Era una mattinata che si annunciava calda, quel 6 agosto 1945, quando
il colonnello Paul Tibbets, dell'aviazione militare americana, salì sul
suo aereo, la Stratofortress B-29, "Enola Gay". La sera precedente
dall'aereo erano state sbarcate tutte le armi e le munizioni ed era
stata caricata la "bomba speciale", come veniva chiamata all'epoca,
ribattezzata "Little Boy", insieme a 29 mila litri di carburante. Alle
2.45 l'aereo lasciava la pista dell'aeroporto di Tinian , nelle
Marianne Settentrionali, dopo una corsa di rullaggio che costrinse
l'aereo ad usare ogni centimetro della pista, perchè era più pesante
del normale. Dopo la partenza la bomba fu armata e l'aereo procedette,
aspettando il via sul bersaglio principale (Kokura) o su quello
secondario (Hiroshima). Ma gli aerei esploratori videro che su Kokura
il tempo era incerto e quindi si dette l'OK per Hiroshima, dove l'Enola
Gay arrivò verso le 8 di mattina. 15 minuti dopo sganciò la bomba da
quasi 10 mila metri di altezza. a 500 metri dal suolo i 60 Kg. di
uranio 235 contenuti nella bomba esplosero con una potenza pari a circa
20 mila tonnellate di tritolo: eravamo entrati ufficialmente nell'era
atomica.
Oltre 70 mila persone morirono quel
giorno e gran parte della città fu rasa al suolo. Almeno altrettante
poi sono morte nel corso del tempo, a causa delle troppe radiazioni
assorbite. Oggi chi va ad Hiroshima può vedere il "Peace Dome", quello
che rimane di un edificio in cemento, distrutto ma non raso al suolo
dalla bomba, che è diventato un monumento a ricordo del fatto.
Ma era necessario tutto questo? Ricordiamo la situazione militare del
Giappone dell'epoca. La Marina Imperiale, orgoglio nazionale, che aveva
conquistato tanti onori da Pearl Harbour in poi era ormai distrutta. Le
navi più grandi che erano rimaste erano piccoli mercantili e qualche
motopeschereccio. L'aviazione, che aveva affondato tante navi
americane, era ridotta a poche decine di aerei che non avevano la
benzina per decollare e comunque erano largamente impotenti, di fronte
ai caccia americani. L'esercito era formato da soldati anche ben
addestrati, ma con armamenti inadeguati, in particolare nel settore
antiaereo e anticarro.
I servizi sanitari erano praticamente
pari a zero, quindi anche i soldati feriti spesso vedevano infettarsi
le loro ferite e morivano. Di fronte c'era un esercito americano, che
poteva sbarcare oltre 2 milioni di uomini, disponeva di migliaia di
aerei e di oltre 5000 navi. Insomma non c'era confronto. Eppure si
decise per lo sgancio della bomba atomica, aprendo un nuovo vaso di
Pandora, Ed oggi? Non è cambiato nulla. Iraq, Afghanistan, Palestina,
Cecenia, Georgia, diversi Paesi africani... non è cambiato nulla. Tutti
gli Stati che sono o si sentono forti, quando vogliono ottenere
qualcosa, non sanno fare altro che usare la violenza, lo sterminio.
Certo, non si usano armi atomiche, ma sono
molti i Paesi che ne hanno: i Paesi della NATO, le Repubbliche dell'ex
URSS (almeno una parte), Israele, India, Pakistan, Cina. All'elenco si
potrebbero aggiungere Corea del Nord ed Iran, tra qualche anno. Ma a
che serve tutto questo? A livello internazionale, questa situazione è
definita MAD (Mutual Assured Distruction=distruzione reciproca
assicurata) e si può sintetizzare nella frase: se provi a lanciarmi un
missile, io distruggo te, i Paesi che ti sono vicini e il resto della
Terra. Ma "mad" in inglese significa anche "pazzo", ed è così: è una
situazione folle. E vedere le immagini del 1945 con la gente che
cammina ustionata, con la pelle a brandelli, la carne in vista, il
volto o le membra deformate dal calore o da tumori dallo sviluppo
pressochè immediato non ha insegnato nulla. (JulieNews.it)
redazione@aetnanet.org