Se per un verso è
vero che si può discutere sulla proposta di eleggere il preside
direttamente da parte del Collegio dei docenti, nel contempo è
proponibile un’altra idea correlata benchè possa sembrare
antitetica, ma sulla quale vale comunque la pena di riflettere: perché
non dare ai dirigenti la possibilità di scegliere i docenti nella
scuola che dirigono? Abbiamo già ribadito che la funzione di dirigente
scolastico dal 1993 sia stata equiparata a quella di datore di
lavoro, tuttavia, è sempre rimasta ad un livello di atipicità
giuridica, una funzione datoriale, cioè, più virtuale che effettiva.
Per i dirigenti scolastici, infatti, la possibilità di assunzione
diretta dei lavoratori ( sancita dall’art. 4 bis d.lgs 181/2000) non
vale, se non in termini di assunzioni con incarichi a tempo
determinato e sulla scorta di una rigida graduatoria.
La regola sancita dall’articolo succitato si applica alla totalità dei
lavoratori per qualsiasi tipologia di lavoro ma per i dirigenti
scolastici è rimasta ad un livello embrionale; il che costituisce il
nodo gordiano dell’anomalia dello status giuridico della dirigenza
scolastica, nodo che riteniamo auspicabile debba proficuamente
sciogliersi.
Infatti, riteniamo, al di là di ogni retorica, demagogia e pregiudizio,
che la scelta diretta dei docenti da parte del dirigente rispecchi un
principio di equità e valorizzazione completa delle risorse
professionali, al di là di graduatorie che possono indicare tanto ma
anche… nulla e, in certi casi, sono il pretesto per adagiarsi
definitivamente sul già conseguito per tutto il resto della carriera.
Tutti sappiamo quanto sia importante l’empatia in un contesto
lavorativo. Se esiste un’affinità di pensiero e di vedute ciò può solo
andare a vantaggio della scuola. Inoltre, il dirigente ( chi meglio di
lui?) ha il polso della situazione e conosce quali siano le risorse
umane più adatte alla scuola che dirige.
Non crediamo che ciò possa compromettere i diritti dei docenti: è
nell’interesse di tutti lavorare in armonia e con chi ci dia fiducia e
non indifferenza. L’indifferenza non piace a nessuno.
Riguardo alla constatazione che qualcuno ha sollevato che in alcune
scuole si creano delle vere e proprie camarille dove “il pane “ viene
condito con “l’olio del preside” vorremmo far rilevare che in
alcune scuole il pane se lo condiscono… gli stessi docenti, da soli.
Può accadere, e verosimilmente… accade, che ci siano dei veri e propri
“clan” di docenti, sempre gli stessi, con incarichi, funzioni
strumentali ed altro blindati, senza nessuna possibilità di ricambio,
per una sorta di prelazione feudale, e spesso all’insaputa del
dirigente.
A questo punto varrebbe la pena chiedersi “quale” tra i due preziosi
condimenti sia il più saporito e meno insipiente!
A parte l’ironia,crediamo seriamente che il dirigente , in quanto tale,
debba creare un clima di lavoro quanto più possibile favorevole, ne è
il garante, di conseguenza deve essergli garantita parimente la
possibilità si scegliere nel modo più opportuno al di là di vincoli
residuali di una concezione ormai arcaica della scuola e che ne
impediscono, spesso, il pieno funzionamento.
Ciò che dice Polibio sui collegi dei docenti è bello ed è giusto ma è
pura utopia, non tiene conto della realtà oggettiva , perché essi
non rientrano nel quadretto idilliaco che ne viene dato. Spesso,
anzi,sono un coacervo di invidie, pettegolezzi e lotte intestine per
pochi spiccioli o rosi dal rancore verso chi “osa” elevarsi un solo
millimetro da una comune mediocrità senza, fra l’altro,
dimostrare di saper fare altrettanto o meglio ma solo per il gusto
di gettare fango e odio. Spesso le “cordate” che vengono addotte
ai presidi sono create dagli stessi docenti per meglio realizzare le
loro convenienze, sempre pronti a gettare il sasso tranne poi a
nascondersi per timore e scaricare la colpa a qualcun altro, sempre
pronti a lamentarsi nell’attesa che qualcun altro si esponga al posto
loro. E’ vero che molti dirigenti hanno tanti difetti, tutti ne
abbiamo, ma per esperienza sappiamo anche che questi stessi difetti
sono anche peggiori, anzi proprio amplificati in chi si trova e vive
una condizione di subalternità, amplificati cioè dalla frustrazione e
da una congenita mancanza di spina dorsale, laddove spesso nei
dirigenti, invece, si possono ritrovare magnanimità e saggezza, specie
in coloro che hanno più esperienza.
E allora, a questo punto, meglio dare piene facoltà al
dirigente; di assumere e scegliere i propri docenti, meglio che gli si
riconoscano pienamente i poteri, a partire da quelle appendici
residuali di gravame burocratico che sono gli USR, meglio un atto di
determinazione, un gesto “virile” di affermazione di un ruolo che lo
Stato riconosce loro ma solo a parole, meglio così, soprattutto,
se almeno questo possa una volta per tutte scuotere dal torpore, da
quell’aria di afflitto e perenne vittimismo la categoria dei
docenti, che rimangono arroccati su posizioni insostenibili
perché non riescono poi a far seguire gli atti alle loro aspirazioni,
che rifiutano ogni valutazione sul loro lavoro ma solo per continuare a
fare sempre le stesse cose, magari il solito dettato e copiato tutti i
sacrosanti giorni dell’anno scolastico…
Il modello tedesco, sull’eleggibilità dei presidi non andrebbe
bene in Italia, per il semplice motivo che gli italiani non siamo
tedeschi; questi ultimi, forse hanno maggiore senso della collettività,
mentre in Italia, specie al Sud, c’è una corsa sfrenata
all’individualismo, non alla valorizzazione della persona, ma alla
convenienza personale e non vedere questo significa vivere nel mondo
dei sogni. Il dirigente deve dirigere, che non è una tautologia ma
l’indicazione di qualcuno che tenga sotto controllo la situazione,
usando il classico pugno di ferro in guanto di velluto. Purtroppo
non tutti hanno la “stoffa” per dirigere, ma questo è un altro
discorso. Infatti , riteniamo essenziale la valutazione del profilo
psicologico di chi si candida a dirigere, forse più di qualunque altro
connotato. Per il resto, possiamo dire che si, forse esistono dirigenti
neghittosi e incompetenti ma esistono anche dirigenti che hanno delle
belle gatte da pelare per portar avanti la baracca… specie verso quelle
RSU che si trasformano in franchi tiratori, usati da certi sindacati
come arieti di combattimento, non tanto perché paladini di chissà quali
alti ideali ma spesso per ricattare i dirigenti e farsi “comprare” a
caro prezzo.
Meglio sarebbe così, infine, se servisse almeno a far capire ai docenti
che è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di dimostrare
finalmente di essere ciò che dicono di valere. Altrimenti…a mali
estremi, estremi rimedi.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it