Oggi il convegno voluto da Ahmadinejad per ridiscutere l'Olocausto
Grande segretezza sui partecipanti. Sarebbero 63 di 30 diversi paesi
Alla conferenza di Teheran
tra antisemiti e falchi del regime
di VANNA VANNUCCINI
Manouchehr Mohammadi, viceministro degli Esteri, è l'organizzatore della
conferenza
TEHERAN
- No, non ci saranno difficoltà per il visto, se lei vuole partecipare alla
Conferenza internazionale sull'Olocausto, mi avevano detto all'ambasciata
iraniana a Roma. Anzi, poiché lei sostiene che l'Olocausto è stato una, se non
la più grande tragedia del Novecento, perché non manda un paper? Il presidente
Ahmadinejad ha detto che l'Olocausto sarà finalmente un tema di dibattito serio,
dopo che per 60 anni è stato considerato un crimine in Occidente senza che vi
sia stata discussione seria nei media o nelle riunioni politiche e popolari. La
conferenza, come ha spiegato il vice ministro degli Esteri Manucher Mohammadi
"darà un'opportunità a tutti gli studiosi per far conoscere le loro opinioni in
piena libertà".
C'era voluto un po' per spiegare che no, io non chiedevo un visto per
"partecipare" alla conferenza, ma solo per osservare, da giornalista,
un'iniziativa deprecata in tutto il mondo e fortissimamente voluta invece dal
presidente Ahmadinejad, che vede nell'opposizione incendiaria contro Israele un
modo per unificare i suoi obietivi strategici, guadagnare alleati tra le masse
arabe e tenr fede al mandato ideologico khomeinista. Secondo Ahmadinejad lo
sterminio organizzato di milioni di ebrei, compiuto dalla Germania nazista negli
ultimi due anni della Seconda Guerra mondiale, sarebbe "una leggenda".
Il presidente parla di "una rete sionista"che in combutta con gli Stati Uniti ha
manipolato la storia in modo da giustificare la colonizzazione della Palestina
da parte dei sionisti e annientare il popolo tedesco nei sensi di colpa. Non a
caso il titolo della conferenza è volutamente ambivalente: "Review of the
Holocaust" si chiama, con un termine - review - che in inglese significa sia
"studio" sia appunto "revisione".
Se anche a una semplice giornalista veniva offerto di partecipare come "studiosa
dell'Olocausto" c'è da pensare che non sia stato facile per gli organizzatori
trovare un numero adeguato di partecipanti - anche se di questi tempi la
sfortunata equazione tra politica israeliana e solidarietà ebraica ha
contribuito a far rinascere nuovi risentimenti antisemiti - soprattutto nel
mondo islamico ma anche tra i radicali occidentali (di estrema destra e qualche
volta anche di estrema sinistra). Comunque sia, il ministero degli Esteri ha ora
ufficialmente annunciato che alla conferenza parteciperanno 63 "scienziati" di
30 paesi. I paesi sono stati resi noti (c'è, pare, anche l'Italia) ma i nomi
degli scienziati no. Il motivo di tanta segretezza, è stato spiegato, era
evitare che ai partecipanti venissero ritirati i passaporti dai loro democratici
paesi come Germania o Austria dove i negazionisti - per esempio l'ex avvocato
della Rote Armée Fraktion Horst Mahler o lo storico inglese David Irving,
entrambi invitati - siedono in prigione. In Germania, vale la pena notarlo, in
questo stesso momento nelle stazioni ferroviarie verrà aperta una mostra sulle
deportazioni degli ebrei nei vagoni blindati della Deutsche Reichsbahn, le
ferrovie del Reich.
I nomi li sapremo dunque, a sorpresa, all'inizio della conferenza. Ma anche la
sede non è stata scelta a caso. L'Istituto del Ministero degli Esteri per gli
Studi Politici e Internazionali che la ospita ha fama di un istituto
rispettabile, dove si sono tenuti in passato convegni di prestigio accademico e
diplomatico.
Elegantemente situato sulla via Aghai, che scende dal viale Niavaran, percorsa
da uno dei tanti ruscelli che discendono dalle montagne dell'Alborz, è stato uno
dei centri dove si è sviluppato il "Dialogo delle civiltà" voluto dal presidente
riformatore Khatami. Nella libreria accanto all'ingresso del centro sono esposti
in vetrina una "Enciclopedia della Democrazia", un volume sulla "Diplomazia
digitale" e uno su "L'essenza e gli obietivi della teoria della relazioni
internazionali". Nei giorni scorsi è stato aggiunto in prima fila anche un
volume sull'Olocausto, accanto a un cartello dove è scritto a mano: abbiamo
anche il Corano e il Mafatih (una raccolta di preghiere per le quali è famoso il
Quarto Imam sciita).
