PUBBLICATO: HR-HANDICAP RISPOSTE
Mensile di attualità, cultura e informazione sulle tematiche dell’handicap
Principi di una formazione specializzata
Dopo avere inquadrato la figura, occupiamoci adesso del ruolo dell’insegnante di sostegno, che deve garantire il giusto equilibrio tra istruzione ed educazione e porsi come mediatore tra l’interno (i colleghi) e l’esterno (famiglia e ASL). Il suo lavoro e dei colleghi deve creare un ambito dove ogni alunno si senta accettato, dove tutti siano uguali perché diversi. La sua professionalità si misura anche dalla capacità di innovare e di rinnovarsi.
Letizia Colonna- colonnaletizia@infinito.it
Esistono diverse metodologie e diversi modelli di aggiornamento-formazione, tra cui il modello culturalistico, quello tecnico-didattico, e quello psico-sociale. Non esiste una prevalenza dell’uno sugli altri, esistono semmai ragioni di opportunità e di praticabilità, l’importante è che l’attività di aggiornamento segua sempre simultaneamente la crescita dell’insegnante in preparazione scientifica, competenza professionale e tecnica e, infine ma non ultima, la maturazione personale e umana. Vito Piazza (1996) ci propone in sintesi i seguenti principi fondamentali per una formazione specializzata:
la formazione pedagogica non sostituirà mai il sapere;
un’articolazione deve essere prevista tra formazione generale e formazione pedagogica;
la formazione relativa all’attività di sostegno acquista validità se inserita in un contesto più ampio;
la formazione specifica deve essere completa ma aperta;
nella formazione specifica il riferimento pratica-teoria deve essere continuo: lavorando il ferro non si diventa automaticamente fabbri, ma è solo applicandosi a questa attività che si può veramente sapere se si ha voglia e se si è capaci di diventare fabbri;
deve essere previsto un collegamento tra l’insegnamento teorico e formazione pratica;
la pratica deve essere illuminata dai principi teorici e migliorata dai risultati della ricerca;
la formazione dell’insegnante specialista deve prevedere l’acquisizione di un metodo di lavoro che non solo lo metta in grado di far apprendere l’allievo handicappato, ma che sia anche suscettibile di essere trasferito all’insegnante curriculare.
L’insegnante di sostegno dovrà possedere:
conoscenze generali relative alle situazioni di handicap;
competenze relazionali;
competenze disciplinari;
competenze soprattutto metodologiche;
competenze teoriche e applicative di contenuti.
Si tratta ancora di una figura “essenziale e insopprimibile” quale risorsa della scuola e nella scuola. Il docente di sostegno dovrà:
possedere la capacità di individuare e circostanziare i problemi;
provvedere ad affinare la propria funzione docente;
conseguire approfondite abilità sul piano relazionale.
Si tratta di una risorsa aggiuntiva che deve connotarsi come un arricchimento delle potenzialità per individuare e definire tratti essenziali, per circoscrivere problemi, per progettare e definire ipotesi di soluzione degli stessi e per migliorare il tessuto relazionale del sistema. L’insegnante di sostegno dovrebbe quindi garantire il necessario equilibrio tra istruzione ed educazione attraverso la costruzione di un efficace ambiente educativo in cui le corrette ed equilibrate relazioni interpersonali mai vengono ad essere compresse o sacrificate al mito dello standard o della norma. Il docente specializzato dovrebbe assolvere il ruolo di facilitatore nei rapporti tra l’interno (i colleghi) e l’esterno (famiglie e A.S.L.). Quest’ultimo punto sembra in qualche modo caratterizzare lo specifico epistemologico dell’insegnante di sostegno, stante che le altre competenze possono e debbono essere riferite a tutti gli educatori anche non specialisti: l’azione finalizzata all’integrazione scolastica dei soggetti in situazione di handicap deve impegnare la struttura sociale nel suo complesso, più specificatamente tutto il sistema scolastico, e non più alcuni operatori di esso; è necessario che tutto il personale scolastico sia riqualificato in funzione della messa in atto di strategie e di tecniche che consentano di realizzare una piena ed effettiva integrazione. Viene