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LA MOTIVAZIONE SALVA LA SCUOLA
L’insegnante convinto dell’importanza della motivazione concentra la propria attenzione sugli studenti e non su se stesso. La motivazione è il segreto, la chiave che conduce lo studente al successo. Ma l’argomento non riguarda solo gli studenti, ma anche gli insegnanti che vogliono recuperare la loro preziosa funzione educativa e tutti coloro che intendono sviluppare nuovi valori culturali
Letizia Colonna colonnaletizia@infinito.it
Non è possibile acquisire un buon metodo di studio senza motivazione. La motivazione non è un’attività degli insegnanti che cercano di presentare in modo gradevole la propria lezione; come i pubblicitari quando devono vendere la merce. Bensì è il rispetto del bisogno di apprendere di ogni studente, il quale spontaneamente ama imparare e studiare. La motivazione nasce dal bisogno di conoscere la realtà e arricchire le proprie conoscenze. Uno studente motivato avverte un forte legame tra il suo impegno nello studio e i propri bisogni esistenziali, il senso della sua vita e la sua realizzazione. La motivazione che nasce dal bisogno di apprendere valorizza la conoscenza come esperienza, esplorazione, ricerca e avventura da condividere con gli altri. La maggior parte degli studenti si impegnano per il voto, per far piacere ai genitori o ai docenti, per evitare rimproveri. Gli studenti motivati da una spinta interiore cercano di raggiungere competenze attraverso l’impegno, la pianificazione e la sfida con se stessi nel desiderio di migliorare. Si può distruggere la motivazione ad apprendere?M. Polito ci dice che sono molti i modi per farlo: la convinzione di incapacità e la sensazione di impotenza, la distruzione dell’autostima, la costrizione allo studio, l’assenza di interesse, l’eccesso di gratificazione, la didattica senza creatività e la mancanza di comunicazione. Analizziamo ciascuno di questi fattori
· La convinzione di incapacità e la sensazione di impotenza quando non si rispetta la naturale tendenza verso l’autorealizzazione: “ A che serve provare, tanto non ce la farò mai”. Uno studente può essere competente, ma può sentirsi incompetente; può essere bravo, ma avere la sensazione di non esserlo. Un bravo insegnante sa creare situazioni in cui lo studente possa sperimentare la propria competenza; li stimola a studiare non per il voto, ma per conseguire una soddisfazione interiore, una sensazione di competenza. La sensazione di competenza si avverte quando ognuno di noi si sente padrone della propria vita e quando questa strada lo conduce verso l’autorealizzazione. Il potere di attrazione di un insegnante, il suo carisma, non deriva soltanto dalla sua capacità di insegnare, ma soprattutto dalla sua capacità di far sentire gli studenti importanti. Altri insegnanti, invece, si concentrano su quello che non c’è: “questo studente non sa niente”. Queste frasi indicano sfiducia ed accentuano e consolidano la propria sensazione di incompetenza. Per riuscire a motivare gli ultimi della classe è necessario ascoltarli ed aiutarli ad esprimere la sofferenza, la fatica, la difficoltà che incontrano nello studio. Solo così l’insegnante può focalizzare il problema e cominciare a costruire. I docenti che si prendono cura della motivazione dei propri studenti, ottenendo dei risultati, a loro volta, si sentono bravi, efficaci e produttivi, la loro motivazione cresce e quindi la dignità e l’autostima nello svolgimento della propria professione.
· La distruzione dell’autostima che conduce alla svalutazione di sé. La motivazione ad apprendere è impregnata di autostima. Uno studente ha bisogno di vedere negli occhi dei suoi insegnanti il riconoscimento del proprio valore, la loro stima, l’apprezzamento e la fiducia. Quando invece è trascurato, umiliato e svalutato perde la voglia di apprendere e comincia ad odiare la scuola, gli insegnanti , il sapere. Il docente può curare il livello di autostima in vari modi ad esempio, sostenendolo e incoraggiandolo, standogli accanto nel percorso di apprendimento e fornendogli strategie che lo rendono autonomo, guidarlo verso una concezione di se stesso che non sia né di esaltazione, ma neanche di svalutazione. Il vero apprendimento è autentico quando non c’è un eccesso di autostima: “ so già tutto” o una bassa stima : “non capisco niente”. Per aiutare uno studente che si sopravvaluta è necessario avere molto tatto, bisogna smontare la sua presunzione di sapere, perchè non è possibile apprendere senza riconoscere di non sapere. Attraverso il dialogo si può portare lo studente ad aprirsi alla conoscenza e alla verità, riconoscendo i propri limiti e il bisogno di colmarli. Lo studente che invece ha bassa autostima è focalizzato sui suoi difetti e trascura di valorizzare i pregi che a volte pensa di non avere. Partendo da tali premesse accumula insuccessi. Le attese positive o negative incidono notevolmente sul comportamento degli alunni: l’insegnante può inviare affetto, incoraggiamento, indicazioni utili, sostegno; o quanto di più negativo ci sia. L’ideologia del rendimento, che consiste nel valutare le persone solo in base a ciò che producono è predominante nella nostra società e sta invadendo anche l’istruzione scolastica che sta diventando “un’azienda produttiva” dove i risultati di qualità sono dati dai voti degli studenti migliori e non dalla crescita umana di ogni persona. La scuola dovrebbe avere una funzione educativa di formazione della mente e della personalità.
