Ho sempre cercato di
condividere con altri quel che scoprivo dall’esperienza di vita e dalla
ricerca
libresca, cercando però di fare l’informatore e non il pedagogo, il
cronista e
non il maestro. E l’ho sempre fatto per mezzo di giornali e di libri,
non
accettando le proposte che negli anni mi sono state fatte di fare il
docente in
qualche scuola. Con tutto il rispetto (che è grande) per i professori,
non sono
mai entrato nella loro categoria.
Ma in questi tempi così
caotici per il nostro Paese, in questo cocktail quotidiano di una
politica
fatta di grida e di trappole, di dossier e di veleni, qualche giovane
mi chiede
di attingere dalla mia ormai non breve esperienza e di aiutarlo a
capire. Gli
rispondo che, se avessi avuto degli allievi, avrei cercato innanzitutto
di
insegnare loro quella che per il convertito Chesterton era tra le
maggiori
virtù cristiane.
L’ironia, cioè, di chi sa
guardare alle cose del mondo prendendole talvolta sul serio ma mai sul
tragico.
Il sorriso – non beffardo, alla Voltaire, s’intende ma, per l’appunto,
ironico
– dell’uomo di fede che sa che di tragedia vera ce ne è una sola. La
tragedia
di far fallimento negli anni di prova che ci sono stati dati e di
presentarsi a
mani vuote (se non, piene di colpe e di errori) a quel Giudizio che
deciderà
della nostra eternità.
Ma perché tanti uomini di
Chiesa, in questi decenni, non ci hanno più ricordato, anzi hanno
cercato di
nasconderci, che il vero progetto cristiano, la Speranza che dà senso
alla
vita, la sola cosa che davvero ci importi , è schivare l’inferno e
raggiungere
il paradiso, se necessario pagando il giusto tributo al purgatorio?
Il nostro dramma, diceva il
solito Pascal, è prendere sul serio ciò che è secondario e rimuovere
ciò che
essenziale, cioè l’impegno di ogni ora, di ogni giorno per salvarci per
sempre.
Attenti, non sono di certo un apocalittico, un escatologico, un
estremista che
proponga come ideale i monaci nelle grotte dell’antico deserto
egiziano. Al
contrario, sono uno che ogni giorno legge molti giornali e molti
giornali ha
contribuito a fare, uno che di tutto può essere sospettato tranne che
di
ascetismo, uno che nelle vicende della vita è stato coinvolto e troppo
spesso
non è stato estraneo – ahimè – non solo all’errore ma anche al peccato.
Ma cerco di coltivare
quell'altra virtù cristiana che è il realismo, da cui deriva poi
l'ironia che
Chesterton raccomandava. Proprio in nome di questo realismo, sapete
dirmi
perché io - per sola grazia di Dio persuaso della verità cristiana,
anche se
tante volte incoerente - perché dovrei appassionarmi, magari prendere
sul
tragico , le vicende di una politica come quella italiana in
particolare e del
mondo in generale? Da realista, mi chiedo: che mi servirà "quel
giorno" (dies irae lo chiamavano i nostri fratelli medievali ma sarà
anche, per fortuna, un dies misericordiae, sennò nessuno di noi la farà
franca), che mi servirà, dunque, aver dato il meglio delle mie energie
, dei
miei sentimenti, del mio tempo per schierarmi per un Berlusconi o per
un
Bersani, per un Di Pietro o per un D’Alema? O, anche, se volete per un
Obama o
un Sarkozy, per un Putin o per una Merkel?
D’accordo, d’accordo, so assai
bene che – per la consueta logica dell’et-et cattolico – l'impegno per
la vita
eterna passa per l’impegno nel mondo, so che l’eternità si costruisce
nella
storia. So, so tutto, o quasi: ma ai miei ipotetici allievi
consiglierei di
impegnarsi sì nel mondo, però non dimenticando mai di farlo con quel
sorrisetto
bonariamente ironico di chi sa, con san Paolo, che "passa la scena di
questo mondo". E che sa che a salvarci non sarà il premier di alcuno
stato
o partito.
Vittorio Messori – Bussola
Quotidiana 28-01-2011