L'Italia e l'anticlericalismo: spunti didattici
di Giulia Pezzella*
Uno dei temi caratterizzanti del dibattito politico italiano tra la metà e la fine dell'Ottocento è stata la "questione romana", a cui era collegata la più ampia discussione sul potere temporale della Chiesa.
Obiettivo di questo percorso è illustrare come l’anticlericalismo fosse diffuso nella seconda metà dell’Ottocento e come sia stato anche utilizzato dal nuovo Stato unitario alla stregua di strumento di legittimazione. Un tema che può interessare le classi che frequentano l'ultimo anno del triennio delle superiori.
Anticlericalismo e letteratura: alcuni spunti
Come è noto, la letteratura è un documento storico molto importante. Sono stati scelti due autori, Giosue Carducci e Antonio Ghislanzoni, che potranno essere analizzati singolarmente o anche all'interno di un unico ragionamento.
Verranno sottoposti agli studenti testi del primo Carducci. L'inquadramento del personaggio nel contesto storico-politico diventa particolarmente importante per poterne comprendere l'evoluzione: il giovane sostenitore delle idee democratiche e repubblicane, difensore del progetto unitario, è critico nei confronti del governo che si trova ad affrontare il problema dell'annessione dello Stato pontificio e di Roma capitale. In questo periodo appare evidente l'adesione all'anticlericalismo di cui il poeta toscano è stato - è noto - il principale esponente in ambito accademico e culturale, come ricordano le sue biografie e i vari manuali di storia della letteratura.
Dalla prima produzione carducciana si potrebbero trarre diversi esempi di questa tendenza; significativo in tal senso è “Voce dei preti” (Juvenilia, 1860), ma il testo che pare opportuno proporre è tuttavia il famoso “Inno a Satana”.
Scritto nel 1863, pubblicato due anni dopo la sua composizione e ristampato poi nell’imminenza del Concilio Vaticano I, l'inno è un documento importante non solo per l'analisi delle idee di Carducci, ma anche quale testimonianza di una cultura e di una mentalità viva in quegli anni.
Il poeta toscano rovescia qui l'interpretazione e il simbolismo di Satana proprio del mondo reazionario: se per i conservatori Satana era l'emblema del male e quindi anche della modernità e del progresso, per Carducci diventa il simbolo degli aspetti positivi della vita. La prima parte, ricca di spunti non solo per il contenuto ma anche per la scelta delle diverse figure mitologiche, introduce alla spiegazione dell'oscurantismo cattolico. Il mago e l'alchimista ne sono i simboli del periodo medievale, dominato dalla superstizione e dalla negazione della scienza, ma anche il filosofo Abelardo. Di particolare interesse il riferimento polemico alla vita ascetica e monastica: "triste" perché fugge la natura; pericolosa (secondo la Chiesa), in quanto dedita anche alla lettura dei classici, che spinge al peccato.
Ma d'altre imagini
D'età più bella
Talor si popola
L'insonne cella.
Ei, da le pagine
Di Livio, ardenti
Tribuni, consoli,
Turbe frementi
Sveglia; e fantastico
D'italo orgoglio
Te spinge, o monaco,
Su 'l Campidoglio.
Il dogmatismo non riesce a imbavagliare l'uman pensiero, nonostante i roghi.
E già già tremano
Mitre e corone:
Dal chiostro brontola
La ribellione,
E pugna e prèdica
Sotto la stola
Di fra' Girolamo
Savonarola..
Il testo si conclude con i celebri versi dedicati al treno a vapore, metafora del progresso:
Un bello e orribile
Mostro si sferra,
Corre gli oceani,
Corre la terra:
Corusco e fumido
Come i vulcani,
I monti supera,
Divora i piani;
Sorvola i baratri;
Poi si nasconde
Per antri incogniti,
Per vie profonde;
Ed esce; e indomito
Di lido in lido
Come di turbine
Manda il suo grido,
Come di turbine
L'alito spande:
Ei passa, o popoli,
Satana il grande.
Si può in questo caso ricordare come il nuovo mezzo di locomozione fosse stato di recente guardato con sospetto da uno di quei papa-re (Gregorio XVI) dalla tirannia dei quali la città di Roma si era per sempre liberata.
Inoltre, può essere di stimolo il riferimento a due testi tratti da Libro proibito (1878) di Antonio Ghislanzoni, l’ardente mazziniano che fu tra l’altro autore del libretto della Aida verdiana:
"La cremazione"
Contro il sistema della cremazione
Protestano con ira i collitorti
I gesuiti ed i preti retrivi;
Noi non cremiam che i morti,
La Santa Inquisizione
Preferì sempre di cremare i vivi.
"Miracoli"
Allor che al mondo annunziasi
Qualche molesto evento:
«Oh! il dito dell’Altissimo!»
Sclamar dai preti io sento.
D’un prete la Perpetua
Ier l’altro ha partorito…
A compier tai miracoli
Di Dio bastar può il dito?
I due brevi componimenti possono esemplificare come l’anticlericalismo fosse un fenomeno diffuso e dai molteplici aspetti, un tema in grado di stimolare alcune riflessioni anche in relazione ad alcuni dibattiti attuali.
