della spiegazione potrebbe essere simile a quello che spiega in quale
modo i difetti genetici causa delle talassemie non sono stati eliminati dal pool
genetico delle popolazioni viventi nelle aree colpite dalla malaria. In forma
omozigote, infatti, il gene difettoso provoca anemia e morte, ma se è presente
in una sola copia, allora conferisce alla prole resistenza alla malaria. Chi
invece non possedesse affatto il gene difettoso sarebbe maggiormente soggetto ad
ammalarsi e morire di malaria, e quindi perpetuerebbe meno i propri geni, per
quanto essi siano "sani".
Il problema epistemologico è stato espresso in modo chiaro, sia pure
paradossale, da Helena Cronin, Il pavone e la formica, Il Saggiatore, Milano
1995, p. 378:
"Consideriamo lo sconcertante comportamento evoluzionistico dell'omosessualità.
Esso potrebbe essere un adattamento, come hanno suggerito alcuni autori (per es.
Trives, R.L., Parent-offspring Conflict, in "American Zoologist", 14 1974, p.
261; Wilson, E. O., Sociobiologia: la nuova sintesi, Zanichelli, Bologna 1979,
pp. 561-562; Wilson, E. O., On Human nature, Harvard University Press, Cambridge
1978, pp. 142-147), o una patologia, come ha sostenuto da molto tempo la maggior
parte degli esponenti della professione medica.
Ma (secondo Ridley, Mark e Dawkins, Richard, The natural selection of altruism,
in Rushton, J.P. e Solentino, R.M. (a cura di), Altruism and helping behavoir,
Lawrence Erlbaum, Hillsdale, New Jersey 1981, pp. 32-33), se esistono "geni
dell'omosessualità", potrebbero essere geni che, nel nostro ambiente
pleistocenico - che differiva dal nostro mondo moderno sotto alcuni aspetti
cruciali (come per esempio il fatto di dormire sempre con i genitori e mai da
soli) - dovettero esprimersi in modo del tutto diverso, forse come una capacità
utile di percepire l'odore della preda o di arrampicarsi rapidamente su alti
alberi.
Non si devono ovviamente prendere sul serio i particolari di questo esempio
fantasioso, mentre va preso sul serio il modello di come dobbiamo concepire
l'espressione fenotipica".
[modifica] Bibliografia
• (EN) Bruce Bagemihl, Biological exuberance. Animal homosexuality and natural
diversity, St Martin's press, New York 1999.
[modifica] Collegamenti esterni
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci adesso ad ampliarla.
[modifica] La cancellazione dell'omosessualità dagli elenchi di malattie mentali
dell'APA e dell'OMS
[modifica] La revisione del 1973
Nel 1973 l'influente American Psychiatric Association (APA) prese atto
dell'assenza di prove scientifiche che giustificassero la precedente
catalogazione dell'omosessualità come patologia psichiatrica, cancellandola dal
suo elenco delle malattie mentali, il Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders. La decisione arrivò solo dopo un sofferto dibattito, durato
decenni, aperto dalle ricerche di Evelyn Hooker (soprattutto dal suo
fondamentale "The adjustment of the male overt homosexual", del 1957), e
accelerato da un'azione di contestazione da parte di psichiatri vicini alle idee
del neonato movimento di liberazione omosessuale. Il capofila di questa
battaglia fu lo stimato psichiatra (non gay) Judd Marmor (1910-16 dicembre
2003), autore di numerosi studi in materia di omosessualità, che sarebbe
successivamente stato presidente dell'APA nel 1975-1976.
[modifica] L'opposizione alla revisione
Tuttavia alcuni psichiatri, guidati da Edmund Bieber e Charles Socarides,
contestarono aspramente la revisione dell'elenco, sostenendo che l'omosessualità
è sempre una patologia e che è possibile (anzi, è doveroso) curarla. Allo scopo
di contrastare la revisione dell'elenco delle malattie mentali avanzarono
inoltre una richiesta insolita, ottenendo che la cancellazione
dell'omosessualità fosse sottoposta a un vero e proprio referendum tra tutti gli
iscritti all'APA. Il referendum, tenuto per posta, confermò comunque la
decisione favorevole alla cancellazione. Gli oppositori della decisione
continuarono comunque, dentro ed anche fuori dell'APA, la loro battaglia per il
reinserimento dell'omosessualità nell'elenco delle malattie mentali, fondando a
tale scopo apposite organizzazioni internazionali molto attive e molto ben
finanziate, in genere d'ispirazione religiosa, quale il Narth, la en:National
Association for Research and Therapy of Homosexuality nato nel 1992, oggi
presente anche in Italia, che lotta "perché sia garantito agli omosessuali il
diritto a farsi curare". Religiosa è anche l'ispirazione dei principali studiosi
che oggi criticano tale decisione, come il filosofo cattolico Joseph Nicolosi
(presidente del Narth), o lo psichiatra Gerard van den Aardweg.