definito nel D.M. 24.4.86, modificato ed integrato nel D.M. 14.6.88, che disciplina i Programmi dei corsi biennali di specializzazione polivalente: “un profilo di insegnante specializzato che deve essere delineato e descritto alla luce delle prospettive di un suo impiego ordinato, razionale e rispondente alle reali necessità della scuola attuale”. Si possono definire quattro aspetti che consentono di tracciare un preciso profilo dell' insegnante specializzato: professionalità, conoscenze, competenze, atteggiamenti. La professionalità consiste di punti specifici che riguardano l’ambito dell’azione dell’insegnante di sostegno e che debbono essere considerati vincolanti ai fini dell’esercizio professionale:
capacità di assumere conoscenza, dell’alunno e della classe sotto i diversi profili strutturali e funzionali, biologici, psichici, sociali e culturali, acquisendo correttamente in modo critico, le necessarie informazioni ed elaborando i relativi rilievi;
capacità di costruire moduli didattico-educativi integrati nell’organizzazione scolastica;
capacità di costruire una documentazione che rifletta, in modo trasmissibile, le proprie scelte e le modificazioni rispetto alle ipotesi iniziali;
capacità di promuovere incontri onde realizzare una programmazione partecipata dal proprio intervento specializzato e di integrarla nella progettazione collegiale;
capacità di guidare e realizzare le opportune strategie di insegnamento nelle diverse situazioni (individuale, di gruppo, in condizioni strutturate e libere) esercitando l’intervento specifico all’interno dei vari settori di apprendimento. Le conoscenze derivano dall’acquisizione culturale ed esperenziale dei contenuti dei diversi insegnamenti e riguardano fondamentalmente i seguenti ambiti:
la programmazione/progettazione degli interventi educativi attraverso la valutazione partecipata dell’alunno;
adeguati criteri scientifici relativi alla conoscenza dello sviluppo, dei processi di apprendimento, delle dinamiche relazionali;
le conoscenze specifiche delle difficoltà di apprendimento nelle varie situazioni di minorazione e dei relativi ostacoli, anche in rapporto a sfere più ampie delle prestazioni richieste (comunicazione, relazione, autonomia);
le metodologie didattiche ed educative che comportano interventi peculiari, l’adozione di sussidi protesici, le risorse tecnologiche;
i processi interattivi tra la scuola, gli altri servizi e l’ambiente; le modalità operative interdisciplinari (e relativi principi teorici), con particolare riguardo al settore terapeutico-riabilitativo e sociale. Le competenze concernono la traduzione delle conoscenze in una prassi fattuale e riguardano:
la capacità di condurre un’osservazione sistematica tale da poter essere integrata del processo valutativo globale (che è anche di natura clinica e sociale);
la corretta raccolta dei dati e la loro conseguente analisi nella prospettiva di un progetto educativo e della relativa verifica;
la costruzione di un curriculum in rapporto alle potenzialità dell’alunno fondata anche sull’approfondita conoscenza di specifici interventi didattici;
l’individuazione delle esperienze educative e didattiche atte a permettere il massimo sviluppo delle potenzialità dell’alunno e la sua crescita psico-sociale;
l’uso pratico e concreto di metodiche e tecniche specifiche adeguate alla problematica della minorazione così come essa si configura nel singolo caso;
l’individuazione e l’attuazione di modalità operative che valgono ad ottenere la costruzione di concreti modelli di integrazione alla luce delle risorse individuali ed ambientali effettivamente presenti Gli atteggiamenti riguardano essenzialmente la formazione dell’ insegnante specializzato sotto il profilo delle capacità relazionali e l’abilità di intervenire su situazioni in continuo cambiamento: capacità di interagire all’interno delle situazioni scolastiche in rapporto al singolo alunno, alla dinamica del gruppo classe, ai processi di integrazione nell’istituzione alle relazioni con i colleghi ed i superiori; analoga capacità rispetto a situazioni extra scolastiche (familiari, terapeutiche-riabilitative, sociali).
