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Formazione Superiore: LA MENTE E IL CUORE

Istituzioni Scolastiche

PUBBLICATO: HR-HANDICAP  RISPOSTE 

 Mensile di attualità, cultura e informazione sulle tematiche dell’handicap  

LA  MENTE E  IL cUORE

 

 

La valorizzazione della dimensione emotiva a scuola non è la fissazione di qualche psicologo o insegnante troppo tenera, ma è una necessità formativa. La scuola deve insegnare sia i contenuti disciplinari, ma anche come si sta al mondo. L’educazione emotiva è molto complessa, ma può essere attuata a scuola se sa valorizzare la professionalità e l’umanità dei suoi docenti e risvegliare le risorse formative del gruppo classe.

Letizia Colonna  colonnaletizia@infinito.it  

 

“Perché a scuola si deve formare solo la mente e non il cuore? Perchè questa lacuna? Perché questa indifferenza verso l’intelligenza del cuore? A cosa serve conoscere molte nozioni di tipo scientifico e letterario e non conoscere niente delle emozioni del proprio cuore? Quante volte avete usato nella vita il teorema di Pitagora? Mai o quasi mai. Eppure quanto hanno insistito i nostri insegnanti su di esso? Quante volte avete dovuto affrontare difficili situazioni interpersonali? Molte volte al giorno. Quanto ci hanno educato i nostri insegnanti a gestire in modo costruttivo i nostri conflitti? Poco o per niente. Qual è il costo di un’insufficiente intelligenza emotiva? Qual è il costo dell’autostima ferita?”( M. Polito)

La nostra vita è ricca di emozioni. Quando stiamo bene da un punto di vista emotivo, il nostro comportamento è tranquillo, al contrario quando ci sentiamo male, siamo sconvolti da emozioni negative. La dimensione emotiva è parte integrante della formazione umana. La scuola non può concentrarsi solo sull’aspetto cognitivo, è necessario coinvolgere gli studenti anche sul piano emotivo e motivazionale. Alcuni docenti la tralasciano affermando che sarà poi la vita a educare le emozioni. Goleman ha dimostrato il contrario: per avere successo nella vita e nel lavoro bisogna saper comunicare, esprimere le emozioni e capire quelle degli altri. E’ molto riduttivo considerare la scuola un “ufficio di collocamento” del mercato del lavoro. Considerare la scuola come un’azienda significa ridurre il suo valore formativo delimitandolo al solo sviluppo delle competenze spendibili nel mondo del lavoro. Il lavoro non è tutto: la scuola ci deve aiutare a vivere bene tutte le ore della giornata.  E’ nel nostro cuore che nascono le più forti motivazioni verso lo studio e il sapere. Apprendiamo meglio se riusciamo ad assegnare a questo o quell’argomento, un valore e soprattutto uno scopo. Molti studenti si chiedono: “ a che cosa mi serve studiare questa materia?” Se non educhiamo il cuore, i nostri studenti, anche i più bravi si troveranno con le radici secche e la loro promettente intelligenza rimarrà senza linfa creativa. La valorizzazione della dimensione emotiva a scuola non è la fissazione di qualche psicologo o insegnante troppo tenera, ma è una necessità formativa. La scuola deve insegnare sia i contenuti disciplinari, ma anche come si sta al mondo e nella società. L’educazione emotiva è molto complessa, ma può essere attuata a scuola se sa valorizzare la professionalità e l’umanità dei suoi docenti e risvegliare le risorse formative del gruppo classe. L’educazione del cuore non può essere realizzata offrendo solo informazioni sulle emozioni, ma è necessario insegnare agli studenti a capire come queste nascono in loro, come si rafforzano o si attenuano. Gli studenti hanno bisogno di capire il mondo interiore e quello esteriore. A volte ci si chiede quale sia in fondo la differenza tra le abilità emotive e le abilità sociali. Le abilità emotive, secondo Polito,  riguardano la consapevolezza delle proprie emozioni ad esempio: 

·       Saper leggere le emozioni proprie e quelle degli altri; 

·       Saper esprimere le proprie emozioni con autenticità e spontaneità;  

 

·       Essere sensibili ed empatici;  

 

·       Saper affrontare le situazioni di sovraccarico;  

 

·       Saper neutralizzare le emozioni negative.  