Un'ulteriore riflessione potrebbe essere avviata portando gli studenti a notare come il recupero dell’immagine della Roma papalina fu in seguito utilizzato proprio per disprezzare il nuovo Stato unitario e il parlamentarismo, sottoponendo alla loro attenzione alcune pagine del Piacere dannunziano. Nel Libro primo del romanzo, per esempio, si legge che il protagonista, Andrea Sperelli, “venne a Roma per predilezione” e che “Roma era il suo grande amore. Non la Roma dei Cesari, ma la Roma dei Papi; non la Roma degli Archi, delle Terme, dei Fori ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle Chiese”; ed è la Roma del barocco con cui la Chiesa post-tridentina aveva voluto manifestare la sua forza a fare da cornice all’amore tra il protagonista ed Elena Muti: ancora nel Libro primo i due passano passeggiando per la città e ovunque lasciano “una memoria d’amore”. Visitano le chiese, “le ville dei Cardinali e dei principi”: Villa Pamphili, Villa Albani, Villa Medici “e la Villa Ludovisi, un po’ selvaggia, profumata di viole, consacrata dalla presenza della Giunone cui Wolfgang adorò, ove in quel tempo i platani d’Oriente e i cipressi dell’Aurora, che parvero immortali, rabbrividivano nel presentimento del mercato e della morte…”.
Percorrendo la Roma anticlericale
Una visita della città può, inoltre, stimolare riflessioni sulla politica monumentale praticata dal nuovo Stato unitario. In particolare, spunti interessanti sono offerti dalla statua di Giordano Bruno collocata in campo dei Fiori, il luogo dove il filosofo fu arso vivo il 17 febbraio 1600. In un clima di rinnovato interesse per la storia della lotta alle eresie e dell'Inquisizione, segni manifesti dell'intolleranza cattolica, la vicenda del filosofo si presentava come paradigmatica e divenne assai popolare (ancora nel 1909 la prima quartina del sonetto di Trilussa a lui dedicato recitava “Fece la fine de l’abbacchio ar forno / perchè credeva ar libbero pensiero, perchè si un prete je diceva: - È vero - / lui rispondeva: - Nun è vero un corno!".
La scelta di erigere la statua a Roma fu operata in un contesto particolare e dopo lunghe polemiche. Sul finire degli anni Ottanta del XIX secolo, infatti, dopo il fallimento dei tentativi conciliatori di Crispi, i rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa si erano fatti oltremodo tesi. Nel dicembre 1887, il sindaco di Roma, Giovanni Torlonia, era stato rimosso senza alcuna motivazione ufficiale, ma con tutta probabilità perché aveva reso pubblico omaggio al vicario pontificio per il giubileo di Leone XIII; Crispi aveva fatto pressioni sul Consiglio comunale allo scopo di modificarne la composizione, in maggioranza clericale, anche appoggiando pubblicamente la richiesta di concessione dell’area per l’erezione della statua in bronzo del filosofo, richiesta precedentemente presentata da un comitato universitario. Dimostrazioni popolari accompagnarono la discussione della richiesta in Campidoglio; anche il Papa intervenne, osservando che la concessione dell’area avrebbe offeso il sentimento religioso della popolazione romana. Nel maggio 1888 la proposta venne respinta. Le elezioni del giugno successivo, indette per rinnovare un quinto del consiglio comunale videro una schiacciante vittoria dei liberali “bruniani”; l’area per la statua fu quindi concessa.
Interessante sarebbe, sicuramente, una visita all’area del Ghetto di Roma, risanata dopo il 20 settembre anche per marcare una netta soluzione di continuità con il governo precedente, illiberale e oscurantista, che aveva per secoli lasciato vivere migliaia di ebrei romani in un’area degradata. Il nuovo tempio sarebbe sorto tra due simboli della ritrovata libertà romana, il Campidoglio e il Gianicolo, ed era intenzione dei committenti che fosse visibile da ogni punto panoramico della città. Nella progettazione dell'edificio venne privilegiato l'aspetto architettonico, non essendoci modelli antichi di riferimento, che risultò ispirato a forme assiro-babilonesi. Una nota particolare merita la cupola della nuova sinagoga di Roma, che nella sua geometria si distingue nettamente dalle molte altre dello scenario cittadino.
E, per concludere il giro della capitale anticlericale, è opportuno andare al Gianicolo, teatro di difesa nel 1849 della Repubblica romana. Divenne dopo il 1870 parco pubblico e una sorta di memoriale del Risorgimento cittadino; nel 1895 venne inaugurata sul suo punto più alto la statua equestre di Garibaldi. Secondo le versioni ufficiali questa volgeva lo sguardo al Vaticano e dopo il 1929, su indicazioni della stessa Santa Sede, fu ruotata verso la città. Una nota leggenda romana sottolinea come adesso Garibaldi guardi la città, mostrando il posteriore al Vaticano...
*Dottore di ricerca in storia dei partiti e movimenti politici, autrice, collabora con la casa editrice Leonardo International.