La cancellazione viene spesso criticata da associazioni come il sopra citato
Narth obiettando che la condizione di malattia mentale non si decide in base a
un voto a maggioranza. L'obiezione è sensata, ma tace il fatto che furono gli
oppositori della revisione, e non i sostenitori, a chiedere una procedura
anomala quale un referendum, rifiutando le procedure normali in questi casi.
[modifica] L'ulteriore revisione del 1987: omosessualità "ego-sintonica" ed
"ego-distonica"
A tutto ciò va aggiunto il fatto che, contrariamente a quanto si crede,
l'omosessualità non fu affatto cancellata in quanto tale dal manuale dell'APA,
tant'è che fino al 1992 fu negata l'iscrizione delle persone dichiaratamente
omosessuali all'APA. In un primo momento, infatti, dall'elenco fu depennata solo
la cosiddetta "omosessualità ego-sintonica", ossia la condizione
dell'omosessuale che accetta la propria tendenza e la vive con serenità.
Viceversa, nell'elenco dell'APA rimase fino al 1987 la "omosessualità
ego-distonica", ossia il caso della persona omosessuale che non si accetta come
tale; a questa persona i terapeuti potevano continuare a proporre cure mirate
alla trasformazione in eterosessuale.
Questa decisione, giudicata di compromesso, oltre a non soddisfare gli
oppositori della cancellazione, suscitò molte critiche sia del movimento di
liberazione omosessuale, sia di una parte consistente degli iscritti dall'APA,
secondo i quali il compito della loro professione era aiutare l'"omosessuale
ego-distonico" a diventare "sintonico", ossia ad accettarsi come tale, e non
modificarne la tendenza sessuale. Tale contestazione si basava sul fatto che le
ricerche compiute in quegli anni, sottoponendo a revisione critica le nozioni
date per scontate nei decenni precedenti, stavano evidenziando numerosi problemi
metodologici che ne mettevano in dubbio l'attendibilità scientifica.
[modifica] I motivi scientifici della cancellazione
Fra i difetti e le forme di bias più comuni apparivano:
1. limitatezza del campione studiato. Alcune teorie erano state formulate su
campioni ridottissimi, anche inferiori alle dieci persone, e i risultati erano
statisticamente non significativi.
2. mancanza di un gruppo di controllo. Alcune teorie erano state formulate senza
verificare se le condizioni riscontrate in persone omosessuali fossero presenti
anche in un gruppo di controllo di persone eterosessuali di condizione simile.
In altri casi il gruppo di controllo era presente, però era stato confrontato un
campione di omosessuali con disturbi psichiatrici e un campione di eterosessuali
privi di disturbi.
3. bias di selezione del campione di studio. La gran parte degli studi sugli
omosessuali era stata compiuta su pazienti psichiatrici, e i disturbi da essi
provati erano stati attribuiti all'omosessualità. Gli studi di Evelyn Hooker su
omosessuali non psichiatrici, al contrario, non riscontrarono differenze sulla
percentuale di persone ben integrate ("well adjusted") che era presente nel
campione di omosessuali e nel campione di controllo, composto da eterosessuali
non psichiatrici. Un'altra forma di bias consisteva nell'accettazione in terapia
solo di pazienti bisessuali o "sessualmente confusi" (per esempio prostituti
adolescenti), con l'esclusione degli omosessuali "confermati". In questi casi,
la percentuali di "guarigioni" risultava altissima, ma solo per il fatto che le
persone "in cura" non erano mai state omosessuali.
4. bias di altro tipo. L'argomento dell'omosessualità, che è stato oggetto per
secoli di pregiudizi radicati, richiede un approccio particolarmente cauto per
evitare che i pregiudizi influiscano sui risultati finali. In una situazione del
genere, la scienza applica il procedimento del "doppio cieco". Nel caso delle
ricerche sull'omosessualità, invece, questo metodo non era stato praticamente
mai usato.
5. mancanza di follow-up. Alcuni terapeuti vantavano altissimi tassi di
"guarigione" di omosessuali, che pubblicizzavano anche attraverso pubblicazioni
dirette al grande pubblico. Molti però omettevano di riferire se col passare del
tempo i pazienti fossero tornati o meno al loro comportamento precedente. Alcune
ricerche in tal senso andavano rivelando percentuali significative di ritorno al
comportamento omosessuale.
6. non replicabilità degli studi. Semplicemente, l'elevata percentuale di
"guarigioni" vantata da un certo autore non aveva luogo quando la medesima
terapia veniva tentata da altri suoi colleghi.
La credibilità e l'efficacia delle terapie dell'omosessualità venne quindi messa
in questione fra gli stessi iscritti all'APA da tutti questi motivi assieme, e
non da un unico motivo, fosse pure un'azione di lobbying da parte del movimento
gay statunitense.
