C’è un passaggio del discorso di Napolitano al Meeting di Rimini, il 21
u.s., che ha avuto commenti positivi biparisan:
“Al di là della manovra oggi in
discussione, e guardando alla riforma fiscale che si annuncia, occorre
un impegno categorico ; basta con assuefazioni e debolezze nella lotta
a quell’evasione di cui l’Italia ha ancora il triste primato,
nonostante apprezzabili ma troppo graduali e parziali risultati. E’ una
stortura, dal punto di vista economico, legale e morale, divenuta
intollerabile, da colpire senza esitare a ricorrere ad alcuno dei mezzi
di accertamento e di intervento possibili.”
Basterebbe analizzare e meditare queste poche
parole senza aggiungere altro.
Intelligenti pauca! Che (purtroppo!) non vuol
dire: “Gli intelligenti sono pochi”… E’ intelligente colui che sa
leggere dentro (intus lègere) anche in poche parole.
In questi giorni in cui taglia sulle pensioni
e sui lavoratori dipendenti, il nostro governo ci fa vedere gli spot
edulcorati sul dovere civico del pagare le tasse. Ci piacerebbe che,
invece di quegli spot televisivi: presso tutte le scuole statali, tutti
gli ospedali, le caserme delle forze dell’ordine e presso ogni altro
servizio pubblico, ci fossero dei cartelli con la seguente scritta a
caratteri cubitali:
Se hai evaso le
imposte questo servizio lo stai rubando a chi le ha pagate.
L’ evasione
fiscale nell’economia italiana è un cancro da primato mondiale, con
metastasi diffusissime.
“Ogni anno in Italia abbiamo 120 miliardi di
evasione fiscale, 60 miliardi di corruzione, e 350 miliardi di economia
sommersa, pari ormai a quasi il 20 per cento della ricchezza nazionale.
Ma varrebbe la pena di aggiungere gli oltre 500 miliardi nascosti da
proprietari italiani nei paradisi fiscali e su cui non si pagano tasse.
Sessanta miliardi di corruzione e 120 di evasione fanno 180 miliardi
l’anno. In 10 anni sarebbero 1800 miliardi: esattamente quanto l’intero
stock del debito pubblico. Le centinaia di miliardi che ogni anno
finiscono nel buco nero dell’illegalità… non sono un’entità astratta:
…sono il nostro debito pubblico, sono i treni dei pendolari tagliati, i
biglietti degli autobus che aumentano di prezzo, la lista d’attesa di
sei mesi per una TAC, l’insegnante di sostegno per i bambini disabili
eliminato, la cronica mancanza di asili nido che ostacola l’accesso al
lavoro delle donne”. Questa citazione è tratta dal libro
Soldi rubati,
scritto da Nunzia Penelope (ed. Ponte alle Grazie). L’autrice ci
dimostra, dati alla mano, che l’illegalità è prima di tutto un problema
di giustizia sociale. L’illegalità economica infatti è quella cosa per
cui qualcuno paga i conti di qualcun altro.
“La madre di tutte le illegalità” è
l’evasione fiscale. A causa di questa illegalità, ciascun
contribuente in regola paga 3.000 euro all’anno di più; in concreto,
negli ultimi 30 anni il lavoro dipendente ha pagato tasse maggiori di
quelle che avrebbe potuto pagare per 870 miliardi di euro.
Vale la pena
di riflettere su questi dati, mentre ci apprestiamo a subire manovre
correttive di entità mostruosa.
L’88% dei contribuenti è costituito da
lavoratori dipendenti e pensionati che pagano il 93% del gettito
fiscale; il residuo 12% è costituito dai lavoratori autonomi, cui si
deve il restante 7% dell’entrata tributaria. I controlli sulle
dichiarazioni dei redditi ammontano, per ogni anno, al 10 per cento del
totale e così l’evasore sa che ha il 90 per cento di probabilità di
farla franca. Come giocare al lotto e avere il 90 per cento di
probabilità di portarsi a casa il jackpot. Inoltre, fino ad ora,
abbiamo avuto una media di condoni fiscali, indulti, sanatorie, scudi e
altri fantasiosi istituti cosiddetti perdonistici (pagami il 5 per
cento di quello che hai evaso e siamo pari e patta) pari a uno ogni
quattro anni, con un termine di prescrizione dell’accertamento fiscale
di cinque anni, in genere integralmente sfruttato dagli uffici delle
Entrate.
Il MeF deve
tassare chi evade e non continuare a fare pagare ai lavoratori
dipendenti le voragini e i buchi di bilancio causati da altri.
La crisi finanziaria e il debito pubblico sono generati da un sola
madre: l’evasione fiscale. Basterebbe recuperare i miliardi
evasi per uscire rapidamente dalla crisi e per sanare il debito
pubblico. l’88% dei contribuenti è costituito da lavoratori dipendenti
e pensionati che pagano il 93% del gettito fiscale; il residuo 12% è
costituito dai lavoratori autonomi, cui si deve il restante 7%
dell’entrata tributaria. I commercianti (per esempio) denunciano
mediamente 17.703 euro all’anno; e gli albergatori e ristoratori 12.643
euro. Il che significa che, dopo aver pagato le imposte, questa gente
vivrebbe con meno di 800 euro al mese.
