Ogni comunità,
piccola o grande che sia, consapevolmente e con diversi strumenti
(premi, punizioni, consenso, coercizione, formalmente o informalmente)
tende a educare le nuove generazioni per renderle disponibili ad
accettare i principi e i valori che la regolano e a conoscerne la
storia che l'ha costituita. La condivisione degli stessi valori e
l'osservanza delle stesse regole sono per lo più ritenute necessarie
per garantire una serena convivenza tra persone che si differenziano
per interessi, stili di vita e opportunità. Per raggiungere questo
obiettivo ci vuole una specifica attività formativa, che nelle attuali
condizioni non puo' essere svolta se non dalla scuola. Nessuna
comunità, oggi, accetta di assegnare alla scuola soltanto compiti di
istruzione, di formazione intellettuale e professionale.
Come si debba fare e in che cosa consista questa educazione sono
problemi che periodicamente ci si pone ad ogni svolta della storia, con
soluzioni che se tengono conto dei precedenti in materia, devono
comunque dare risposte attendibili alle esigenze che emergono in un
particolare e preciso momento. Non solo come si debba fare, ma anche
come si debba chiamare questo tipo di educazione è stato un problema da
affrontare. Una volta in Italia c'era l'educazione civica, oggi si
vuole l'educazione alla cittadinanza, dopo avere avuto addirittura nel
ventennio fascista il Ministero dell'Educazione Nazionale, dal quale si
è dovuto uscire nel secondo dopoguerra per tutti quei richiami che
contiene ad una società chiusa, totalitaria e per quelle reminiscenze
che si porta appresso dello stato etico e delle sue pretese.
Per la scuola italiana e il suo personale (tutto di formazione
gentiliana) il passaggio alla Repubblica fu un trauma drammatico, non
adeguatamente affrontato e superato; i problemi che comportava sono
stati rimossi per un'ovvia, comoda, ma infida, soluzione di continuità.
A dir la verità non solo a scuola; la società italiana non ha veramente
fatto i conti col fascismo e ha tardato per molto tempo a volerli fare
con la Costituzione, quadro di riferimento per qualsiasi genere di
educazione civica. La sua modesta storia nelle pratiche scolastiche è
il risultato di questa ambiguità. Se nel passato, purtroppo non più
recente, non ci avessero pensato famiglie, chiese, partiti, sindacati,
associazioni di ogni genere avremmo avuto più di una generazione priva
di qualsiasi formazione politica. La complessiva tenuta della società
per un lungo periodo del secondo dopoguerra ha aiutato a non porsi
molti problemi sulla vita stentata dell'educazione civica nelle scuole.
L'EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA PER UNA
POLITICA DI INTEGRAZIONE
Oggi la condizione originata da una lunga e profonda crisi e da rapidi
mutamenti culturali, morali, etnici, col seguito di drammatici scontri
e di insanabili conflitti sociali, impone non solo nella nostra nazione
un ripensamento della funzione educativa della scuola e di quella
specifica attività formativa che vuole essere l'educazione alla
cittadinanza. Un impegno e un compito per nulla facili. Si sta vivendo
nella società italiana uno dei periodi di maggiore inerzia democratica.
Diminuisce in modo preoccupante la partecipazione al voto, si dilegua
la vita delle formazioni politiche, si accentuano i fenomeni di
usurpazione dello spazio pubblico da parte delle oligarchie che tengono
in mano le redini dei partiti, si allargano le differenze sociali e
alcuni spezzoni della società vengono messi ai suoi margini dalla
stagnazione economica e dalla mancanza di lavoro.
Se questi fatti mettono in discussione la democrazia, con più facilità
mettono in crisi, negano fondamento e significato ai tentativi di
attivare progetti di educazione alla cittadinanza, perchè minano il
sentimento di appartenenza alla società. Disoccupazione dei genitori,
povertà, esclusione sociale sono oggi i dati ambientali di molti alunni
e si accompagnano a scarsa volontà politica di attenuare le disparità
sociali e a scelte pericolose che attivano e sostengono la
frammentazione culturale ed etnica.
E' cronaca dei nostri giorni amaramente misurarsi con decisioni
governative che tendono a cancellare ogni tentativo di integrazione o
nel migliore dei casi a ridurlo ai minimi termini ; è dolorosa e
crescente consapevolezza che l'assuefazione a fenomeni di intolleranza,
di discriminazione e di razzismo possa avvelenare i rapporti umani e
sociali delle nostre comunità. In molte città si sta vicini gli uni
agli altri, ma non si ha e non si vuole avere uno spazio comune, una
vita collettiva comune. Non si riesce più nemmeno a tollerarsi
reciprocamente.
Se l'educazione alla cittadinanza per tutto quello che è stato detto è
un compito arduo e quasi impossibile, proprio per questo con passione e
tenacia ci si deve impegnare a trovare le soluzioni per attivarla con
la speranza che sia di fondamento per una convivenza civile e solidale.