· La costrizione allo studio soffoca il bisogno di apprendere e genera fastidio, passività, apprendimento superficiale, distruggendo l’entusiasmo e di conseguenza la motivazione. Per motivare non bisogna costringere ma convincere. Riuscire a far vedere ai propri studenti l’intreccio tra la propria materia e la loro vita ed esperienza. Riuscire a presentare la propria disciplina in maniera stimolante e colorata che si avvicina alla realtà, che esplora il mondo e consente di conoscere meglio se stessi, insomma una nozione da “inghiottire con gusto”. La costrizione , i brutti voti, le punizioni aumenteranno il disinteresse e la noia. Molti studenti a causa della costrizione a studiare hanno perduto la consapevolezza del proprio bisogno di conoscere. Bisogna ripartire dalla considerazione del bisogno di apprendere. Secondo Socrate, il bisogno di sapere nasce quando si diventa consapevoli della propria ignoranza, quando si ammette di non sapere, quando si riconoscono i propri limiti e le proprie lacune. Chi presume di sapere non avverte il bisogno di apprendere.
· L’assenza di interesse e di investimento affettivo impediscono di dare significato e valore allo studio. Molti studenti si chiedono: “ perché devo studiare? Perché devo andare a scuola? Perché devo impegnarmi in attività che per me non hanno senso?” Gli studenti hanno bisogno di dare valore alla loro esperienza di studio e invece ricevono obblighi, doveri e costrizioni. L’apprendimento è impregnato di affetti e di significati, è molto difficile apprendere ciò che non si ama, ciò che non ha valore, ciò che non ha senso. La motivazione muore quando è piena di emozioni negative. Quindi, mentre il metodo di studio mette in movimento le abilità cognitive, la motivazione da impulso a quelle affettive. Ogni studente si entusiasma quando avverte la possibilità di valorizzare le proprie potenzialità, grazie alla disponibilità e all’interesse dell’insegnante. Il docente deve agire sulla loro affettività e sulla relazione emotiva con se stesso e con il gruppo classe. Pascal diceva: “ il cuore ha ragioni differenti che la ragione non comprende”. Le motivazioni hanno la stessa radice misteriosa delle emozioni. Molti insegnanti dicono: “sono intelligenti, ma non si impegnano”. L’impegno è entusiasmo che si attiva liberando l’affettività e canalizzandola nello studio. E’ importante dialogare per valorizzare, ascoltare con empatia i loro bisogni, presentare con entusiasmo la propria materia, potenziare l’intelligenza emozionale, valorizzare ogni studente.
· L’eccesso di gratificazione indotto dal consumismo senza un adeguato impegno e sforzo conduce alla demotivazione: “ perché mi devo impegnare, se ottengo ugualmente ciò di cui ho bisogno senza sprecare energie?”
La motivazione ad apprendere nasce dall’insoddisfazione, dall’inquietudine e dalla ricerca. Un insegnante che propone domande, interrogativi, dubbi è percepito come scomodo in questa società permeata di consumismo perché scuote il torpore delle menti degli studenti, li pungola a porsi delle domande, li sollecita portandoli a ragionare in maniera autonoma. Si sta diffondendo una didattica consumistica: sono in vendita numerosi programmi di sequenze didattiche, schede, software che garantiscono di imparare tutto senza sforzo, basta collocare una crocetta al posto giusto. In questa prospettiva tutte le altre abilità di ragionamento , automonitoraggio, ristrutturazione e ricostruzione delle informazioni sono accantonate, perché non vendibili, non spettacolari. Lo sforzo è la capacità di guidare e canalizzare l’attenzione in direzione di uno scopo. Lo sforzo è ben tollerato se accompagnato da un valore, da un significato e da una conseguente gratificazione che aumenta l’autostima. Indubbiamente è faticoso imparare a gestire a canalizzare l’attenzione, ma l’impegno è proprio la capacità di canalizzare bene l’energia verso un risultato. E’ l’impegno che conduce alla concentrazione e al successo. La combinazione di sforzo e gratificazione evita uno studio oppressivo e doloroso, ma lo rende giocoso e spensierato. L’insegnante convinto dell’importanza dello sforzo e dell’impegno, stimola lo studente ad affrontare sfide e compiti sempre più complessi, ma lo sostiene quando è in difficoltà per evitare che si scoraggi. E’ importante la scelta dei compiti di apprendimento con difficoltà adeguate alle risorse dello studente, accantonando quelli troppo facili, perché non fanno scattare alcuna voglia di apprendere; e quelli troppo difficili perché presentano un’alta probabilità di insuccesso. Quando lo studente si sente coinvolto diventa costante nello studio e continua ad impegnarsi se avverte dentro di sé interesse, passione e aspettative di successo. Tale vissuto interiore lo sostiene, lo autostimola e trova dentro di sé la motivazione quindi, la voglia di imparare per conoscere.
