di FLAVIA AMABILE
Ogni anno di questi tempi nelle scuole si scatena un delirio tra scrutini, esami e malcontenti. Quest’anno però tanto per incominciare, non è chiaro nemmeno se e quando si finirà. Forse le ammissioni alla maturità e i voti finali degli ultimi anni si salveranno perché sono obbligatori ma per gli altri i tempi sono piuttosto vaghi per la protesta dei Cobas che la scorsa settimana ha bloccato tra 4 e 5 mila scrutini e che la prossima settimana minaccia di fare altrettanto se non di più.
Gli scrutini che proseguono nonostante la protesta, vanno avanti nella confusione generale: regole cambiate a due mesi dalla fine dell’anno scolastico, dirigenti scolastici denunciati per aver anticipato gli scrutini pur di non subire le proteste, dirigenti che si sono trasformati in novelli giuristi per dribblare tra circolari, annunci ministeriali a «Porta a Porta» e le norme di legge, senza attirarsi ricorsi da parte degli studenti.
Nelle scuole infatti tutti erano convinti di dover seguire le norme del rigore dettate dal ministro Gelmini lo scorso anno: ammissione e promozione solo con tutti sei. Il primo aprile però una circolare firmata dal direttore generale del ministero dell’Istruzione Mario Dutto chiedeva di tornare indietro di 85 anni alle norme del Regio Decreto del 1925 dell’epoca Gentile con scrutini non più legati ai voti ottenuti ma al giudizio dell’intero consiglio. «Seguendo il Regio Decreto se c’è un motivato dissenso il 5 può essere portato a 6 e lo studente viene promosso, ma qui si discute di scrutini senza nemmeno sapere se ci saranno risorse per i corsi di recupero, non mi sembra un buon esempio di organizzazione», spiega Antonio Gaeta, dirigente scolastico del Polo Didattico di Passo Corese.
Un cambiamento delle regole a partita già iniziata, insomma. Poi, la scorsa settimana il ministro Gelmini a Porta a Porta ha chiesto a tutti di seguire il buonsenso e non le fredde norme della sua legge. «Ma noi abbiamo sempre seguito il buonsenso. Se ci sono lievi insufficienze che possono essere recuperate negli anni seguenti si cerca di promuovere», chiosa Maria Frisella, dirigente dell’Ipssar Pietro Piazza di Palermo.
Nel frattempo è partita la protesta. Giovedì e venerdì scorsi sono stati bloccati gli scrutini in sette regioni italiane dai Cobas, il sindacato di base della scuola. Oggi e domani si replicherà nelle Regioni più grandi: Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, oltre a Liguria, Valle d`Aosta, Friuli Venezia-Giulia, Abruzzo, Molise, Basilicata e la Provincia di Bolzano, con un maggior numero di docenti ed Ata in campo e quindi risultati ancora più massicci, secondo gli organizzatori della protesta. I dati che vengono dalle prime 7 Regioni danno almeno 4mila scrutini bloccati, in gran parte nelle superiori, con picchi rilevanti a Bologna e Modena con quasi 1000 scrutini bloccati, per l`Emilia-Romagna, a Padova e Venezia, che ne ferma quasi un migliaio, a Cagliari che, con circa 500 blocchi traina la Sardegna che raggiunge un migliaio di stop-scrutini. Inoltre, alle migliaia di scioperanti «diretti» si sono aggiunti tanti docenti ed Ata che partecipano versando in media 10 euro alle Casse di Resistenza per risarcire gli scioperanti della trattenuta.
Motivo della lotta? Circa 150 mila docenti in meno in tre anni, altri 15 mila tagli di personale Ata inseriti nella manovra, il congelamento degli scatti di anzianità, il regalo di circa 30 mila euro da parte di ciascun prof al governo.