Bisogna lavorare per impedire che nella società si creino comunità
chiuse in se stesse e reciprocamente esclusive e a scuola per esperire
temi e iniziative perchè diventi luogo di conoscenza e di comprensione
delle altre culture, di apprezzamento della parte universale che cela
ogni cultura; perché si capisca dove si è, dove si deve andare.
EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA E
INTERCULTURALITA'
Oggi l'educazione alla cittadinanza se vuole avere un profilo politico
e morale di eccellenza, deve intrecciarsi con l'educazione
all'interculturalità. Se a scuola non si vogliono seguire passivamente
e colpevolmente gli andazzi e le tendenze di un'opinione pubblica
imbestialita, per le continue iniezioni di forti dosi di veleno
xenofobico e razzistico, e preservarne la natura di luogo dell'incontro
e del dialogo umano, si deve lavorare per conoscere e comprendere le
culture, i valori di cui sono portatori e testimoni i giovani venuti
tra noi da ogni parte del mondo. Questo vuol dire che si deve lavorare
alla conciliazione tra cultura nazionale e diritto alla differenza.
L'educazione alla cittadinanza è, oggi, al crocevia tra il rispetto
della diversità e l'intenzione di forgiare un sentimento comune di
appartenenza.
Lo scopo è quello di fare in modo che si possa vivere una vera vita
comunitaria, che si possa andare oltre la semplice, reciproca
accettazione, anche se ciò in alcuni momenti non è poco e per nulla
alla portata di tutti i giorni. Per vivere bene insieme è necessaria la
volontà collettiva di condividere lo stesso spazio pubblico, che è
fatto di un presente, di un passato e di un avvenire e questo è
possibile quando si è fatto di tutto per suscitare il sentimento di
appartenenza alla comunità in cui si vive, quando si sono dati gli
strumenti per non esserne estranei.
Il terreno di formazione di questo sentimento è la conoscenza della
cultura e della storia della terra dove si sta insieme; è la padronanza
della lingua che ci permette di comunicare gli uni con gli altri. Nella
società multietnica e multireligiosa e democratica lo spazio civico
deve essere animato dalla condivisione di alcuni principi e valori
comuni Altrimenti si rischia di avere una semplice giustapposizione di
comunità chiuse e non una sola comunità plurale e attenta alle
specificità di ogni gruppo. Noi siamo fatti di tutti gli altri e ai
nostri giorni facilmente lo si dimentica.
La cultura che dovrebbe essere comune a tutti non è data da un insieme
di particolari discipline, ma da alcuni specifici contenuti, da
principi e valori storicamente determinati e condivisi. La si
costruisce a partire dall'accettazione della pluralità dei codici
valoriali presenti nella società e a partire dalla dovuta
considerazione della pluralità di estrazioni sociali, culturali,
etniche, religiose, cui fanno riferimento i giovani che frequentano la
scuola. La cultura comune di cui si ha bisogno è quella che consente la
costruzione dell'identità personale; é quella che per la pluralità
delle fonti che la costituiscono e la devono ispirare rende disponibili
al rispetto delle diversità. La cultura che dovrebbe essere comune deve
essere la sintesi di necessari saperi strumentali e di necessari saperi
per la cittadinanza. La scuola ha la responsabilità di dare a tutti un
fondo culturale funzionale ad una logica di sviluppo democratico e in
cui si devono conciliare i valori dell'autonomia personale e quelli
della giustizia, della solidarietà e della tolleranza.
CITTADINANZA
Ma che cos'è la cittadinanza? La cittadinanza è uno stato giuridico che
conferisce diritti e doveri civili, politici e sociali ai membri di una
collettività politica. Riguarda anche un insieme di ruoli sociali
specifici, che permettono di fare scelte relative agli affari pubblici.
Possiede un forte contenuto politico-giuridico e riflette in quanto
tale i rapporti che "la città"intrattiene con la propria storia e
cultura. Senza questo nocciolo duro la cittadinanza evapora in un
insieme di perorazioni moralistiche. La cittadinanza suppone anche un
insieme di qualità morali considerate indispensabili per essere un buon
cittadino ed è questo l'aspetto strettamente educativo, che bisogna
coltivare per dare anima e sostanza ai suoi costitutivi aspetti
pubblicistici. Quando si parla di educazione alla cittadinanza ci si
riferisce sia alle nozioni da apprendere sia ai comportamenti da
attivare:non ci si puo' fermare alle nozioni da apprendere, perchè il
fine che ci si augura con questa attività, scontando i problemi che
stanno dietro questa complessa problematica, è quello di avere
cittadini responsabili, consapevoli dei propri diritti e dei propri
doveri, ma anche rispettosi, tolleranti, attenti alla presenza altrui.
L'educazione alla cittadinanza si deve sviluppare nelle relazioni tra
un polo morale (valori della società, comportamenti e attitudini) e un
polo politico (diritti e doveri civici, funzionamento delle
istituzioni) ma il suo riferimento ultimo deve essere quello dato dai
diritti dell'uomo, cosi come sono stati proclamati nel corso dei secoli
e fatti propri nella coscienza degli uomini.