· La didattica senza anima e senza creatività. La demotivazione può essere indotta anche dall’insegnante quando perde la consapevolezza della sua funzione educativa e con essa la sua creatività didattica. Ad esempio quando impone l’introiezione invece dell’assimilazione; quando sovraccarica gli studenti di informazioni senza attenzionare il modo in cui le stanno apprendendo e rielaborando; quando non cura la componente affettiva-emotiva dell’apprendimento; quando accantona la riflessione sul valore e/o significato di ciò che si sta apprendendo. Un insegnante diventa creativo quando si rende conto di essere un educatore e risponde ai bisogni di crescita degli studenti diventando ingegnoso. La didattica è creativa quando stimola ogni studente a dedicarsi alla formazione della propria mente. Il docente deve essere costantemente in contatto con i suoi studenti e utilizzare la propria disciplina come mezzo per comunicare e dialogare con la classe per entusiasmarli e portarli verso la conoscenza di sé e del mondo. Per un insegnante creativo la didattica non è solo trasmissione di informazioni e soprattutto essere capaci di suscitare interesse e voglia di apprendere, assecondando i bisogni degli studenti e aiutandoli a prendersi cura della propria formazione. Non si può insegnare bene senza una buona relazione con i propri studenti. Per insegnare bene non è sufficiente fare qualcosa per loro, ma fare qualcosa con loro e imparare insieme a loro. Un insegnante creativo lega la cultura alla vita; convince i suoi studenti a studiare non per la scuola , ma per la vita. Vi sono moltissime tecniche didattiche, ma nessuna può funzionare senza una buona relazione educativa.
· La mancanza di comunicazione e dialogo. Comunicare significa aiutare l’alunno ad esplorare la propria esperienza alla ricerca di spinte verso il cambiamento. La comunicazione facilita la motivazione perché apre la strada verso la conoscenza di sé, dei propri bisogni ed interessi. Motivare gli studenti significa comunicare stima nel loro valore di persone, fiducia nelle loro risorse e spingerli verso l’autorealizzazione. L’insegnante che sa comunicare sa anche motivare, perché sa come incoraggiarli nelle difficoltà e come sostenerli nel percorso di apprendimento verso la conoscenza. Il docente attento alla comunicazione alimenta il dialogo, evita di focalizzare eccessivamente sul programma, lascia spazio agli studenti e alle loro difficoltà, accoglie l’imprevisto, accetta la domanda inattesa, l’obiezione, l’osservazione, il punto di vista assurdo. In tale contesto ogni studente si sente valorizzato. Quando gli studenti sono sicuri che l’insegnante li stima e sanno di poter contare sul suo sostegno, si sentono più forti e coraggiosi ed esplorano il vasto campo della conoscenza. L’insegnante che intende coltivare la motivazione diventa gentile, rispettoso e desidera valorizzare ognuno dei suoi studenti. La didattica allora è impregnata di gentilezza: valorizza l’attesa, la pausa, il silenzio, accoglie l’errore, stimola l’apprendimento significativo e la rielaborazione personale. Questa didattica si contrappone a quella minacciosa che impone allo studente efficienza, è fatta di imperativi, di regole, di tecniche di sovraccarico che istillano una sensazione di inadeguatezza, che negano i bisogni e la voglia di fare nuove esperienze e generano sudditanza verso il docente.
L’insegnante è un educatore. La sua professione è molto delicata perché ha il compito di prendersi cura della crescita di persone, generalmente bambini, adolescenti e giovani, che hanno bisogno di essere aiutati a sviluppare le proprie potenzialità cognitive, affettive, umane. E’ una professione di grande responsabilità che, troppo spesso viene sottovalutata. Non basta la preparazione disciplinare, ma ci vuole una grande dilatazione umana. La sua motivazione ad insegnare può nascere solo da un’impostazione educativa che mira ad aiutare l’altro ad espandere la sua vita, la sua persona, la sua mente. L’insegnante che si rende conto del suo ruolo di educatore diventa creativo ed ingegnoso e con il suo entusiasmo fa germogliare la motivazione degli studenti ad apprezzare e quindi apprendere la sua materia. Gli studenti si svegliano dal torpore con il loro interesse sostengono l’insegnante e lo spingono a diventare migliore.
Ma quanti sono gli insegnanti consapevoli di essere anche educatori? Quanti sono gli insegnanti che lo erano e hanno rinunciato a tale funzione? Quanti sono coloro che non ne hanno mai sentito parlare?
Facciamo in modi che tutto questo non resti solo un’utopia. E’ sperimentato, vi garantisco che funziona e da tanta gioia!
Approfondimenti
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