La rappresentazione teatrale non nasce solo come allegoria
plateale e condivisa della vita ma è soprattutto l’esternazione degli
stati emotivi degli individui.
Già Aristotele nella Poetica aveva trovato nella commedia una
funzione catartica, purificatrice, in cui l’immedesimazione del
pubblico con essa serve ad una sorta di liberazione dal “male”.
Come tutte le forme di arte, anche il teatro costituisce una forma di
comunicazione, di vero e proprio linguaggio, con una valenza sociale ed
una educativa.
L’uso delle rappresentazione teatrali nella scuola scaturisce dal
bisogno di raggiungere una serie di obiettivi che sono
complementari a quelli didattici. Innanzittutto, il teatro viene visto
come Erlebnis ( un vissuto, un’esperienza) quindi una rielaborazione
attraverso la finzione scenica della realtà; un modo per implementare
il senso del sé, l’autostima, la consapevolezza del proprio ruolo nel
mondo. Per esteso, tutte le forme di socializzazione all’interno della
comunità scolastica sono il mezzo attraverso cui si realizza
l’integrazione della persona nella società, come scrive anche Durkheim
in “ Educazione e sociologia”.
Ne consegue che le attività creative, quindi anche il teatro,
rafforzando lo sviluppo delle potenzialità umane, permettono una
migliore riuscita del contratto pedagogico allievo-scuola.
Infatti attraverso la possibilità di esprimersi ogni
individuo può veramente interagire e contribuire alla realtà che lo
circonda, al mondo degli “altri” che è anche il proprio.
Agli esordi della storia del teatro greco non esistevano dialoghi ma
solo monologhi. Fu Eschilo ad introdurre un secondo attore nella
tragedia, evidenziando la dialettica fra l’individuo e gli altri
,il ruolo spesso conflittuale ma inevitabile dei loro rapporti
nel mondo. Solo con questa sua rivoluzionaria innovazione iniziò
l’interesse per gli autori per il polimorfismo della personalità umana
che acquista rilievo dal confronto delle differenze nei differenti
ruolo incarnati dagli attori.
Attore è un sostantivo che deriva dal verbo “agere” il cui significato
originario latino aveva pressocchè una valenza giuridica: l’agere per
formula della primeva ritualità del contratto nel diritto romano.
Ma che oggi possiamo tradurre con il nostro verbo
italiano “agire” in tutta la sua polisemanticità.
Nel contesto educativo ogni allievo è attore.
Spesso egli porta su di sé ruoli iniziali ; quelli che gli psicologi
chiamano col termine tecnico di “imprints”, positivi o negativi,
stereotipi spesso, che investono le aspettative degli altri, o
più esattamente le aspettative che sulla scorta di comportamenti
regressi, in particolare gli insegnanti, hanno su di lui.
In questo senso, l’attività teatrale può sortire un effetto liberatorio
o sublimatorio e comunque di assestamento tra le
aspirazioni del ragazzo, la sua autostima sulla quale non è mai
troppo soffermarsi, la sua personalità e quello che gli altri, gli
adulti, credendo di conoscerlo, si aspettano da lui.
Parafrasando Pirandello, ogni persona si porta dietro una maschera, è
vittima delle etichette date dal suo ruolo sociale, familiare… cosicchè
l’idea che ne deriva non è quasi mai veritiera ma una sorta di
coercizione della realtà dentro schemi reiterati e pregiudizi.
Per questo motivo, un altro grande rivoluzionario del teatro, A.
Artaud, creò una forma nuova di teatro che spezzasse
definitivamente i manierismi entro cui si era cristallizzata quest’arte.
Chi conosce bene la psicologia dell’età evolutiva è consapevole che lo
sviluppo del bambino è scandito da fasi che vanno dalla imitazione,
alla rielaborazione di essa e all’autonomia attraverso la
deambulazione e la facoltà di locuzione. Quest’ultima non si
forma come pedissequa initazione del linguaggio dell’adulto ma vi è
anche una componente decisamente creativa come evidenzia il Vygotskij.
L’attività teatrale serve anche a potenziare questo linguaggio creativo
e quell’altra importante espressione del pensiero divergente che è
l’enfasi della corporeità. Soprattutto nel teatro musicale essa si
arricchisce di tutte le componenti essenziali che vanno dal gesto
alla parola alla grafica alla coreografia. Inoltre esso coinvolge
l’importantissima senso dell’udito, educa all’ascolto, aiuta alla
sincronizzazione del senso cinetico ed è quindi, in buona sostanza, un
vissuto, un’esperienza che arricchisce e potenzia tutte le capacità
dell’alunno. Esistono brani particolarmente interessanti per educare,
specie i bambini, all’ascolto: brani come la scatola dei giocattoli di
Claude Debussy e molti brani di Camille Saint Saens. Il suono ha un
corpo ed un “colore”; abituare i ragazzi alla polisemìa acustica
significa aiutarli anche a cogliere più sfumature della realtà di
quelle che , spesso, noi adulti abbiamo dismesso di cogliere.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it