CONDIZIONI PER IL CAMBIAMENTO
La prima condizione per il cambiamento reale è che tutta la scuola effettui un cambiamento nei confronti non solo del disabile ma della “gestione” della diversità in generale. In genere poniamo le domande in maniera fondamentalmente sbagliata: “Perché tutti gli alunni, anche quelli con ritardo mentale grave, dovrebbero frequentare le scuole normali?”, “Che benefici potrà trarre un bambino talmente grave che addirittura non ha il controllo degli sfinteri nel frequentare la scuola insieme agli altri compagni della sua età?”. L’unica domanda legittima è “Che cosa bisogna fare perché questo alunno possa frequentare bene la stessa classe dei coetanei?”. E’ con questo interrogativo, infatti, che dirigiamo la nostra attenzione e le nostre energie su ciò che è più importante, “come sostenere tutti gli alunni senza distinzione, in una classe che accolga e integri tutti”(Strully e Strully,1993). E’ tempo di puntare ad una integrazione scolastica strutturale, che non miri più all’alunno, ma alla scuola: l’integrazione scolastica avanzata si raggiunge quando tutti gli allievi seguono programmi didattici di classi normali. Ciò significa fornire a tutti i bambini programmi adatti, che siano stimolanti e al tempo stesso adeguati alle loro capacità e ai loro bisogni, e fornire assistenza e sostegno di cui essi e i loro insegnanti possono aver bisogno per progredire con successo nella scuola e nella vita di comunità. L’integrazione scolastica non è solo questo; essa deve creare un ambito dove ogni alunno si senta accettato, dove tutti siano uguali perché tutti diversi; un ambito in cui ciascuno di loro dà sostegno e ne riceve dai suoi compagni e dagli altri membri della comunità scolastica (Stainback e Stainback, 1993) . La diversità è un valore, c’è la convinzione che essa rafforzi la scuola o la classe e che dia a tutti maggiori opportunità di apprendimento. R. Barth (1990), docente ad Harvard, descrive il valore della diversità come segue: “vorrei che i miei figli frequentassero una scuola in cui le differenze vengono cercate, valorizzate, celebrate come buone notizie, come opportunità per apprendere. La domanda che preoccupa così tante persone che lavorano nella scuola è: quali sono i limiti della diversità al di là dei quali il comportamento diventa inaccettabile? Ma la domanda invece che vorrei sentire fare più spesso è: come possiamo utilizzare le differenze di classe sociale, sesso, età, capacità, razza e interessi in modo consapevole, deliberato, come risorse per l’apprendimento? Le differenze offrono enormi opportunità per l’apprendimento. Le differenze sono una risorsa abbondante, gratuita e rinnovabile. Vorrei che il nostro impulso a eliminare le differenze fosse sostituito da una altrettanto urgente spinta a utilizzarle per migliorare la scuola. Ciò che conta nelle persone e nelle scuole è quello che c’è di diverso, non quello che è uguale”. Per realizzare l’integrazione a scuola gli insegnanti di sostegno e tutti i loro colleghi devono lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo di una educazione e di una istruzione efficaci e appropriate, dirette e realizzate per tutti gli alunni. Le risorse, le conoscenze di base e il personale scolastico non possono da soli provvedere ai bisogni di tutti gli alunni. D’altro canto nemmeno i docenti specializzati e altre forme specifiche di sostegno potrebbero rispondere adeguatamente ad alcuni bisogni. Tuttavia, se le risorse dell’educazione specializzata si uniscono a quelle dell’educazione normale per diventare parte integrante del processo di inserimento scolastico, allora i bisogni di tutti gli studenti verranno soddisfatti in modo più efficace. In altri termini gli alunni non possono essere inseriti con successo senza la collaborazione del personale disponibile. All’insegnante vanno chiesti innanzi tutto flessibilità e atteggiamenti da “sperimentatore del quotidiano”, da ricercatore. Una formazione iniziale non solo deve saldarsi con la formazione continua, ma deve essere essa stessa adeguata e flessibile. Insegnare è una professione creativa e la creatività è fisiologica nell’essere umano. Piazza sostiene che la professionalità di un docente si misura anche dalla capacità di innovare e di rinnovarsi. Se non vogliamo che il docente di sostegno viva isolato, dobbiamo togliergli l’esclusiva dell’affido del bambino in situazione di handicap. La specializzazione deve riguardare tutti, magari ipotizzando un substrato comune e una angolazione di approfondimento per ciascuno.
Approfondimenti
Piazza V, L’insegnante di sostegno, Erickson, Trento 1996.
Strully L. e Strully C, La gestione avanzata dell’integrazione scolastica, Erickson , Trento 1993.
Stainback W. E Stainback S. La gestione avanzata dell’integrazione scolastica, Erickson Trento 1993.
Barth R, A personal vision of a good school, Phi Delta Kappan, 71 (7)
p. 512-516, 1990.