Il quale effettivamente giudicava come la prova d'una discriminazione l'assenza
nel manuale diagnostico di una corrispondente categoria per l'"eterosessualità
ego-distonica", e chiedeva la cancellazione pura e semplice dell'omosessualità
dal manuale stesso.
Tuttavia, descrivere (come fa il Narth) la decisione dell'APA quale "cedimento"
di fronte alle proteste del movimento gay si può fare solo a patto di cancellare
i risultati di alcuni decenni di ricerche scientifiche. La decisione dell'APA
ebbe infatti basi scientifiche e non politiche, anche se è corretto affermare
che la pressione politica esercitata dal movimento gay contribuì ad accelerare
il processo decisionale, evitando le lungaggini burocratiche che si
riscontrarono invece nel caso dell'OMS.
[modifica] Il DSM dell'OMS e le revisioni del 1974 e 1994
In questo secondo caso, l'omosessualità era stata inclusa nel primo DSM (Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fra i “disturbi sociopatici di
personalità”; nel 1968 il DSM II la classificava come “deviazione sessuale”
insieme a pedofilia, necrofilia, feticismo e transessualismo, infine nel 1974 fu
eliminata l’omosessualità ego-sintonica dal DSM III, ma vi fu aggiunta
l'omosessualità ego-distonica.
Dal DSM, che fa testo in tutto il mondo, l'omosessualità ego-distonica sarebbe
stata cancellata soltanto con decisione presa il 17 maggio 1990, destinata ad
entrare in vigore a partire con la promulgazione della nuova edizione del DSM
IV, il 1 gennaio 1994.
[modifica] Situazione attuale
Dopo la cancellazione dell'omosessualità ego-distonica dalla lista dell'OMS, la
posizione ufficiale del mondo scientifico, sia negli Usa, sia negli altri Paesi
occidentali, ivi inclusa l'Italia, è che l'omosessualità costituisce "una
variante del comportamento sessuale umano".
Il compito dell'operatore della salute mentale (psicologo, psichiatra,
psicoterapeuta) di fronte a un caso di omosessualità ego-distonica è pertanto
aiutare il paziente ad armonizzare la sua tendenza con il resto della
personalità in modo ego-sintonico, e non quello di modificarne la tendenza.
Posizioni in contrasto con questo enunciato sono contrarie alla posizione
ufficiale degli albi professionali degli operatori della salute mentale.
Tuttavia l'ex Presidente della American Psychological Association, Robert
Perloff, specializzato in psicologia industriale e dei consumi e sostenitore
della relazione tra razza e intelligenza, in una conferenza che si è tenuta a
Washington DC il 14 dicembre 2004, ha espresso la sua convinzione che agli
omosessuali deve essere riconosciuta la libertà di accedere alla terapia. Pure
l’American Counselling Association (per psicologi che praticano l’orientamento)
si è fatta sostenitrice del principio che alle persone con tendenze omosessuali
va lasciata la libertà di scegliere se farsi trattare o no. Tali prese di
posizione sarebbero impensabili, se l’esperienza insegnasse che tali trattamenti
sono dannosi. Articoli in cui si fanno presenti risultati positivi di
trattamenti sono già apparsi in riviste specializzate di psicologia (p.e. in un
numero di Professional Psychology: Research and Practice, 2002).
[modifica] Collegamenti esterni
• (EN) APA statement (1973). Il testo originale della dichiarazione dell'APA.
• (EN) La posizione ufficiale dell'APA oggi sull'omosessualità.
• (EN) Homosexuality and mental health. Articolato saggio su "Omosessualità e
salute mentale", favorevole alla decisione della cancellazione.
• Omosessualismo & omosessualità. Dal sito "Kattolico.it"; fermamente contrario
alla tesi della non patologicità dell'omosessualità.
[modifica] Bibliografia
Questa sezione è solo un abbozzo. Se puoi, contribuisci adesso ad ampliarla.
[modifica] Bibliografia generale della voce: Omosessualità (cause)
• Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile: un nuovo approccio, con presentazione
di Chiara Atzori e postfazione di padre Livio Fanzaga S.P., trad. it., Sugarco,
Milano 2002, pp. 182. Sostiene che l'omosessualità è una malattia, e come tale
può essere curata. L'autore è cattolico, ed è il presidente del Narth. Una
dettagliata recensione elogiativa è sul sito "Alleanza cattolica".
• Gerard Van den Aardweg, Omosessualità e speranza, Ares, Milano 1985. Opera di
un gesuita, sostiene le stesse tesi di Nicolosi.
[modifica] Voci correlate
• Bisessualità
• Eterosessualità
• Gay
• Lesbismo
• LGBT
• Omosessualità e religione cattolica
• Omosessualità e Testimoni di Geova
• Omosessualità negli animali
• Teoria queer
• Transessualismo
• Uranismo
[modifica] Altri progetti
[modifica] Collegamenti esterni
• Omosessualità e sessuologia