 

Sempre secondo lo stesso autore le abilità sociali riguardano l’interazione ad esempio: 

 

·       Saper collaborare;  

 

·       Saper comunicare;  

 

·       Saper essere assertivi;  

 

·       Saper rispettare le norme di comportamento;  

 

·       Saper competere secondo le regole condivise.  

 

La consapevolezza  delle proprie emozioni è una condizione fondamentale dell’intervento educativo. L’insegnante educa con le sue emozioni, non soltanto con le sue parole. Le lezioni più interessanti sono quelle più emozionanti. Pertanto il docente si concentra non solo sui contenuti che espone, ma soprattutto come li presenta. Non è possibile spiegare senza attivare le potenze affettive-emotive degli studenti. Nemmeno i docenti possono insegnare bene la loro disciplina senza motivarsi profondamente. Non si può insegnate letteratura  se non si ama e quindi non si riesce a farla amare. Nessuno riesce ad insegnare se in classe c’è un clima negativo, se gli studenti non si auto- controllano, non si rispettano, non si ascoltano, non collaborano, non discutono civilmente.  L’educazione emotiva non è una perdita di tempo perché crea un contesto positivo indispensabile per insegnare e apprendere con passione. Per educare il cuore dei nostri studenti non dobbiamo essere arrendevoli e/o accondiscendenti, ma comprensivi ed esigenti. Quando amiamo la loro crescita, quando ci dedichiamo a coltivare le loro potenzialità, possiamo essere nello stesso tempo molto esigenti. Non dobbiamo fare nessuno sconto formativo, perché ognuno deve essere confrontato con lo sviluppo dei propri talenti. Per orientare i nostri studenti verso questo obiettivo formativo è necessario esercitare la nostra autorevolezza, ma mai il nostro dominio su di loro. Spesso ci troviamo  con studenti che si comportano male, a volte sono egoisti, irresponsabili, maleducati. E’ necessario rimproverarli, ma non mancargli mai di rispetto; correggerli, ma non umiliarli. Molti insegnanti stanchi ed esasperati dai continui comportamenti degli alunni si chiedono: “come li educhiamo se non li possiamo punire?”.  Secondo Jasmin la punizione è un intervento inadeguato e bisogna impegnarsi ad elaborare strategie correttive differenti e adeguate alla situazione. Si può intervenire con altri strumenti che non siano la solita nota a casa o la sospensione. Bisogna elevare la coscienza morale dei nostri studenti che si è momentaneamente attenuata causando comportamenti scorretti e/o maleducati. E’ necessario intervenire focalizzando sull’abbandono  dell’egocentrismo e l’apertura verso gli altri, la consapevolezza dei limiti, l’interiorizzazione  delle regole condivise per stare bene insieme, la capacità di tollerare la frustrazione e di non poter avere tutto e subito, la riparazione del danno fatto.  Un   intervento educativo di questo genere è più efficace delle punizioni tradizionali. Punire è facile… è stimolare l’autoregolazione che è difficile. Ogni docente sceglie la strada più facile o quella più difficile! Alcuni insegnanti pensano che l’educazione emotiva annulli la competizione. La competizione ha valore positivo quando è intesa come gioco e come confronto con l’altro, ma ha un valore negativo quando la si intende una guerra contro l’altro. A volte si sente dire che il mondo è crudele e  i nostri studenti si devono abituare. Le leggi del mondo sono crudeli… è vero! Ma se vogliamo cambiare il volto del nostro mondo dobbiamo partire proprio dalla scuola.  La scuola prima deve formare poi deve essere selettiva. Dobbiamo sviluppare tutte le strategie didattiche e pedagogiche per renderla pienamente formativa; invece si assiste ad un paradosso … la scuola seleziona bene, ma insegna male! Selezionare è facile, basta organizzare un piccolo test e in una giornata si selezionano centinaia di studenti. La scuola non serve se deve selezionare, la scuola deve formare qualunque intelligenza sviluppando le potenzialità di ciascuno senza pre-concetti. Noi docenti dobbiamo decidere cosa vogliamo fare… vogliamo la crescita dei nostri studenti o desideriamo essere assunti in un ufficio addetto alle selezioni.   