Al dialogo delle civiltà Khatami aveva specificatamente invitato anche "gli
studiosi ebrei". Diceva che l'antisemitismo era stato un fenomeno unicamente
occidentale che non aveva precedenti nel mondo islamico. Fu il primo - insieme
all'amico e suo ministro dell'Interno Abdullah Nouri, poi processato dal
Tribunale religioso per apostasia - a cambiare il tono della retorica del
regime. Nel 2002, quando il principe saudita Abdullah propose il riconoscimento
collettivo dello Stato d'Israele da parte di tutti gli Stati arabi se Israele si
fosse ritirato dai territori occupati, Khatami prese l'iniziativa: "Onoreremo
tutto quello che il popolo palestinese accetterà", disse e il suo ministro degli
Esteri Kharrazi definì la proposta "la più generosa iniziativa di pace da parte
degli Stati arabi". Una particolare combinazione di eventi interni (l'ascesa dei
riformatori) ed esterni (il processo di pace che prometteva finalmente di
progredire) spinse allora perfino il Leader supremo Khamenei a non opporsi al
nuovo corso, modificando una politica che era stata uno dei pilastri del regime
fin dalla rivoluzione.
Nell'opposizione a Israele Khomeini aveva infatti identificato un collante per
unificare gli ayatollah, che da sempre consideravano lo Stato ebraico un'entità
illegittima che aveva usurpato la sacra terra musulmana, e i rivoluzionari
laici. Khomeini aveva denunciato lo Scià come "agente del sionismo"e durante la
guerra contro l'Iraq i martiri che s'immolavano sulle mine di Saddam Hussein
venivano definiti eroi che combattevano per Gerusalemme. "La via per Gerusalemme
passa per Kerbala" era il motto.
E ora che la via per Gerusalemme non passa per Kerbala da dove passa? ha
domandato ironicamente uno studente del politecnico Amir Kabir al capo
negoziatore del dossier nucleare Ali Larijani quando questi, un mese fa, tenne
agli studenti del politecnico una lezione sull'energia nucleare. Ormai perfino
una domanda innocentemente ironica come quella sembra diventata impossibile.
Ieri mattina c'era allarme rosso nelle università di Teheran dopo che alcune
centinaia di studenti del Politecnico avevano annunciato una protesta "per
chiedere più libertà". Università circondate dalla polizia, vietatissimo a tutti
l'ingresso, controlli ad ogni incrocio, traffico impazzito. Questo è l'Iran di
oggi: un radicale alla presidenza, che sta accumulando sempre più potere;
un'opposizione riformatrice senza speranza; e un complesso militare che aspira
alle armi nucleari.
(11 dicembre 2006Intanto a Teheran si è aperta la conferenza sull'Olocausto
Iran: contestato il presidente Ahmadinejad Gli studenti all'università: «Morte al dittatore». Le prime critiche al capo dello Stato persiano dall'elezione nel giugno 2005
TEHERAN - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato contestato da
alcuni studenti all'università di Teheran. Lo rende noto l'agenzia iraniana Fars.
«Morte al dittatore», hanno urlato gli studenti tentando di attaccare la tribuna
da dove Ahmadinejad stava pronunciando un discorso. La maggioranza degli
studenti però, aggiunge la fonte, «hanno lanciato slogan a sostegno del
presidente» quando ha risposto che «la minoranza che sostiene che non ci sia
libertà di parola sta impedendo alla maggioranza di sentire il mio discorso».
Tra i due gruppi sarebbe quindi scoppiata una rissa. Alcuni studenti hanno dato
alle fiamme fotografie del presidente persiano mentre un gruppo di ragazze ha
fatto cadere e mandato in pezzi una telecamera della televisione di Stato.
Quando poi Ahmadinejad ha sottolineato «gli sforzi del governo per la giustizia
e la lotta alla corruzione», diversi studenti gli hanno risposto gridando: «È
una menzogna». È la prima contestazione ad Ahmadinejad dalla sua elezione nel
giugno 2005.
Due rabbini con un religioso sciita discendente da Maometto (lo distingue il
turbante nero) alla conferenza sull'Olocauto a Teheran (Ap)
CONFERENZA SULL'OLOCAUSTO - Intanto lunedì a Teheran si è aperta la conferenza
sull'Olocausto organizzata dal governo iraniano per verificare se lo sterminio
degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale è avvenuto veramente o è
un'invenzione dagli stessi ebrei come sostiene il regime khomeinista. La
conferenza è stata aspramente criticata dalla comunità internazionale e gli
ambasciatori dell'Ue hanno declinato l'invito a partecipare. Sono presenti però
storici e studiosi provenienti da una trentina di nazioni, secondo gli
organizzatori. Vi sono anche cinque rabbini ultraortodossi che contestano
l'esistenza stessa dello Stato di Israele. «Lo scopo di questa conferenza non è
negare o confermare l'Olocausto», ha detto il ministro degli Esteri iraniano,
Manouchehr Mottaki. «Lo scopo principale è dare un'opportunità agli studiosi che
in Europa non possono esprimere liberamente le loro opinioni sull'Olocausto».
