La notizia
del ripristino dello strumento del concorso per l'accesso
all'insegnamento nella scuola, potrebbe essere una buona notizia,
perché reintrodurrebbe dopo 12 anni lo strumento del concorso pubblico
come forma legittima di reclutamento, riconoscendone la valenza
legislativa che gli conferisce la normativa vigente.
Ma il taglio agli organici operato dal duo Gelmini-Tremonti, la
distinzione tra organico di diritto e organico di fatto, che alimenta
vaste sacche di precariato senza dare continuità alle esperienze
didattiche, la mancanza di Ordinamenti che abbiano come fine il
miglioramento del sistema dell'istruzione pubblica e non i tagli
lineari disegnano una scuola italiana in grande sofferenza.
Su tutto campeggiano i numeri del precariato della scuola che ha nelle
graduatorie ad esaurimento il suo emblema, ma che si alimentano anche
degli apporti di coloro che sono abilitati all'insegnamento e non
iscritti nelle graduatorie e di coloro che pur non essendo abilitati,
vantano un percorso professionale di interi anni
scolastici.
Di che cosa ha bisogno la scuola italiana, che si ringiovanisca
il corpo docente? Senz'altro, ma anche di continuare ad avvalersi delle
professionalità sperimentate in anni di esperienza dei docenti che
ambiscono al riconoscimento della stabilizzazione.
La normativa vigente assegna al concorso il 50% dei posti disponibili e
l'altro 50% alle graduatorie ad esaurimento ed è la strada da
continuare a percorrere se non si vuole cadere in un finto
giovanilismo, teso ad innescare una nuova forma di reclutamento che
faccia dimenticare i tagli operati dalla Gelmini, sigillando col
cemento i 100.000 licenziamenti determinati da quei tagli.
L'annuncio del concorso è una notizia positiva, ma deve accompagnarsi
ad alcuni atti propedeutici fondamentali:
una ricognizione di tutti i posti disponibili, a vario titolo, per le
immissioni in ruolo,
una ricognizione dei posti necessari a restituire alla scuola la
dignità calpestata dai tagli del precedente Governo,
una presa in carico del piano di stabilizzazioni triennali promesso dal
patto di stabilità dello scorso anno e compromesso dalle vicende della
riforma Fornero del sistema previdenziale, che non manda in pensione
più nessuno, impedendo quel ricambio generazionale tanto invocato.
Solo partendo da un obiettivo ben definito che coniughi la qualità
della scuola italiana col problema occupazionale si potrà parlare di
concorsi per l'accesso all'insegnamento. (da Flc-Cgil)
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