Un proverbio africano dice: “ per educare un bambino ci vuole un villagio”. Per educare la mente e il cuore dei nostri alunni ci vuole una squadra di insegnanti. Quando i docenti capiscono che il compito della scuola non è solo quello di dare contenuti, ma di educare il cuore e la mente di ogni persona, cominceranno a cercare la cooperazione gli uni degli altri. Nelle nostre scuole gli insegnanti sono spesso isolati. Ognuno entra in classe  svolge la propria lezione e si carica da solo sulle spalle le difficoltà degli alunni. A volte ci si incontra nei corridoi e ci si sfoga con un collega. E’ necessario un luogo e un tempo per condividere e suddividere questa responsabilità, per confrontarsi e trovare insieme le strategie più adatte. La pedagogia è una relazione basata sull’impegno e il desiderio di prendersi cura della crescita dell’altro. Il processo di apprendimento cresce all’interno di un legame affettivo e di fiducia. Molti studenti studiano meglio con gli insegnanti che li stimano e non con quelli sdolcinati. Si impegnano di più con docenti comprensivi  ma esigenti; accoglienti ma giusti. Se uno studente sente di poter fare affidamento su un suo insegnante sensibile e rispettoso, si lancia nell’avventura della conoscenza e si permette anche di commettere errori, perché qualcuno con dolcezza lo correggerà senza mortificarlo. Quando uno studente apre un libro di testo e avverte il senso della propria autoefficacia e immagina la stima del suo insegnante, affronta con serenità anche gli aspetti più complessi. Ringraziamo i nostri studenti. Ognuno di loro ci ha insegnato qualcosa. Con ognuno di loro siamo cresciuti e migliorati. Ringraziamo anche quello che ci fa penare perché per oggi è stato gentile. I nostri alunni non ringraziano, ma noi li stiamo educando a dire grazie!  Rispettiamo i nostri studenti, li stiamo educando a rispettare gli altri!  Ascoltiamoli, gli stiamo insegnando ad ascoltare!    Salutiamo, li stiamo aiutando a capire che dire “buon giorno” non è poi così brutto! Il valore di una persona non consiste nelle conoscenze che possiede o nelle ricchezze di cui è padrone, ma nella sua capacità di capire il mondo, di amare gli esseri umani, di alleviare la miseria e la sofferenza.   S. Agostino diceva: “ IO VALGO TANTO QUANTO SONO CAPACE DI AMARE”.  

 

“ INVECE IL CENTO C’E’ ”

 Il bambino
è fatto di cento.

Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare

cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire

cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.

Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.

Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.

Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.

Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
invece il cento c’è.

 

 

 

 

                      Loris Malaguzzi

 

 

 

 

 

Approfondimenti:

 

 

 

 

·          Blandino G., Granirei B., (1995), La disponibilità ad apprendere, Raffaello Cortina, Milano.

 

 

 

 

  • Boscolo P., (1986), Psicologia dell’apprendimento scolastico, Utet, Torino.

     

  • Colpo G., (1978), La Motivazione scolastica, Giunti Barbera, Firenze.

    De Beni R., Moé A. (2000), Motivazione e apprendimento, il Mulino, Bologna.  

  • Polito M. , (2002), Guida allo studio: Il Metodo, Editori Riuniti, Roma.

    Polito M. , (2003), Guida allo studio: La Motivazione , Editori Riuniti, Roma. 

  • Polito M. , (2005), Educare il cuore, Edizioni la Meridiana, Bari 

     









Postato il Giovedì, 14 gennaio 2010 ore 11:21:54 CET di Letizia Colonna
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