L’avv. Mariastella Gelmini, pidiellina
e ministra del governo Berlusconi IV, è al MIUR dall’8 maggio
2008.
Era il 1º luglio 1973 e a Leno (BR)
nasceva Mariastella Gelmini (mentre il vecchio prof insegnava storia e
filosofia, da tre anni, in un liceo classico). Le sue notizie
biografiche si possono trovare su Wikipedia. Si è diplomata presso un
liceo privato e confessionale nel luglio del 1992, con 50/60 (in
centesimi avrebbe preso 83,3 !). Entrata in FI sin dalla cosiddetta
"discesa in campo" di Silvio, nel 1998 ha ricoperto la carica di
presidente del consiglio del comune di Desenzano del Garda fino al
2000, perché sfiduciata. Nel 2002 si è laureata - fuori corso -
all'Università degli Studi di Brescia in Giurisprudenza con la tesi
“Referendum di iniziativa regionale” portando a casa il voto: 100 (!?)
su 110. Ha superato l'esame di Stato per la professione di avvocato
presso la Corte d'Appello di Reggio Calabria (!?). Da quell’anno
al 2004 è stata assessore della Provincia di Brescia. L’anno dopo
consigliere regionale della Lombardia. Dal 2006 è membro della Camera
dei deputati. Confermata anche nel 2008 è diventata ministra del
MIUR del governo Berlusconi IV.
E’ la
quarta donna ad essere responsabile dell’Istruzione; e la
seconda, dopo la Moratti, nel Ministero dell’Istruzione (non Pubblica,
ma unificata) con l’Università e la Ricerca; è la prima
ministra che si è sposata durante il suo mandato. Politicamente
parlando, la creatura epocale della Gelmini è la sua riforma
scolastica: un insieme di atti normativi contenuti nelle leggi
133/2008, 169/2008, il cui scopo principale è quello di riformare il
sistema scolastico italiano. La riforma è entrata in atto il 1º
settembre 2009 per la scuola primaria e secondaria di primo grado,
mentre per la secondaria di secondo grado il 1º settembre 2010. Con
la legge 240/ 2010 è la Riforma universitario è entrata in vigore
nel gennaio 2011.
Non
voglio assolutamente stare qui a criticare la riforma dell’avv.
Gelmini, perché sarà il tempo divoratore a dirci se - nell’Istruzione -
stiamo vivendo in un periodo “epocale” oppure “pocale”, di poco conto.
Certo quel ritornello, che chiude moltissime delle norme gelminiane,
«non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica» sembra una barzelletta, uno scherzo, una presa in giro, o
un’operazione tremontiana di economia creativa, cioè fatta di tagli,
forbici e mannaie. La riforma scolastica del governo di centro destra
segue non un progetto culturale ma una logica di mercato, cioè le leggi
di bilancio, (le finanziarie!), dal 2008 al 2013 e oltre.
Fin’ora, questa riforma ha “tagliato e
segato”: 87 000 insegnanti e 44 000 tecnici, senza la concertazione con
i Sindacati. Si sono susseguiti scioperi degli insegnanti e del
personale ATA, manifestazioni dei genitori delle elementari, oltre a
diverse iniziative dei movimenti studenteschi delle superiori e delle
università, cortei, lezioni in piazza. A quei pochissimi che in questi
ultimi tre anni si fossero distratti, consiglio di andare a rileggere
nel grande archivio di questo sito del consorzio aetnanet,org alla voce
“riforma Gelmini”.
Qui,
il vecchio prof si vuole togliersi un sassolino dalla scarpa, a
proposito del bla bla bla della tanto sbandierata meritocrazia.
Con la sperimentazione meritocratica dello scorso anno, 1.000 docenti,
che si sono fatti valutare, hanno avuto 250 € in più rispetto a tutti
gli altri 800.000 che siamo fermi agli stipendi stabiliti dal CCNL del
2007 e prenderemo lo stesso stipendio, forse, fino al 2015.
Meritare,
nella lingua di Dante, è essere degno, è essere meritevole, valère.
Si dice comunemente: Quella persona merita una statua d’oro… Tra le
popolazioni pellerossa la persona più meritevole è il vecchio saggio
indiano, che è il punto di riferimento della tribù, anche se non lavora
più, non combatte e non produce che il fumo del suo kalumet. Ma se apre
bocca non sputa sentenze, e se dice ad una montagna: “ Spòstati!” ,
essa ubbidirà. (cfr Marco 11.23).
Valutare
il merito degli insegnanti è un fatto qualitativo non quantitativo.
Appartiene al paradiso dell’essere non all’inferno dell’avere.
Attiene non al calcolo matematico (freddo come la pietra =
càlculos), bensì alla stima tipica del mondo dell’arte. Un quadro
non si valuta dal valore della tela bianca e dalla spesa dei colori.
C’è un quid che l’artista trasferisce attraverso la sua mediazione, la
sua emozione, il suo estro, il suo talento, il suo linguaggio
universale. Il tempo accresce valore ad un’opera d’arte. Il pittore
Antonio Ligabue, il matto, nel 1928 incontrò Renato Marino Mazzacurati
il quale ne comprese l'arte genuina e gli insegnò l'uso dei colori ad
olio guidandolo verso la piena valorizzazione del suo talento. Allo
stesso modo, i lavoratori della conoscenza sono scopritori di talenti e
“artisti” essi stessi, tutti un po’ matti perché nel campo
dell’educazione e della cultura si vive un mondo controcorrente.
La
società ti prospetta i soldi facili delle escort e del bunga bunga e tu
devi parlare di dignità della persona. C’è tanta disonestà in giro e ti
tocca argomentare sul rispetto e il senso civico dei Cincinnato. La
madre dei Gracchi presenta i suoi figli come dei gioielli, e glieli
ammazzano, nonostante le buone riforme sociali. Spesso al vecchio prof
chiedono cosa insegni e guardano le “rossastre nubi”
rispondo: “Imparo, insegnando emozioni”.
Una
mattina, al semaforo rosso di un incrocio di città, si avvicina
all’auto un anziano signore discretamente vestito. Non per vendere
cose, né per pulire i vetri, ma per offrire parole, per recitare dei
versi. Lo ascolto e poi cerco degli spiccioli nel cassettino. Il
vecchio si schermisce e aggiunge, mentre scatta il verde: – “No,
grazie, niente soldi! La poesia non si paga!”.
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com
(Quarto di 4 post, gli altri sono pubblicati il 2 il 4 il 6 u.s.)