L’accanimento e la recidività di queste associazioni, nonostante gli smacchi già subiti, hanno una sola motivazione: l’integralismo e l’intolleranza, frutto di un pregiudizio ideologico.
A nulla serve che la Costituzione italiana, al pari dei principali documenti del diritto internazionale, riconosca indistintamente a tutti i cittadini pari dignità di fronte alla legge; allo studente la titolarità prima del diritto-dovere di istruzione e alla famiglia la libertà di scelta educativa; a nulla serve che ci sia una legge dello Stato italiano (62/2000) che riconosca la scuola paritaria come parte integrante e costitutiva dell’unico sistema nazionale di istruzione e formazione e pienamente legittimata al finanziamento pubblico per il “servizio pubblico” che essa svolge nell’interesse del bene comune; a nulla serve che, a fronte di eguali servizi erogati se non addirittura migliori, il costo medio dell’alunno di scuola paritaria sia largamente inferiore a quello della scuola statale con evidente vantaggio per l’erario dello Stato e, di riflesso, per i cittadini contribuenti; a nulla serve che in Europa, ma anche in larghissima parte del mondo, gli Stati finanzino la scuola non statale; a nulla serve che il servizio della scuola paritaria renda più diffusiva, più capillare, più variegata, più rispondente ai diversificati bisogni del territorio e degli alunni l’offerta formativa; a nulla serve dimostrare che il problema vero della scuola italiana non sia quello della natura giuridica del suo gestore (lo Stato, l’Ente locale, il privato), ma la qualità e l’eccellenza della sua offerta, perché è solo la qualità e l’eccellenza che fa la differenza tra una buona e una cattiva scuola, è solo la qualità e l’eccellenza che garantisce “di fatto” l’esercizio del diritto di istruzione ed educazione degli alunni; a nulla serve richiamare la necessità che il citato comma dell’art.33 della Costituzione vada letto all’interno del disegno generale della Costituzione e non estrapolato dal suo contesto con un’operazione rozza di analisi testuale; a nulla serve che l’Unione europea con ben due Risoluzioni, una del 1984 e l’altra del 2012 abbia ammonito severamente gli Stati membri perché garantiscano il pluralismo scolastico senza praticare alcuna discriminazione, compresa quella economica, tra la scuola statale e quella paritaria; a nulla serve ricordare che la scuola cattolica abbia iniziato la sua attività educativa a favore di tutti, in particolare delle classi popolari, ben secoli prima che gli Stati nazionali, compresa l’Italia, ne sentissero il dovere e l’urgenza.
Potremmo ancora continuare a lungo con queste osservazioni, ma purtroppo rischiamo soltanto di perdere tempo perché i soci di queste associazioni referendarie sono rimasti imprigionati dentro i loro precostituiti schemi ideologici avendo abdicato all’esercizio della loro intelligenza nella analisi della questione.
Se questa questione si limitasse soltanto ad essere un dibattito astratto e teorico si potrebbe rimanere anche indifferenti lasciando che il tempo faccia il suo corso e le consapevolezze maturino lentamente; ma non è così. Essa ha una sua forte concretezza, un risvolto dalle ricadute immediate sull’esercizio di un diritto di cittadinanza di migliaia di studenti e di famiglie e prima ancora sulla loro dignità in quanto persone libere, per nulla dissimili da quelle altre che legittimamente optano per la scuola statale.
La questione sollevata attiene alla civiltà giuridica che respinge ogni ingiusta discriminazione tra cittadini dello stesso Stato, alla libertà delle persone, alla giustizia, alla democrazia compiuta. La battaglia portata avanti da queste associazioni è una battaglia oscurantista, anacronistica, da retroguardia. Su ben altri fronti dovrebbero manifestare interesse e passione, come ad esempio quelli:
** del pieno riconoscimento civile, sociale, economico del ruolo che la scuola (statale o paritaria) e gli insegnanti svolgono nell’interesse del bene comune,
** della modernizzazione dell’intero sistema nazionale di istruzione e formazione rispetto alla sua organizzazione, ai curricoli, ai contenuti, ai nuovi saperi, al rapporto con la società e con il mondo produttivo,
** della qualità e dell’eccellenza perché tutta la scuola (statale e paritaria) sia di fatto inclusiva, solidale, aperta, corrispondente ai crescenti bisogni educativi
** dell’autonomia e sussidiarietà delle istituzioni scolastiche; della valutazione dei docenti, delle scuole, del sistema scolastico; della formazione iniziale ed in itinere del personale direttivo e docente, come pure dei criteri della sua selezione e avanzamento di carriera;
** dell’istruzione ed educazione di tutti e per tutto l’arco della vita con particolare attenzione alle fasce più deboli e marginali della popolazione;
** della contrazione dell’attuale alto tasso di abbandono e mortalità scolastica;
** della valorizzazione della formazione professionale di primo, secondo e terzo livello;
** dello sviluppo delle competenze;
** della centralità dell’alunno all’interno del processo educativo e della promozione integrale della sua personalità;
Su queste grandi questioni vorremmo vedere questa associazioni unirsi a noi per garantire ai giovani un futuro più certo e più sicuro e non, invece, su sterili dibattiti ideologici, che tendono soltanto a produrre strumentalmente, per fini e interessi ben lontani da quelli veri delle scuole e dei loro alunni, soltanto conflittualità, contrapposizioni. Il futuro dell’Italia, specialmente in un momento di così grave crisi economica ed occupazionale come quello attuale, di così grande urgenza di istruzione ed educazione si gioca sulla disponibilità di un numero sempre più vasto di scuole e non viceversa, sulla mobilitazione e il coinvolgimento di tutte le forze vitali della società civile perché gli standard di istruzione e formazione dell’intera popolazione italiana si equivalgono a quelli raggiunti in tutto il mondo più avanzato.
Non è la natura giuridica della scuola in quanto “statale” che automaticamente garantisce la sua qualità e, quindi, i diritti degli studenti e delle loro famiglie. Si tratta di un’affermazione ovvia. L’auspicio è che, nell’interesse della intera nazione e nell’ottica di una sana, vera, sostanziale “laicità” lo possa diventare presto anche per i promotori referendari di Bologna. E’ la scuola in quanto scuola, libera da etichette, che deve essere collocata tra i primi posti dell’agenda della politica del Governo, ma anche delle associazioni e della gente comune. Si tratta della risorsa strategica e preliminare per qualsiasi ipotesi di sviluppo umano, sociale, economico; pertanto é su di essa, nell’interezza del sistema (statale e paritario), che tutti devono convergere, senza divisioni, perché sia promossa a garanzia del futuro di ciascuno.
Roma, 07 Maggio 2013 Comunicato Fidae n. 13/13
La Presidenza nazionale