“Si è vero, evado le imposte; ma poco. C’è chi le evade molto più di
me. Cominciate a occuparvi di quelli”. Della serie: la vera evasione è
quella degli altri. Che è come se un ladro di automobili dicesse al
giudice: “Ma ci sono tanti ladri che hanno rubato di più; e poi ci sono
rapinatori e assassini; perché ve la prendete con me?”. Come se
l’omicidio giustificasse il furto.
Diceva Totò, “è la somma che fa il
totale“. E sono i milioni di piccole e medie evasioni fiscali
che ci sottraggono ogni anno più o meno lo stesso gettito che proviene
da quelli che le imposte le pagano. E che oggi sono costretti a pagarne
di più perché l’evasione fiscale degli altri ha portato il paese alla
bancarotta. (cfr.Bruno Tinti, su Il Fatto quotidiano 23/7/11).
Intanto imperversa l’acceso il dibattito sulla
manovra, che, secondo la dichiarazione del segretario del Pdl Angelino
Alfano
"non è il Vangelo ma si può
cambiare, rispettando i saldi".
Alberto Brambilla, sul Sole 24 Ore del 21
u.s., si chiede: “E se fossero deducibili gli scontrini?” L’evasione
fiscale nasce nel momento in cui tra le parti contraenti non esiste un
reciproco interesse all’emersione fiscale. Questo avviene
prevalentemente nella vendita a privati, nei mercati di ampio consumo e
quindi prevalentemente nella vendita al dettaglio. Tra imprenditori la
fattura si scarica e quindi chi paga ha tutto l’interesse a ricevere il
documento fiscale. Se vado al bar invece con lo scontrino del caffè non
ci faccio nulla e quindi se non mi viene fornito non avverto alcun
problema o possibile danno. La risposta sinora è quella della
repressione o della cultura fiscale di un popolo. Si tratta di due
grandi sciocchezze che infatti non funzionano. Pensare di mettere
finanzieri ad ogni bar, negozio o stabilimento turistico italiano è una
prospettiva che neanche la dittatura più arcigna o arroccata potrebbe
realizzare. L’effetto dei proclami repressivi, stile maoista (punirne
uno per educarne cento) ha un effetto limitato tenuto conto anche della
continuità e della frequenza degli atti di acquisto degli italiani.
Certo la mentalità italiana non è molto
rigida sull’adempimento fiscale, che non è considerato un peccato o una
condotta socialmente riprovevole.
Anche la
Chiesa italiana va all’attacco di chi non paga le tasse. «Le
cifre dell’evasione fiscale sono impressionanti», scandisce il
presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. “E’ necessario ed urgente
di combattere l’evasione, «che è ben oltre qualunque debito pubblico».
Se ciascuno assolvesse i propri doveri verso il fisco, «le cose
sarebbero subito risolte». Oltre a queste nobili parole, sarebbe
stato bello sentire dal presidente della Cei una disponibilità a
rivedere insieme al governo la legge dell’8 per mille.
E’ l’amore
della ricerca della verità e non l’odio antireligioso che spinge il
vecchio prof a cercare di capire come funziona il meccanismo
dell’8x1000.
Ogni cittadino che presenta la dichiarazione
dei redditi può scegliere la destinazione dell’8 per mille del gettito
IRPEF tra sette opzioni: Stato, Chiesa cattolica, Unione Chiese
cristiane avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione
delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia,
Unione Comunità Ebraiche Italiane.
In realtà nessuno destina il proprio gettito:
il meccanismo assomiglia di più ad un gigantesco sondaggio d’opinione,
al termine del quale si “contano” le scelte, si calcolano le
percentuali ottenute da ogni soggetto e, in base a queste percentuali,
vengono poi ripartiti i fondi. E’ un vero referendum senza necessità di
raggiungere il quorum. La mancata formulazione di un’opzione non
viene presa in considerazione: l’intero gettito viene ripartito in base
alle sole scelte espresse.
Alcune confessioni, più coerentemente,
lasciano allo Stato le quote non attribuite dal dichiarante,
limitandosi a prelevare solo quelli relativi ad opzioni esplicite a
loro favore: cosa che non fa la Chiesa cattolica, ottenendo un
finanziamento quasi triplo rispetto ai consensi espliciti ottenuti a
suo favore (30% dei dichiaranti) e arrivando a ricevere il 90%
del capitale dell’8x1000. Questa legge di “privilegio” andrebbe
modificata in meglio, non abolita. Con buona pace degli integralisti
cattolici italiani.
“Non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che
cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete…
Guardate gli uccelli del cielo: non
seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro
celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro?”.
Non è la manovra di Tremonti,
è il
vangelo di Matteo (6,25-26), caro Angelino Alfano e non si cambia!
Giovanni Sicali
giovannisicali@gmail.com