Poiché molti in questi
giorni hanno commentato il quizziario appena pubblicato dal MIUR
riguardo la pre-selezione al concorso per dirigenti scolastici, mi sia
consentito esporre brevemente anche qualche mia considerazione, in
merito più alla procedura che alla sostanza dei quesiti. E siccome la
sottoscritta odia la prolissità indice quasi sempre di confusione
mentale, cercherà di essere breve e quindi incisiva quanto basta.
Che il “troppo” “stroppia” e stanca chi legge.
Ebbene, se è vero che era necessaria una scrematura dei candidati al
concorso, crediamo che si sia scelta la forma peggiore, più assurda
persino di un’estrazione a caso, per selezionare in modo
opportuno. Si tratta, infatti, di un sistema farraginoso che premia
semmai una capacità mnemonica o di ingegnarsi a trovare sofisticati ed
impensabili sistemi di “copiatura”, ma che dice poco o niente affatto
sul possesso reale dei requisiti essenziali richiesti ad un aspirante
dirigente.
Innanzitutto, si evince nella forma prescelta del quiz, ancora
una volta, la volontà di privilegiare quel “teoricismo” che non paga,
che è probabilmente sempre stato la peggiore calamità ed il peggiore
difetto dell’indole italica; lo stesso “teoricismo” che affolla in modo
così deleterio le nostre università ma perfino i nostri tribunali e
purtroppo, ma di conseguenza, anche i nostri ospedali…. E via
discorrendo. E’ il trionfo di una teoria statica e stantìa, nemica di
un più sano pragmatismo che invece è l’unica efficace soluzione verso
il fare e saper fare. E non si tratta nemmeno di un teoricismo mirato,
essenziale ma tronfio; nemmeno i giudici della Suprema Corte
Costituzionale conoscono a memoria tutti gli articoli di legge! Ed è
normale che sia così, per il semplice fatto che la cosa veramente
importante è saper cercare nel momento opportuno e possedere gli
strumenti adatti, perfezionati, per applicare nel modo esatto ciò che
si conosce. Cosa dire infatti della parte riservata, ad esempio, alle
nozioni informatiche? Non ci vuole molto a capire che spesso chi ha una
certa dimestichezza con il computer non ha bisogno di studiare fardelli
di spiegazioni teoriche…. Anzi, succede proprio il contrario dal
momento in cui posso conoscere teoricamente cosa sia il touch pad o il
wireless …. Ma poi in realtà essere del tutto incapace nella pratica di
usarli. E’ un po’ come conoscere tutti i segnali stradali ma non avere
idea di come si metta in moto l’automobile, a che serve?
Mi sia consentito dire , inoltre, che ad un dirigente scolastico
, non è nemmeno necessario possedere un’erudizione enciclopedica: è
importante che sappia i fondamenti essenziali , giuridici e tecnici ,
del suo lavoro “cum grano salis”, ovvero accompagnati da un po’
di”sale in zucca”. Il resto è melassa.
Ma tant’è… sembra che in questo paese non si voglia a nessun costo
andare avanti. Sarebbe stato certamente più saggio effettuare una
pre-selezione basata su seri tests psico-attitudinali, con una parte
residuale lasciata a poche ma essenziali conoscenze professionali; del
resto la teoria viene accertata nella sua sede naturale, ovvero durante
il colloquio orale, soprattutto, dove di certo si evincono le capacità
di articolare le conoscenze anche mnemoniche con quelle dialettiche e
soprattutto di elaborazione e di riflessione personale.
Chi scrive è sempre stata apertamente ostile all’elezione del dirigente
da parte del collegio dei docenti ma soltanto per un motivo: perché in
questo paese vige innegabilmente la regola del favoritismo e del
clientelismo, ovvero della compra-vendita del voto, ma non se non fosse
stato così non avrei avuto sinceramente nulla in contrario. Del
resto, i concorsi, gli esami dovrebbero servire proprio ad evitare
questo e cioè ad evidenziare il merito; nella forma ideale, ovvero
propria del termine, ciò è innegabile. Non lo è di certo , però,
secondo una procedura come questa presente, dove il “tecnicismo” fa
sempre più rima con “idiotismo”, laddove dovrebbe essere invece un
ausilio per rendere più snelle e più efficaci le procedure di accesso
ai ruoli.
Come dice Polibio, chi non sa scrivere non sa nemmeno leggere ed io
aggiungo: chi non sa usare il cervello non sa nemmeno vivere e rende la
vita difficile anche agli altri. E’ assolutamente necessario che questo
paese si liberi da fardelli litotici mascherati da progresso ed
evoluzione “tecnici”, da una coltre ottenebrante di parole che
confondono piuttosto che chiarire, di chi annienta il pensiero, la
capacità di svilupparlo e realizzarlo nella pratica, attraverso
macchinosi sistemi il cui unico scopo è quello di passar sopra, come
caterpillar, su ciò che di umano e di sensato è ancora rimasto in
questa nazione.
Tecla Squillaci
teclasqu@tin.it