I COMPITI DELLA SCUOLA
L'educazione alla cittadinanza spetta alla scuola e non puo' farlo se
non conservando e trasmettendo le tradizioni, la lingua, la cultura, i
valori e le regole di convivenza della società di cui è una delle più
importanti istituzioni. Ogni persona vive e sviluppa la propria
identità dentro un sistema di relazioni che la precede e le sopravvive.
Il compito della scuola, che non puo' essere concepito nel vuoto
sociologico, è quello di emanciparla dai suoi condizionamenti sociali e
di darle gli strumenti per cogliere tutte le opportunità di
partecipazione alla vita della propria comunità. L'educazione alla
cittadinanza non è, però, solo trasmissione di valori. E' costruzione
di mezzi intellettuali, di saperi e di competenze, che sono le risorse
necessarie dell' autonomia, della capacità di esprimersi, di stare nel
mondo e di poterlo cambiare. La scuola della dispersione non è,
pertanto, la scuola della cittadinanza. L'insuccesso scolastico non
puo' essere emarginato dai problemi di educazione alla cittadinanza;
senza capacità di comprendere, di parlare, di scrivere e di procurarsi
un lavoro non c'è cittadinanza.
Nelle attuali condizioni non dovrebbe esserci nessun giovane privo
degli strumenti per potersi assicurare una vita dignitosa nel segno
della responsabilità e dell'autonomia. Gli esclusi dal patrimonio
comune di cultura e di saperi pagano prezzi troppo elevati :sono dei
vinti e degli umiliati. "L'insuccesso in una scuola aperta a tutti,
oggi, crea più rancore sociale" (Ph. Meirieu).
Il problema che si pone dappertutto è quello di scegliere se debba
essere una disciplina a parte o una tematica trasversale che riguarda
non solo tutte le discipline, ma anche tutti i momenti della vita della
scuola. C'è un'educazione alla cittadinanza attraverso i contenuti, c'è
un'educazione alla cittadinanza attraverso gli approcci pedagogici,
attraverso la vita scolastica e attraverso l'apertura alla società. Non
possono mancare i primi e se si vuol dare ad essi un senso, non si puo'
rinunciare ad una trasformazione civica e democratica di tutta la vita
scolastica. La democrazia deve vivere nella vita scolastica e deve
essere introdotta nella didattica, non puo' essere confinata negli
spazi di una particolare disciplina. I buoni esempi e le buone pratiche
fanno miracoli.
E' inoppugnabile, però, che senza i contenuti delle scienze sociali e
umane e soprattutto di quelle giuridiche nei curricoli scolastici non
si puo' parlare con serietà di cittadinanza. Non è sufficiente
affermare che" Le competenze sviluppate nell'ambito delle singole
discipline concorrono alla promozione di competenze più ampie e
trasversali, che rappresentano la condizione essenziale per la piena
realizzazione personale e per la partecipazione attiva, alla vita
sociale nella misura in cui sono orientate ai valori della convivenza
civile e del bene comune. " (Indicazioni per il curricolo per la scuola
dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione-Allegato al D. M.
31-7-2007).
Il problema vero dell'educazione alla cittadinanza è la formazione, la
costruzione delle competenze necessarie all'esercizio alla
cittadinanza. Dice F. Audigier" le competenze-chiave legate alla
cittadinanza democratica sono quelle necessarie alla costruzione di una
persona libera e autonoma, consapevole dei suoi diritti e doveri in una
società in cui il potere di stabilire la legge (...) e in cui la
designazione e il controllo delle persone che esercitano il potere sono
sotto la responsabilità di tutti i cittadini".
Quali competenze? Competenze cognitive (di ordine giuridico-politico,
di ordine storico-sociale); competenze procedurali (capacità di
argomentare le proprie ragioni, capacità di interpretare le altrui
ragioni, capacità di affrontare pubblici dibattiti); competenze sociali
(sapere interagire con gli altri; sapere gestire momenti di
conflittualità; spirito di collaborazione; sapersi inserire in modo
attivo e consapevole in ogni forma di vita collettiva).
Solo con questi strumenti si puo' evitare il pericolo di un'educazione
all'obbedienza, di un'educazione alla pura e semplice appartenenza.
Solo con questi strumenti si puo' educare alla cittadinanza della
responsabilità e della libertà. E' un principio democratico e
repubblicano che la scuola debba essere scuola della cittadinanza e che
la cultura comune sia quella che la puo' e la deve costituire.
L'introduzione di una disciplina specifica per educare alla
cittadinanza, comunque la si voglia nominare, nelle condizioni attuali
è diventata una necessità. Ma attenzione! Dietro l'angolo è in agguato
la retorica e per prevenirla è opportuno dire con fermezza ed alta voce
che non c'è cittadinanza senza mezzi e luoghi per esercitarla; non c'è
cittadinanza senza processi di istruzione e socializzazione; non c'è
cittadinanza senza democrazia e senza scuola democratica; non c'è
cittadinanza senza diritti civili, sociali e politici.
Raimondo Giunta