La via
principale della città era piena zeppa di gente, una moltitudine di
persone, come non si vedeva da molto tempo, come capita di vederla solo
nelle grandi occasioni, in alcune ricorrenze importanti. Gente ovunque,
lungo la via, davanti le case, affacciati alle finestre, sui muri,
sotto gli alberi, tutti allegri, festanti, gioiosi. Chi salutava, chi
batteva le mani, chi sollevava rami d’ulivo o di palme, chi s’agitava
con vigore per farsi notare, chi chiamava, chi urlava un nome ad alta
voce, chi invocava qualcuno. Tra la folla c’era chi spingeva, chi
strattonava per farsi largo, chi chiedeva aiuto, i bambini, aggrappati
alle vesti delle loro madri, piangevano impauriti, altri rimasti soli
si disperdevano nella confusione , madri che cercavano i figli, anziani
che soffrivano e s’agitavano per la ressa, tutti si muoveva a fatica,
molti tra spintoni e grida cadevano a terra. Per non parlare degli
animali, cavalli, muli, asini, cani, anatre, infuriati, imbizzarriti
sollevavano polvere a non finire, da non far capire e vedere nulla.
Insomma, la città era in festa, dappertutto grida di gioia, di
esultanza, di giubilo.
Io, in un primo momento, non compresi il motivo di così tanta baldoria,
non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, m’avvicinai alla marea di
gente, con prudenza per non rimanere travolto, e chiesi spiegazione, la
risposta, stranamente, fu istantanea, precisa: “Stamani in città è venuto Gesù, il
Nazareno, il Rabbi, dicono che in Galilea ha fatto tanti miracoli, ha
resuscitato persino un uomo morto. Se rimani qua, lo vedi passare pure
tu”.
Io rimasi di stucco, “Gesù di Nazareth”.
Si, confesso che ne avevo sentito parlare di recente, ma mai avrei
immaginato di poterlo vedere, di incontrarlo. Così anch’io, tra la
folla, rimasi ad aspettare il passaggio del Maestro, come tutti lo
chiamavano. E così dopo un po’ apparve tra la folla, vestito di bianco,
sopra un asino, seguito a fatica da un gruppo di giovani.
Molti, al suo passaggio, stesero i loro mantelli sulla strada, sotto
gli zoccoli dell’animale. E tutti, come impazziti, gridavano, “Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Lui era sorridente,
gioioso, vestito con una tunica bianca, sopra un asino, seguito da
alcuni giovani che sembravano soddisfatti, felici della scena gli si
parava intorno a loro. In seguito mi dissero che erano i suoi
discepoli.
Accanto a lui c’erano anche alcune donne vestite di nero, mi dissero i
suoi familiari, sua madre e delle sue amiche. All’improvviso si fermò
proprio davanti a me, stranamente, inaspettatamente. La folla era in
visibilio, tra urla, schiamazzi, spintoni, non si capiva nulla. Poi, a
un tratto, gli animi s’acquietarono, calò il silenzio, una calma
improvvisa, quasi innaturale, qualcuno che si trovava accanto a lui lo
chiamò, gli disse qualcosa, e lui iniziò a parlare. All’inizio non
riuscivo a sentire le parole, poi pian piano la sua voce sovrastò il
trambusto, diventò chiara, nitida, decisa. Tutti lo ascoltammo in
silenzio.
Un uomo gli chiese, “Maestro, com’è
il Regno dei Cieli, di cui tanto parla?”. E lui, con voce calma,
rispose, “Il Regno dei Cieli è simile a dieci vergini…”. Il sole
picchiava alto nel cielo, c’era un gran caldo, molti, vinti dalla
stanchezza, si staccarono dalla folla e andarono via, altri rimasero ad
ascoltarlo. Ad un certo punto, all’improvviso, lo vedemmo piangere, e
gridare, “Vedete tutte queste cose? In verità vi dico: non rimarrà qui
pietra su pietra, che non sarà diroccata”. Tutti ci guardammo
esterrefatti, sconvolti.
Al che io, mi presi di coraggio e gli domandai, “Maestro, ma perché tutte queste parabole,
questi giri di parole, perché non ci dice realmente com’è fatto questo
Regno dei Cieli?”. Lui, mi guardò fisso negli occhi, sorrise
lievemente, e mi rispose, “Amico, tu non puoi immaginare com’è il Regno
dei Cieli, nessuno lo può capire! Neppure se ve lo raccontassi paro
paro! E poi, non ci crederai, ma non sono riuscito ancora a trovare
parole umane capaci di far capire, di spiegare, di descrivere il mio
Regno”.
A questo punto, preso di coraggio, gli chiesi ancora, “Maestro, quando finirà questo finimondo
che stiamo vivendo? Quando?”. E ancora mi fissò con tenerezza,
“Caro amico, dovete piangere ancora, piangere con il cuore. Ma non
abbiate paura, le lacrime vi condurranno al mistero, alla purificazione
e alla salvezza. - poi aggiunse - Non vi spaventate, il Padre mio
raccoglierà le lacrime di ciascuno di voi in un otre e non ne perderà
neppure una! Anch’io ho pianto, per la morte del mio amico Lazzaro,
anche Maria Maddalena ha pianto, anche Pietro. Ma abbiate fiducia, per
voi non è giunta ancora l’ora.
Vi salverete, il mondo si salverà!”.
Al che, in quel momento, mi commossi e piansi anch’io. Lui, invece,
sorrise, e ricordo che alzò lievemente lo sguardo verso il cielo. Poi
più niente. Ricominciò la calca, il vocio della gente, la confusione,
l’asino venne spinto dai suoi, e dalla folla che ritornò ad acclamarlo,
ad esultare. E proprio mentre andava via, prima di scomparire nella
ressa, voltò gli occhi verso di me, mi guardò fisso e disse, sempre
nella sua lingua, che a me sembrò siciliano, “Però attentu, cu sempri vidi a prucissioni
e a missi, non è lignu di fari crocifissi”. Che voleva dire,
boh!?
L’asino fu sommerso dal trambusto e il Maestro scomparve per sempre…
Passata appena una settimana, appresi, da alcuni viandanti, che Gesù di
Nazareth, “venuto nel nome del Signore”,
come gli gridava quel giorno la folla, era stato arrestato con
l’inganno, processato di notte, deriso, sbeffeggiato, fustigato a
sangue, massacrato e infine messo in croce, in un luogo detto Golgota,
proprio fuori le mura della città.
Angelo Battiato