Tra i partecipanti lo storico americano David Duke, ex deputato repubblicano
della Louisiana e leader del Ku Klux Klan, e l'italiano Leonardo Clerici, nipote
del fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, e convertito da molti
anni all'islam sciita. Invece all'avvocato palestinese israeliano Khaleb Kasab
Mahmeed, che due anni fa ha inaugurato a Nazaret il primo museo arabo
sull'Olocausto, non è stato confermato il visto di ingresso in Iran.
11 dicembre 2006
Teheran,
la clamorosa protesta di giovani che hanno dato fuoco
a immagini del presidente. Tafferugli con i sostenitori del regime
Ahmadinejad contestato all'università
Un gruppo di studenti: "Morte al tiranno"
Oggi la conferenza revisionista sull'Olocausto voluta dal regime
TEHERAN - Clamorosa protesta nella capitale iraniana in coincidenza con la
conferenza revisionista sull'Olocausto voluta dal regime: un gruppo di studenti
ha contestato Mahmoud Ahmadinejad all'università Amir Kabir. Secondo l'agenzia
semiufficiale Fars, i ragazzi hanno scandito slogan contro il presidente,
pesanti come "Morte al dittatore", e hanno tentato di attaccare la tribuna dalla
quale Ahmadinejad stava tenendo un discorso. Un portavoce presidenziale ha in un
secondo momento riferito che decine di studenti hanno dato fuoco a immagini di
Ahmadinejad e hanno lanciato mortaretti per interrompere il comizio. L'agenzia
Fars dal canto suo sottolinea che la maggioranza degli studenti "ha invece
lanciato slogan a sostegno del presidente". E tra i due gruppi sarebbe scoppiata
una rissa.
A quel punto il leader iraniano ha replicato: "Tutti dovrebbero sapere che io
sono pronto a essere bruciato sulla via della vera libertà, dell'indipendenza e
della giustizia". Poi ha definito una mera "minoranza oppressiva" i critici del
regime: "Lo sparuto drappello di individui che sostengono ci sia oppressione in
Iran sono in realtà essi a creare oppressione, impendendo alla maggioranza dei
compagni di sentire le mie parole. E' un gruppo minoritario, sostiene che non
c'è libertà di espressione ma poi non permette che tutti gli altri ascoltino",
ha tagliato corto Ahmedinejad.
I contestatori hanno ancora tentato di raggiungere il podio degli oratori ma,
respinti dagli avversari, non ci sono riusciti. Il leader iraniano ha così
potuto concludere il suo intervento.
L'episodio si è verificato all'indomani di un raduno di protesta tenuto sempre
nel medesimo ateneo dove, secondo l'agenzia di stampa studentesca 'Isna',
centinaia di studenti avevano denunciato il giro di vite imposto dal governo
contro un'associazione universitraria di tendenze filo-riformistiche. Stando
ancora alla 'Isna', mercoledì scorso inoltre all'Università di Teheran tra i
duemila e i tremila giovani avevano inscenato una manifestazione in occasione
della Giornata dello Studente, intonando slogan come "Sì alla libertà, no al
dispotismo!".
La conferenza sulla Shoah. E come detto coincide con la conferenza
sull'Olocausto voluta da Ahmadinejad per dimostrare che il genocidio degli ebrei
in realtà non sarebbe che "un'invenzione". Una posizione più volte affermata dal
presidente iraniano che ha portato a forti tensioni con la comunità
internazionale.
Alla conferenza partecipano una sessantina di sedicenti esperti iraniani e
stranieri dalle tendenze revisionistiche, tra cui il francese Robert Faurisson,
che ha sempre negato l'esistenza delle camere a gas con cui i nazisti
sterminavano i prigionieri rinchiusi nei lager e due mesi fa fu condannato in
patria a tre mesi di carcere con la condizionale. Atteso inoltre l'australiano
Fredrick Toeben, autore di uno studio intitolato "L'Olocausto: un'arma per
uccidere".
Ci sono anche alcuni rabbini: "Siamo venuti per portare il punto di vista degli
ebrei ortodossi - ha detto il rabbino britannico Ahron Cohen - Sicuramente
diciamo che l'Olocausto c'è stato... Ma in nessun modo può essere utilizzato
come giustificazione per perpetrare atti ingiusti contro i palestinesi".
Il discorso di apertura è stato affidato a Manouchehr Mottaki, ministro degli
Esteri della Repubblica Islamica: "Lo scopo di questa conferenza non è negare o
confermare l'Olocausto. L'obiettivo più importante è creare un'opportunità per i
pensatori che in Europa non possono esprimere le loro posizioni sull'Olocausto".
(11 dicembre 2006) Torna suu