La scommessa
pare sia stata vinta! Non era
affatto scontato prevedere una buona riuscita, a fine agosto, di una
rassegna
cinematografica sull'Unità d'Italia.
Eppure,
sin dalla prima serata di
proiezione, lunedì 22, il pubblico - circa 200 presenze a spettacolo -
ha
raccolto con interesse e partecipazione la proposta dell'Assessorato
provinciale
alle Politiche Culturali.
Il
segreto del successo dell'iniziativa che
si è avvalsa dei servizi della Soc.
Cinestudio, sta, forse, in un insieme di fattori il primo dei quali
la scelta
della “location” dove far vedere i film.
L'anfiteatro
delle Ciminiere di Viale
Africa, infatti, ha dimostrato ancora una volta l'enorme potenzialità
che ha,
non che avrebbe, un luogo ( non un “non luogo”!) pubblico, destinato e
vocato a
una fruizione sociale, ricreativa, spettacolare, culturale!
Lo si è
plasticamente e clamorosamente
capito sin dal primo film quando, iniziata da pochi minuti la visione
dello
splendido Allonsanfan dei fratelli
Taviani, era possibile perdersi in un “rapimento estetico-estatico” tra
le
scene della pellicola, vecchi ruderi architettonici dell'Italia di
inizio '800,
dove si svolgevano le riunioni dei rivoluzionari “carbonari” e il sito
che ci
ospitava, la meravigliosa
archeologia
proto-industriale delle raffinerie
catanesi di fine '800. Era facile, insomma, confondere lo schermo e ciò
che
proiettava con il luogo fisico nel quale veniva proiettato: magie del
Cinema!
Le due
perle assolute delle dieci serate
alle Ciminiere sono state Senso e 1860;
questi
due
autentici capolavori della
cinematografia italiana, infatti, racchiudono il “sugo” della rassegna,
in
particolar modo riguardo agli “italiani ieri” e alla lettura che, 150
anni
dopo, possiamo dare del nostro Risorgimento. E lo fanno, sia Visconti
che
Blasetti, senza cadere mai nel didascalico o nel facilmente retorico o,
peggio,
propagandistico.
Pensiamo
alla controversa, a tratti
contraddittoria, ma esaltante e
irripetibile figura di Luchino Visconti. Nella sua stessa persona,
infatti, si
possono riscontrare e rispecchiare tutte le laceranti vicende, tra
struggente,
ammaliante e peccaminosa “sensualità” della “storia” tra la nobildonna
veneziana (giova ricordare da quale famiglia milanese discendesse il
Maestro?)
e il giovane ufficiale del grande impero viennese.
Certo,
atmosfere decadenti e visione a
volte manierista, calligrafica e indulgente, Visconti veniva dal teatro
e da
quello lirico in particolare, ma puntuale e intelligente lettura
storiografica
della fine di un'intera epoca, quella- appunto- delle aristocrazie
europee.
E come
non vedere nello splendido bianco e
nero di Blasetti, 1860, una, magari
inconsapevole, inconscia, forte anticipazione di quello che sarà, poi,
la più
grande stagione del cinema italiano, quel Neorealismo che per decenni,
sino a
oggi, ha ispirato i più grandi cineasti di tutto il mondo?
Protagonista
del film realizzato
addirittura nel 1934, a ben vedere “nel mezzo del cammin” dei Nostri
150 anni,
infatti, non è “l'eroe dei due mondi”, ma...Carmeliddu, cioè Carmelo
Trau, un
picciotto che viene inviato dai suoi compaesani, in agitazione contro i
borbonici, “sul continente” per imbarcarsi a Genova con Garibaldi.
Garibaldi,
addirittura, Blasetti ce lo fa
solo intravedere per qualche secondo, in pochissime inquadrature! Più
“neorealista” di questo?
Non si
può ovviamente tacere, a proposito
di storia e storiografia e di come anche il cinema risenta delle
vicende del
“secolo”, che per molti il film...non esiste nemmeno! Nel senso che
conoscono
so-
lo la
nuova edizione del 1951, che infatti
cambiò pure titolo, I Mille di Garibaldi,
cambiò montaggio, musiche e - ovviamente- tagliò il finale di
ambientazione
fascista...chissà oggi?!
Non resta
che augurarci buon divertimento
per le ultime proiezioni, da questa sera a Mercoledì 31, da Papaleo ad
Albanese, infatti, c'è molto da ridere, sorridere e riflettere sugli
“italiani
oggi” e pensare che, senza necessariamente aver bisogno di ricorrere a
celebrazioni, si possa, a partire dai prossimi mesi, innanzitutto nelle
scuole,
ma non solo, riprendere e, magari, estendere questa esperienza.
Attraverso
la “settima arte” riflettere su
cosa è stato il nostro Risorgimento e cercare di capire, 150 anni dopo
-
appunto- quando per la prima volta la stessa Unità nazionale è messa in
discussione da chi ( incredibile dictu!) ci governa con le camicie
verdi (povero
Garibaldi...), chi e cosa siamo diventati.
P.
S.
Venerdì
26, al termine della proiezione di 1860, sulla scena
finale che proclamava,
davanti alle vittime garibaldine di Calatafimi, il raggiungimento
comunque dell'Unità
d'Italia, è partito un ap-
plauso
spontaneo di non pochi spettatori!
Solo
questo vale l'intera Rassegna...
Prof. Fabio
Gaudioso, per la Cinestudio