PALERMO. Boom di iscrizioni in Sicilia negli istituti professionali per i servizi alberghieri e della ristorazione. Sono circa quindicimila i giovani che hanno deciso di giocare questa carta per il loro futuro. Solo a Palermo sono seimila gli studenti che frequentano i tre istituti cittadini. Una scelta che si dimostra vincente grazie agli sbocchi occupazionali in costante aumento per l’apertura di alberghi e ristoranti nell’Isola e in ogni parte del mondo. Il turismo, insomma, «tira » e garantisce lavoro. «La maggior parte degli studenti degli istituti alberghieri – conferma Guido Di Stefano, direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale – comincia a lavorare subito dopo avere conseguito il diploma. Alcuni restano in Sicilia, altri si trasferiscono al Nord oppure all’estero, migliorando notevolmente la loro preparazione professionale acquisita frequentando gli istituti siciliani». Del boom di iscrizioni si è parlato all’Ipssar «Francesco Paolo Cascino» di Palermo nel corso dell’incontro su «Istruzione e alimentazione» promosso, in occasione della Giornata della cultura 2007, con la delegazione Palermo-Mondello dell’Accademia italiana della cucina. Ad introdurre il dibattito è stato il preside dello stesso Ipssar, Antonino Bonacasa, il quale ha sottolineato il valore di quanto si apprende negli istituti professionali – anche dal punto di vista della storia della gastronomia – per affrontare con successo il mondo del lavoro. Tema ripreso dal direttore generale Di Stefano che ha però rilevato come «non sempre i risultati siano così positivi. È vero che attualmente le iscrizioni agli istituti alberghieri sono in trend positivo, ma il numero non fa la forza. Troppe iscrizioni, infatti, compromettono l’insegnamento. Negli istituti alberghieri la parte pratica è importantissima e ha bisogno di tempo per essere insegnata ed appresa. Non bastano i diplomi per valutare la qualità degli studenti. In Sicilia, alla richiesta di apertura di nuovi istituti alberghieri – ha aggiunto – non corrispondono, da parte degli enti locali, gli investimenti conseguenti per garantirne la qualità. E senza qualità i diplomi sono carta straccia. Non è vero che l’alberghiero sia uno studio facile. Non basta sapere cucinare o ricevere gli ospiti, ma bisogna sapere parlare l’italiano e conoscere le lingue straniere. Non esistono materie di serie A e di serie B, ma materie fatte bene oppure male. Le nostre capacità sono il risultato del nostro lavoro da studenti». Sulla stessa lunghezza d’onda Antonio Ravidà, delegato di Palermo-Mondello dell’Accademia italiana della cucina, che ha chiuso l’incontro. «Gli istituti alberghieri – ha detto – tendono a garantire la valorizzazione delle tradizioni gastronomiche e offrono prospettive di lavoro concrete. Tuttavia, come siciliano, insisto nell’affermare che bisogna puntare sulla cucina del territorio anche perché attraverso il cibo si può raccontare la storia di un popolo».
GIORGIO PETTA (da www.lasicilia.it)